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Autore: Kimando714    16/12/2020    1 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 63 - TODAY I'VE LOST YOU



 
From talking to fighting,
admitting, denying,
to finally saying goodbye
 
“L’inverno arriva in fretta come il dolore dentro al cuore. E … La neve giunge fredda raggelando il nostro amore” - Oliviero Widmer Valbonesi
 

L’aria invernale si era fatta più rigida in quei primi giorni di vacanza, e nonostante fosse caduta parecchia pioggia all’inizio di quella settimana, nessuna goccia si era trasformata in neve ghiacciata.
Caterina si strinse nelle spalle, sentendo un brivido di freddo percorrerle la schiena; osservava con sguardo atono ciò che le si presentava davanti, una Torre San Donato così spenta da sembrare abbandonata. Sembrava che il gelo non fosse entrato solo fin dentro le sue ossa, ma anche nei muri degli edifici, nelle strade, in qualsiasi cosa.
Teneva lo sguardo lontano da Giovanni, seduto di fronte a lei in quel tavolino abbandonato sotto i portici della piazza, davanti all’entrata chiusa del Caffè della Piazza.
Sembrava strano finire l’anno così, distante da tutti i suoi amici – immaginava come Giulia avrebbe passato il tempo con Filippo, o come Pietro avrebbe passato l’intero pomeriggio a casa con i suoi genitori e i fratelli, e pensava che anche Alessio avrebbe trascorso una giornata tranquilla, forse suonando la sua chitarra-, anche se da una parte, le andava bene così.
Lanciò una breve occhiata al ragazzo di fronte a lei, perso allo stesso suo modo in pensieri a lei ignoti. Nell’ultimo anno e mezzo Giovanni si era fatto bello: i tratti del viso erano maturati, più vicini a quelli di un ragazzo prossimo ai vent’anni che a quelli di un’adolescente. Forse era un’impressione data anche dalla barba rada e il piercing al sopracciglio sinistro, un dettaglio quasi ribelle su quel volto così pulito, contornato dai capelli scuri che per poco non arrivavano a toccare le spalle
E poi gli occhi: non erano dello stesso azzurro chiaro di Alessio, ma di un colore più vivo, più intenso. 
Le ricordavano quelli di Nicola, solo meno blu, meno profondi, e meno amati.
Caterina si ritrovò a sbuffare dopo aver formulato quel pensiero, richiamando a sé l’attenzione di Giovanni involontariamente. Lo vide voltarsi verso di lei, gli occhi azzurri che non le lasciavano scampo.
-Sicura di non voler andare in un posto più caldo?- la sua voce soffice e tranquilla sembrava aver quietato per alcuni attimi tutti i pensieri di Caterina, spingendola a girarsi a sua volta verso di lui. Gli sorrise appena, nel silenzio della piazza deserta e del freddo invernale.
Non era stata così strana, come aveva pensato nei giorni prima, l’idea di uscire con Giovanni fuori dalle mura scolastiche. Era stata un’evoluzione piuttosto naturale, che però l’aveva in parte stupita: non c’era stato imbarazzo tra loro nell’incontrarsi in quella piazza di Torre San Donato alla quale erano legati fin troppi ricordi di altre persone.
Si erano scambiati i regali di Natale come avevano progettato – una sciarpa per lei, e un maglione per lui-, seduti ai tavolini esterni di quel bar chiuso, nel silenzio del paese. Era stata un’esperienza diversa, che però ancora non la stava distraendo appieno quanto avrebbe voluto, ma non era colpa di Giovanni: era solo colpa sua, che non riusciva del tutto a distaccarsi dalla mancanza di qualcuno che, in fin dei conti, per quanto lo detestasse in quei mesi, le mancava.
-Va bene anche qui- gli rispose Caterina, lasciando vagare lo sguardo altrove, sentendo ancora una volta gli occhi di Giovanni scrutare la sua figura, senza però dire nulla – C’è una calma incredibile oggi. Sembra che il tempo non esista nemmeno più-.
In realtà, di tempo, sembrava ne fosse passato anche troppo.
Forse la ragione esplicita per quel loro incontro era lo scambio di regali e qualche ora di chiacchiere, ma Caterina sapeva che c’era dell’altro, c’era ben altro a spingerla a trovarsi lì, con Giovanni, da soli e senza aver detto a nessuno di quel loro incontro.
Si era vagamente sentita in colpa nell’aver tenuto nascosto a tutti quel loro vedersi: la percepiva come una cosa sbagliata, soprattutto nei confronti di Giulia, di Alessio, e di Nicola.
