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Autore: Melabanana_    15/12/2020    0 recensioni
SPY ELEVEN AU. Raccolta di oneshot prequel/sequel incentrate su personaggi secondari che non hanno avuto molto spazio nella storia principale.
I. binary stars α (Fubuki Shirou & Fubuki Atsuya): una vicenda che si è svolta prima che arrivassero a Tokyo.
II. ribcage poetry (Yagami Reina): racconta l'infanzia di Reina, l'anno passato al centro di addestramento e la nascita della sua amicizia con Maki.
III. we dream of fire (Heat & Nepper): la storia di come Heat e Nepper sono diventati partner.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Isabelle/Reina, Nuovo personaggio, Shawn/Shirou
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Spy Eleven -Inazuma Agency '
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Eeeee torno con un'altra oneshot. L'editing è stato un supplizio.

Canzoni che mi hanno accompagnata nella scrittura: x, x, x, x, x




Shigeto era sempre stato stregato dal fuoco.
Gli piaceva guardarlo, probabilmente più di quanto fosse lecito. Anche se bruciare delle pigne era un passatempo monotono, c’era qualcosa di terribilmente affascinante nel modo in cui le lingue fiammeggianti si allungavano e inghiottivano quelle offerte votive.
Realizzando di essersi avvicinato inconsciamente alla bocca del camino, Shigeto si costrinse a distogliere lo sguardo, si alzò e si avvicinò alla finestra. Il vetro era appannato e umido di condensa. Sul viale davanti casa non c’era nessuno, neppure un passante occasionale. I nonni stavano facendo molto tardi. Shigeto aggrottò la fronte, chiedendosi cosa li stesse trattenendo. Forse il nonno si era fermato da qualche parte per scaldarsi con un bicchierino di sake. Nonostante l’età avanzata continuava a fabbricare oggetti da vendere al mercato domenicale, e quella domenica la nonna era andata con lui per comprare della frutta secca.
Il cielo era stato limpido per tutta la mattina, ma adesso le nuvole si stavano addensando, con anelli concentrici via via più larghi. Shigeto si mise a fissare le nubi con sguardo torvo, come se guardare male una nuvola potesse farla scomparire.
Fu allora che vide la colonna di fumo. Gonfia, scura, che univa terra e cielo. Qualcosa in quella visione improvvisa lo sgomentò.
Shigeto intuì che doveva essere successo qualcosa giù in paese. Dopo aver spento il caminetto, s’infilò in fretta e furia scarpe e giaccone, poi aprì la porta d’ingresso e uscì. Fece di corsa tutta la stradina che scendeva in paese. Più si avvicinava alla meta, più l’aria diventava irrespirabile.
Quando arrivò, gli abitanti erano tutti in piazza. C’era chi stringeva a sé i propri bambini, chi si copriva la bocca con la mano, chi urlava di fare qualcosa, e chi effettivamente faceva qualcosa portando grandi secchi d’acqua verso la zona del mercato. Shigeto si paralizzò alla vista delle lingue di fuoco che salivano verso l’alto, come risucchiate dal cielo. Il cuore gli saltò in gola. Il fuoco si era propagato lungo tutto il perimetro della piazza e, divorando tendoni e bancarelle di legno, era divampato sempre più forte. Shigeto si guardò intorno, cercando spasmodicamente i due volti che avrebbe voluto vedere tra la folla, ma in cambio ottenne soltanto occhiate di pietà da parte di chi lo aveva riconosciuto.
Il tendone del nonno era ormai completamente avvolto dalle fiamme. Shigeto si mise a correre verso il rogo. Qualcuno gli urlò di fermarsi, attirando così l’attenzione degli uomini che stavano provando a domare l’incendio; ma erano stanchi e affaticati, e molti di loro avevano ancora in mano i secchi nonostante fosse ormai evidente che l’acqua disponibile non era sufficiente. Nessuno riuscì a fermare Shigeto che, piccolo e agile, s’infilò tra di loro a tutta velocità e si lanciò nel muro di fuoco.
Tese le mani in avanti, come a voler strappare via le fiamme con la forza.
-Vai via! Vai via!
Al suo ordine, le fiamme iniziarono a distorcersi e ritirarsi. Si agitarono per un po’, ma poi scivolarono via, ubbidienti; infine, con un ultimo sbuffo, il fuoco scomparve, creando il vuoto intorno a lui. Shigeto spalancò gli occhi, incredulo. Il cuore gli martellava nel petto, il vociare della folla intorno a lui diventò un suono ovattato. Forse stava per svenire.
Nella confusione qualcuno riuscì a raggiungerlo, lo afferrò da dietro e lo trascinò via. Shigeto provò a dibattersi, ma aveva il fiato corto, il fumo era troppo denso e gli entrava in bocca e nel naso. Mentre veniva portato via, poco prima di perdere i sensi, un ultimo pensiero gli attraversò la mente. Quella sera, il fuoco aveva obbedito a lui.
 
we dream of fire
~Atsuishi Shigeto & Netsuha Natsuhiko~
~Heat & Nepper~
 
 
~ 3 mesi dopo 
– dicembre

 
Heat sfiorò la punta della fiamma col polpastrello e guardò la pelle annerirsi. Per qualche minuto giocherellò con la fiamma, costringendola a seguire le linee da lui tracciate nell’aria: era come incollata al suo dito, e lui poteva tirarla, alzarla e manipolarla a proprio piacimento. Non era propriamente un gioco, quanto piuttosto una distrazione utile per scacciare altri pensieri. Heat aveva lasciato spenta la luce della camera, così che solo il bagliore della candela fosse ancora più luminoso. Era fine dicembre e dalla finestra entrava appena un filo di luce invernale che ingrigiva ancora di più la stanza.
Dei passi echeggiarono nel corridoio. Stava arrivando qualcuno.
Heat afferrò subito la fiamma in un pugno e la spense. Delle spirali di fumo gli sfuggirono dalle dita. Per un minuto Heat rimase al buio, poi scattò in piedi e accese la luce centrale. Proprio in quel momento Desarm aprì la porta, mancandolo per un soffio. Heat sussultò e si mise sull’attenti in modo un po’ goffo, ma Desarm, guardandolo stranito, gli fece segno di sedersi.
Heat obbedì, ma non riuscì a rilassarsi e rimase a fissare il suo superiore con evidente nervosismo. Desarm, invece, sembrava solo stanco (era sempre stanco).
-Heat, è arrivato quel ragazzo, quello di cui ti avevo parlato.
Heat deglutì a vuoto e annuì. Sperava di essere pronto a incontrare chiunque avrebbe varcato quella porta. Per tutta la mattina non aveva fatto altro che cercare di immaginarselo, curioso ed eccitato al pensiero di avere un compagno di stanza. Ora che era arrivato il gran momento, però, gli sembrava che le gambe gli fossero diventate di gelatina.
Heat trasalì quando Desarm si spostò di lato per far passare il nuovo arrivato. Era un ragazzino smilzo, con capelli castani lunghi fino alle spalle che gli coprivano, in parte, gli occhi. Stringeva febbrilmente la tracolla di un borsone sportivo che gli pendeva dietro la schiena. Borbottò un saluto sotto voce, ma per il resto rimase immobile, rigido come marmo, senza accennare inchini o niente di simile.
-Come ti ho detto, è tuo coetaneo- disse Desarm. Fece una pausa drammatica, poi aggiunse:- Il suo nome è Nepper.
Le mani del ragazzo si strinsero ancora di più attorno alla tracolla.
-Heat, ho deciso che Nepper sarà il tuo partner- continuò Desarm.
I due ragazzi gli rivolsero uno sguardo confuso.
Desarm si passò una mano sul viso, mentre cercava le parole giuste per spiegare il concetto. Era solo in momenti come quello che Heat ricordava quanto giovane fosse in realtà: Desarm aveva poco più di vent’anni ed era arrivato in Hokkaido poco prima di loro. Prima di arrivare lì... beh, nessuno di loro sapeva esattamente cosa facesse.
Dopo averci riflettuto bene, Desarm si lanciò in una dettagliata spiegazione che riguardava i doni, le Spy Eleven e la differenza tra agency e centri d’addestramento.
-Il nostro è solo un centro, al momento, perché non siamo sotto la diretta giurisdizione di una Spy Eleven. In altre parole, dipendiamo dall’agency di Tokyo e non siamo autonomi...
Quasi subito Heat perse la concentrazione, perché erano cose che già sapeva. Gli erano state spiegate al suo arrivo, più o meno negli stessi termini. La voce di Desarm diventò solo un rumore di fondo mentre osservava Nepper. Più la spiegazione procedeva, più lui sembrava confuso. Aveva la fronte aggrottata e le labbra arricciate in un broncio. Forse tutte quelle informazioni assieme erano troppe per lui.
A un certo punto Nepper si accorse di essere osservato e si girò verso di lui. Heat distolse subito lo sguardo, imbarazzato, e riprese ad ascoltare Desarm, che intanto era appena arrivato alla fine di una lunga lezione (le sue lezioni erano sempre lunghe).
-Comunque, come dicevo, al di là dei dettagli burocratici la realtà è che non abbiamo abbastanza membri- stava dicendo. -Ma credo che sia saggio cominciare a lavorare con ciò che abbiamo. Il motivo per cui siete qui, dopotutto, è per crescere e imparare...
-Sì, sì, tutto chiaro, ma io voglio sapere cos’è ‘sta storia dei partner- intervenne Nepper con aria spazientita. Si zittì subito quando Desarm, che odiava essere interrotto, gli scoccò un’occhiata risentita.
-Ci stavo arrivando. Nelle agency, gli agenti sono soliti lavorare in coppia, ecco perché si parla di “partner”. Ho scelto di accoppiare voi due per due semplici motivi. Primo, i vostri doni sono accomunati dallo stesso elemento. Secondo... Beh, è un semplice fatto di numeri. Al momento siete solo in cinque, voi due compresi. IQ e IC mi hanno chiesto di non separarli, mentre Diam...
Desarm fece una pausa e lanciò a Heat un’occhiata eloquente.
-Diam non vuole un partner- concluse. -Ci sono obiezioni?
Heat scosse il capo.
-No. Se a lui sta bene, sta bene anche a me- rispose. Guardò nervosamente l’altro.
Nepper aggrottò la fronte, come se stesse facendo a mente dei calcoli complicati. Non sembrava molto contento di tutta la faccenda dei partner. Squadrò Heat da capo a piede, poi fece un brusco cenno col capo.
-Va bene, qualsiasi cosa significhi- brontolò.
Desarm si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
-Perfetto. Ora vi lascio soli, devo fare una chiamata- tagliò corto. Quando diceva così, voleva dire che doveva telefonare a Hitomiko-san. Desarm parlava poco di lei, e ancor meno di se stesso, ma una volta aveva detto che Hitomiko-san gli aveva salvato la vita. Non era sceso troppo nel dettaglio. Tutti loro però avevano intuito che Hitomiko-san era una persona straordinaria, una sorta di benefattrice.
Non appena Desarm se ne fu andato, un silenzio pesante calò nella stanza. Nepper andò dritto al letto sotto la finestra senza dire una parola e, visto che non c’era bisogno di presentarsi, Heat non sapeva cosa dire per rompere il ghiaccio. Era strano pensare che da quel giorno in poi avrebbero dormito insieme...
Cioè, non insieme. Vicini. Nella stessa stanza. Insomma.
Imbarazzato dai suoi stessi pensieri, Heat si alzò, aprì la cassettiera e finse di essere occupato a riordinare i vestiti mentre in realtà osservava l’altro ragazzo di nascosto.
Per prima cosa, Nepper mise a terra il borsone e con un piede lo spinse sotto il letto, poi si sedette e cominciò a togliersi le scarpe logore e fradice. Erano scarpe sportive, per niente adatte a camminare nella neve, e nella neve lui e Desarm erano passati di sicuro. Da quelle parti bastava poco perché l’intero paesaggio si imbiancasse. Quella notte c’era stata una bufera; il boato del vento e il rumore violento della grandine contro la finestra avevano tenuto sveglio Heat fino alle prime ore del mattino.
Nepper lasciò cadere le scarpe a terra, senza curarsi di metterle in ordine. Anche i calzini, rossi a righe bianche, erano zuppi e il ragazzo fece un verso disgustato mentre se li sfilava. Indossava una felpa sportiva e dei pantaloni di tuta che lo facevano sembrare ancora più magro. Per un attimo rimase immobile a fissare il pavimento, poi borbottò qualcosa d’intellegibile. Heat non capì. Pochi secondi dopo, Nepper alzò il viso di scatto.
-Ehi, tu! Dico a te!- esclamò in modo sgarbato. -Ti ho chiesto se puoi darmi dei calzini!
Heat alzò lo sguardo, intimidito ma anche un po’ irritato.
-Scusa, non ti ho sentito. E poi il mio nome non è tu, ma Heat- ribatté.
Nepper sbuffò. Si spostò i capelli dal volto e gli rivolse un’occhiata penetrante.
-È il tuo vero nome?- domandò con aria di sfida.
Heat non gli rispose. Ovviamente non era il suo vero nome, non più di quanto Nepper fosse quello dell’altro. Rimasero a fissarsi per mezzo minuto, tanto che Heat cominciò ad avere la sensazione che fosse una specie di gara di resistenza. Sembrava quasi che Nepper si aspettasse una risposta alla provocazione. Forse voleva soltanto litigare. Il suo sguardo era tagliente almeno quanto la sua lingua.
Ma Heat non amava litigare e non era abituato a guardare gli altri negli occhi. Fu il primo ad abbassare lo sguardo. Al segnale di resa, l’espressione di Nepper si ammorbidì e dalle sue labbra sfuggì un sospiro di stanchezza.
-Okay, okay, scusa. È che tutta ‘sta storia è assurda. Tutti ‘sti discorsi difficili... Ma se non so neanche come sono finito qui... Roba da pazzi- disse Nepper, grattandosi la nuca con una mano.
-Allora, dei calzini puoi prestarmeli? Cercarli ora nel borsone è una rottura.
Heat decise di assecondarlo. Rovistando nella cassettiera, tirò fuori un paio di calzettoni neri. Li appallottolò e li lanciò al compagno, che li afferrò al volo con una mano sola.
Nepper non perse tempo. Si sfilò i calzini bagnati, poi anche i pantaloni. In boxer e a piedi scalzi, con i calzettoni asciutti stretti nel pugno, si alzò e appese tutta la roba umida al termosifone. Era molto magro, ma le sue gambe erano toniche, come quelle di un ragazzo che fa sport da sempre. Non si cambiò i pantaloni. Per qualche motivo, s’infilò i calzettoni in precario equilibrio invece di farlo da seduto, sollevando prima una gamba, poi l’altra. Quando si lasciò cadere sul letto, si lasciò sfuggire un sospiro non appena la sua testa toccò il cuscino. Solo allora parve ricordarsi di non essere solo. 
-Grazie- disse, impacciato.
-Nessun problema- gracchiò Heat in risposta.
Nepper gli scoccò un’occhiata dubbiosa, ma non sembrava che volesse fare conversazione. Incrociò le braccia dietro la nuca, accavallò le gambe nude e si mise a fissare il soffitto mentre rimuginava tra sé e sé, la lingua premuta nell’interno della guancia.
Senza sapere che altro fare, Heat tornò al letto e si stese a sua volta, con le mani intrecciate in grembo e gli occhi sbarrati, allo stesso tempo grato e deluso che il compagno non nutrisse alcun interesse per lui.
 