Era sbagliato soprattutto dopo l’ultima volta in cui li aveva visti, in cui aveva percepito che tutti loro, in maniera differente, stessero capendo molto più di quel che poteva apparire. Era sbagliato perché, per la prima volta, sentiva davvero di star facendo qualcosa alle loro spalle, ma era qualcosa che rappresentava la sua unica via di fuga. In quel momento Giovanni era l’unico con cui riusciva a restare in silenzio anche in sua compagnia senza imbarazzo, l’unico a cui non dovesse mille spiegazioni e mille pensieri, l’unico con cui riusciva sul serio a parlare liberamente. E volente o nolente, Caterina lo sapeva, in quel periodo della sua vita erano quelle le sensazioni che le servivano per sentirsi meno sola, più compresa e meno giudicata.
Giovanni era il freddo invernale, l’azzurro delle iridi che si rifletteva in quel paesaggio grigio e plumbeo; ma il suo era un freddo piacevole, avvolgente. Le donava quel poco di calore che le serviva per non rimanere congelata.
-Com’è andata la settimana scorsa, alla fine?-.
Giovanni non aveva esplicitato a cosa si stava riferendo, ma non ce n’era affatto bisogno. Anche se non gliene aveva parlato molto, rimandando quella discussione a quell’uscita già programmata, Caterina aveva già  accennato all’uscita con Alessio, Nicola e Pietro di prima di Natale.
Rimase in silenzio, ricordando ancora il nervoso e l’ansia per l’impotenza di agire che aveva sentito dentro di sé una settimana prima, quando Giulia le aveva annunciato che non sarebbe stata presente all’uscita organizzata da Filippo. Non ci aveva capito più nulla, privata da un momento all’altro dall’unico riferimento sicuro di quella serata, rinchiudendosi in bagno per minuti interi, rifuggendo gli sguardi di Giulia ed Alessio.
In quei momenti aveva riflettuto a lungo se le sarebbe convenuto andare o fingere una scusa qualsiasi per disertare; non aveva potuto fare a meno di scrivere un messaggio a Giovanni, come per poter farsi consigliare da lui, incapacitata di prendere una soluzione così improvvisa.
Non aveva rinunciato solo grazie a lui, pur con tutte le insicurezze del mondo.
-Come al solito, direi. Anzi, forse anche peggio- Caterina sbuffò appena, ripensando alle ore passate con Alessio, Pietro e Nicola, seduti ad un tavolino di un bar del paese – Non sopporto questo suo provare a starmi appiccicato quando in realtà si vede che si sta solo sforzando e che non gli viene naturale-.
Tacque del tutto sulle domande che le aveva posto Alessio. Si era sforzata di non pensarci troppo, e che tutti quei suoi dubbi dovevano essere sorti dopo la festa di Giulia – dopo aver visto il nome di Giovanni sul display del suo telefono.
Aveva cercato di tacere persino a se stessa la sensazione che ci fosse altro dietro, la stessa sensazione che si era acuita la stessa sera, quando tornando al tavolo condiviso con gli altri Nicola l’aveva guardata con sguardo diverso. Non avrebbe saputo descriverlo, né dire cosa potesse essere scattato in Nicola – forse si era accorto di quanto lei stesse scivolando via da lui, di quanto l’inverno e il suo freddo li stesse separando. Sapeva solo di aver visto pura sofferenza in quegli occhi azzurri, un dolore differente.
E in quel momento Caterina aveva pensato a Giovanni per la prima volta con una vena di colpevolezza, la stessa che in quel momento la spingeva a non raccontargli quei dettagli che solo lei poteva capire fino in fondo.
Non era più riuscita a guardare Nicola in viso, quella sera. Era una sensazione di distacco volontario a cui ormai si era arresa del tutto, e a cui non poteva più trovare rimedio.
Non vedeva una via di ritorno possibile, non arrivati a quel punto.
Forse non voleva nemmeno trovarla.
-Forse, nonostante tutto, non vuole perderti- la voce di Giovanni la riportò alla realtà, che non si discostava poi così tanto dai pensieri freddi e morenti di Caterina – Forse si sta finalmente rendendo conto sul serio di quel che sta succedendo. Di quel che vi sta succedendo-.
Caterina annuì, apparentemente indifferente a quelle parole.
In realtà, sentirle dal vivo e pronunciate da un’altra persona le davano un maledetto senso di verità. Perché era così, ormai.
Non c’era via di ritorno in mezzo a quel freddo inverno.
 
*
 
Guidare in auto, solo, in mezzo a quelle strade percorse solamente da poca gente di passaggio, non lo aveva mai reso così tanto nervoso prima di quel momento.
Continuava a pensare che quella sua decisione fosse stata forse troppo avventata, e decisamente azzardata, ma non aveva ancora premuto il piede sul freno, né aveva invertito il senso di marcia per tornare indietro. In un certo senso, anche se gli sembrava un’azione totalmente improvvisata, aveva deciso di proseguire per quella strada. In qualsiasi modo andasse.
Nicola alzò ancor di più il volume della radio, sentendosi per i primi secondi stordito dalla musica proveniente da essa. Stava solo cercando un modo per non pensare a quello che sarebbe stato l’immediato futuro, ma nemmeno la musica che ora gli riempiva la testa sembrava riuscirci fino in fondo.
Non aveva ancora compreso bene a cosa fosse dovuta quell’impulsività di quel momento – e d’altra parte, allo stesso tempo, non capiva nemmeno perché ci avesse messo così tanto a decidersi, quando la situazione era più che palese anche per un cieco. Forse erano state le parole di Alessio a smuoverlo, o forse era stata la sensazione del tempo che stava sfuggendo dalle sue stesse mani.
Era stato stupido ad aver atteso.
Stupido per aver fatto finta di nulla.
Stupido per non aver agito. O per aver agito troppo tardi.
Più quel pensiero vorticava nella sua mente, più il piede si appiattiva sull’acceleratore, ringraziando il cielo che almeno per quel giorno l’asfalto della strada non fosse così ghiacciato.
“I believe and I believe ‘cause I can see
Our future days, days of you and me”[1]

Cercava di captare le parole provenienti dalla radio, ma non riusciva a condividerne l’ottimismo. Sperava andasse così, lo sperava con tutto sé stesso dopo mesi di apatia, ma ora era così: sperava che di giorni futuri per lui e Caterina ce ne fossero ancora altri.
Sperava soltanto che la sensazione di vederla scivolare lontana da lui sempre di più non lo avesse smosso troppo tardi.
Immagini veloci delle ultime volte in cui si erano visti gli tornarono in mente, ferendolo e facendolo sentire ancora peggio di quanto non si sentisse già in quel momento: rivedeva Caterina scostarsi e sottrarsi ai suoi tocchi, ignorare i suoi sguardi, parlargli a malapena, come se non avessero più nulla da dirsi. Eppure era tutto il contrario: nemmeno Nicola sapeva quante e quali parole c’erano in sospeso tra di loro. Sapeva soltanto che la maggior parte di esse avrebbe fatto male, più di qualsiasi altre. Aveva sottovalutato ogni cosa, e solo ora cominciava ad accorgersene.
Giunse davanti casa di Caterina in meno minuti di quel che aveva calcolato – troppi pochi per poter riordinare le idee o anche solo pensare a cosa gli sarebbe convenuto dire per iniziare. Scusarsi non sarebbe bastato, di questo ne era sicuro.
Si prese qualche secondo prima di scendere dall’auto, la sola radio accesa a spezzare quell’improvviso silenzio, amplificato da quel paesaggio della campagna sotto l’effetto dell’inverno appena arrivato.
Nicola chiuse gli occhi, lasciando il capo scivolare sul poggiatesta e respirando a fondo, per calmarsi. Non credeva di essere mai stato così agitato in vita sua: era una sensazione nuova, estranea, come se il minimo errore potesse bastare per distruggere tutto definitivamente.
Non era preparato a tutto ciò.
Aprì la portiera con la mano sinistra leggermente tremante, anche se una parte di lui avrebbe continuato a rimanersene lì dentro ancora per molto; eppure sentiva le gambe muoversi, automaticamente, portandolo fino davanti al cancello che delimitava il giardino dell’abitazione.
Con un gesto secco, ma prolungato, suonò il campanello. Rimase ad aspettare non sapendo bene cosa sperare in quei secondi lunghi un’eternità.
Nel momento in cui osservò la porta aprirsi il respiro di Nicola si fece lento, quasi impercettibile, e si sentì solo ancor più nervoso quando vide sbucare dalla porta la figura alta di Lorenzo.
Nonostante i diversi metri che li separavano, Nicola fu sicuro che l’altro lo stesse guardando con la stessa diffidenza di sempre. Quella sensazione di ostilità non scomparve nemmeno quando Lorenzo si decise ad uscire, avviandosi verso Nicola, e fermandosi infine davanti a lui con il solo cancello a separarli.
Non sembrava comunque intenzionato a parlare per primo.
-Ciao- Nicola si accorse per la prima volta da quando poco prima era uscito di casa di avere un groppo in gola, risultando in una voce più rauca del solito – Stavo cercando Caterina. È in casa?-.
Cercò di apparire distaccato, ma si ritrovò invece totalmente soggiogato da una sensazione per niente rassicurante, e che lo sguardo freddo di Lorenzo non stava attenuando. L’indifferenza che gli stava riservando sembrò spezzarsi per qualche secondo dal velo di stupore che gli attraversò il volto.
-Scusa, non te l’ha detto che usciva?-.
Per un attimo Nicola non si sentì la terra sotto i piedi, faticando a ricordare se Caterina potesse avergli detto di dover uscire per qualche impegno quel giorno. Cercò di ricomporsi subito, passandosi la lingua sulle labbra secche:
-Con chi?- mormorò a fatica, sotto lo sguardo inquisitorio di Lorenzo. Si sentì come penetrare da quegli occhi chiari così diversi da quelli della sorella, ma Nicola si sforzò di non scostare lo sguardo altrove.
-Non lo so- Lorenzo scrollò le spalle – Con amici, immagino. Dovresti saperne più tu di me-.
Era vero, si ritrovò a pensare Nicola con vergogna, ma continuava a non trovare alcun ricordo di cosa avrebbe potuto portare Caterina fuori casa quel giorno. Era forse uscita con Giulia? O Alessio? Magari Valerio: la cosa non sarebbe stata poi così insolita.
Si mise ad annuire, fingendo di aver improvvisamente ricordato:
-Sì, ecco … - si schiarì la voce, rendendosi conto di non star risultando molto convincente – Credevo avesse quest’impegno un altro giorno. Devo essermi sbagliato-.
Lorenzo fece un cenno con il capo in silenzio, senza dire nulla. Era evidente, anche solo osservandolo, che non gli credeva affatto. Nicola si strinse nelle spalle, desiderando andarsene il prima possibile:
-Grazie lo stesso-.
Si voltò per tornare alla sua auto parcheggiata lì vicino senza nemmeno aspettare una risposta di Lorenzo. Aprì la portiera in fretta, infilandosi nel posto del guidatore con il cuore che ancora batteva forte. Dal finestrino osservò Lorenzo che si era già girato e si era incamminato di nuovo verso l’interno della casa, come se quei pochi minuti passati lì a dargli quella notizia non fossero mai esistiti. E Nicola avrebbe davvero voluto non fossero mai accaduti.
Non fece partire subito l’auto. Si prese ancora qualche attimo, la testa che gli girava ancora per la tensione, cercando di pensare a dove potesse trovarsi Caterina.
Forse avrebbe fatto meglio a scriverle per chiederglielo, ma la dose di coraggio giornaliera l’aveva già esaurita completamente. Ci avrebbe pensato l’indomani, quando le avrebbe finalmente parlato.
 