-
 
I primi ad arrivare per colazione erano sempre i gemelli. Quando arrivava, tra le otto e le otto e mezza, Heat trovava sempre i piatti di IC già vuoti e la ragazzina impegnata a schiaffeggiare dolcemente il braccio del fratello per impedirgli di riaddormentarsi. Infatti, anche se si svegliava presto, IQ non era affatto mattiniero. Lo faceva “per una questione di orgoglio ed etica professionale”, diceva lui, ma entrando quella mattina in mensa Heat pensò che non ci fosse niente di professionale in una faccia mezza addormentata con i chicchi di riso appiccicati vicino alla bocca. A quanto pareva, IC non era riuscita a fermarlo in tempo prima che si addormentasse con la guancia nel piatto. Gli occhiali sul suo naso erano storti e, quando IC si sporse in avanti per raddrizzarli, IQ mugugnò qualcosa d’incomprensibile. IC sorrise e gli diede una leggera pacca sulla schiena.
Heat si avvicinò e salutò IC con un cenno, poi passò la mano davanti al viso di IQ per vedere se c’erano reazioni, ma il ragazzino sembrava ancora rallentato e non reagì. Heat si sedette di fronte a loro e posò sul tavolo il piatto di riso che aveva sapientemente coperto di riccioli di uova strapazzate e bruciacchiate, con due fettine di salmone cotto, anche quello bruciacchiato. Desarm non era molto bravo ai fornelli: il suo unico talento era quello di riuscire a bruciacchiare tutto ciò che toccava. Purtroppo non aveva trovato nessun altro che se ne potesse occupare, e questo era quanto. In ogni caso l’unico a lamentarsi apertamente era Diam, sfacciato e irriverente come sempre.
Dopo aver ringraziato per il pasto, Heat spezzò il salmone con le bacchette e ne mangiò un pezzetto. Si sentiva solo il sale. Il riso invece sapeva di uova e le uova, inspiegabilmente, di salmone. Ma poteva andare peggio. Mentre Heat piluccava la colazione, cercando di grattare via le parti bruciate, IC lo fissava con i gomiti sul tavolo e le mani sulle guance.
-Ehi, Heat, dov’è il tuo partner?- chiese d’un tratto. Heat scrollò le spalle.
-La mattina presto va a correre.
-Corre?! Nella neve?!- gridò IC, facendo sobbalzare il fratello, che per poco non lanciò in aria le bacchette per lo spavento. Se non altro, l’urlo parve svegliarlo un po’.
-Cosa? Che succede?- domandò con aria disorientata. IC gli prese una spalla e lo scosse.
-Il ragazzo nuovo corre nella neve!- gli disse. IQ corrugò la fronte, forse chiedendosi perché Nepper facesse una cosa tanto stupida, o forse perché a lui dovesse interessare. Prima che potesse rispondere, però, IC si girò di nuovo verso Heat.
-Ma può farlo?
-Credo di sì. Desarm gli ha dato l’autorizzazione- disse Heat, con lo sguardo fisso sulla colazione. Tutto quello stupore era più che comprensibile. Era quasi metà gennaio e, naturalmente, la neve in Hokkaido era implacabile e onnipresente. D’altronde, la neve in Hokkaido era così praticamente tutto l’anno, in particolare dove si trovavano, perché il centro era una vecchia villa seminascosta in una foresta montana. Se ci si lasciava scoraggiare dal clima, non si sarebbe potuto fare mai nulla. E se c’era una cosa che Heat aveva capito di Nepper, era che il ragazzo era testardo come un mulo.
In generale Heat non aveva tanta voglia di parlare di Nepper: la convivenza non stava andando benissimo. Scambiavano a stento qualche parola, e solo quando dovevano. Nepper era molto diffidente e a volte, per motivi che Heat ignorava, sembrava persino irritato dalla sua presenza. Ma, nonostante tutto questo, a Heat lui interessava. Era ingiusto che Heat nutrisse dell’interesse per Nepper, mentre Nepper addirittura lo evitava di proposito.
Quasi come se l’avessero evocato parlando di lui, poco dopo Nepper entrò in mensa. Ogni dettaglio del suo abbigliamento lasciava intendere che fosse appena rientrato senza neanche passare in camera a cambiarsi: indossava un paio di pantaloncini, leggins neri alla caviglia, una giacca di tuta chiusa fino al mento e scarpe da ginnastica. I capelli erano tenuti su da una fascia.
Dopo aver esaminato le scelte disponibili, Nepper snobbò il riso e si riempì il piatto di uova, salmone e una montagna di toast, i più bruciati che c’erano.
Quando si girò, i suoi occhi incrociarono quelli di Heat. Quasi istintivamente Heat abbassò lo sguardo sul cibo, anche se gli si era appena chiuso lo stomaco. Sentì Nepper schioccare la lingua contro il palato. Osservandolo di sottecchi, Heat vide che stava per andare a sedersi a un altro tavolo quando la porta della mensa si aprì di nuovo e Diam entrò con un familiare tintinnio di cianfrusaglie.
Quel giorno indossava un jeans strappato sulle ginocchia, con due catenelle di metallo appese ai passanti della cintura; non solo, a entrambi i polsi portava almeno tre bracciali, che sfregando uno contro l’altro producevano quel rumore. Diam amava gli accessori. Siccome era l’unico ad accompagnare Desarm in missione, una volta fuori prendeva qualsiasi cosa su cui metteva gli occhi. Se perdeva qualcosa, o se ne stufava, trovava subito come sostituirla. Sembrava che non nutrisse attaccamento per nulla, eccetto un singolo orecchino, un pendente con una piccola gemma viola di cui era estremamente geloso.
Appena entrato Diam salutò tutti con un vago cenno della mano, poi si coprì la bocca mentre sbadigliava. Afferrò un paio di toast, poi andò spedito al tavolo che Nepper aveva intenzione di occupare e glielo soffiò da sotto il naso.
-Ehi, quello è il mio tavolo!- berciò Nepper, guardandolo in tralice.
Diam non si scompose affatto.
-C’è il tuo nome? No- ribatté con aria annoiata. Lo squadrò da capo a piede e la sua espressione cambiò leggermente in una di sorpresa. -Mmh? Aspetta, il tuo nome qual era?
Stavolta Nepper lo fulminò con lo sguardo.
-Ah?! Mi prendi in giro? Sono qui da due settimane!
-Sì, sì, due settimane, due giorni, che vuoi che sia? Non ti sei mai presentato.
Nepper aprì la bocca per ribattere, ma poi ci ripensò e la richiuse senza dire nulla. Aveva ancora delle difficoltà a venire a patti con il nuovo nome, e probabilmente era per questo che l’idea di presentarsi non gli passava neanche per l’anticamera del cervello. In più, si trattava di Diam e ciò bastava a indisporlo. Nepper rimase in silenzio per un po’, con la fronte corrugata e la lingua premuta nell’interno della guancia. Alla fine si voltò, andò all’altro tavolo e sbatté il piatto accanto a quello di Heat.
-Fatti in là- brontolò.
Senza parole, Heat si spostò per fargli spazio sulla panca. Intanto, Diam e IC li osservavano con curiosità, mentre IQ, ancora mezzo addormentato, scoccò a Nepper un’occhiata torva per quella che considerava un’invasione di spazio personale.
-Ma quindi si può sapere il tuo nome?- chiese Diam, inchiodando Nepper con uno sguardo.
Nepper digrignò i denti e rimase ostinatamente in silenzio, vigile come un animale che riconosce a fiuto la minaccia. E aveva ragione, a non abbassare la guardia. Anche quando si mostrava amichevole ed espansivo, Diam non lo era mai fino in fondo. Tutto ciò che sapevano di lui glielo aveva raccontato Desarm. Diam non si era mai confidato con nessuno di loro. Aveva tracciato una linea tra lui e gli altri, e tutti cercavano di non superarla per sbaglio. Mantenere quella distanza era necessario perché la convivenza potesse funzionare.
Siccome il silenzio minacciava di prolungarsi troppo, intervenne IQ.
-Si chiama Nepper- disse, sistemandosi gli occhiali sul viso con aria saccente. Non sopportava che Nepper avesse invaso il suo tavolo, e questa era una sorta di ripicca. IQ era decisamente più infantile di quanto non volesse apparire.
-Ah, Nepper- disse Diam. La sua aura minacciosa si dissolse. -Nepper, Nepper... Mi piace, ha un bel suono- osservò.
-E chi se ne frega di che piace a te?- replicò Nepper, irritato, ma Diam si fece una risata.
-In qualche modo ti devo pur chiamare. E io sono Diam, comunque, come di certo sai già perché... Beh, per esclusione, direi- disse. Prese una fetta di pane e cominciò a sbocconcellarla con le dita smaltate di nero. -Anche oggi il grande capo ha bruciato tutto... È incredibile, in un certo senso- mormorò con disappunto.
Dopo questo commento nessuno ebbe altro da dire, e finirono tutti di mangiare in silenzio. Poi, dopo essersi ficcato in bocca l’ultimo pezzetto di pane, Diam si alzò in piedi e si infilò le mani nelle tasche. IC si tirò su di scatto.
-Dove vai? Oh, vai di nuovo fuori con Desarm, vero?! Come vorrei venirci anche io…!
Diam fece spallucce.
-Eh sì, mi hai beccato- rispose.
-Ai... cioè, IC- IQ si corresse in fretta, -sai che Desarm non vuole. Non siamo pronti ad andare in missione, sarebbe troppo pericoloso.
-Ma ci alleniamo tutti i giorni! Quando saremo pronti?- protestò IC, mettendo il broncio.
-Quando sarete tutti in grado di usare i vostri poteri- disse Diam, abbozzando un sorriso. Il suo sguardo cadde su Nepper in particolare.
-Anche se ci occupiamo solo di pesci piccoli, non si sa mai, no? È meglio essere pronti- aggiunse a cuor leggero. Heat notò che il sorriso non gli arrivava agli occhi, scuri e insondabili come un abisso. Trattenne a stento un brivido e, lanciando un’occhiata intorno, ebbe l’impressione che anche gli altri avessero percepito che il discorso rischiava di prendere una brutta piega.
-Va bene, va bene! Mi impegnerò a fondo negli allenamenti!- esclamò IC con forzata allegria. Si avvicinò a Diam e sorrise in modo un po’ più rilassato. -Buona fortuna là fuori!
L’espressione di Diam si addolcì di nuovo. Nessuno riusciva a essere cattivo con IC. Diam le scompigliò i capelli scherzosamente e annuì, poi se ne andò. Quando i suoi passi furono ormai un eco lontano, Nepper addentò con rabbia un toast bruciato.
-Quale diavolo è il suo problema?- sbottò.
Nessuno gli rispose. I gemelli si scambiarono uno sguardo, poi presero i piatti e, con la scusa di metterli a posto, sparirono in cucina. In mensa calò subito un silenzio imbarazzante. Heat si sforzò di dire qualcosa per alleggerire l’atmosfera.
-Uhm... perché non andiamo a cambiarci per l’allenamento? I tuoi vestiti saranno bagnati...
-Ah, non preoccuparti di quello- lo interruppe Nepper, tranquillo. Sollevò una gamba e poggiò il piede sulla panca. -Vedi?
Heat non poté fare a meno guardare e, con sua grande sorpresa, dovette constatare che scarpe e calzini erano completamente asciutti.
-Oh- disse solo. Nepper fece un sorriso sornione e scrollò le spalle. Senza aggiungere altro, gli diede le spalle e s’incamminò verso la sala addestramento da solo. Heat sospirò, rassegnato, e si affrettò a inseguirlo.
 
-
 
Anche se ormai l’aveva fatto dozzine di volte, Heat non riusciva ad abituarsi a essere chiamato a combattere. Il momento in cui Desarm chiamava il suo nome lo faceva sempre trasalire. Non che fosse un combattimento vero. Se fosse stato vero, Heat non avrebbe avuto alcuna speranza di vincere, no, anzi, di sopravvivere.
Nepper non lo aspettava mai. Ancora prima che Desarm lo chiamasse, lui aveva già lasciato la postazione d’attesa. Heat lo seguì con lo sguardo, finché IQ non gli diede una spinta per ricordargli che doveva andare anche lui. Heat strinse i pugni lungo i fianchi e andò alla piattaforma di combattimento: a ogni passo le pareti sembravano stringersi di più.
Heat si fermò di fianco a Nepper e ne osservò il profilo tagliente, impavido. Nepper non sembrava affatto nervoso, mentre per Heat la prospettiva di dover usare i propri poteri sotto lo sguardo severo di Desarm era causa di grande preoccupazione. Il suo sguardo cadde sui manichini che IQ e IC avevano trasformato in ghiaccioli. Erano sculture perfette. I gemelli erano diventati più bravi con la manipolazione del ghiaccio, e in più il loro gioco di squadra era impeccabile. Heat e Nepper, che non avevano la stessa affinità, erano soliti completare l’allenamento ognuno per conto proprio.
Quando Desarm diede loro il segnale di partenza, Heat non era pronto e Nepper iniziò per primo, come al solito. Protese le mani avanti e concentrò tutta l’energia nei palmi. Dal suo corpo si irradiava un forte calore e i suoi occhi brillavano come carboni ardenti. Il ghiaccio sui manichini cominciò a liquefarsi, ma Nepper non aveva ancora raggiunto il suo vero scopo: doveva immagazzinare molto calore prima di riuscire a manifestare il suo dono.
-Heat, datti una mossa!- La voce di Desarm rimbombò nella sala. Heat sobbalzò.
-S-sì, signore!- gridò, mettendosi d’istinto sull’attenti. Senza accorgersene era rimasto imbambolato a fissare Nepper. Quando si girò, gli parve di scorgere un sorriso sul volto del compagno, come se lo stesse deridendo. Heat avvampò e abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Cercò di evocare nella propria mente l’immagine di una fiamma: ne immaginò vividamente la forma, i colori, la temperatura, e come per magia questa si materializzò tra le sue dita. Heat la modellò goffamente in una sfera.
Intanto, Nepper aveva terminato le preparazioni. Tutto a un tratto dalle sue mani esplose una violenta fiammata, che colpendo il manichino a lui più vicino finì per trasformarlo in una sorta di fiaccola. Nepper fece schioccare la lingua contro il palato, seccato. Probabilmente aveva solo intenzione di sciogliere il ghiaccio sul manichino, tuttavia non aveva ancora né l’abilità, né la precisione necessarie a fare un lavoro pulito.
Heat spostò lo sguardo sul fantoccio rimasto integro. Avrebbe voluto un po’ più di tempo, ma sapeva di dover agire prima che Nepper gli rubasse il bersaglio, perciò lasciò perdere la manipolazione del fuoco e scagliò la sfera che aveva fatto contro il manichino. Dal momento che la potenza di quell’attacco era molto minore rispetto a quella di Nepper, la fiamma si limitò ad avvolgere il bersaglio e sciogliere il ghiaccio rimasto, che cominciò a raccogliersi in una pozza sul pavimento. Nepper gli rivolse un’occhiata tagliente, quasi a volerlo accusare di qualcosa, ma Heat evitò con decisione di incrociare il suo sguardo. 
Subito dopo Desarm soffiò nel fischietto. Heat tirò un sospiro di sollievo e, dando le spalle a Nepper, corricchiò da Desarm, il quale spese cinque minuti per distribuire critiche e consigli a ciascuno di loro prima di mettere fine alla sessione di allenamento. Per tutto il tempo, Heat continuò a sentire quasi fisicamente lo sguardo di Nepper sulla propria schiena.
 
-
 
Andava sempre allo stesso modo.
Correva verso la colonna di fumo, anche se la strada che si snodava verso il paese sembrava allungarsi. Il fumo si faceva sempre più nero, avvolgeva il paesaggio circostante in una fitta oscurità e si raggrumava nei polmoni e nella gola, lasciandogli addosso una sensazione di disgusto insopportabile. Poi, finalmente, la meta – il mercato – appariva in mezzo al nulla come una fiaccola nel buio. I tendoni erano in fiamme. Le punte di fuoco s’innalzavano fino al cielo e, danzando in cerchio, cantavano in una lingua terribile e seducente, magnetica e pericolosa. Nonostante non l’avesse mai sentita prima, dentro di lui si annidava la sensazione di conoscere il significato della canzone. Sulla punta della lingua aveva parole scritte con carbone ardente e fuochi d’artificio, che non aspettavano altro che essere pronunciate. Poteva farlo. Poteva scacciare il fuoco; l’aveva già fatto una volta.
Ma quando saltava nel muro di fuoco e pronunciava le parole, le fiamme rivelavano la loro vera natura e, anziché obbedire, si ribellavano al loro padrone, gli andavano addosso e lo avvolgevano nelle proprie spire. L’incantatore di fuoco tentava di domarle, ma finiva sempre per esserne inghiottito e diventare fuoco a sua volta...
Non era la prima volta che Heat si trovava intrappolato in quel sogno, e anche stavolta si svegliò nel cuore della notte con il sudore sulla fronte e il fiato corto. Per un momento restò a fissare il soffitto scuro, ancora spaventato e intontito dal sonno; poi, lentamente, sollevò una mano davanti al volto e la osservò. Non era avvolta dalle fiamme. Non stava andando a fuoco, e anche la sensazione di soffocamento da fumo era svanita.
La paura e il disgusto, però, quelli non se n’erano andati.
Heat si tirò su di scatto e tirò il cassetto del comodino. Quello si aprì con uno schiocco. Nepper mugugnò qualcosa dall’altro lato della stanza. Temendo di averlo inavvertitamente svegliato, Heat gli lanciò un’occhiata fugace, ma il compagno non diede altri segni di vita. La luce della luna tracciava il profilo del suo corpo, un fagotto coricato su un fianco, con il viso rivolto alla finestra. Con un sospiro di sollievo, Heat distolse lo sguardo da Nepper e si mise a frugare nel cassetto per cercare a tentoni una candela. Ne teneva sempre un paio di scorta, proprio per situazioni come quella.
Ogni qualvolta che il sogno tornava a tormentarlo, Heat prendeva una candela e la accendeva. Toccare il fuoco con mano era l’unico rimedio che potesse tranquillizzarlo: aveva bisogno di sapere che aveva ancora il controllo.
Accese il cerino con un dito e catturò la fiammella non appena questa iniziò a brillare vivacemente. La prese tra due dita, la allungò e la accorciò, la costrinse a seguire le linee immaginarie da lui tracciate. Ogni gesto, in quel rituale, era lento e studiato. Se la fiamma manifestava una volontà, era compito di Heat piegarla alla propria.
Mentre Heat la manipolava con mani esperte, la luce della fiammella si fece via via più vivida e, dall’angolo di letto su cui lui era seduto, si estese finanche a tracciare una linea sul pavimento, un filamento di luce in mezzo all’oscurità. Heat seguì distrattamente la traccia luminosa fin dove s’interrompeva, poi alzò gli occhi da terra e incrociò quelli di Nepper.
Per un secondo o due quello che aveva visto non si registrò nella sua mente intorpidita; poi, di colpo, arrivò la realizzazione. Il cuore gli balzò in gola.
Nepper era sveglio e lo stava osservando con aria rapita.
Heat trasalì e d’impulso strinse la fiammella con la mano. Il buio calò di colpo nella stanza. Nepper si lasciò scappare un verso di sorpresa e si sollevò di scatto sui gomiti.
-Che diavolo... Sei stupido?! Ti sei fatto male?!
Heat lo guardò, lento a capire. Poi scosse il capo furiosamente.
-No, no!- farfugliò, accaldato per l’imbarazzo. Per fortuna, al buio non si poteva dire che fosse arrossito.
Siccome Nepper continuava a fissarlo con aria incredula, Heat aprì e chiuse rapidamente la mano un paio di volte per dimostrargli che stava bene. Nepper parve recepire il messaggio.
-Okay... ma cosa stavi facendo?- chiese.
Non suonava infastidito, ma Heat esitò comunque. Aveva ancora il battito a mille per lo spavento preso e, per un attimo, ebbe la forte tentazione di inventare una bugia. Ma non gli venne in mente nulla, e comunque che motivo c’era?
-Mi esercito sempre così quando sono solo- disse in un soffio.
Nepper si mise a sedere di scatto.
-Davvero? Che figata! Come lo fai?- esclamò con inaspettato entusiasmo. Heat non lo aveva mai visto entusiasmarsi per niente. Tra l’altro, era la prima volta che Nepper manifestava una vera curiosità nei suoi confronti; e Heat, che non era abituato a essere considerato interessante, figuriamoci figo, provò un misto di sorpresa, imbarazzo e compiacimento.
-Posso far fare alla fiamma tutto quello che voglio- disse. -Posso allungarla, o far sì che segua le mie dita, o... altre cose...
-Ah!! Come quella cosa che hai fatto oggi in allenamento? Quella era fighissima! Credi che potrei fare anch’io una cosa come quella? Me la puoi insegnare? Ah, ma forse a te viene naturale. O no? Io tipo, quando corro... insomma la mia temperatura corporea sale da sola, e in qualche modo riesco a camminare nella neve senza problemi. Non è una figata? E non lo faccio apposta, mi viene naturale. È così anche per te?
Nepper parlava così veloce che Heat faceva quasi fatica a seguirlo. Ma era felice di poter parlar così con lui. Si sentiva elettrizzato all’idea che Nepper avesse aspettative su di lui.
-S-sì... Credo che sia una cosa che posso fare solo io- rispose Heat, stringendosi nelle spalle. Poi, con uno slancio di coraggio, aggiunse:- Senti, posso venire vicino a te...?
Nepper non rispose.
Il silenzio si protrasse per quasi un minuto. Heat stava già rimpiangendo tutte le scelte fatte fino a quel momento, quando intravide un movimento vicino alla finestra.
Nepper, che si era spostato per fargli posto, sbatté la mano sul materasso.
-Vieni qua, dai- lo esortò. Dal tono di voce sembrava tranquillo. Heat non si fece pregare: scalciò via la coperta e il lenzuolo e si affrettò a sedersi accanto a Nepper, raggomitolandosi per occupare meno spazio possibile. Nepper se ne accorse.
-Puoi metterti comodo, eh- esclamò, gli sfuggì una sorta di grugnito.
Heat capì che stava trattenendo una risata. Imbarazzato, cercò di rilassare le spalle e appoggiò la schiena al muro, poi scivolò un pochino verso il basso, con le gambe piegate contro il petto e le mani allacciate sotto le ginocchia. Nepper notò anche quello e fece un mezzo sorriso, ma non fece commenti. Se ne stava appoggiato con un gomito al davanzale, girato di tre quarti verso Heat. Forse era merito della luce che gli contornava parte del volto e dei capelli, ma Heat aveva l’impressione che la sua espressione fosse più morbida del solito, più mansueta. Una volta che si furono sistemati, Nepper si schiarì la gola.
-Allora... tu sei qui da molto?
Heat scosse il capo. -Sono arrivato solo tre mesi prima di te- lo informò.  
-E ti sei abituato subito a stare qui?
Heat esitò, poi scosse di nuovo il capo.
-Vivevo con i nonni prima. Qui è completamente diverso- ammise. Nepper gli scoccò una breve occhiata. Heat si rese conto di aver parlato al passato senza pensarci.
-È stato un incidente- si affrettò a spiegare. -Sto bene adesso- aggiunse poi, senza sapere perché avesse sentito il bisogno di dirlo. Forse perché non era vero.
-Scusa- disse Nepper, con voce sommessa. -Non volevo farti parlare di cose dolorose.
Heat non disse niente, scosse solo il capo, per cui Nepper continuò a parlare.
-Io non so se mi abituerò. Non ci riesco. Non mi ricordo niente, quindi come faccio a buttare via tutto e ricominciare? E poi sono...- Esitò e abbassò la voce. -Lo so che oggi in mensa ho fatto lo spaccone, ma... In realtà sono preoccupato per il “dono”. Non capisco ancora bene che significhi- confessò con una certa riluttanza.
-Perché non lo hai detto a Desarm?- chiese Heat. 
Nepper scosse il capo. Alla tenue luce che entrava dalla finestra, i suoi capelli sembravano davvero color miele, mentre gli occhi erano scuri come cenere.
-Perché è da sfigati, no?- borbottò.
Rimuginando, Heat abbassò lo sguardo, poi decise di buttarsi.
-Senti... Noi siamo partner adesso, giusto? Quindi con me puoi parlare di tutto quello che vuoi! Prometto che non lo dirò a nessuno. Ti coprirò le spalle... Insomma, un partner è qualcuno su cui puoi contare... credo- disse, tutto d’un fiato per paura di bloccarsi. Quando sbirciò verso Nepper, vide che l’altro lo stava fissando con sorpresa.
-Sei figo- disse Nepper dopo un po’. A Heat mancò un battito.
-Eh?!
-Sei veramente figo. E poi sei forte. Penso di potermi fidare di te- proseguì Nepper, imperterrito. Improvvisamente, afferrò la mano di Heat.
-E tu, puoi fidarti di me?
-S-sì, certo!
-Davvero? Anche se non mi ricordo niente?- Nepper aggrottò la fronte, ma Heat non ebbe esitazioni.
-Voglio fidarmi. Prometto di essere sempre sincero con te, e vorrei che tu lo fossi con me- disse, deciso. Nepper lo guardò per un attimo, poi gli strinse la mano.
-Affare fatto, partner. E visto che abbiamo deciso di essere sinceri, comincio io- disse.
-Non guardare sempre giù. Lo fai sempre. Ma non hai niente di cui vergognarti! Sei forte. Ti guardo, agli allenamenti. Magari sei solo timido, ma è irritante, quindi non farlo più.
Nepper si sporse leggermente verso di lui, preso dall’entusiasmo. Heat lo guardò stupefatto, non sapeva che dire; poi d’un tratto realizzò una cosa.
-Uh... quindi è per questo che mi guardi sempre male? Pensavo di starti antipatico!
-Ah, no, mi dispiace se ti ho dato quell’impressione- disse Nepper, grattandosi nervosamente la nuca. -È solo che... Se hai qualcosa da dire, fallo e basta. Anche se sei timido, puoi dire quello che pensi, no? Stasera lo hai fatto.
Heat annuì. -Okay- mormorò. -Cercherò di non farlo più.
Nepper gli rivolse un sorriso compiaciuto.
-Okay, ora penso che dovremmo dormire- disse.
Heat capì che la conversazione era finita. Per quanto gli dispiacesse spostarsi, non poté che concordare e tornare al proprio letto. Si era appena infilato sotto le coperte quando sentì la voce di Nepper, all’altro lato della stanza.
-Buonanotte, Heat.
Quelle parole lo resero così felice che quasi se ne vergognò. Ricambiò, poi si raggomitolò sotto le coperte e ripensò a quello che si erano detti finché non si addormentò senza accorgersene.
 
-
 
-Heat. Ehi, Heat. Svegliati, dai!
Qualcosa lo colpì in piena faccia. Con un verso di disappunto, Heat rotolò su un fianco e continuò a sonnecchiare, ma i colpi continuarono finché non diventarono molesti. A quel punto Heat si trovò costretto ad aprire gli occhi e a voltarsi per capire cosa l’avesse svegliato così bruscamente.
Ancora intontito dal sonno, intravide una figura davanti a sé. Era Nepper, con in mano un cuscino. Heat era ancora troppo instupidito per fare due più due, ma aveva la vaga sensazione che Nepper volesse qualcosa da lui. Si sollevò sui gomiti e lanciò un’occhiata pigra verso la finestra: fuori era ancora buio pesto.
-È notte... Buonanotte- mugugnò con la voce impastata, e si lasciò cadere di nuovo all’indietro, tirandosi la coperta fino al mento. Purtroppo per lui, Nepper sembrava avere altre idee. Heat aveva appena poggiato la testa sul cuscino quando sentì le dita del compagno strizzargli una guancia.
-Heaaat- disse Nepper, allungando il suono centrale in modo petulante, -non rimetterti a dormire!!
Heat aprì gli occhi, stizzito.
-Ma è ancora notte- protestò.
-No, è mattina presto- ribatté Nepper. -Quindi ora devi alzarti, vestirti e seguirmi. Ho avuto un’idea fantastica, modestamente!
Heat continuò a guardarlo torvo, sperando di comunicargli il suo dissenso per via telepatica. Nessuna idea che prevedesse svegliarsi quando era ancora buio fuori poteva essere “fantastica”. Nepper, però, non colse il messaggio, o più probabilmente lo ignorò di proposito. Alzò il cuscino e per la seconda volta lo colpì in piena faccia. Heat si lasciò sfuggire un gemito sofferente e arricciò naso e bocca in una smorfia.
-Muoviti- lo incalzò Nepper. Testardo come un mulo.
Heat si trascinò con estrema lentezza fuori dalle coperte, si sedette sul bordo del letto e si coprì la bocca con una mano mentre sbadigliava, esagerando un po’ per sottolineare i suoi sentimenti sul brusco risveglio. Nepper sbuffò, ma più che infastidito sembrava divertito. Gli tirò un’altra cuscinata.
-Ehi! Sono sveglio!- si lamentò Heat.
-Lo so, ma è divertente- disse Nepper con un mezzo sorriso. -Non sapevo che fossi così lagnoso appena sveglio.
-Non mi hai mai visto appena sveglio. Esci sempre prima di me- borbottò Heat.
Si alzò, liberandosi definitivamente delle coperte, raccattò in giro i vestiti del giorno prima (non aveva voglia di sceglierne altri) e uscì per andare al bagno comune che stava in fondo al corridoio. Almeno poteva essere certo che non lo avrebbe trovato occupato: a parte Nepper nessun altro si sarebbe sognato di alzarsi a quell’ora in pieno inverno.
Quando tornò in camera, trovò Nepper che ingannava l’attesa facendo stretching nello spazio tra i letti. Era piegato in due, con le mani strette attorno alle caviglie, e già vestito per uscire. Heat si accigliò notando lo spazio di pelle nuda tra la fine dei pantaloncini e l’inizio dei calzini.
-Non sentirai freddo?- chiese, indicando con un vago gesto le sue gambe.
-Nah. Mai stato un problema. Finisco lo stretching e usciamo- rispose Nepper, mentre si inginocchiava a terra. Distese con delicatezza la gamba destra e poi, lentamente, fece scivolare indietro la sinistra fino a fare una spaccata.
Intanto Heat continuava a fissargli le gambe.
-Sei molto... snodato- osservò in tono disinteressato. Nepper sbuffò una risata.
-Facevo calcetto da piccolo. Non ricordo perché ho smesso, ma sono sempre stato un tipo atletico, credo. Comunque non farebbe male neanche a te. Fai questo, dai.
Tenendo le spalle rilassate e le braccia lungo i fianchi, portò la mano destra sotto il gomito sinistro e spinse, sollevandolo fino al petto. Heat lo imitò, titubante, e dopo un po’ sentì tirare dietro la spalla. Anche Nepper dovette provare la stessa cosa, perché sciolse la posizione e la ripeté con mano e gomito opposti. Alla fine scrollò braccia e spalle, ruotò il capo un paio di volte per sbloccare bene il collo. Heat imitò tutti i movimenti senza fiatare.
Finalmente Nepper si fermò. -Pronto a uscire?- chiese.
-Posso rispondere di no?
Una scintilla di sfida si accese negli occhi di Nepper.
-Provaci.
Per un momento Heat ebbe un flash di cosa sarebbe successo se l’avesse fatto: immaginava che Nepper lo avrebbe trascinato per i piedi, se necessario. Ed era probabilmente meglio evitare quello spettacolo. Sospirando, Heat si spostò dalla porta e gli fece cenno di fare strada.
Chiaramente Nepper non aspettava altro. Gli passò accanto, lo afferrò per un braccio e marciò fuori dalla stanza con aria trionfante. Heat fece del suo meglio per tenere il passo. Lo aveva già notato altre volte, ma Nepper aveva una naturale tendenza a imporsi sugli altri.
Attraversarono tutto il corridoio, passarono davanti alla mensa e si fermarono nella stanzetta d’ingresso. Nepper gli lasciò il braccio e cominciò a frugare tra giacche a vento sdrucite e cappotti scoloriti appesi alla rinfusa all’appendiabiti a muro. A terra, sotto una panchina ruvida di legno, erano allineati gli scarponi da neve di ognuno di loro: tutti di seconda mano e con indelebili macchie di fango, potevano essere riconosciuti solo dai colori. Era Desarm a procurare tutti gli indumenti che avevano, così come tutto il resto; era probabile che li comprasse a poco prezzo in mercatini dell’usato, e certo non aveva il miglior gusto estetico. Ma vestiti e scarpe erano sempre caldi quanto bastava.
Nepper trovò subito ciò che cercava: una chiave di rame con il pettine leggermente arrugginito e un cordoncino sottile che passava attraverso l’impugnatura. Heat si avvicinò e fece per prendere il proprio cappotto, ma Nepper gli bloccò il polso.
-Ti sarà d’impiccio, fidati- disse. Heat si accigliò, ma si ritrasse senza fare storie mentre Nepper infilava la chiave nella serratura del portone. A quel punto non restava che tirare. Era un portone di legno pesante, non troppo vecchio ma con cerniere rovinate dalle condizioni di gelo semi-permanente. Dopo che Nepper si fu messo la chiave attorno al collo e dentro il colletto della felpa, i due ragazzini tirarono il portone con tutta la forza che avevano finché non riuscirono a spostarlo quel tanto che bastava a passare. Lo spazio era stretto, ma Nepper ci strisciò in mezzo senza problemi e sparì dietro il portone. Dopo un attimo di esitazione, Heat fece lo stesso.
Una volta fuori, vide che il compagno non era andato avanti, ma si era fermato ad aspettarlo. La cosa lo sorprese e gli fece piacere.
Ancora più sorprendente, la neve si scioglieva dove Nepper poggiava i piedi. Avvicinandosi a lui, Heat notò che dal corpo di Nepper veniva un debole tepore e capì che l’altro stava usando il dono per alzare la propria temperatura corporea.
-Wow, sei come una stufa. Per forza che non hai freddo- osservò Heat, affascinato.
Nepper fece una smorfia, forse perché non gradiva essere paragonato a una stufetta, ma si riprese subito e sfoggiò un sorriso spavaldo.
-Te l’ho detto. È la stessa cosa che ti ho fatto vedere ieri a mensa, solo che ora lo faccio in modo continuato- disse con un certo autocompiacimento.
-Sembra utile. Io non credo che potrei farlo.
-Perché no?
-Non posso fare calore così, o alzare la mia temperatura come fai tu. Posso soltanto creare una fiamma... E controllare il fuoco quando ce l’ho davanti. Ad esempio non potrei fermarti, in questo momento. Non posso controllare una cosa che non si... materializza- spiegò.
-Mmh- Nepper rispose con un mormorio d’assenso. Heat si strinse le braccia attorno al corpo e alzò gli occhi al cielo, che in quel momento era una sfumatura tra il blu scuro e l’indaco. Faceva molto freddo e la neve non era fresca, bensì dura e croccante, con un sottile strato di ghiaccio sulla superficie. 
-Beh, quale sarebbe la tua idea?- chiese Heat, impaziente. Nepper si riscosse.
-Ah sì. In realtà è una cosa facilissima. Hai visto come riesco a fare delle fiammate potentissime? Il fatto è che lo sono un po’ troppo- disse. -Ma, visto che tu sai controllare bene il fuoco, ho pensato che potremmo collaborare. In fondo, come partner dovremo imparare a farlo prima o poi, o no?- Mentre parlava, Nepper si era messo a calciare la neve circostante. Anche se fino a poco prima era stato così orgoglioso della sua idea, adesso sembrava leggermente imbarazzato. Heat lo guardò sorpreso.
-Vediamo se ho capito bene... Vorresti che usassi il mio potere per... controllare il tuo?
-Sì, qualcosa del genere. Pensi di poterci riuscire?- chiese Nepper.
-Non lo so. Ma possiamo provarci- rispose Heat, onesto. Si guardò attorno per un momento. -Ah, ora ho capito. Siamo venuti qui per allenarci, vero?
Il volto di Nepper parve illuminarsi, e Heat intuì di aver indovinato. Evidentemente Nepper voleva verificare che quell’idea fosse fattibile prima di metterla in pratica in addestramento, e quelli erano il posto e l’orario ideale per un allenamento di nascosto. Heat doveva ammettere che l’idea lo stuzzicava.
-Sono un po’ emozionato- ammise con un piccolo sorriso. -Prova a fare qualcosa come quella che hai fatto ieri in allenamento.
Nepper si stiracchiò, poi sollevò lentamente la mano destra. Poco dopo, dal palmo fuoriuscì una gittata di fiamme. Heat scattò in avanti e provò ad afferrarla con le mani, ma non riuscì né a prenderla né a manovrarla; semplicemente, la fece scomparire.
Nepper lo guardò con un misto di curiosità e sorpresa.
-Che hai fatto?- chiese, mentre Heat si guardava le mani, altrettanto perplesso.
-Io... non saprei- mormorò. Il fuoco di Nepper era familiare, eppure diverso dal suo, così come i loro doni erano simili ma differenti. Heat alzò lo sguardo e disse:- Proviamo con un altro approccio. Pronto quanto lo sei tu.
Nepper annuì e ripeté quello che aveva fatto prima. Stavolta, invece di cercare di afferrare la fiamma, Heat alzò un braccio e disegnò una linea in aria. La fiamma si piegò di scatto e si mosse lungo la retta. Heat proseguì: man mano che tracciava linee, costringeva la fiamma a venirgli dietro, adeguandosi al percorso tracciato. Alla fine, quando si stancò, diresse la fiamma verso il terreno. Questa si tuffò in picchiata e si estinse con un piccolo scoppio, trasformando un mucchio di neve in una pozza d’acqua bollente. Heat sospirò di stanchezza e si voltò.
-Una cosa del genere?- disse con un sorriso nervoso.
Nepper stava fissando a occhi sgranati il punto dove la fiamma era caduta. Quando si girò verso Heat, sul suo volto c’era un sorriso larghissimo.
-Sì, sì, sì!- esclamò. -Proprio una cosa così! Sei stato fighissimo!
Heat arrossì per il complimento, poi tornò serio e si portò una mano al mento con fare pensieroso. Il sorriso di Nepper si smorzò un pochino.
-Qualcosa non va?- domandò.
-No... non esattamente... Solo che, quando ti guardo, ho l’impressione che tu possa essere più forte di così- osservò Heat con sincerità. Nepper sbuffò una risata.
-Voglio il tuo aiuto proprio perché faccio attacchi troppo potenti, non mi hai sentito? E tu pensi che possano essere ancora più forti?
-Non sono un esperto-. Heat avvampò. -Ma forse dovresti pensare di cambiare il modo in cui raccogli l’energia, o il modo in cui la butti fuori...- Si fermò a riflettere, incrociando le braccia al petto e sollevando lo sguardo verso il cielo. Ripercorse mentalmente ciò che avevano appena fatto, il modo in cui la fiamma si era librata in aria e poi si era tuffata giù...
-Che ne dici di un drago?- disse la prima cosa che gli era venuta in mente.
-Un drago? Vorresti vedermi sparare fuoco dalla bocca?
Heat abbassò lentamente lo sguardo su di lui.
-Sì- disse in tono serissimo.
Nepper lo fissò come se fosse matto.
-Non ci riuscirò da un giorno all’altro, sai.
-Non importa quanto ci metterai. Ti aiuterò per tutto il tempo necessario- disse Heat.
Nepper continuò a fissarlo con la stessa espressione, e Heat si rese conto di aver detto una cosa piuttosto audace. Ma non aveva intenzione di rimangiarsela. Per una volta, sostenne lo sguardo di Nepper con fermezza.
Quella strana gara di sguardi finì pochi secondi dopo. Il sorriso tornò sul volto di Nepper.
-E va bene- cedette. -Prevedo l’inizio di una grande amicizia!
Heat sperava proprio di sì.
 
 
♦♦♦
 
~ giugno.
 
-Heat, Nepper, è il vostro turno.
Heat si portò una mano al petto e fece un respiro profondo. Era teso come al solito.
-Ehi, Heat, andiamo!
Ma ora qualcosa di diverso c’era.
Passandogli accanto, Nepper gli diede una pacca sulla schiena per spronarlo; fece un paio di passi, poi si fermò ad aspettarlo. Il suo sorriso e il tono spavaldo con cui l’aveva chiamato lasciavano intendere che non sarebbero usciti sconfitti, ed era per questo che Heat si sentiva più forte e sicuro che mai. Andarono alla piattaforma insieme. Le lastre di ghiaccio che IQ e IC avevano creato poco prima erano già state rimosse e sostituite con dei bersagli pensati apposta per Heat e Nepper, dei grandi cerchi di metallo che si muovevano su e giù.
Negli ultimi mesi c’erano stati grandi cambiamenti. Man mano che loro miglioravano, Desarm diversificava il tipo di addestramento, fino a personalizzarlo per ogni coppia. Di mese in mese la frequenza delle chiamate con Hitomiko si era intensificata. Heat non capiva perché la signorina Hitomiko dedicasse loro così tanto tempo, ma gliene era grato. Non poteva fare a meno di pensare che gli allenamenti fossero diventati più stimolanti.
Desarm diede loro il segnale di inizio. I cerchi cominciarono a muoversi.
Nepper si stiracchiò le braccia e si girò verso di lui.
-Ci sei?- chiese, con un gran sorriso che si allargò ancora di più quando Heat annuì senza esitare. Nepper cominciò subito a immagazzinare calore: era diventato molto più veloce a farlo, adesso gli bastavano pochi secondi. E non era la sola cosa che aveva imparato a fare.
Dopo il primo tentativo, infatti, Nepper aveva scoperto che sparare fiamme con la bocca era molto più divertente che farlo con le mani.
Non appena il getto di fiamme si levò in aria, Heat tracciò in aria una curva con il braccio, poi indicò con la mano uno dei bersagli più lontani; come previsto, la fiamma seguì la traiettoria da lui tracciata e si tuffò nel cerchio. Senza perdere la concentrazione, Heat disegnò altre linee, una dopo l’altra. Stava già sudando. Inevitabilmente manipolare il fuoco alzava la temperatura intorno a lui. Al contrario di lui, Nepper lo sopportava senza problemi.
Heat continuò a manovrare la fiammata finché questa non passò attraverso tutti i cerchi; per il gran finale, tutti i bersagli presero fuoco. Heat li osservò senza fiato: era come assistere a uno spettacolo pirotecnico. In quel momento Nepper gridò vittorioso e gli balzò sulle spalle.
-Heat! Sei stato fenomenale! È la prima volta che ci viene così bene!- esclamò, così vicino da assordarlo. Heat abbozzò un sorriso timido.
-È merito tuo... Sei diventato ancora più forte. La fiamma resiste così a lungo solo perché sei tu a farla... Io non riesco a creare del fuoco così- rispose.
Nepper si accigliò, poi si strinse nelle spalle.
-Forse, ma se tu non fossi così bravo nella manipolazione questo giochetto non sarebbe mai riuscito. Prenditi i tuoi meriti, Heat. Sei proprio figo!- disse, in modo così convinto che Heat non poté contraddirlo.
Poco dopo Desarm soffiò nel fischietto e i gemelli si precipitarono da loro, seguiti pigramente da Diam.
-Cos’era quello, Heat?! È stato fighissimo!- strillò IC, afferrò le mani di Heat e iniziò quasi a saltare sul posto, incapace di contenere la propria energia. Anche IQ pareva molto colpito e, benché cercasse di mantenere un contegno, i suoi occhi brillavano di ammirazione dietro le lenti degli occhiali. Persino Diam rivolse loro un sorriso che sembrava sincero.
-Siete diventati ancora più veloci- osservò.
-È stato un gioco da ragazzi, vero, Heat?- ribatté Nepper con orgoglio, girandosi verso il partner in cerca di appoggio. Heat annuì, ma la sua mente era altrove per via del fatto che Nepper aveva ancora il braccio attorno alle sue spalle e non pareva intenzionato a spostarlo.
Intanto, Desarm si avvicinò al gruppetto. Heat si irrigidì immediatamente.
-Nepper, qui non stiamo giocando. Non ve la cavereste tanto facilmente in un vero combattimento- lo rimproverò. Poi, con grande sorpresa dei ragazzi, la sua espressione si ammorbidì. -Tuttavia, devo dire che è stata una performance notevole. Il vostro lavoro di squadra è migliorato molto. Continuate così- aggiunse in tono meno severo. Poggiò una mano sulla spalla di Heat e una su quella di Nepper, rimase fermo per un momento, poi si voltò e se ne andò. Mentre gli altri lo seguivano, Nepper e Heat rimasero indietro.
Una volta sicuro che nessun altro li potesse sentire, Nepper si sporse verso Heat per parlargli all’orecchio.
-Cacchio, sbaglio o il grande capo ci ha appena fatto dei complimenti?!- sussurrò in tono incredulo, mettendo una mano a coppa sulla bocca.
-Sembrerebbe proprio di sì. Pazzesco, no?- rispose Heat, compiaciuto.
Nepper scoppiò a ridere e lo attirò ancora più vicino a sé. Heat sobbalzò, colto alla sprovvista, e per un momento rimase diviso tra desiderio di stringerlo a sé e l’impulso di sottrarsi. Quando alzò lo sguardo e vide l’espressione di Nepper, però, non ebbe il coraggio di allontanarlo: il sorriso di Nepper era così puro e innocente da essere quasi abbagliante.
-È solo grazie a te, Heat. Sei il mio miglior amico, lo sai?
Quelle parole, pronunciate sottovoce, furono un pugno allo stomaco. Il senso di soddisfazione e trionfo provato poco prima si squagliò scontrandosi con i sensi di colpa. Perché Heat aveva un segreto che non aveva ancora detto a nessuno, nemmeno a Nepper. Specialmente a Nepper.
 