*
 
Strange how a minute can feel like a lifetime
I know what I had now it’s gone
I swallowed my pride ‘cause alone here I’m dying
And with you is where I belong
 
Non sapeva bene da dove riuscisse a trarre la forza per continuare a camminare; Nicola cominciava a sentirsi esattamente come il giorno prima, con la sola differenza che stavolta avrebbe dovuto raggiungere Caterina con le sue stesse gambe instabili.
Ripeteva a memoria tra sé e sé il messaggio con cui Caterina aveva risposto al suo quella mattina – un semplice assenso nel trovarsi da qualche parte nella piazza di Torre San Donato quel pomeriggio. Nulla di complicato, sebbene non fosse stato sicuro che avrebbe accettato fino a quando non aveva letto le sue parole.
Non erano servite quelle ventiquattr’ore in più rispetto al previsto per cercare di mantenere la calma. Se possibile, la stretta al cuore che provava era persino più pressante. Immaginava che anche Caterina doveva sentirsi esattamente come lui, se non addirittura peggio.
Aveva parcheggiato l’auto poco distante dalla piazza, cinque minuti prima, lungo la riviera, e se ne era sceso a piedi. In mezzo a quel freddo, sotto a quel cielo plumbeo, le strade di Torre San Donato risultavano deserte ai suoi occhi. Non vi era anima viva in giro.
Caterina non gli aveva dato un riferimento preciso dove trovarsi, ma in quel deserto Nicola credeva che almeno quella parte sarebbe stata facile. Era quasi giunto in piazza, e in quel momento rallentò il passo: sembrava che perfino le sue gambe cominciassero ad accarezzare l’idea di tornare indietro.
Si sforzò di pensare che non poteva, che aveva già perso troppo tempo per cercare di riparare. Non poteva perderne altro ancora, non poteva rimanere a fare lo spettatore davanti alla distruzione di tutto ciò che avevano costruito fino a quel momento.
Continuò a camminare, adagio, fino a quando non si accorse di essere entrato nella piazza, nella direzione del Caffè della Piazza. Individuare Caterina fu più facile del previsto: era l’unica persona che in quel momento si trovava seduta ad una delle panchine della piazza, poco distante dall’entrata dello stesso Caffè della Piazza. Era voltata di schiena, impossibilitata a vederlo arrivare; Nicola sarebbe potuto tornare indietro senza nemmeno farsi notare, come se non fosse mai nemmeno stato lì.
Non indietreggiò, però. Era arrivato a quel punto, e se voleva sistemare le cose – o perlomeno iniziare a farlo, provarci-, non poteva continuare a indugiare. Ricordò le parole che Alessio gli aveva detto la settimana prima, riguardo il parlarle: era la scelta giusta, solo che ci aveva impiegato troppo tempo per rendersene conto.
Avanzò, senza fermarsi, fino a quando la figura di Caterina non fu che a qualche metro da lui. La osservò mentre si sfregava le mani fasciate dai guanti, nel tentativo di riscaldarle ancora di più. Nicola sorrise tra sé e sé, sovrappensiero, nel rendersi conto che Caterina non aveva mai sopportato il freddo, e che odiava sentirsi gelare. Avrebbe voluto abbracciarla e stringerla a sé per darle ristoro, trasmetterle un po’ di quel calore che sembrava cercare, ma sapeva anche che era lì per un altro motivo.
Ci sarebbe stato tempo per poterle stare accanto, se tutto fosse andato bene
Quando le arrivò a poco meno di un metro di distanza, Caterina sembrò finalmente accorgersi della sua presenza: alzò il capo verso di lui, senza sbattere ciglio, senza nemmeno l’ombra di un sorriso.
-Ciao- Nicola lo sussurrò cercando di non farsi influenzare da quella mancanza di entusiasmo. Si abbassò per baciarle una guancia, ritraendosi per potersi sedere accanto a lei sulla panchina. Il viso di Caterina era ancora impassibile.
-Pensavo non saresti arrivato- gli disse in risposta – Sei un po’ in ritardo-.
Nicola alzò le spalle, cercando di apparire calmo:
-Ho avuto qualche contrattempo a casa-.
Per qualche attimo rimasero in silenzio, la tensione così palpabile che sembrava sul punto di solidificarsi direttamente lì, davanti ai suoi occhi. Ci pensò Caterina a rompere il silenzio, dopo ancora qualche secondo:
-Allora?- lo incalzò – Come mai mi hai chiesto di vederci oggi?-.
Nicola si strinse nelle spalle: era difficile ignorare quanto quella frase sottintendesse che, se non glielo avesse chiesto lui, Caterina di certo non avrebbe voluto trovarsi in sua compagnia. Fu una consapevolezza che fece male, e che non riuscì a tacere.
-Deve per forza esserci un motivo preciso per volerti vedere?-.
Si sentì un bugiardo nel dirglielo, perché lui per primo gliel’aveva chiesto per parlarle, ma non era riuscito a trattenersi.
Caterina sbuffò, scuotendo il capo:
-Sei sempre così impegnato- replicò con voce atona.
Era una frecciatina piuttosto evidente, ma Nicola preferì andare oltre:
-Ero passato da casa tua ieri- iniziò a dire, esitante come poche altre volte si era sentito – Tuo fratello mi ha detto che eri fuori-.
Caterina parve presa contropiede, segno evidente che Lorenzo non doveva averle detto nulla del suo incontro con Nicola. Per un attimo la osservò arrossire, ma non riuscì a capire se fosse dovuto al freddo o all’improvviso disagio.
-Ero con un amico, nulla di importante- tagliò corto lei, scostando lo sguardo – Dovevamo parlare di cose di scuola-.
L’aveva detto con incertezza ed evitando il contatto visivo, e Nicola per qualche secondo ebbe la netta sensazione che non fosse la verità. Ignorò però quei pensieri: non era venuto a chiederle di ieri, né cosa avesse fatto fuori casa senza dirgli nulla. Prima ancora che potesse anche solo pensare di andare oltre con la conversazione, Caterina si voltò nuovamente verso di lui:
-Perché sei passato da casa mia senza dirmi niente?-.
-Volevo farti una sorpresa- Nicola prese tempo, rendendosi conto che se Caterina pochi attimi prima non era stata convincente, ora non lo era stato nemmeno lui – In realtà volevo anche parlarti-.
Caterina alzò un sopracciglio, guardandolo con muta incredulità:
-Di cosa?-.
Nicola si morse il labbro inferiore, agitato:
-Di noi due-.
Si aspettava una reazione sorpresa, forse anche nervosa, ma di certo non si sarebbe aspettato lo sbuffo sonoro e indignato che Caterina usò in risposta e che, Nicola ne era convinto, avrebbe segnato definitivamente il tono di quella conversazione.
-Oh, ti è tornata la voglia di spiccicare parola, dopo mesi interi- Caterina lo guardò con occhi irati, evidentemente nervosi – Pensavo non te ne importasse più niente, ormai-.
-Non è così- Nicola si morse la lingua, maledicendo se stesso per la poca convinzione che aveva messo in quelle parole – Lo so che è tardi, ma … -
-Se sai già che è tardi, allora che ci fai qui?-.
Caterina lo aveva interrotto con foga, alzandosi dalla panchina e mettendosi in piedi di fronte a lui, guardandolo dall’alto in basso.
-Vuoi fare un tentativo tanto per lavarti la coscienza?- proseguì, con la stessa rabbia – Dirti che anche se va male almeno ci hai provato?-.
-No- Nicola si alzò a sua volta, sentendo la propria voce già pronta a spezzarsi – Forse perché credo che possiamo risolvere le cose tra noi-.
L’aria sembrava essersi ghiacciata, diventata quasi irrespirabile. Caterina distolse lo sguardo, come se stesse facendo fatica persino a guardarlo.
-Allora non hai capito nulla di quel che sta succedendo-.
Fece un passo per distanziarsi, ancora il volto girato altrove:
-Non hai capito come stavo allora, e non ci sei ancora arrivato- mormorò con voce tremante, come se la rabbia avesse lasciato posto a quello che Nicola avrebbe definito dolore.
-Perché non provi a spiegarmelo adesso?- le chiese in un filo di voce.
-Te l’ho spiegato sin dall’inizio- Caterina si girò finalmente verso di lui, le iridi scure piene di rancore – Sono venuta da te, e tu mi hai a malapena ascoltata quando avevo più bisogno di te che in qualsiasi altro momento. Cosa dovrebbe cambiare ora? Solo che ti senti vagamente in colpa?-.
Nicola si strinse nelle spalle, incapace di darle una risposta.
Cosa sarebbe cambiato?
Forse, si rese conto, aveva nuovamente sottovalutato la situazione, il malessere che Caterina sembrava covare dentro da tempo. Sapere di esserne la causa gli fece salire la nausea.
-Ti ricordi che ti avevo detto tre anni fa a scuola, quando dopo mesi che mi ignoravi ti sei ripresentato da me, così dal nulla? Come se non mi avessi ferita e potessi fare finta di niente su ciò che era venuto prima?- la voce di Caterina fu quasi un sussurro, appena udibile. Aveva di nuovo scostato gli occhi; osservava il vuoto, un punto indefinitivo davanti a sé, come persa nel ricordo che aveva appena riportato anche alla mente di Nicola.
Lo ricordava bene quel giorno: era stato il primo tonfo che aveva avuto con lei. Si era sentito così stupido in un modo così simile a come si sentiva in quel momento esatto. Si ritrovava sempre allo stesso punto, anche a distanza di anni, a distanza di mille esperienze vissute, rendendosi conto che continuava a  scivolare sempre sugli stessi errori, come si scivolava su una qualsiasi lastra di ghiaccio.