-
 
Il fatto era che Heat stava cominciando a venire a patti col fatto di essere gay, ma non sapeva ancora bene cosa fare con quell’informazione.
Non è che avesse molte possibilità di testarlo, dato che non conosceva ragazze oltre a IC. Quando pensava a lei, però, si sentiva più a suo agio nei panni di un fratello che non in quelli di un possibile fidanzato, e questo doveva significare qualcosa, giusto? E comunque, Heat non aveva neanche mai pensato di baciarla... Ma nemmeno di baciare IQ o Diam. IQ era una gelida strega delle nevi, mentre Diam era una fortezza ancora più invalicabile. Era impossibile fargli abbassare la guardia. Insomma, Diam era attraente quanto bastava, peccato solo che fosse Diam (se qualcuno glielo avesse chiesto, Heat non avrebbe saputo spiegarlo meglio di così).
Nulla di tutto questo aveva importanza.
Ciò che importava davvero era decidere che fare con la gigantesca cotta che aveva per Nepper. All’inizio aveva cercato di ignorarla, ma quella sembrava seguirlo dappertutto, onnipresente, ingombrante e invasiva. A volte gli capitava di immaginarla come un grosso elefante invisibile che lo seguiva di stanza in stanza a suon di tamburo. Trattarla come un’influenza stagionale e augurarsi che passasse presto sembrava la soluzione migliore.
Prima di tutto, la convivenza con Nepper era già abbastanza problematica senza che lui sapesse che forse, forse Heat aveva un debole per lui. Heat aveva il presentimento che Nepper non l’avrebbe presa molto bene. Il loro rapporto era decisamente migliorato, vero, ma Heat aveva faticato molto per arrivare fin là. L’ultima cosa che voleva era rovinare tutto ciò che avevano costruito. Inoltre, rovinare tutto per un desiderio egoista gli sembrava ingiusto nei confronti di Nepper. Quello di cui Nepper aveva bisogno era un amico, un partner che gli coprisse le spalle. Heat non poteva e non voleva tradire così la sua fiducia.
Quindi restava solo da decidere cosa fare con tutta quella frustrazione.
Purtroppo, per quanto Heat si sforzasse di non darlo a vedere, la sua concentrazione calò a picco nelle settimane successive. Non riusciva a sorvolare sui sorrisi che Nepper riservava soltanto a lui, sulla disinvoltura con cui gli metteva il braccio attorno alle spalle, o sul modo in cui la sua voce, la sua espressione, la sua postura persino si addolcivano quando parlavano. Heat non contava più le volte in cui avrebbe voluto poggiare la mano sulla sua e lasciarla lì, o ricambiare le strette con abbracci molto più amichevoli. E più si sforzava per reprimere quella frustrazione, più questa premeva per uscire.
Ben presto, il suo segreto cominciò a influire negativamente anche sugli allenamenti.
Quel giorno tutto sembrava a posto. Heat doveva solo fare come al solito e tutto sarebbe andato bene. Poco prima di cominciare, però, Nepper lo beccò a fissarlo senza motivo. A Heat capitava spesso di farlo. Era una cosa piuttosto imbarazzante, ma Nepper parve non darci peso e andò avanti come al solito. Heat si sforzò di fare lo stesso e cominciò a muovere il fuoco come sempre, ma i suoi movimenti erano più distratti e lenti del solito, riusciva a percepirlo persino lui. Cercò di concentrarsi il più possibile sul suo compito e così, in qualche modo, la manipolazione diventò più stabile e precisa.
Ma poi, d’un tratto, Heat incrociò di nuovo lo sguardo di Nepper. Questa volta era lui a fissarlo, e nel suo sguardo c’era qualcosa che Heat non aveva mai notato prima e che non sapeva spiegarsi.
Heat perse il ritmo.
La fiammata sfuggì al controllo e schizzò verso l’alto, colpendo una delle luci e causando una piccola esplosione. Dal soffitto venne giù una pioggia di scintille e schegge di vetro.
-Heat!!- Nepper urlò il suo nome e, rapidissimo, lo afferrò per il braccio e lo tirò via con un impeto tale che caddero all’indietro. Heat, seduto a terra tra le gambe di Nepper, fissava a occhi sgranati il mucchietto di vetri a un paio di metri da loro. Dalla luce distrutta usciva ancora qualche scintilla, insieme a una nuvola di fumo, mentre i cerchi continuavano a muoversi senza badare all’incidente di percorso. Heat non era riuscito ad accenderne neanche la metà. La voce di Nepper lo riscosse dallo shock.
-Heat, stai bene?!
Heat si rese conto che Nepper lo stava mezzo abbracciando. Cercò di girarsi verso di lui per quanto possibile e abbozzò un sorriso incerto.
-Scusami, ho fatto cilecca- disse. Nepper lo guardò, attonito, poi scosse il capo. Prima che potesse ribattere, però, Desarm li raggiunse di corsa.
-Heat, stai bene?- domandò. Quando Heat annuì, Desarm sospirò di sollievo, poi la sua espressione si fece dura.  
-Quando siete in allenamento, non dovete pensare a nient’altro. Heat, eri chiaramente con la testa da tutt’altra parte. Sono molto deluso- lo rimproverò. Heat sentì lo stomaco aggrovigliarsi e abbassò lo sguardo per la vergogna, stringendo le spalle per rimpicciolirsi il più possibile e sfuggire a quello sguardo severo, ma anche preoccupato. Non aveva niente da obiettare, e Desarm interpretò il silenzio come un’ammissione di colpa.
-Pensavo che tu e Nepper foste quasi pronti ad andare in missione, ma evidentemente mi sbagliavo. C’è ancora molto su cui lavorare- sentenziò. Si passò una mano sul volto e si lasciò sfuggire un sospiro di stanchezza. -Per oggi finiamo qui. Andate a riposare- disse, poi girò i tacchi e uscì velocemente dalla sala addestramento. Di sicuro stava andando a chiamare Hitomiko per consultarsi con lei.
Nepper lo osservò andare via con aria insoddisfatta. Non appena la porta si chiuse, lasciò la presa sul braccio di Heat e si mise in piedi.
-Ehi, che ti è preso?- gli chiese, brusco, guardandolo dall’alto in basso. Heat sussultò e chinò ancora di più il capo. Questo parve irritare Nepper.
-Guardami negli occhi quando ti parlo!- berciò. Heat sapeva che Nepper non ce l’aveva davvero con lui, che era solo frustrato per le parole di Desarm; tuttavia non riusciva a reggere il suo sguardo in quel momento. Sollevò un po’ la testa e la voltò di lato, evitando il confronto visivo. Nepper fece schioccare la lingua contro il palato e gli afferrò una spalla, spingendolo bruscamente all’indietro nel tentativo di farsi guardare.
In quel momento, però, i gemelli intervennero per separarli.
-Ora basta! Non serve a niente litigare!- esclamò IC, mentre lei e IQ bloccavano Nepper prendendolo per le spalle.
-Ehi, lasciatemi! Non gli faccio niente! Voglio solo sapere cos’è successo!- replicò Nepper.
Heat avrebbe voluto dirglielo, ma non sapeva come fare senza rivelare tutto il resto. Non era mai stato bravo a mentire. Mentre lui tentennava, Diam rispose al suo posto.
-Perché non lo chiedi a te stesso?- disse, e con nonchalance si posizionò proprio tra Heat e Nepper. Tutti lo guardarono sbalorditi. Era raro che Diam intervenisse in questioni che non lo riguardavano direttamente. Quando si riprese dalla sorpresa, Nepper gli scoccò un’occhiata truce.
-Cosa diavolo vorresti dire?- sbottò.
Diam infilò le mani in tasca e inclinò leggermente il capo.
-Heat non era il solo a essere distratto, no?- disse. -Tanto per cominciare, il tuo attacco iniziale era molto più forte del solito. Non mi sorprende che Heat abbia avuto difficoltà a controllarlo.
Per tutto il tempo Heat continuò a fissarlo, sempre più confuso. Diam aveva notato tutto questo? Lui non si era accorto di nulla. Sbirciò verso Nepper e notò che il suo volto era diventato paonazzo. Nepper boccheggiò per qualche secondo; poi, non trovando subito il modo di rispondere per le rime, fece una smorfia contrariata.
-Quello che succede tra me e Heat non sono cazzi tuoi, mi hai capito?!- sbraitò alla fine.
-Beh, non che me ne freghi niente- replicò Diam, scrollando le spalle. -Insomma, sì, sono affari vostri. Ma se credi davvero che Desarm vi avrebbe portati in missione, ti sbagli di grosso. Non capisci che qui siete viziati e coccolati? Non siete pronti al mondo esterno. Gli spettacolini con i fuochi d’artificio servono a poco, là fuori-. Socchiuse gli occhi con aria annoiata. A quanto pareva, non aveva alcuna intenzione di andarci leggero.
-Non siete abbastanza forti. Tu- proseguì, puntando l’indice contro Nepper, -non sei abbastanza forte. Impara a conoscere e usare meglio il tuo dono, e poi forse potrai criticare gli altri.
Quando finalmente Diam smise di parlare, nella sala calò un silenzio gelido. Nepper si scrollò di dosso i gemelli con veemenza e, dopo aver lanciato a Diam un’occhiata dardeggiante, gli diede le spalle e marciò fuori dalla sala; lo sentirono borbottare insulti sottovoce finché non uscì sbattendo la porta. A quel punto i gemelli si scambiarono uno sguardo esasperato. IC si mise le mani sui fianchi.
-Diam, hai esagerato- disse, imbronciata.
Diam fece spallucce e si girò verso Heat.
-Ehi, ce la fai ad alzarti? Vuoi una mano?
Heat lo guardò per un istante, poi scosse il capo e si alzò da solo.
-Diam... Lo hai detto per noi, non è vero? Tu sei già andato in missione. Sai cosa significa- disse, scuro in volto. -Qui siamo protetti da Desarm... ma non lo saremo per sempre. Un errore stupido è sufficiente a mettere in pericolo sia te che gli altri...
-Già il fatto che tu lo abbia capito è positivo. Spero che ci arrivi anche Nepper- lo interruppe Diam con un mezzo sorriso.
-Bene, miei prodi, lezione di vita finita! Ora devo rilasciare la tensione, quindi lasciatemi solo- aggiunse, indicando loro la porta con un gesto deferente della mano. Gli altri, che sapevano cosa intendeva dire, non se lo fecero ripetere due volte, anche se IQ aveva delle rimostranze per quel “miei prodi”. Poco prima di chiudere la porta, Heat vide Diam mettersi le cuffie, per cui si affrettò a chiudere e allontanarsi il più possibile.
Ora che si trovava con del tempo libero in più, non sapeva cosa farci. Avrebbe voluto cercare subito Nepper e assicurarsi che stesse bene, ma aveva l’impressione che fosse meglio lasciarlo in pace per un po’. Probabilmente in quel momento Nepper non voleva neanche vederlo... Heat si bloccò. Deglutì. Il pensiero che Nepper non volesse più avere a che fare con lui era insopportabile. Non che lo biasimasse. Per colpa sua anche Nepper era stato punito. Per colpa di un suo errore.
Intanto, IC si accorse che si era fermato e tornò indietro per consolarlo. Heat cercò di non piangere mentre la ragazza gli dava dei colpetti affettuosi sulla schiena.
-Non preoccuparti, Heat, andrà tutto bene! Tu e Nepper siete grandi amici, lo sappiamo tutti. E poi, Diam non odia affatto Nepper. Anzi, sono sicura che è preoccupato per lui!
-Come fai a esserne sicura?- chiese Heat, confuso. IC abbozzò un sorriso.
-L’ha chiamato per nome, no? Ti ricordi che all’inizio non si ricordava nemmeno come si chiamava? Penso che ora Diam lo consideri davvero uno di noi- disse. Heat non era convintissimo, ma non ebbe la forza di contraddirla. Certo, su una cosa aveva ragione: trattandosi di Diam, essersi ricordato il nome era già un enorme passo avanti.
 
-
 
L’aria in mensa era tesa. Per un po’ Heat si sforzò di essere positivo, contro la propria natura e contro tutte le aspettative, ma le sue speranze crollarono quando, una decina di minuti dopo, fu chiaro che né Diam né Nepper li avrebbero raggiunti. A quel punto IQ si raddrizzò nervosamente gli occhiali sul naso e fece un sospiro cupo.
-È inutile aspettare oltre- dichiarò, mentre andava a riempirsi il piatto. Heat rimase fermo a fissare la porta finché IC non gli diede un colpetto sul braccio.
-Andiamo anche noi- disse la ragazza in tono incoraggiante.
Heat annuì e la seguì al bancone, dove osservò senza appetito le uova strapazzate e il pane bruciacchiato. Prese comunque qualcosa a caso da mettere nel piatto – solo perché IC e IQ continuavano a lanciargli occhiate di sottecchi – e andò a sedersi al solito tavolo.
Non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. Da quando aveva cominciato a legare con lui, Nepper si era aperto poco a poco anche con IQ e IC; di solito in mensa c’era un’atmosfera leggera e scherzosa, a cui a volte partecipava persino Diam. Ma ora si respirava un’aria ben diversa. La mensa, senza Nepper e Diam, appariva vuota.
Heat scoprì di avere lo stomaco annodato e di non poter mandar giù un solo boccone, perciò allontanò il piatto da sé con un gesto svogliato. IC e IQ si scambiarono un’occhiata.
-Dai, Heat, non fare così. Sono sicura che hanno bisogno solo di tempo per sbollire, ma poi tornerà tutto come prima!- lo incoraggiò IC.
-Indebolirsi non servirà a nulla, devi mangiare- aggiunse IQ in tono brusco, ma si capiva che era davvero preoccupato.
Heat scosse il capo e nascose il viso tra le braccia con un mugugno.
-È colpa mia. Nepper vuole evitarmi, è palese! Dopo quello che è successo, forse non vorrà più vedermi. Ecco, lo sapevo, ho rovinato tutto... Scusatemi, ragazzi- borbottò.
-Ma no, non devi scusarti! Capitano a tutti le giornate no! E sono più che certa che Nepper tornerà presto sui suoi passi e che tornerete a essere amici come prima!!- IC faceva del suo meglio per tentare di tirarlo su, ma non stava ottenendo grandi risultati; Heat continuava a sentirsi molto colpevole.
-C’è una cosa che non mi spiego, però- intervenne IQ. -Perché quando Nepper ti ha chiesto cos’era successo, non gli hai risposto e basta? La situazione non sarebbe degenerata se tu gli avessi semplicemente risposto...
A quel punto IC gli diede una gomitata nel fianco, accompagnata da un’occhiataccia che lo accusava chiaramente di mancanza di tatto. IQ recepì il messaggio e tacque, anche se sembrava più confuso che altro mentre si massaggiava la parte dolorante. In realtà, pensò Heat, non aveva tutti i torti. Ma come poteva spiegare quello che era successo, senza confessare il suo segreto? Non poteva, assolutamente.
-Ho paura- ammise sottovoce.
Qualcuno, probabilmente IC, allungò una mano e cominciò ad accarezzargli i capelli dolcemente. Sembrava che i gemelli non sapessero più cosa dire per consolarlo, perciò rimasero tutti e tre in silenzio. Heat sospirò e premette la guancia contro la superficie fresca del tavolo, pensando a quanto gli sarebbe mancato scherzare liberamente con Nepper. Non poteva lasciare che quella situazione si protraesse ancora. Quel senso di vuoto era già abbastanza. Dopo qualche minuto, Heat si raddrizzò.
-Devo parlare con Nepper e sistemare le cose, vero?- mormorò. Anche se era più una domanda retorica che altro, IQ e IC non esitarono a cogliere la palla al balzo.
-Certo!
-Assolutamente!
Heat li fissò per un lungo momento, poi annuì con ritrovata determinazione.
-Va bene, ci vado adesso. Non so dove sia Nepper, ma lo troverò e gli parlerò!- affermò. Si alzò da tavola e i gemelli lo imitarono seduta stante. Heat notò che anche loro, nonostante quello che avevano detto, non avevano toccato cibo.
Uscirono dalla stanza insieme, facendo ipotesi su dove potesse essere andato Nepper. Una delle principali opzioni era la camera da letto, com’era ovvio; ma era anche vero che Nepper amava andare a correre, soprattutto quando aveva bisogno di sfogarsi.
-Ma non può essere andato lontano. Direi di partire dall’opzione più ovvia, cioè la camera da letto- osservò IQ, pragmatico come al solito, e gli altri due concordarono.
Erano arrivati a circa metà del corridoio quando si accorsero di un forte odore di bruciato.
-Possibile che sia quello dei toast?- chiese IC, confusa.
-Ma non arriverebbe fin qui...- Anche IQ sembrava piuttosto disorientato. Cominciarono tutti e tre a guardarsi attorno in cerca della fonte di quell’odore, finché a un certo punto Heat non alzò la testa e si accorse che sul soffitto si stava raccogliendo un sottile strato di fumo. Un brutto presagio. Heat riprese a camminare seguendo quella pista.
Il fumo fuoriusciva da sotto la porta chiusa della loro camera.
Heat restò per un attimo senza fiato, scioccato, poi si precipitò alla porta. Quando la spalancò, fu investito da una nuvola di fumo nerastro. L’odore acre gli riempì le narici e lo fece tossire. Ma il problema non era soltanto il fumo. Heat sentì IC e IQ trattenere il fiato di colpo alle sue spalle, perché la camera era avvolta dalle fiamme.
La vista del fumo e del fuoco lo portò subito indietro nel tempo, al fatidico giorno in cui aveva perso tutto. La paura e il panico ebbero il sopravvento. Heat smise di pensare. Era paralizzato dal terrore, gli sembrava proprio di avere le scarpe incollate al pavimento. Non riusciva a respirare. Aveva bisogno di aiuto.
-Vado a chiamare Desarm!- gridò IC e, senza aspettare una risposta, corse via più veloce che poteva. IQ spostò lo sguardo da lei a Heat, indeciso, ma poi seguì la sorella. Rimasto solo, Heat cercò di calmarsi come poteva. Di sicuro, pensò, Desarm avrebbe saputo cosa fare. Sì, doveva solo aspettare che Desarm tornasse e tutto sarebbe andato apposto; Desarm lo avrebbe salvato di nuovo, poi avrebbe dato una camera nuova a lui e a Nepper e tutto sarebbe tornato normale...
Nepper.
Tutto il mondo di Heat arrivò a uno stop improvviso.
Non capiva come avesse fatto a non pensarci subito. C’era la possibilità che Nepper si trovasse lì, in camera, e che per qualche motivo non potesse uscire. Forse si era ferito, forse era rimasto intrappolato. Non c’era spazio per ipotesi o dubbi. Heat deglutì. Se Nepper era in pericolo, lui doveva salvarlo a ogni costo. Quel pensiero bastò a dargli la scarica di adrenalina necessaria ad agire.
Per la seconda volta nella sua vita, Heat si lanciò in un muro di fuoco di sua spontanea volontà.
Una volta nella stanza, si guardò attorno freneticamente. Il letto di Nepper era avvolto dalle fiamme, la finestra era chiusa e gli parve di vedere una figura a terra, contro la parete. Senza pensarci due volte, Heat si tese in avanti e afferrò a mani nude un nastro di fuoco, soffocandolo all’istante. Non avvertì il minimo dolore. Era come se fosse nato per quello. Per dominare il fuoco. Forte di quella consapevolezza, Heat fece un ampio gesto con il braccio e agitò minacciosamente il pugno chiuso. Guarda, intimò. Guarda cosa posso farti. E il fuoco cominciò ad arretrare, a fargli il vuoto attorno, come se avesse capito davvero.
Ma non era ancora abbastanza.
Heat aprì la mano e stese il braccio davanti a sé. Delle parole si fecero strada in lui, parole che appartenevano al fuoco stesso. Vieni, pensò Heat, nella lingua del fuoco, non mi fai paura. Non era del tutto vero, ma il fuoco – lo intuiva – aveva più paura di lui. Le fiamme si inchinarono come canne al vento e fluirono all’interno della sua mano. Adesso che lo spazio era libero, Heat corse alla finestra e la spalancò, così da far uscire il fumo. Quando si voltò e vide in che condizioni versava la loro stanza, gli mancò il respiro. Il letto di Nepper era un ricordo lontano: il materasso era stato consumato dalle fiamme, perciò era affumicato, squarciato con tutte le molle in bella vista. La testiera, i piedi e la rete metallica si erano salvati, ma la vernice era bruciata in più punti e sotto s’intravedeva il metallo. Le tende erano a brandelli e il cassettone era stato in buona parte rovinato dal fumo e dalle fiamme che l’avevano lambito. Anche le pareti e il soffitto erano sporche e annerite. Heat barcollò in avanti, senza sapere dove guardare, e inciampò in una scarpa mezza bruciata. Era una delle scarpe da ginnastica di Nepper. Heat stava per sboccare quando sentì una voce fioca chiamare il suo nome.
In un attimo Heat riprese l’equilibrio, si girò di scatto e trovò Nepper rannicchiato in un angolo: il ragazzo aveva il viso sporco di cenere e i vestiti bruciacchiati, ma per il resto sembrava stare bene. Il sollievo fu tale che tutta l’adrenalina scomparve. Heat sentì le forze venirgli meno all’improvviso e crollò in ginocchio. Nepper si sporse verso di lui e lo afferrò per le spalle.
-Tu... tu mi hai salvato la vita- disse, sbigottito. Heat annuì, senza parole.
Poi una voce gelida li interruppe.
-Nepper, cosa significa tutto questo?
Desarm era arrivato e, in piedi sulla porta, torreggiava su di loro in modo minaccioso: l’espressione truce sul suo volto lasciava intendere che Nepper si trovava in un mare di guai. Nepper sussultò, ammutolì e si girò lentamente verso di lui, ma incrociando il suo sguardo abbassò subito gli occhi. Desarm riprese a parlare senza aspettare una risposta.
-Credo di avere già un’idea di cosa sia successo, ma voglio sentirlo da te, Nepper.
Nepper esitò, mordendosi il labbro, ma sapeva di non avere scelta. Alzò il volto e guardò Desarm con una sorta di spavalderia mista ad arroganza.
-Stavo solo giocando un po’- disse. -Era tutto sotto controllo, avrei potuto spegnere il fuoco anche da solo...
Le sue parole contrastavano con quello che aveva appena detto a Heat, che ci rimase di stucco. Desarm, invece, andò su tutte le furie.
-Razza di stupido!- ruggì, facendoli sobbalzare. Si avvicinò a Nepper e lo afferrò per il colletto della felpa, sollevandolo da terra come se il suo peso non contasse niente. Heat si spostò d’istinto e cadde all’indietro, finendo con il sedere per terra. Nepper era così sbalordito che non provò neppure a liberarsi: fissava Desarm a occhi sgranati, spaventato e incapace di difendersi.
-Stavi giocando? Questo non è un gioco, Nepper! Guarda cos’hai fatto!- gridò Desarm, fece un ampio gesto con il braccio libero. -E non provare a fare il gradasso! Non hai idea di cosa sarebbe potuto succedere. Se Heat non fosse intervenuto, saresti morto!
Nepper deglutì. Sembrava che stesse trattenendo le lacrime. Quando Desarm lo lasciò andare, Nepper barcollò e dovette appoggiarsi al muro per non cadere; poi rimase là, immobile, a fissare il letto bruciato con aria devastata, come se per la prima volta si fosse reso conto di cosa aveva combinato. Desarm gli lanciò un’occhiata indecifrabile, ma per il momento decise di ignorarlo. Spostò la propria attenzione su Heat, al quale si rivolse con un tono decisamente più gentile.
-Heat... Dopo parleremo di quello che è successo, ma prima dimmi: stai bene? Riesci ad alzarti da solo?
Heat fece un debole cenno di assenso con il capo, ma, quando provò a tirarsi su, non ci riuscì. Era come se le gambe gli fossero diventate di gelatina per lo shock. Desarm non disse nulla; si limitò a tirarlo su, lasciando che Heat si aggrappasse al suo braccio. Quel gesto rammentò a Heat di come Desarm l’aveva trascinato via dal mercato in fiamme, salvandogli la vita. Il ricordo gli riempì gli occhi di lacrime.
Heat avrebbe voluto dire qualcosa per difendere Nepper, ma non riusciva proprio ad articolare le parole. Tutta l’energia rimasta gli serviva per non cadere di nuovo. Desarm lo aiutò a sedersi sul suo letto, poi si girò verso Nepper e la sua espressione si indurì di nuovo.
-Nepper, devi capire che i doni che abbiamo non sono uno scherzo. Sono una grande responsabilità, di cui anche tu devi farti carico. Tutti noi lavoriamo duramente per imparare a controllarci. Mi sembrava che ti stessi impegnando, o no?- disse, mentre chinava leggermente il capo per cercare di scrutare il viso del ragazzo. Nepper, però, non lo stava guardando. I suoi occhi scivolarono dal materasso distrutto a Heat, eppure rimasero vacui, come se non lo vedesse neppure.
-Io... cosa ho fatto?- mormorò, così a bassa voce che Heat pensò di averlo solo immaginato.
In quel momento l’istinto gli disse che doveva muoversi, che doveva fare qualcosa subito, perché Nepper stava andando in un posto lontano, dove lui non avrebbe potuto più raggiungerlo. D’impulso Heat allungò una mano verso Nepper, ma non riuscì neanche a toccarlo. D’un tratto il mondo si rovesciò sotto i suoi occhi e lo fece scivolare nel buio.
 
-
 
Il fuoco era entrato dentro di lui e ora minacciava di trasformarlo dall’interno.
Heat sapeva che era soltanto un sogno. Le sue gambe erano pesanti come piombo e la piazza del mercato non era niente più che un’immagine sfocata sullo sfondo al di là delle fiamme. Ma sapere che era un sogno non lo rendeva meno reale. Heat si sentiva come se avesse ingoiato un pezzo di carbone ardente, aveva sulla lingua il sapore della cenere. Si portò le mani alla gola istintivamente. Doveva chiamare aiuto prima che la voce gli venisse tolta; tuttavia il primo nome a venirgli in mente non fu quello del nonno o della nonna, e nemmeno quello di Desarm.
-Nepper...
Pronunciando quel nome, Heat aprì gli occhi.
Lentamente, mise a fuoco i dintorni. Era pieno giorno e luce abbondante entrava nella stanza, che però non era la sua. Heat realizzò subito di non essere nel proprio letto, ma gli ci volle qualche minuto in più a ricordarsi che la loro camera era andata a fuoco. Spossato e dolorante, si sforzò di ricordare il resto. Aveva salvato Nepper dall’incendio, poi era arrivato Desarm e aveva rimproverato Nepper, e poi... Poi Heat aveva perso i sensi.  
Cercò di mettersi a sedere e scendere dal letto, ma un capogiro lo fece oscillare verso il bordo del letto. Per fortuna, prima che potesse cadere qualcuno lo prese per le spalle e lo raddrizzò.
-Ehi, attento. Non penso proprio che tu possa alzarti così di colpo.
Sentendo quella voce, Heat trasalì e alzò il viso di scatto. Diam ricambiò lo sguardo senza scomporsi, mentre lo teneva ancora saldamente per le spalle.
Nonostante la sorpresa di vederlo lì, Heat decise di non fare commenti. Guardandosi intorno, capì che si trovavano in infermeria.
-Dov’è Nepper?- chiese subito.
Diam non rispose subito. Aveva un’aria pensierosa, come se stesse riordinando le idee e scegliendo accuratamente cosa non dire.
-Ah...- sospirò infine. -Dopo quello che è successo, Desarm lo ha messo in isolamento per una notte. Nepper aveva dei problemi a... contenere i propri poteri-. Si portò una mano alla nuca, insolitamente nervoso. Heat si accigliò.
-Ma sta bene?- insistette, per nulla soddisfatto.
Diam scrollò le spalle. -Bene, no... Beh, non sta male fisicamente. È solo... difficile da spiegare. Finché non lo vedi, non puoi capirlo- disse.
Era una risposta così vaga che Heat non poté fare a meno di sentirsi frustrato e irritato. Una cosa, però, gli era chiara: c’era qualcosa che Diam non osava dire, almeno non direttamente. E questo era preoccupante. Diam non aveva mai paura di dire quello che pensava. La situazione doveva essere davvero grave.
Heat scalciò coperta e lenzuola e fece per alzarsi all’istante, ma Diam l’aveva previsto e senza esitare lo prese per le spalle e lo spinse a letto. Heat era più debole di lui già in condizioni normali, e ora che era debilitato non aveva speranze di averla vinta; così dopo essersi dimenato un po’ fu costretto ad arrendersi e a tornare steso, anche se ricalcitrante.
-Non guardarmi così- disse Diam. -Ordini di Desarm: non puoi alzarti dal letto, specialmente se è per cercare Nepper. E io sono stato messo qui apposta per impedirtelo. Ma non sono un tipo molto paziente, quindi stai buono, se non vuoi che ti canti una ninnananna delle mie.
Heat si morse il labbro per non ribattere, ma continuò a fissarlo in modo ostile.
Diam sospirò. -E poi, dove vorresti andare? Guarda come stai messo, non ti reggi manco in piedi. Anzi, ora dico ai gemelli di portarti qualcosa da mangiare. Non ti alzare, eh, torno subito- aggiunse, poi andò alla porta e la aprì. Si affacciò fuori e disse qualcosa. A quanto pareva i gemelli erano proprio là fuori. Heat approfittò di quella chance per rilassarsi: al momento, anche essere irritato con qualcuno richiedeva troppe energie. Ora che ci pensava, aveva veramente fame. Il suo stomaco ruggiva come se non avesse toccato cibo da giorni.
Diam tornò indietro dopo un minuto al massimo. Trascinò una sedia vicino a uno dei letti liberi e si sedette, con i piedi alzati sul materasso e le braccia incrociate al petto. Heat decise di ignorarlo. Visto che non c’era niente di meglio da fare, sistemò il cuscino contro la testiera del letto e ci sprofondò con la schiena; si mise il più comodo possibile e socchiuse gli occhi mentre pensava a come sfuggire al controllo di Diam, scoprire dove si trovava Nepper in quel momento e raggiungerlo...
-Hai dormito per tre giorni, lo sai?
Diam ruppe il silenzio con un’affermazione a dir poco inquietante. Heat spalancò gli occhi e, dimenticandosi del proposito di ignorarlo, si girò verso di lui.
-Tre giorni? Mi prendi in giro?- esclamò, allibito.
-Non ho mai visto nessuno dormire tanto. Devi aver usato parecchia energia, per sfinirti così- osservò Diam. -Anche Desarm dice che non ha mai pensato che potessi usare il tuo potere così. Quindi ho pensato che dovrei scusarmi, per avervi detto che siete deboli e tutto il resto. Forse in fin dei conti ti ho sottovalutato. Scusami.
-Non... non fa niente- farfugliò Heat sovrappensiero. Era troppo preoccupato del fatto di aver dormito per tre giorni interi per sbalordirsi del fatto che Diam avesse chiesto scusa (a proposito di cose mai viste prima).
Se Diam non mentiva, allora erano passati tre giorni da quando Nepper era stato messo in isolamento. Cosa ne era stato di lui dopo? Heat non poteva fare a meno di angosciarsi, ma Diam non aggiunse altro e, poco dopo, i gemelli entrarono nell’infermeria. IQ trasportava un vassoio di vivande; quando lo poggiò sulle sue gambe, Heat vide un piatto di porridge cremoso con un cubetto di burro e una spolverata di erbe sopra, del pane abbrustolito e un bicchiere di gres con del tè verde. Il profumo era davvero invitante e gli fece venire subito l’acquolina in bocca.
-Abbiamo pensato di raffreddarlo un po’, così non avrai problemi a mangiarlo- sottolineò IQ.
Heat annuì, ringraziò per il cibo e prese subito una cucchiaiata di porridge. Era caldo ma non bollente, e il sapore era normale. Anche se la fame era tanta, Heat dovette costringersi a rallentare per non infastidire lo stomaco che, dopo un lungo digiuno, era ancora molto sensibile. A ogni boccone si sentiva rinato. Finito il porridge, cominciò a rosicchiare il pane, fermandosi ogni tanto per bere un sorso di tè.
Era così preso dal pasto che all’inizio non fece caso al chiacchiericcio dei suoi compagni, ma a un certo punto fu impossibile non notare che si erano appartati vicino alla porta per parlare, escludendolo. Era sempre più palese che nascondessero qualcosa. Nonostante fosse piuttosto offeso, Heat si sforzò di mantenere un’espressione neutrale e al tempo stesso si concentrò per cercare di catturare una parola o due. Purtroppo non ne cavò granché. A un tratto IC si accorse che Heat aveva finito di mangiare e gli si avvicinò.
-Come ti senti?- chiese in tono apprensivo, mentre raccoglieva il vassoio.
-Solo un po’ stanco. Penso che riposerò un altro po’... anche se a quanto pare ho dormito per tre giorni- rispose Heat, calcando le ultime parole per enfasi.
-Oh, riposare ti farà sicuramente bene, ma sono sicura che le forze ti torneranno in un battibaleno dopo aver mangiato! Desarm si è superato stavolta.
-In effetti il pane era meno bruciato del solito e il porridge era buono- osservò Heat con un mezzo sorriso. Sprimacciò per bene il cuscino, lo rimise al suo posto e vi appoggiò la testa, stendendosi al contempo sotto le coperte. -Ora mi metto a dormire, quindi potete uscire?- chiese con aria innocente. IC annuì ingenuamente e gli accarezzò la testa prima di tornare indietro con il vassoio.
-Ragazzi, Heat ha detto che vuole dormire!
-Ancora?- IQ si accigliò. -Beh, e allora che facciamo? Parliamo qui fuori?
Diam tentennò. Ci rifletté un attimo, ma poi dovette pensare che Heat era troppo debole per tentare una fuga e decise di assecondare i gemelli.
-Okay, okay. Ma restiamo qui fuori, mi hai sentito, Heat?- disse, alzando la voce apposta.
Heat rispose fiaccamente con un mugugno, poi diede loro le spalle e finse di mettersi a dormire mentre loro uscivano. Rimase immobile ancora per qualche minuto, per essere sicuro che se ne fossero veramente andati; poi si girò di nuovo nel letto e controllò che la porta fosse chiusa. Doveva fare in fretta.
Strisciò fuori dal letto facendo il minor rumore possibile, s’infilò le scarpe senza allacciarle e in punta di piedi raggiunse la finestra. La aprì con la massima delicatezza, facendo scivolare il pannello di vetro verso l’alto, e si affacciò. Per fortuna l’infermeria era al piano terra e la distanza tra davanzale e terreno non era molta. Heat si lanciò una rapida occhiata alle spalle. La porta era ancora chiusa, e lui riusciva a sentire il vocio che veniva dal corridoio. Senza perdere altro tempo, quindi, scavalcò il davanzale, saltò dall’altro lato e atterrò nella neve fresca. Si allontanò in fretta, curandosi di non fare tanto rumore.
Adesso doveva trovare Nepper.
Non aveva idea di dove cercare, ma rientrare senza essere visto sarebbe stato problematico. Mentre rifletteva su come fare, svoltò un angolo dell’edificio, così che anche affacciandosi alla finestra dell’infermeria non avrebbero potuto più vederlo. Heat si guardò intorno nervosamente. Sebbene l’espediente avesse funzionato, non gli avrebbe fatto guadagnare molto tempo; presto Diam si sarebbe accorto che gli era sfuggito e sarebbe venuto a cercarlo, o più probabilmente avrebbe avvertito Desarm. Heat non sapeva perché Desarm non volesse che lui e Nepper s’incontrassero, ma doveva assolutamente trovare Nepper prima che glielo impedissero. Fin dal momento dell’incidente aveva una gran brutta sensazione e per placarla doveva accertarsi che Nepper stesse bene.
Svoltando l’angolo successivo, si trovò davanti alla facciata dell’edificio. C’erano almeno due finestre dalle quali potevano vederlo, perciò Heat si chinò e camminò rasente al muro, pregando che nessuno passasse di là. A pochi metri c’era il portone d’ingresso e di fronte a lui la foresta di pini e la radura in cui lui e Nepper erano soliti allenarsi da soli.
Heat ripensò con nostalgia alla prima volta che Nepper lo aveva portato lì.
Proprio in quel momento intravide un movimento tra gli alberi che lo fece trasalire per lo spavento. Aguzzando meglio la vista, però, riconobbe la familiare tuta rossa: anche se in quella stagione il paesaggio non era coperto di neve, spiccava ugualmente tra i pini montani.
-Nepper!- gridò d’impulso.
Nepper era appoggiato al tronco di un albero, con le mani in tasca e le spalle rivolte all’edificio; quando Heat lo chiamò, ebbe solo un lieve sussulto, ma per il resto rimase perfettamente immobile, come se non avesse sentito. Si staccò dal tronco e tornò verso il centro camminando piano, finché non si fermò nel bel mezzo della radura, a più di tre metri da lui. Heat lo fissò, confuso dalla distanza che c’era tra loro.
Si alzò in piedi, ma non riuscì a muovere neanche un passo. Vedendo l’espressione di Nepper, si era paralizzato. Sul viso di Nepper non c’era traccia di cordialità: i suoi lineamenti erano rigidi e tesi, le labbra strette in una linea sottile. Aveva delle occhiaie molto profonde e i suoi occhi erano freddi e inespressivi, come se fossero stati svuotati di ogni emozione.
-Cosa ci fai qui?- domandò Nepper in tono duro, quasi sprezzante.
Heat sussultò. Nepper non era mai stato così ostile, neanche quando era appena arrivato. Cosa diavolo era successo in quei tre giorni? Cosa si era perso? Doveva essere importante.
Dopo qualche esitazione, Heat riuscì a balbettare:- S-sono venuto a cercarti... p-perché volevo parlare con te di quello che è successo...- Deglutì. -Nepper, stai...?
-Non ho voglia di parlarne!- berciò Nepper, scattando subito sulla difensiva.
Heat strinse i pugni e si fece coraggio.
-Va bene... Ma almeno puoi dirmi se stai bene. Sono preoccupato per te...
-Cazzo, ma lo vuoi capire che non voglio parlarti!- Nepper lo interruppe di nuovo. -Non girarmi più attorno, capito?! Lasciami in pace!- Con quel grido, avanzò deciso verso di lui e gli diede uno spintone.
Heat, troppo scioccato per opporre resistenza, cadde a terra. Non riuscì neanche a chiamare il suo nome. Senza degnarlo neanche di uno sguardo, Nepper lo superò ed entrò nel centro. Una volta che se ne fu andato, il silenzio tornò nella radura: sembrava che fosse appena passata una tempesta.
Heat si rimise a piedi a fatica, non perché si fosse fatto male, ma perché l’accaduto gli faceva girare la testa. Per quanto si sforzasse di capire, non riusciva proprio ad afferrare cosa fosse appena successo. E non erano solo le parole sprezzanti ad averlo sconvolto.
Per la prima volta, Nepper gli aveva fatto paura. Heat non aveva mai avuto paura di lui, nemmeno quando Nepper aveva dato fuoco alla loro stanza. Nepper era diverso. C’era qualcosa di profondamente sbagliato in lui, e Heat non sapeva spiegarselo.
Deglutì e i suoi occhi s’inumidirono. Prima che le lacrime arrivassero, però, qualcuno gli poggiò una mano sulla spalla. Voltandosi, Heat si trovò faccia a faccia con Desarm.
-Heat- disse lui, con un’espressione gentile, -possiamo parlare?
 