-Mi avevi detto che in otto mesi avevo sprecato un sacco di occasioni per parlarti-.
Caterina lo guardò con espressione vuota:
-Non noti una certa somiglianza con quel che ci sta succedendo ora?-.
La notava eccome, ma Nicola rimase in silenzio, piuttosto sicuro che quel che avrebbe detto Caterina da quel momento in poi non avrebbe di certo voluto ascoltarlo.
La osservava di rimando, però: ora, al posto dello sguardo feroce di rabbia, c’erano solo gli occhi di una persona ferita, senza speranza.
-Per quanto ci provi finisci sempre per commettere gli stessi errori, non impari mai a non ripeterli ancora- Caterina parlò con voce stentata, forse ad un passo dal pianto – Nel momento in cui cercavo solo un appoggio da chi mi fidavo di più, una prova che saresti rimasto accanto a me in qualsiasi situazione, tu non hai mosso un dito-.
Nicola non disse nulla, perché – ed era quello quel che era peggio in tutto quello- era vero. E così come non aveva fatto nulla per chiarire prima, si stava rendendo conto ogni secondo di più che non stava facendo nulla di concreto neanche in quel momento per darle qualche sicurezza in più.
Si rese conto, in un secondo di terrore, che la stava lasciando andare, senza nemmeno iniziare a lottare.
Gli sembrava che ogni forza vitale se ne stesse andando via da lui, come se insieme a Caterina se ne stesse andando anche la forza di reagire.
-Perché dovrei credere che le cose miglioreranno?-.
Perché?
Non gliene vennero in mente.
Perché aveva commesso troppi errori, perché era stato un idiota ed era troppo tempo che si adagiava sull’indifferenza che si era creata tra loro due. Perché forse Caterina non se la meritava veramente, non se la meritava pur amandola.
Si costrinse a inumidirsi le labbra secche, la voce che faticava ad uscire per il groppo in gola:
-Lo so che ho sbagliato, e che non ho fatto nulla per cambiare le cose- ammise, facendo qualche passo verso di lei – Ma non è vero che non me ne importa niente, perché altrimenti non sarei qui-.
Allungò una mano verso il viso di Caterina per lasciare una carezza che sapeva più di supplica; vederla scostarsi immediatamente, come se si fosse scottata, fu una risposta più eloquente di qualsiasi altra parola.
-Non ti credo più, ormai-.
Caterina scosse il capo, gli occhi che si facevano più lucidi ogni secondo che passava:
-Non riesco più ad andare avanti così. E tu nemmeno- mormorò in un filo di voce – Sta diventando solo una forzatura inutile-.
Nicola si sentì il respiro mozzato.
-Forse semplicemente non siamo più fatti per restare insieme-.
-Non puoi pensarlo sul serio-.
Nicola si avvicinò nuovamente, con il solo risultato di vedere Caterina muovere ancora diversi passi indietro. Sempre più distante, desiderosa di tenerlo lontano.
-Lo credo, invece-.
Caterina si voltò indietro, facendo ancora qualche passo: se ne stava andando, stavolta definitivamente, e Nicola era ancora fermo, immobile nella sua consapevolezza che stavolta dire qualsiasi cosa per farla desistere non sarebbe servita davvero a nulla.
-Penso che dovremo passare del tempo da soli, ognuno per la sua strada-.
Si rese conto che quegli istanti gli sarebbero rimasti marchiati a fuoco nella sua memoria per molto tempo ancora. Non aveva mai davvero pensato che la fine e la sconfitta avrebbero potuto avere il sapore gelato dell’inverno e il freddo del vento sferzante.
-Mi stai lasciando?-.
La sua voce era parsa più come un sussurro inudibile, e di certo Caterina non lo avrebbe potuto sentire se solo si fossero trovati in un posto meno silenzioso. Ma non c’era nessun altro oltre a loro nella piazza, a quell’ora del pomeriggio, nessun altro che aveva deciso di affrontare il gelo invernale.
Caterina si voltò un’ultima volta, lo sguardo leggermente abbassato e infinitamente cupo. Sembrava volersene scappare il più lontano possibile, lontano da lui per un’ultima volta.
-Credo di sì-.
Con i piedi ancorati a terra, pesanti e gelati, Nicola rimase dove si trovava: vedeva tutto ciò che era stato scivolare lontano da lui, nell’impossibilità e nell’impotenza di riafferrarlo e riportarlo indietro.
Il vento che continuava a sferzargli sul viso, e l’inverno che si faceva più cupo, raggelandogli sulla pelle l’unica lacrima sfuggita al suo controllo.
 