-
 
Un quarto d’ora più tardi, Heat era nell’ufficio di Desarm senza di lui.
Dopo averlo accompagnato, Desarm gli aveva detto di aspettarlo lì ed era andato, così Heat decise di dare un’occhiata in giro per ingannare l’attesa e distrarsi per un po’.
La stanza si trovava al lato opposto rispetto alle loro, sullo stesso piano, ed era la più illuminata di tutte. Davanti a due finestre grandi c’era la scrivania, sulla quale Heat vide un gran numero di fogli di carta stampata e dei ritagli di giornale con date passate – alcuni vecchi persino di anni – su cui Desarm aveva annotato delle cose a penna. C’erano anche una lampada con un paralume in vetro opaco, un tagliacarte e una piantina grassa finta. Sulla parete a destra della scrivania c’erano due scaffali contenenti una decina di libri e un piccolo mappamondo e, poco più in là, una terza finestra, davanti alla quale stava una sedia con un cuscino verde. Accanto agli scaffali erano appesi un orologio a pendolo e una scala a pioli che serviva a salire in soffitta. Era lì che Desarm dormiva e, a parte lui, nessuno di loro c’era mai salito; proprio per questo, agli occhi dei ragazzi era diventato un posto avvolto dal mistero. Heat osservò per un po’ la botola di legno sul soffitto, poi abbassò lo sguardo su un piccolo scrittoio di legno chiaro, sul quale troneggiavano una tazza scolorita, usata a mo’ di portapenne, e un portadocumenti pieno zeppo di carta da lettere e buste vuote. Era incredibile che qualcuno pensasse ancora a scrivere lettere a mano in tempi moderni, eppure Desarm lo faceva e scriveva pure lettere lunghissime. Heat si era spesso chiesto dove, come e a chi le spedisse.
Una decina di minuti dopo, mentre Heat guardava da vicino l’orologio a pendolo, Desarm ricomparve alla porta con in mano un bicchiere di gres che sprigionava un forte profumo di tè verde. Si chiuse la porta alle spalle e fece segno a Heat di sedersi sulla sedia con il cuscino verde. Quando Heat si fu accomodato, Desarm gli passò il bicchiere.
-Ho pensato che una cosa calda potesse servire- aggiunse, sedendosi alla scrivania.
Heat mormorò un ringraziamento, si portò il bicchiere alle labbra e ingoiò un piccolo sorso. Il tè era caldo, ma non bollente, perciò Heat ne prese un’altra sorsata, stavolta più sostanziosa. Sospirò mentre sentiva la bevanda riscaldargli la gola e lo stomaco.
Nel frattempo, Desarm lo osservava con le mani giunte davanti al volto.
-Quello che sto per dirti non è facile, ma spero che ascolterai fino alla fine. Dal canto mio, cercherò di essere breve, anche se non è il mio forte- esordì.
Heat si agitò nervosamente sulla sedia.
-Si tratta di Nepper, vero?- chiese. -Ho cercato di parlare con lui poco fa, ma si comporta in modo strano... Non so proprio che gli è preso, così all’improvviso...
-Heat- Desarm lo interruppe, in tono gentile ma fermo. Heat ammutolì all’istante.
-Ti racconterò tutto ciò che so. È una storia che ho potuto ricostruire quasi per intero con le indagini, ma non ho potuto trovare tutto. Mi scuserai se cercherò di riempire questi vuoti con delle mie ipotesi- disse Desarm.
-In realtà, seguivo le tracce di Nepper già da qualche mese quando lo incontrai. Ho cominciato le ricerche in seguito a una segnalazione dall’agency di Tokyo su un possibile drifter. Il suo nome era Netsuha Natsuhiko. La sua infanzia era stata normale fino a otto o nove anni, ma poi all’improvviso tutta la famiglia si era trasferita in una piccola cittadina di periferia.
-Ma perché?- si lasciò sfuggire Heat, confuso.
-Mi sono chiesto la stessa identica cosa. Quindi ho rintracciato i vicini di casa e tutti mi hanno parlato di “strani incidenti”- disse, lanciando a Heat un’occhiata eloquente.
Heat capì al volo.
-Il suo dono...- mormorò. Desarm annuì.
-Sì, credo proprio che sia andata così. E anche allora mi convinsi che Natsuhiko doveva aver cominciato a manifestare il dono. I genitori devono essersi spaventati, non sapevano cosa stesse succedendo. Per questo fuggirono in campagna. Forse speravano di dare meno nell’occhio, ma non ci riuscirono del tutto. Parlando con le persone del luogo, infatti, ho scoperto che in molti avevano l’impressione che la coppia nascondesse qualcosa. Non lasciavano mai entrare nessuno in casa e, quando uscivano, chiudevano sempre tutto a chiave, sia porte che finestre. Pare che avessero un figlio piuttosto piccolo, e la cosa strana è che tutti quelli con cui ho parlato si ricordavano perfettamente di lui, ma non di Natsuhiko. Ho quindi dedotto che fosse proprio lui, quello che stavano nascondendo. E che, durante i quattro anni in cui hanno vissuto là, i suoi genitori lo abbiano tenuto chiuso in casa.
-Adesso dovrò cominciare con le congetture di fantasia. Purtroppo non ci sono prove, ma ho fatto del mio meglio per ricostruire l’accaduto. Cerca di seguirmi ancora un po’- disse Desarm. Fece una pausa per riprendere il fiato.
-Quindi, Natsuhiko è stato confinato in casa per quattro anni- riprese. -Non possiamo sapere per certo quale fosse il rapporto con i genitori e con il fratello, o cosa succedesse dentro casa. Ma possiamo supporre che i genitori di Natsuhiko avessero paura di lui, o che se ne vergognassero, ed è probabile che tenessero l’altro figlio lontano da lui. Così Natsuhiko è diventato sempre più solo e insofferente. Possiamo supporre che a un certo punto la frustrazione abbia superato il limite e che un giorno Natsuhiko sia riuscito a scappare mentre la famiglia era tutta in casa.
-Poco dopo c’è stata un’esplosione. Natsuhiko è stato sbalzato via. Quando sono arrivato sulla scena, forse un’ora dopo, l’ho trovato mezzo morto a una quindicina di metri dalla casa. A parte lui, non ci sono stati superstiti- disse Desarm, con lo sguardo fisso sulla propria scrivania.
-Ho trovato la casa parzialmente distrutta, e ricordo anche che c’era un forte odore di gas. Forse i genitori di Natsuhiko hanno cercato di inseguirlo... ed è possibile che Natsuhiko abbia usato i suoi poteri. Sinceramente, dubito che sia stato intenzionale, direi che è stato un incidente... anche se temo che questo non lo consolerà.
-A causa del trauma, Nepper ha perso tutti i ricordi dei quattro anni vissuti in quel posto. Ma l’avvenimento dell’altroieri deve averglieli riportati alla mente... Di certo in questo momento sarà molto confuso e spaventato-. Desarm si fermò e sollevò lo sguardo verso Heat.
-Capisco che tu sia preoccupato per Nepper- disse, in tono molto serio, -ma devo chiederti di non interferire oltre. Lascia che me ne occupi io.
Heat deglutì e strinse le mani attorno al bicchiere. Dal tono era chiaro che Desarm non avrebbe accettato un no come risposta, perciò Heat si costrinse a dire di sì anche se era l’ultima cosa al mondo che avrebbe voluto fare. Desarm non sembrava molto più entusiasta di lui; anzi, aveva un’aria più stanca del solito. Gli toccava prendere una decisione difficile. Heat non poteva fare a meno di preoccuparsi su come Desarm avrebbe risolto la situazione, ma aveva la sensazione che fosse una cosa da non chiedere.
-Posso andare?- disse, agitandosi irrequieto sulla sedia.
Ancora con lo sguardo fermo su di lui, Desarm annuì lentamente. Heat si alzò di scatto e andò alla la porta.
-Stai alla larga dai guai, Heat- consigliò Desarm alle sue spalle.
Heat si fermò per un attimo, con la mano sulla maniglia.
-Grazie del tè... e di avermi detto tutto- disse senza emozione. Poi uscì senza dare a Desarm il tempo di rispondergli.
Mentre camminava lungo il corridoio, gli venne in mente che il bicchiere andava riportato al suo posto. Era rimasto ancora del tè, ma Heat non aveva voglia di finirlo; non ci sarebbe riuscito neanche volendo, perché il nodo alla gola non accennava a sparire. Cominciò a scendere le scale a rilento, con mille pensieri per la testa.
Era davvero grato a Desarm di avergli raccontato tutto, ma allo stesso tempo una sorda rabbia serpeggiava dentro di lui, e farla tacere era sempre più difficile. Una volta superato lo shock, infatti, si era trovato a chiedersi perché Desarm non glielo avesse detto prima. Si era trovato a pensare che, se solo lo avesse fatto, forse non sarebbero arrivati a quel punto. Se solo avesse saputo, Heat avrebbe potuto fare di più per Nepper, avrebbe potuto proteggerlo meglio... Ma adesso era tardi per i “se”.
Il solo pensiero che Nepper si stesse allontanando da lui era devastante.
Heat aveva la sensazione che il vuoto si aprisse sotto di lui a ogni passo; nonostante ciò, si costrinse a camminare, ad andare avanti in maniera automatica. Non poteva ancora permettersi di cadere in pezzi.
Era così immerso nei pensieri che per poco non sbatté la faccia contro la porta della mensa. Quando se ne accorse, si bloccò di colpo e fissò l’ostacolo con un cipiglio confuso. Di solito la porta della mensa non era mai chiusa, neanche durante la notte. Inoltre, gli pareva di sentire delle voci provenire dall’interno.
-Heat è stato chiamato da Desarm? Oh, spero che non sia niente di grave...
A parlare era stata IC: sembrava molto preoccupata. Sentendo il proprio nome, Heat accostò subito l’orecchio alla porta per origliare.
-Probabilmente deve parlargli di Nepper. A questo punto, penso sia inevitabile che...
-IQ, non dirlo neanche per scherzo!
-Scusa, IC- intervenne Diam. -Ma, lasciando da parte quello che Desarm ci ha detto, il problema vero qui è che Nepper non è in grado di controllarsi neanche ora. Non è che voglio vederlo andare via, ma se rischia di mettere in pericolo il nostro segreto... è come se mettesse a rischio la nostra stessa esistenza, capito?
Andare via? A quelle parole, la mente di Heat passò da zero a mille in un secondo. Stava per entrare e urlare, Ma che cavolo stai dicendo!, quando Diam riprese a parlare.
-Desarm dovrà per forza prendere delle misure- disse.
-Oh no... Pensi davvero che... che manderà via Nepper...?
-Non possiamo escluderlo.
-No, non voglio... E poi, Heat? Come lo diremo a Heat?!- esclamò IC, affranta.
Heat non rimase ad ascoltare la risposta di Diam.
D’un tratto gli tornarono in mente le parole di Desarm, la richiesta di lasciare tutto a lui. Pur non capendo fino in fondo cosa Desarm intendesse, Heat dava per scontato che avrebbe fatto di tutto per convincere Nepper a restare.
Ma se invece mi sbagliassi?
Se invece Desarm non avesse avuto alcuna intenzione di tenere Nepper?
Il bicchiere gli scivolò di mano e cadde a terra. Non si ruppe, incredibilmente, ma rotolò su un lato e si fermò contro lo stipite della porta. Heat lo ignorò. Arretrò di un paio di passi, quasi barcollando; poi si voltò e prese a correre.
Non poteva lasciare che finisse tutto così.
Doveva trovare Nepper e parlargli ancora una volta.
Salì di corsa le scale e controllò tutte le stanze, persino il bagno, ma Nepper non era da nessuna parte. Allora scese di nuovo al piano terra. Nepper non era neanche nell’ingresso. Heat riprese a correre, stavolta in direzione della sala addestramento. Escludendo la mensa per ovvi motivi, quella era l’unica parte dell’edificio che ancora non aveva controllato. Se non si trovava neanche lì, allora Nepper doveva essere uscito. Il pensiero lo mandò in subbuglio. E se Nepper fosse già andato via di nascosto, mentre lui non guardava?
Quando arrivò alla sala addestramento, Heat dovette fermarsi per riprendere fiato. Si piegò e si mise le mani sulle ginocchia, affondando le dita nelle pieghe dei pantaloni di tuta mentre lottava per l’aria. Avvertita fitte di dolore lancinanti al fianco sinistro, dove c’era la milza. Doveva aver sottovalutato le proprie condizioni fisiche; non si era ancora ripreso del tutto dall’incidente di pochi giorni prima.
Proprio quando pensava di star per vomitare anche l’anima, Heat intravide con la coda dell’occhio un movimento alla sua sinistra.
Alzò il volto di scatto e si appiccicò con mani e naso alla vetrata della sala addestramento.
Nepper era in piedi sulla piattaforma, con le mani in tasca e lo sguardo apparentemente perso nel vuoto. Non era andato da nessuna parte. Heat non poté che provare sollievo, anche se non c’era ancora niente da festeggiare. Ma in quell’istante i “se” e i “ma” scomparvero finalmente dalla sua testa: era il momento di agire, non di pensare.
Heat spalancò la porta bruscamente. Nepper si voltò di scatto e, quando vide di chi si trattava, sul suo volto comparve un’espressione corrucciata.
-Sei persistente- sbottò. -Vattene. Ti ho detto che non voglio parlare...
Ignorando le sue parole, Heat chiuse la porta alle sue spalle e ci si parò davanti, così da bloccare l’unica possibile via d’uscita. Nepper se ne accorse subito e, per un attimo, la sua facciata da duro insensibile crollò, i suoi occhi tradirono sorpresa. Durò un solo istante, poi il suo sguardo tornò vuoto e apatico. Heat rabbrividì, ma stavolta, anche se aveva paura, non era disposto a cedere terreno.
-Non importa cosa mi dirai. Io non me ne andrò- disse, con voce tremante. -Voglio che parliamo di questa cosa. Siamo partner, ricordi?
Nepper scoppiò in una risata beffarda.
-Partner? Ah! Ma se non sai niente di me, e io di te! Non c’è niente che ci leghi davvero, Heat, siamo praticamente due estranei- ribatté con veemenza.
-Non è vero!- Heat abbassò lo sguardo e prese fiato. -Io so tante cose di te! So che eri nel club di calcio quando eri piccolo, che ti piace correre la mattina, che ti piace metterti in gioco! E so che preferisci la parte bruciata dei toast, e so che sei testardo ma sai fare i complimenti agli altri e che ti piace quando gli altri li fanno a te...
-Heat...
-So che sei un egoista e che, quando le cose vanno male, metti sempre una facciata per sembrare forte e insensibile... Ma in realtà sei una persona premurosa e ti preoccupi sempre per me che sono un imbranato... Ti sei fidato di me anche se non c’era motivo di farlo... E questo mi ha reso molto felice-. Heat si fermò e con la manica della maglia si asciugò furiosamente le lacrime che gli solcavano le guance.
Sentendo rumore di passi, sbirciò davanti a sé e vide che Nepper si era avvicinato fino a trovarsi a solo pochi metri da lui. La sua espressione adesso era diversa, quasi gentile, anche se addolorata.
-Non posso proprio competere con te- mormorò Nepper in tono rassegnato. Alzò una mano verso Heat, come se volesse toccarlo, ma poi cambiò idea e la lasciò cadere di nuovo. Abbassò lo sguardo e strinse i pugni lungo i fianchi.
-Non fingerò più... non con te, tanto è inutile. Respingerti non è servito a niente- disse Nepper, scosse piano il capo. -Ma non mi farai cambiare idea. Heat, io non posso restare. Devi capirlo. Non c’è posto qui, per uno come me.
-Sì che c’è. Il tuo posto è con me- replicò Heat subito.
Nepper trattenne bruscamente il fiato. Strinse di più i pugni.
-Come puoi dirlo?- chiese, con un tremito nella voce. -Desarm ti ha detto tutto, vero? Ora sai tutto, quindi come... come puoi fidarti di me?
-Mi fido della persona che ho davanti. Non sei il mostro che credi di essere...
-Sono morti per colpa mia!- gridò Nepper.
Heat serrò la mascella e scosse il capo con decisione.
-Non puoi saperlo. È stato un incidente, lo dice anche Desarm...
-Ma non ha importanza, non capisci?! Sono morti per colpa mia! È stata colpa mia! È troppo tardi per chiedere scusa! Chi... chi potrà mai perdonarmi? Come riuscirò, io, a perdonarmi?!
Heat stava per rispondergli, ma Nepper non gliene lasciò il tempo.
-E ho quasi ammazzato anche te, lo hai già dimenticato?! Se ti facessi del male, Heat, io... io... non potrei mai perdonarmi neanche questo! Per questo, io...! Non posso proprio restare, devo andarmene prima di far male a qualcun altro!
-Non puoi andartene!- gridò Heat in risposta. Si aggrappò a un suo braccio d’impulso, come se potesse bastare a fermarlo. Nepper si divincolò, ma Heat lo afferrò di nuovo, disperato.
-Non puoi lasciarmi indietro! Cosa ne sarà di me se tu te ne vai?!
-Starai meglio senza di me...
-Non dirmi come mi devo sentire!- Anche Heat alzò la voce. Non aveva potuto trattenersi. A quello scoppio Nepper ammutolì, ma tenne ostinatamente il capo chino, gli occhi incollati al pavimento e la bocca contratta in una smorfia.
Heat lo fissava con il fiato corto. Così non va affatto bene, pensò, allarmato. Così non riuscirò a convincerlo. Aveva mille cose che voleva dirgli, ma, per qualche motivo, in un momento tanto critico non gliene veniva in mente nemmeno una. Prese un respiro profondo e cercò di calmarsi, per quanto possibile.
-Io non ti lascio solo- disse con voce ferma. Allentò la presa sul braccio di Nepper e fece scivolare la mano nella sua, con l’intenzione di stringergliela.
Ma per tutta risposta Nepper schiaffeggiò la sua mano e arretrò bruscamente.
-No! Non devi toccarmi!
Il grido di Nepper risuonò nella stanza, così struggente che Heat rimase pietrificato; allo stesso tempo la temperatura nella stanza si impennò di colpo. In pochi secondi il calore nell’aria diventò insostenibile e Heat cominciò a sudare. Intanto Nepper faceva letteralmente scintille, come se il suo corpo riuscisse a malapena a contenere tutto quel potere.
Heat si guardò attorno, lambiccandosi il cervello in cerca di una soluzione, ma non sapeva cosa fare o dire per calmare Nepper. Dubitava persino che Nepper lo avrebbe ascoltato. L’unica speranza che avevano era che gli altri venissero a cercarli; ma Heat si rese conto subito che non avrebbero mai fatto in tempo. Toccava a lui impedire un altro incidente per cui Nepper avrebbe sofferto. Pur non avendo un piano d’azione, Heat gli afferrò di nuovo il braccio e lo strinse forte.
Poi udì uno scricchiolio alle proprie spalle. Heat si girò e si accorse che la vetrata stava tremando... No, era il calore a farla tremare. Nel momento in cui vide la crepa allargarsi lungo la superficie del vetro, Heat ebbe un’intuizione e si gettò su Nepper. La vetrata esplose con un gran fracasso e le schegge si riversarono violentemente nella stanza e nel corridoio, rimbalzarono contro i muri e sui loro corpi. Non appena Heat e Nepper toccarono il pavimento, stretti in un abbraccio, la temperatura scese di colpo.
Tutto taceva. Heat si sollevò lentamente sulle braccia e aprì gli occhi, che aveva chiuso d’istinto durante la caduta. Rimase scioccato da ciò che vide: erano circondati da un mare di vetro e, fino a un attimo prima, il suo stesso volto era stato vicinissimo a schegge lunghe almeno tre centimetri.
Nepper era disteso sotto di lui e lo fissava a occhi sgranati, altrettanto turbato. Poi una goccia di sangue gli cadde sul viso, facendolo trasalire. Quando Heat realizzò che colava dalla propria guancia, avvertì un improvviso senso di vertigine e la sua coscienza cominciò a scivolare via. Forse proprio perché lui si stava perdendo, Nepper al contrario tornò in sé e fermò la sua caduta prendendolo tra le braccia. Almeno lui sembrava illeso.
Mentre lo teneva stretto a sé, Nepper cercò di dirgli qualcosa, ma Heat non riusciva a distinguere i suoni. Qualsiasi cosa stesse dicendo, però, sembrava importante. Doveva essere importante, o Nepper non avrebbe pianto così. È la prima volta che lo vedo piangere, pensò Heat. Subito dopo, il mondo si fece buio.
 
-
 
Quando si svegliò, la prima cosa che vide fu il soffitto dell’infermeria.
Stava diventando un orribile cliché.  
Heat si fece scappare un lamento. Aveva addosso una stanchezza immane. Chiuse di nuovo gli occhi e cercò di girarsi nel letto per rimettersi a dormire, ma non appena si appoggiò al cuscino la guancia cominciò a fargli male. Dopo poco, si trovò costretto a tornare alla posizione iniziale. Mentre fissava il soffitto, imbronciato, qualcuno entrò nella stanza.
Heat voltò leggermente la testa e vide Nepper sull’uscio della porta. Per un momento il compagno rimase paralizzato, poi accorse al suo capezzale e si lasciò cadere in ginocchio accanto al letto. Heat notò subito che i suoi occhi erano gonfi e arrossati, come se non avesse dormito affatto.
Evitando il suo sguardo, Nepper gli prese una mano con delicatezza e premette la fronte contro le sue nocche. Era un gesto così intimo che Heat si sentì arrossire.
-Scusa- disse Nepper a voce sommessa. Heat lo guardò, confuso e preoccupato.
-Nepper? Stai bene?
Nepper scosse il capo e strinse la sua mano tra le proprie, poi all’improvviso lo attirò a sé e abbracciò. Heat trattenne bruscamente il respiro.
-Scusami- mormorò Nepper. -Lasciami restare così per un po’...
Heat non avrebbe mai potuto dirgli di no, perciò rimase in silenzio. Pian piano, si rilassò nell’abbraccio, premendo la guancia sana contro la sua spalla. Era così bello da non sembrare vero; e Heat temeva davvero che da un momento all’altro qualcuno potesse entrare e rovinare il momento. Si tirò su per premersi il più possibile contro Nepper; solo che, nel farlo, il lenzuolo gli scivolò di dosso e lo lasciò al freddo. Quando Heat non riuscì a trattenere un piccolo verso di sorpresa, Nepper sussultò e si staccò di colpo.
-Che succede? Ti fa male da qualche parte? Se ti senti male devi dirmelo subito, okay?!- gridò, tenendolo per le spalle. Heat lo guardò senza capire, stordito dal volume della sua voce, ma si riscosse non appena Nepper fece per alzarsi.
-Sto bene, sto bene!- si affrettò a dire, e lo trattenne per un braccio. Non voleva che chiamasse qualcun altro. Poi, visto che Nepper non pareva convinto, aggiunse:- Sono solo un po’... confuso, direi? Cos’è successo dopo che... dopo che sono svenuto?
-Oh- mormorò Nepper in tono cupo. Abbassò di nuovo la testa, come se non potesse sopportare di guardarlo.
-Beh, gli altri mi hanno aiutato a portarti qui. Eri coperto di tagli su gambe e braccia... Non è uscito tanto sangue, ma è stato orribile lo stesso... e poi, la tua guancia...- Nepper esitò, il suo volto si rabbuiò ancora di più. -Desarm dice... dice che il taglio è molto profondo e che rimarrà una cicatrice...
D’istinto Heat si portò le dita alla guancia, scoprendo così che era coperta da un largo cerotto. E non solo: il braccio sinistro era fasciato dal gomito al polso, mentre il destro era pieno di cerotti. Poteva immaginare che anche le gambe fossero in condizioni simili. Stava per sollevare il lenzuolo per guardare, ma Nepper lo fermò prendendogli la mano.
-È tutta colpa mia- disse con voce rauca. -Sono un idiota e ti ho messo in pericolo un’altra volta e... tu meriti di meglio! Guarda cosa ho fatto!
Heat fece per aprire bocca, ma Nepper non lo lasciò parlare.
-Io... farò qualsiasi cosa per farmi perdonare, lo giuro- farfugliò, arrossendo di vergogna. Heat lo guardò per un lungo momento.
-Qualsiasi cosa?
Nepper annuì, mordendosi il labbro.
-C’è solo una cosa che puoi fare. Restare.
Nepper alzò il viso di scatto e lo guardò allibito. Heat sapeva di star tremando, ma mantenne il suo sguardo con fermezza. I tremiti arrivavano fino alle mani strette nelle lenzuola, perciò Nepper se ne accorse.
-Heat... sei arrabbiato?
-Certo che sono arrabbiato! Continui a dire questo e quello, ma a me non importa che è pericoloso! Non me ne importa niente! Smettila di sottovalutarmi! Ti ho fatto una promessa. Pensi che ti abbandonerei così?!
Nepper tentennò, ma poi si morse il labbro e scosse il capo.
-Ti aiuterò a controllare i tuoi poteri. Farò qualsiasi cosa, ma non lascerò che Desarm ti mandi via- disse Heat con veemenza, guardandolo dritto negli occhi per accertarsi che Nepper avesse capito. -E non provare mai più a tenermi lontano. Guarda che mi arrabbio davvero!
-Aspetta, quindi sei arrabbiato per quello? Non per l’incidente?- domandò Nepper, incredulo. Heat annuì senza esitare. Nepper sgranò gli occhi per la sorpresa; poi il suo volto si contrasse in una smorfia. Era chiaro che tratteneva a stento le lacrime. Le sue spalle tremavano leggermente.
-Heat, tu... mi perdoni? Davvero? Posso davvero... restare qui con te?
Quando Heat annuì di nuovo, Nepper lo abbracciò e affondò il viso nel suo collo. Poco dopo arrivarono le lacrime. Heat gli accarezzava piano la schiena per tranquillizzarlo. Non voleva pensare a nulla, ma solo godersi quel momento d’intimità in silenzio.
Poi qualcuno tossì.
I due ragazzini si staccarono di scatto e si girarono verso la porta. Desarm era sull’uscio e cercava palesemente di non fissarli. Indugiò sulla porta ancora per un momento, forse indeciso se chiedere o meno. Il suo sguardo diventava più pesante ogni secondo che passava, e il silenzio era a dir poco snervante. Heat e Nepper non sapevano che fare e, per l’imbarazzo, si misero a fissare uno il letto, l’altro il pavimento. Alla fine, per fortuna, Desarm decise di non fare domande e passare direttamente al sodo.
Chiuse la porta dietro di sé e si avvicinò ai due ragazzi.
-Heat, Nepper- disse, in piedi vicino alla branda. -Immagino che siate ancora sotto shock e forse sarebbe meglio rimandare il discorso a quando Heat starà meglio. Tuttavia credo che sia opportuno chiarire subito certe cose...
-Per favore, non mandi via Nepper!- lo interruppe Heat d’impulso.
Quando Desarm lo fissò interdetto, Heat si fece piccolo piccolo, desiderando di potersi nascondere sotto le lenzuola, come faceva da bambino quando aveva paura. Alzò timidamente lo sguardo su Desarm, ma l’altro sembrava più sorpreso che arrabbiato.
-Cosa?- esclamò infatti, accigliandosi.
Spostando lo sguardo da Heat a Nepper, parve finalmente rendersi conto che torreggiare in quel modo su due ragazzini non faceva altro che renderli nervosi. Si accigliò ancora di più. Senza dire nulla, afferrò una sedia, la trascinò vicino alla branda e ci si sedette a gambe incrociate. Heat notò che, ora che erano alla stessa altezza, Desarm non aveva più un’aria tanto minacciosa. Dopo qualche attimo di riflessione, Desarm si massaggiò il ponte del naso con due dita e sospirò.
-Non so dove tu abbia preso quell’idea- borbottò, -ma non ho mai avuto intenzione di mandare via Nepper.
Per un secondo Heat guardò Desarm senza capire.
-C-cosa? Davvero?!- esclamò, a voce più alta di quanto volesse.
-Non lo farei mai- disse Desarm, incupendosi. Heat non poteva credere alle sue orecchie.
-Ma... ma Diam ha detto di averti sentito dire che lo avresti fatto...?
-Diam?- Desarm parve colto alla sprovvista, poi un lampo di consapevolezza comparve nei suoi occhi. Si sbatté una mano sulla fronte e mugugnò:- Ah... Deve aver frainteso quella chiamata...
Visto che Heat e Nepper lo guardavano confusi, Desarm spiegò:- Subito dopo aver messo Nepper in isolamento, ho chiamato Hitomiko per chiederle un favore... Diam deve avermi sentito parlare al telefono e ha equivocato le mie parole quando ho detto che Nepper doveva andare via... ma è solo per qualche giorno.
Si rivolse a Nepper e la sua espressione tornò seria.
-Un conoscente di cui Hitomiko si fida è disposto a farci avere un inibitore per i tuoi poteri. Servirebbe soltanto per diminuire e contenere la potenza dei tuoi attacchi, senza però indebolire troppo il tuo dono- aggiunse. -Credo che potrebbe essere un’ottima soluzione, per tranquillizzare tutti. Ma ovviamente, la scelta finale spetta a te, Nepper. Penso che dovresti venire con me da questa persona e decidere da solo se accettare.
-Non ce n’è bisogno- disse Nepper subito. -Accetto tutto.
-Di già? Sicuro che non cambierai idea?
Nepper annuì.
-È sempre stato difficile controllarlo. Anche per questo i miei non volevano assolutamente che uscissi, o che toccassi il mio fratellino... E poi quando ho cominciato ad allenarmi qui, è stato lo stesso. Ho sempre avuto la sensazione che fosse troppo per me... e ammetto che qualche volta ho avuto paura- disse.
-Ma non ho mai avuto paura come adesso. Io non voglio... non voglio più far del male a nessuno. Voglio imparare a controllare questo potere... Per questo accetterò tutto. Se c’è qualcosa che può aiutarmi, la voglio.
Desarm parve sollevato. Il suo volto si distese.
-Bene. Sono lieto che questa cosa sia risolta. Avrei voluto parlartene subito, ma dopo che hai recuperato i ricordi, siamo stati tutti presi da... altre cose. Mi scuso per avervi fatti preoccupare inutilmente-. Si appoggiò allo schiena della sedia con un lungo sospiro di stanchezza. D’un tratto parve ricordarsi di una cosa e si raddrizzò di colpo.
-Ora che ci penso- disse, scoccando un’occhiata torva a Heat, -non ti avevo esplicitamente detto di non interferire?
Heat arrossì e scoppiò in una risatina nervosa.
-Ah, sì, uhm, in effetti è vero, ma ecco, io...- farfugliò. -C-chiedo scusa! Quando ho sentito che Nepper sarebbe andato via, non ho più pensato... Insomma, io pensavo...
-Lascia stare, ho capito perfettamente- lo interruppe Desarm.
-Per questa volta passi, visto che è stata anche colpa mia... Ma la prossima volta che disobbedisci a una mia esplicita indicazione, non te la caverai così bene. E quando vi sarete rimessi entrambi, vi metterò sotto torchio con gli allenamenti, così che potrete andare in missione il prima possibile. Sono stato abbastanza chiaro?
-S-sissignore!- risposero Heat e Nepper all’unisono.
Quando chinarono la testa in segno di rispetto, Desarm li colse di sorpresa poggiando le mani sulle loro teste e scompigliando loro i capelli.
-Per ora è tutto. Mi aspetto che facciate del vostro meglio per rispondere alle aspettative. Dal canto mio, credo molto in questa squadra. È anche possibile che si allargherà ancora.
-Cosa? Avremo altri compagni?- esclamò Nepper, sorpreso. Desarm annuì.
-Ci sono molte persone che meritano una seconda possibilità... Questo è l’insegnamento più prezioso che la mia mentore mi ha passato- disse. 
-Uhm... Quando dici “mentore”, intendi la signorina Hitomiko?- Heat non poté trattenersi. Quando Desarm annuì, il ragazzino si illuminò. -Spero tanto di incontrarla, un giorno! La signorina Hitomiko è incredibile, sa sempre cosa fare... e deve avere anche un dono fantastico, no?
Ma Desarm sorrise e scosse il capo.
-Niente affatto. È una persona normalissima, senza alcun potere particolare- rispose in tutta tranquillità, si alzò e uscì dalla stanza senza lasciar loro il tempo di replicare. Heat rimase a fissarlo a bocca aperta, mentre Nepper era più che altro confuso.
-Non sono sicuro di aver capito bene- disse e scrollò le spalle. –Ma la cosa più importante è che non devo andare via, no?
A quelle parole Heat si riscosse dallo stupore e si girò verso di lui con un gran sorriso.
-È vero! Non devi andartene! Ah, sono così felice!- esclamò, facendosi prendere dall’entusiasmo. Ora che quel peso era sparito, si sentiva decisamente meglio. -Ho quasi voglia di saltare di gioia- gongolò.
-Eh, non farlo. Non voglio che ti si riaprano le ferite- lo rimbeccò Nepper, ma la sua voce non era per nulla tagliente. -Piuttosto, dovresti dormire. Hai sentito Desarm, no? Ci aspetta un lavoraccio nei prossimi mesi, tanto vale prendercela comoda finché possiamo.
Heat non trovò ragioni per contraddirlo.
-Okay, okay, ricevuto. Ora dormo, contento?- Non appena si ristese nel letto, lo sguardo gli cadde sulle loro mani, ancora unite. Tirò leggermente quella di Nepper per attirare la sua attenzione. -Anzi, perché non ti metti vicino a me? Ti faccio spazio- suggerì.
-Ma che dici? Non c’è posto per tutti e due, e poi non ho mica sonno...- disse Nepper, ma non appena finì di parlare gli sfuggì un mezzo sbadiglio. Anche lui doveva essere piuttosto stanco. Le guance di Nepper si imporporarono per la gaffe. Heat rise.
-Ecco, vedi? Scommetto che ieri notte non hai chiuso occhio, ti si vede in faccia- disse in tono allegro. -C’è posto se mi sposto di più verso il muro, vieni.
Nepper restò fermo, chiaramente imbarazzato, ma sembrava meno contrario all’idea rispetto a poco prima. Forse la stanchezza stava avendo la meglio. Heat si spostò subito verso il muro, rotolando su un fianco, e batté la mano sul materasso con fare incoraggiante. Capì di aver vinto definitivamente quando Nepper sospirò e cominciò a togliersi le scarpe.
Nepper salì sul letto, ma non andò sotto le coperte, ci si stese sopra a pancia in su; quindi poggiò la nuca al cuscino e si girò verso Heat.
-Va bene così...?- chiese, scoccandogli un’occhiata nervosa. Heat gli prese di nuovo la mano e la strinse, poi sorrise e chiuse gli occhi.
Dopo poco, però, li riaprì di nuovo.
-Nepper?
-Che c’è? Vai a dormire.
-Sarai ancora qui quando mi sveglio?- chiese Heat. Si sentiva un po’ infantile, ma Nepper non rise di lui.
-Certo- bisbigliò in tono serissimo. -Non ti lascerò mai più solo. Te lo prometto.
Heat si illuminò, il suo sorriso arrivò fino agli occhi.
-Grazie- mormorò. Poi la stanchezza ebbe il sopravvento, e in pochi secondi Heat si trovò a fluttuare dolcemente in uno stato di semi-incoscienza, in cui tutto era reale e al contempo no. Riusciva a percepire il respiro di Nepper, così vicino a lui. Lo faceva sentire... a casa. Non aveva mai pensato che sarebbe riuscito di nuovo a provare quella sensazione.
  
 

 
♦♦♦
 
~ 1 anno dopo
– gennaio
 
 
L’aeroporto era gremito di persone che si facevano gli affari propri. Tutti infatti sembravano impegnatissimi, così presi dalla loro vita da dimenticarsi di non essere soli nell’universo.
Se all’inizio i ragazzi avevano temuto di dare nell’occhio, quel timore era stato subito fugato una volta messo piede in aeroporto: nessuno sembrava far caso a una banda di ragazzini con giacconi sdruciti e scarponi da neve, nonostante non fossero esattamente tranquilli.
-Allora? Stanno arrivando? Arrivano?- chiese IC per l’ennesima volta, afferrando il braccio del fratello e tirandolo verso il basso con insistenza. IQ, che da mezz’ora veniva tormentato e sballottato qua e là dalla sorella, sembrava sul punto di avere il mal di mare, così Heat ebbe pietà di lui e sbirciò il tabellone degli arrivi.
-Sono atterrati cinque minuti fa. Staranno prendendo i bagagli- disse. Sperava così di tranquillizzare IC; tuttavia lei si limitò ad annuire, poi tornò a fissare avanti a sé con aria impaziente. Dopo pochi secondi, cominciò a battere un piede a terra, poi a saltare sul posto, come se fosse incapace di restare del tutto ferma.
Quell’irrequietezza era cominciata qualche giorno prima, quando Desarm aveva annunciato che ci sarebbero stati grandi cambiamenti: uno, presto alla squadra si sarebbero aggiunti due nuovi membri, un ragazzo e una ragazza. Una ragazza! Il solo pensiero che presto non sarebbe più stata l’unica ragazza aveva mandato IC in estasi.
Heat aveva accolto la novità serenamente. Fare nuove amicizie lo rendeva nervoso, ma c’era anche tanta curiosità. A preoccuparlo invece era il fatto che Desarm fosse partito subito dopo quella rivelazione, senza dire loro quali fossero gli altri “grandi cambiamenti”.
Nepper era andato in bagno almeno un quarto d’ora prima. Probabilmente era più nervoso di quanto mostrasse. Al contrario, Diam non mostrava il minimo segno di disagio. Se ne stava appoggiato a un pilone con le mani in tasca e non prestava la minima attenzione alle loro conversazioni. Heat gli si avvicinò.
-Pensavo avresti mostrato un po’ più di interesse. Uno dei due potrebbe diventare il tuo partner- disse. Diam scrollò le spalle. Guardava le persone di passaggio, senza concentrarsi su nessuna in particolare.
-Nah, figurati. Io non lo voglio, un partner. Mi sarebbe soltanto d’impiccio- rispose.
-Anche se, forse... Se incontrassi qualcuno con un dono più straordinario del mio, forse in quel caso sarei interessato. Sempre che quella persona non scappi a gambe levate- aggiunse con un sorriso sardonico. Era un modo piuttosto pessimista di vedere le cose. Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Heat si domandò se per caso Diam non si sentisse solo. Non avrebbe mai avuto la faccia tosta di chiederglielo, però.
Diam interpretò il suo silenzio come un segno che la conversazione era finita, quindi accese il suo mp3 portatile, indossò le cuffie e si mise ad ascoltare musica ad alto volume, astraendosi così da tutto e tutti. Heat tirò un lungo sospiro e volse di nuovo l’attenzione verso i gemelli. Erano passati poco più di cinque minuti, ma IC aveva già ripreso a tormentare IQ con domande a cui lui non poteva avere risposta. Heat si girò per guardare di nuovo il tabellone, ma in quel momento uno sciame di persone uscì da un ascensore e lo travolse. Il ragazzino stava per essere trascinato via quando Nepper, sbucato fuori dal nulla, gli afferrò una mano. Nepper lo portò in un angolo meno affollato, a qualche metro dagli altri; una volta in salvo, Heat poté sospirare di sollievo.
-Ah, è stato tremendo, per un attimo mi sono sentito perso...
-A volte sei proprio imbranato. Devi stare più attento, soprattutto in posti affollati- gli fece notare Nepper. Heat sorrise timidamente.
-Hai ragione... Mi hanno preso di sorpresa- disse. -Grazie, Nepper.
-Figurati. Non posso mica perderti qui- rispose Nepper e, nonostante il tono disinteressato, Heat pensò che fosse una cosa molto carina da dire. Tra l’altro, Nepper non gli aveva ancora lasciato la mano, benché non fosse più necessario. Heat evitò accuratamente di farglielo notare, ma, per sua sfortuna, in quel momento Diam fece capolino da dietro il pilone.
-Raga, se avete smesso di flirtare, i passeggeri del volo stanno uscendo ora- li informò cordialmente. Nepper lasciò subito la mano di Heat e scoccò a Diam un’occhiata irritata.
-Sei proprio un...!- esclamò, ma non parve trovare un insulto abbastanza forte. Diam abbozzò un sorrisetto divertito.
-Andiamo, non imbarazzarti per così poco. Non vi ho mica beccati a limonare.
Le orecchie di Nepper si fecero scarlatte.
-Non sono imbarazzato!- ribatté e marciò verso Diam con l’aria di volerlo picchiare per l’ultimo commento. Heat rimase per un po’ a guardare la propria mano, ora desolatamente vuota; poi inghiottì la delusione e raggiunse Diam e Nepper. Stava per dire qualcosa per farli smettere quando il loro bisticcio venne interrotto da uno strillo.
-Sono qui! Sono qui!- urlò IC, assordando il povero IQ.
Nonostante la confusione fu molto facile individuare Desarm, perché svettava di una buona spanna su tutti gli altri; insieme a lui c’era un ragazzo alto, con la pelle scura e i capelli albini. IC cominciò a saltare sul posto e urlare per essere notata, ma restava troppo bassa per essere vista. Diam e Nepper si scambiarono una rapida occhiata; poi, come se si fossero messi d’accordo, andarono da IC e la sollevarono tra le braccia.
La ragazza parve sorpresa, ma si adattò subito e cominciò a sbracciarsi e urlare da lassù, così che finalmente Desarm la sentì, si girò e la vide: dopo aver detto una mezza parola al ragazzo che era con lui, andò verso di loro a passo spedito e sicuro.
-Non vi avevo detto di aspettarmi a casa?- esordì appena fu abbastanza vicino.
-Sì- rispose Diam con un sorriso tranquillo, mentre lui e Nepper facevano scendere IC.
Desarm scosse il capo, ma sembrava più esasperato che altro.
-E quindi ovviamente siete venuti tutti- borbottò. Si passò una mano sul viso e strizzò con due dita il ponte del naso, ma si riprese abbastanza in fretta: era ormai diventato esperto nell’arte di farsi scivolare addosso qualsiasi cosa.
-Facciamo le dovute presentazioni. Da destra, Heat, Nepper, IC, IQ, e Diam- disse in tono pragmatico. -Questi invece sono i nostri nuovi membri. Come vi ho già accennato, Zell è più grande di voi, mentre Clara ha più o meno la vostra età.
Solo quando Desarm la presentò, i ragazzi notarono una ragazza bassa e magrolina, seminascosta e quasi invisibile dietro Zell. Stava a testa bassa e la frangia dei capelli le copriva gli occhi, mentre con i denti si torturava un labbro. Sembrava piuttosto intimidita, ma IC non si lasciò scoraggiare.
-Ciao, Clara! Io sono IC. Ti stavo aspettando!- esclamò, sfoderando il suo sorriso più brillante. Clara sussultò e, senza alzare la testa, si indicò con un dito tremante.
-Me...? Stavi aspettando me...?- chiese in un fil di voce. Sembrava stupita che qualcuno le avesse rivolto la parola. IC annuì energicamente e le tese la mano.
-Certo! Non vedevo l’ora di incontrarti!
Clara sollevò finalmente gli occhi. Guardò Zell e Desarm, che le rivolsero occhiate incoraggianti; quindi si fece coraggio e prese la mano di IC. A quel punto, forse cogliendo il desiderio della sorella di far sentire inclusa la nuova arrivata, IQ si fece avanti.
-Benvenuta tra noi, Clara- disse, in tono insolitamente gentile, e le offrì persino un sorriso. Clara, che non sapeva di aver appena assistito a un evento rarissimo, arrossì e lo ringraziò sottovoce. Heat si chinò verso Nepper.
-Forse sto sognando, ma IQ è appena stato carino con qualcuno che non è IC, di sua spontanea volontà!- gli bisbigliò all’orecchio. Nepper si lasciò scappare una risata, ed entrambi si guadagnarono un’occhiataccia da parte di IQ.
-Ecco, ora lo riconosco- fu il commento di Nepper. Dovettero trattenere il fiato per non ridere perché IQ continuava a fissarli con sospetto. Poi Desarm mise fine alle presentazioni e li guidò verso l’area taxi.
I ragazzi erano scesi in paese con i pullman; tuttavia Desarm, Zell e Clara erano già stanchi per il viaggio in aereo, e Desarm non aveva alcuna intenzione di perdere altro tempo, per cui noleggiò un taxi a sette posti per ritornare a casa. Durante il viaggio, IC si sedette vicino a Clara, e fin da subito le due ragazze cominciarono a parlare fitto fitto a bassa voce. Sembrava che Clara fosse molto affascinata dalla prospettiva di abitare in una vecchia villa: contrariamente alle apparenze, era tutt’altro che paurosa e adorava i misteri e i libri gialli. Anche Zell si inserì subito. Era un ragazzo piuttosto amichevole, che si era trasferito là da un centro di addestramento diretto da Hitomiko in persona; inoltre, dopo mezz’ora di conversazione venne fuori che sapeva cucinare, cosa che mandò in visibilio tutti.
-Quindi sarai tu a cucinare d’ora in poi?- domandò Heat, pieno d’ammirazione.
-Così pare- rispose Zell.
-Oh, grande!- esclamò Diam. -Niente più pane bruciato!
-Guarda che ti sento- disse Desarm dal posto di guida, sbirciando verso di loro grazie allo specchietto. Diam si strinse nelle spalle con un sorriso di scuse, ma non si rimangiò niente.
-A me piace, il pane bruciato- osservò Nepper.
Desarm non rispose, ma per un attimo s’intravide l’ombra di un sorriso sulle sue labbra. Era così compiaciuto del commento di Nepper che non lo rimproverò neppure vedendolo seduto in modo scomposto, stravaccato tra il suo sedile e quello di Heat.
 