“E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai”.

(Federico Garcia Lorca - "Potessero le mie mani sfogliare la luna")
 
Now I regret every word that was spoken
I said some things you know I didn’t mean
Maybe we’ll turn back the time
Work it out, start anew
Or maybe today I’ve lost you*
 
*
 
Sospirò a fondo, cercando di concentrarsi meglio. Le stava risultando difficile studiare, molto più che in altri giorni; forse era a causa dei troppi pensieri che le vorticavano e le riempivano la mente, forse una stanchezza inconscia che le impediva di ricordare le nozioni di spagnolo che continuava a rileggere tra le pagine del libro di scuola.
Giulia trattenne a stento l’istinto di lasciar perdere tutto e rimandare all’indomani quella sessione di studio. Era da tempo che aveva deciso di recuperare alcuni argomenti lasciati indietro durante quelle vacanze di Natale – e non farsi trovare impreparata quando sarebbero ricominciate le lezioni e le interrogazioni a gennaio-, senza però tener conto della sua scarsa concentrazione.
Sbuffò ancora, abbattuta, spossata e irritata verso se stessa. Non sarebbe servito a nulla continuare così, con quel malessere che stava covando da diversi giorni, senza una motivazione precisa.
Forse era solo una serie di preoccupazioni che persino lei non aveva ancora realizzato a tutto tondo, o forse era solo un momento di passeggiera stanchezza che non la stava aiutando a concludere nulla di concreto.
Si alzò dalla sedia qualche secondo dopo, allontanandosi dalla scrivania della sua stanza, abbandonando il libro di spagnolo aperto alla pagina che aveva appena cercato di rileggere e ripetere senza alcun successo. Fu in quel momento, mentre vagava per la stanza pensando a come poter impiegare la pausa che le serviva, che vide il display del suo cellulare illuminarsi. Lo aveva lasciato sul letto, abbandonato lì per far in modo che non rappresentasse un’ulteriore distrazione, ma a quanto pareva perdendosi almeno un messaggio appena arrivato.
Andò a sedersi sul bordo del letto, la fronte aggrottata. In verità erano diversi messaggi, da almeno due persone diverse. Non si sorprese di notare che il messaggio più vecchio era una risposta di Filippo, che la aggiornava sulla sua sessione di studio – che a quanto sembrava stava proseguendo meglio della sua-, e non si stupì nemmeno di non notare alcuna risposta da Caterina.
Giulia cercò di ricordare l’ultima volta che le aveva risposto in quella giornata, ma non ricordava nessun altro suo messaggio oltre a quello che le aveva inviato poco dopo l’ora di pranzo.
Era qualcosa che non era poi così strano, non negli ultimi giorni. Caterina si era fatta viva per poco e quasi sempre a monosillabi, ed era bastato quello per far capire a Giulia che le cose non stavano affatto migliorando. Forse era solo una sua sensazione latente, forse il sesto senso che la stava portando fuori strada, ma riusciva a percepire la sua poca voglia di parlare anche attraverso quei messaggi.
Sospirò a lungo, sconsolata. Si ripromise, in un attimo pieno d’iniziativa, di chiederle se le andasse di uscire o di studiare insieme uno dei prossimi giorni, magari prima di Capodanno. Almeno, dal vivo, avrebbe potuto avere più facile conferma di quei suoi timori ed impressioni.
Ciò che non aveva calcolato, almeno per quel giorno, era l’ultimo messaggio che aveva ricevuto, quello che aveva fatto lampeggiare il display del telefono nel momento in cui si era alzata per allontanarsi dalla scrivania.
“Allora non è sparito dalla circolazione” commentò Giulia tra sé e sé, leggendo il nome di Alessio come mittente.
Entrò subito nella chat, e prima ancora di leggere il suo messaggio, rilesse la data in cui lei gli aveva scritto.
«Com’è andata ieri sera? Notato nulla di strano? Caterina ti ha detto nulla?».
Gli aveva scritto quella serie di domande nella mattinata di lunedì, subito dopo la serata in cui lui, Caterina, Nicola e Pietro erano usciti insieme, senza lei e Filippo.
Non aveva ricevuto nessuna risposta da Alessio.
Almeno fino a quel momento.
Giulia spostò gli occhi un po’ più sotto, al messaggio che lui le aveva inviato un minuto prima, dopo giorni interi di silenzio.
«Scusa, avevo il cellulare mezzo andato e sono riuscito a risistemarlo solo poco fa. Comunque no, tutto ok. Niente di troppo strano».
Giulia si ritrovò ad aggrottare la fronte istintivamente. Non capì cosa potesse nascondere quel “troppo” con cui Alessio aveva descritto la stranezza della serata – strana in che modo? Caterina si era allontanata, o aveva fatto l’esatto opposto? E Nicola, dall’altra parte, come aveva reagito?-, ma a quelle domande avrebbe sempre potuto trovare risposta chiedendogli più particolari. Nonostante la risposta così fredda e sbrigativa, insolita per Alessio, al momento si fece bastare quelle rassicurazioni – che, si ritrovò a pensare, cozzavano incredibilmente con l’impressione che le stava dando Caterina in quegli stessi giorni.
Rimase confusa nel rendersi conto del motivo per cui Alessio non le aveva risposto. Era sicura quasi del tutto di aver visto un suo accesso alla chat la sera prima – o, almeno, ne era stata sicura fino a qualche minuto prima.
“Devo essermi confusa”.
 Si apprestò a rispondergli, il cuore un po’ più leggero e le preoccupazioni che sul lato di Caterina cominciavano a farsi un po’ meno insistenti, seppur ancora presenti.
 