-
 
Si era deciso che le due ragazze avrebbero dormito nella stessa camera, perciò IQ si trovò a dividere la sua con Zell; sebbene non facesse i salti di gioia al pensiero di dividere la stanza con un semi-sconosciuto, non avrebbe mai agito contro la felicità della sorella, e quindi la nuova disposizione fu accettata senza problemi. Desarm aveva anche pensato a una divisione in fasce orarie per usare il bagno e progettava di ricavarne un altro da una delle camere ancora inutilizzate. Insomma: era chiaro che tante cose erano destinate a cambiare anche in termini di spazi. Ma per Heat non era un peso, anzi: aveva la sensazione di vivere in una famiglia allargata e la cosa gli piaceva molto.
Non appena arrivarono a casa, Desarm mandò Zell e Clara a mettere a posto i rispettivi bagagli e tutti gli altri a cambiarsi. Diede loro mezz’ora per prepararsi e scendere in mensa, ma Heat e Nepper erano già pronti dopo dieci minuti, perciò si avviarono per primi.
-Cosa pensi che debba dirci?- chiese Nepper, con apparente disinvoltura, ma si capiva che era nervoso dal modo in cui si tormentava i capelli con le dita. Heat pensava che fosse molto carino. Per un attimo immaginò di prendergli la mano, ma, siccome gli mancava il coraggio di farlo, si accontentò di camminargli vicino, sfiorandogli ogni tanto la spalla con la propria. Con suo grande sollievo, Nepper non si spostò... anche se probabilmente solo perché erano amici.
-Heat? Terra chiama Heat?
-Ah, scusa, ero sovrappensiero- rispose Heat.
Nepper lo guardò, poi sollevò la mano chiusa in un pugno.
-Non essere troppo nervoso, ok? Non sarà niente di grave... E poi ci sono io con te, no?- disse, con il pugno sospeso in aria. Nepper era troppo carino. Heat sorrise e batté il pugno contro il suo mentre entravano in mensa. Si sedettero al solito tavolo.
Pochi minuti dopo arrivarono i gemelli insieme a Clara; poi Zell, Diam e infine Desarm.
Appena il loro capo entrò in mensa, tutti tacquero, curiosi e impazienti di sapere cosa stava succedendo. Desarm si schiarì la gola, teatrale come sempre.
-Vi ho già accennato che ci saranno grandi cambiamenti qui. Ora che ci sono anche Zell e Clara, vorrei assegnarvi dei ruoli chiari e definiti- esordì.
Heat notò che Nepper aveva la lingua premuta nella guancia, come faceva sempre quando era immerso nei propri pensieri; e infatti, non appena Desarm finì la frase, Nepper alzò subito la mano. Desarm gli fece un cenno di parlare.
-Non dobbiamo rifare le coppie, vero? Perché io Heat non lo mollo- esclamò Nepper. Prese il braccio del compagno e si guardò intorno con espressione guardinga, come se temesse che qualcuno potesse soffiarglielo. Heat lo guardò, sorpreso e lusingato. Era così felice che avrebbe potuto toccare il cielo con un dito, ma cercò di restare composto e si morse il labbro per trattenere un sorriso.  
-Non ce ne sarà bisogno, Nepper. Ci stavo arrivando- ribatté Desarm, un po’ seccato, -ma Zell e Clara non sono agenti operativi. Zell mi farà da assistente, oltre a occuparsi della cucina, mentre Clara ha espressamente richiesto di non assumere ruoli attivi, dico bene?
Si fermò e cercò conferma nei loro volti. Zell e Clara annuirono prontamente.
-Quindi, come vedete, le coppie rimarranno invariate- riprese Desarm. -Bene, ora andiamo oltre. Ci sono due importanti novità di cui devo mettervi al corrente.
-Prima di tutto, da ieri questo centro è diventato ufficialmente un’agency. E io ne sarò a capo, con il ruolo ufficiale di Spy Eleven. Secondo, dopo aver esaminato i vostri progressi dell’ultimo anno, ho deciso che siete pronti ad andare in missione. Quindi IC, IQ, Heat e Nepper: da questo momento siete a tutti gli effetti degli agenti operativi.
Per un momento, entrambi gli annunci furono accolti da un silenzio incredulo; poi i ragazzi esplosero in un coro di esultanza. Finalmente il loro valore veniva riconosciuto!
Heat realizzò di essersi messo a piangere quando la sua vista si appannò improvvisamente, ma non ebbe il tempo di soffermarcisi troppo, perché Nepper gli era saltato addosso e lo stava abbracciando e gli stava urlando nell’orecchio ed era tutto troppo, troppo bello per essere vero. Heat vide i gemelli abbracciarsi e festeggiare, mentre Diam si congratulava sinceramente con tutti loro. Zell e Clara si misero a battere le mani per solidarietà. Intanto, Desarm osservava la scena in disparte, appoggiato all’uscio della porta con le braccia incrociate al petto. Aveva un’aria così profondamente orgogliosa, che di certo non poteva essere soltanto per la sua promozione. Heat lo guardò tra le lacrime e mormorò un grazie che andò perduto nella confusione della stanza.
 
 
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Nepper stava giocando con il contenitore delle pillole. Continuava ad aprirlo e chiuderlo di scatto, ne aveva fatto una specie di abitudine. A prima vista sembravano delle caramelle rosso fragola, ma in realtà si trattava di inibitori che Desarm aveva specificamente richiesto per lui e, da quando li aveva ricevuti, Nepper non se n’era separato neanche un momento. Anche se negli ultimi mesi si era addestrato fino allo sfinimento per migliorare l’autocontrollo, la paura di fare un passo falso non sarebbe mai sparita del tutto.
Certo, vedendolo gettarsi a capofitto nella mischia, nessuno l’avrebbe mai detto.
Erano appena tornati dalla loro prima missione e Nepper non tradiva il minimo segno di agitazione. Dopo aver fatto rapporto, Desarm aveva dato loro il resto del pomeriggio libero e Nepper aveva deciso per entrambi di passarlo alla radura davanti all’agency. Heat non aveva mosso obiezioni. Gli piaceva quel posto. Visto che loro due venivano sempre lì ad allenarsi, era un po’ come se fosse il loro posto, no?
-Beh, che ti è parso della nostra prima missione?- chiese Nepper, sedendosi su un cumulo di neve. Heat gli invidiava parecchio quell’insensibilità al freddo.
-Mmh... È stato meno difficile di quanto pensassi- osservò Heat mentre tentava di scaldarsi le mani sfregandole e soffiandoci sopra. Sicuramente Desarm aveva dato loro un compito facile, ma forse era stato anche troppo facile: l’obiettivo era intercettare dei ladri d’appartamento e, con i loro poteri, intrappolarli era stato un gioco da ragazzi.
-Nessuno avrebbe voglia di lanciarsi in un muro di fiamme... tranne te, ovviamente- disse Nepper con un sorriso divertito.
-Non lo faccio poi così spesso- borbottò Heat sottovoce.
Nepper si stiracchiò e sbadigliò come un gatto, sempre con quell’espressione divertita.
-Dai, non prendertela- disse dopo qualche minuto di silenzio. Heat non gli rispose. Non se l’era presa davvero, ma era curioso di vedere come Nepper avrebbe reagito. Deciso a fingersi offeso, quindi, voltò la testa dall’altra parte con uno sbuffo, evitando in modo deciso il suo sguardo. Questo attirò subito l’attenzione di Nepper.
-Ehi, che ti prende, Heat?- gli chiese. Dopo altro silenzio, nella sua voce si insinuò una sfumatura preoccupata:- Ehi, non ti sarai offeso davvero...?
Heat non riuscì a trattenere un sorriso.
-No, volevo solo vedere la tua faccia quando...- s’interruppe di colpo quando, girandosi, si trovò faccia a faccia con Nepper, che si era avvicinato più del previsto. I loro nasi quasi si sfioravano. Heat arrossì, ma prima che potesse dire qualcosa Nepper si allontanò.
-Non è giusto prendermi in giro così!- protestò.
-Sei stato tu a cominciare...- ribatté Heat a mezza voce. Il cuore gli batteva ancora all’impazzata, ma Nepper non sembrava essersene accorto.
-Va bene, va bene, hai vinto tu! Scusa- ammise Nepper. Si appoggiò all’altro lato del tronco e sollevò lo sguardo verso il cielo. -Ma non ti stavo criticando, anzi, ti ammiro. Voglio dire, hai molto più fegato di quanto non si direbbe- aggiunse.
Heat lo guardò con sorpresa. Era la prima volta che gli dicevano qualcosa del genere, e Heat non avrebbe mai immaginato che potessero dirla proprio a lui. Non si era mai considerato una persona coraggiosa, ma gli faceva piacere che Nepper lo pensasse.
Tra loro calò il silenzio, ma non era imbarazzante; era il tipo di silenzio che solo due persone con un forte legame possono condividere. Dopo pochi minuti, Heat sbirciò verso Nepper e scoprì che l’altro aveva chiuso gli occhi, si stava godendo il sole e sembrava proprio in pace con se stesso. In quel momento, aveva probabilmente l’espressione più serena che Heat gli avesse mai visto fare.
Heat si girò di nuovo, intrecciò le mani dietro la schiena e anche lui sollevò lo sguardo. Il cielo era tiepido e pervinca e soltanto qualche nuvoletta bianca s’inseguiva in lontananza, sospinta dal vento. Il sole non era caldo come in estate, ma comunque piacevole. L’atmosfera era tranquilla: sembrava il momento adatto per una confessione.
-Ho paura del fuoco- mormorò Heat.
Per un momento Nepper non rispose e, anche se erano così vicini, Heat si chiese se avesse sentito. In un certo senso, forse era meglio che restasse in silenzio.
-I miei nonni sono morti in un incendio, nel paese dove vivevo. Nessuno ha potuto fare nulla... Da quel giorno ho sempre, sempre avuto paura... Ma quel giorno ho anche scoperto il mio dono- continuò Heat. -Tu dici che ho fegato, ma in realtà sono solo disperato. Fino a poco tempo fa, avevo paura di perdere me stesso.
-Perdere te stesso?- ripeté Nepper senza capire. Heat si strinse nelle spalle.
-Sì... Avevo paura di perdere il controllo sul mio dono, di esserne sopraffatto. Mi esercitavo con le candele perché... Beh, perché se riuscivo a controllare la fiamma, allora era tutto a posto. Ma non l’ho mai detto a nessuno, perché mi vergognavo di essere così debole.
Nepper restò in silenzio mentre rimuginava sulle sue parole.
-Posso chiederti una cosa?- disse alla fine e, quando Heat annuì, domandò:- Quando ti sei offerto di aiutarmi, perché lo hai fatto, se sapevi che ti sarebbe costato tanto?
Heat rise piano. Non era una domanda difficile.
-Volevo guadagnare la tua fiducia. Sono più disperato di quanto pensi. Ma volevo anche sinceramente aiutarti... Sembrava che tu avessi bisogno di un amico- disse, con un sorriso imbarazzato.
-Ah, ma se ti senti in colpa, non farlo. Non abbiamo chiesto di diventare partner, ma volevo davvero essere tuo amico. Ora che ci penso, incontrarti ha cambiato la mia vita. Di recente non ho più tanta paura... Probabilmente perché ci sei tu-. Heat chiuse gli occhi e inspirò a fondo: non si era mai sentito tanto leggero. -Quando sono con te, tutto sembra possibile.
Nepper gli afferrò un braccio e lo tirò così bruscamente che per poco Heat non inciampò nell’albero e dovette aggrapparsi a Nepper per non cadere. Stava per chiedergli perché l’avesse fatto quando, alzando la testa, si rese conto di quanto il viso di Nepper fosse vicino. La voce gli morì in gola. La situazione non era poi molto diversa da poco prima, eppure era tutto diverso. Lo sguardo di Nepper non era quello di una persona che non sapeva cosa stesse facendo. Prima che Heat potesse riflettere su cosa questo significasse, Nepper gli cinse la vita con un braccio e premette le labbra sulle sue. Heat trattenne il fiato. Il cuore gli balzò in gola. Non aveva quasi fatto in tempo a registrarlo che il bacio finì.
Quando si staccarono, Nepper aveva il viso paonazzo e il fiato corto. Heat non poté fare a meno di fissarlo, totalmente cotto.
-Penso di essere gay- confessò di getto.
Nepper gli scoccò un’occhiata incredula, poi scoppiò a ridere.
-Lo spero bene- disse con un largo sorriso. Heat amava il suo sorriso. Stava per dirglielo, ma Nepper gli prese il viso tra le mani e lo baciò di nuovo, più a lungo e più gentilmente. Questa volta Heat non fu colto alla sprovvista, ma si dimenticò lo stesso di respirare. Si sciolse tra le sue dita con un sospiro. Quando si staccò, Nepper gli accarezzò le guance e lo guardò con espressione adorante.
-Penso di amarti. Ti amo- disse in un soffio e, se possibile, arrossì ancora di più.
Heat poggiò le mani sulle sue, tenendole ferme contro le proprie guance.
-Ti amo anch’io- mormorò, e questa volta fu lui a sporgersi e a baciarlo.
Ma in quel momento, ovviamente, furono interrotti.
-Ommioddio ommioddio ommioddio!
Lo strillo di IC li fece sobbalzare e separare di scatto. Purtroppo non era sola: con lei, infatti, c’era l’intera squadra meno Desarm. Per fortuna, pensò Heat, considerando che Desarm li aveva già beccati una volta ad abbracciarsi.
-IQ, IQ, vieni a vedere!- gridò IC, girandosi verso il fratello, l’ultimo a essere uscito. -Heat e Nepper si baciano sotto l’albero!
-Non c’è bisogno di dirlo così!!- protestò Nepper, che era rosso fino alla punta delle orecchie.
-Non posso credere di avervi davvero beccati a limonare. Non ci tenevo affatto- osservò Diam scuotendo il capo. Nepper lo guardò in cagnesco.
-Oh, sta zitto!
-Quindi state assieme, o no?- Diam ignorò Nepper e si girò verso Heat.
Heat esitò, senza trovare le parole; poi, con una botta di coraggio, afferrò la mano di Nepper e annuì energicamente. Nepper, se possibile, avvampò ancora di più, ma non lo contraddisse. Diam sorrise, divertito, e fece loro le congratulazioni, ma la sua voce fu coperta da quella di IC, che le congratulazioni le urlò ancora più forte, tanto che IQ temeva che avrebbe fatto crollare la neve dagli alberi.
-Comunque, era pure ora. Ci avete girato attorno per mesi, era palese per tutti tranne che per voi stessi- disse Diam in tono scherzoso.
-Io non me ne ero accorto- intervenne IQ, accigliato.
-Sì, beh, tu non sei tanto sveglio per queste cose-. IQ stava per ribattere all’ingiuria, ma purtroppo per loro Nepper era arrivato ormai al limite di sopportazione.
-Okay, cazzo, lo avete voluto voi- esclamò, tirandosi su le maniche della felpa. -Venite qua, che vi faccio passare la voglia di scherzare!!
Cercò di balzare addosso a Diam e IQ, che scapparono via per non essere presi; a quel punto IC, Clara e Zell intervennero per fermarli, con il risultato che il bisticcio diventò ancora più rumoroso e caotico. Ma a Heat questo non importava. A lui piaceva che fossero rumorosi e caotici. Era decisamente più da loro. Rimasto in disparte, ripensò al momento in cui era arrivato al centro, impaurito e sperduto, senza conoscere nessuno. Allora non immaginava nemmeno di poter essere così felice, o che la sua storia l’avrebbe portato fin lì.
-Heat! Vieni a darmi una mano!- gridò Nepper, e subito dopo anche gli altri cominciarono a chiamarlo. Heat sorrise.
-Arrivo!- urlò in risposta, correndo verso le persone che chiamavano il suo nome. La sua storia era tutta contenuta lì, in quella parola. Heat.
 
 

**Angolo dell'autrice**
Questa oneshot, che era in cantiere da mesi, è stata gran parte della mia fatica del NaNoWriMo di quest'anno. Non è perfetta, ma ci ho messo tutto il cuore e spero che si senta nella lettura. Amo l'agency di Hokkaido quindi sono felice di aver scritto ancora su di loro! Di Heat e Nepper si sapeva veramente poco nella storia principale, ma ho sempre sperato di poter dire qualcosina in più; perciò, quando è nata l'idea di Alternative, era inevitabile che ci finissero dentro anche loro. Sono scivolata nel P.O.V. di Heat in modo piuttosto naturale, e credo sia per questo che novembre è andato così liscio. Sono grata a Inazuma Eleven perché, anche quando le cose vanno male, è sempre il mio porto sicuro.
Grazie a chi continua a seguire la storia e buone feste a tutti :)
Roby 

[Hagrid voice] tu sei una stufetta, Nepper
   
 
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