Richiuse la porta dietro di sé, immergendosi nel buio della stanza. Non accese nessuna luce, affidandosi solo agli ultimi sprazzi di luce pomeridiana lasciati entrare dai vetri della finestra per avvicinarsi al letto.
Caterina vi si sedette senza alcuna energia rimastale in corpo, gli occhi che si perdevano nelle sfumature bluastre della sera.
L’oscurità nella quale stava venendo inghiottita la sua stanza era la stessa che la stava inglobando in quel momento, sola nel silenzio.
Era passata forse un’ora da quando aveva visto Nicola – per l’ultima volta-, e solo pochi minuti da quando era finalmente tornata a casa.
Si era presa il suo tempo per camminare un po’, da sola, senza una meta, ripensando solo sporadicamente a quel che era appena successo. Non ci voleva pensare, non ancora.
Era come se lo stesso ricordo non esistesse, come se l’aver lasciato Nicola fosse solo un’illusione che non era mai avvenuta nel mondo reale.
Eppure lo sguardo di desolazione e rassegnazione con il quale l’aveva guardata un’ultima volta, prima di allontanarsi, era più reale di quanto avrebbe voluto. Così come lo erano state le sue parole, quelle con le quali gli aveva detto che avrebbero fatto bene a prendere strade differenti.
Separati per la prima volta dopo quasi tre anni.
Rimase seduta sul bordo del letto per quella che le parve un’ora intera. Dovevano invece essere passati solo pochi minuti, il tempo che sembrava essersi dilatato infinitamente.
Aveva sempre pensato che, se un giorno si fosse ritrovata davanti alla dolorosa decisione di finire la storia con Nicola, si sarebbe ritrovata a piangere a dirotto per ore, forse anche per giorni. Non era così: non aveva pianto subito dopo, e non stava piangendo nemmeno in quel momento.
Piangere avrebbe significato poter provare qualcosa, sentire il dolore della separazione.
Ma non stava sentendo nulla.
C’era solo il vuoto, e il buio che la circondava.
Era stata la decisione giusta, l’unica conclusione che si aspettava da settimane, ma comprendeva poco il perché non stesse provando niente.
Era come se Nicola non fosse mai esistito, come se non avesse lasciato alcun segno nella sua vita – quando, in realtà, era l’esatto contrario.
Forse il suo era solo un meccanismo di difesa, un ultimo tentativo per frenare il dolore che quel giorno avrebbe sempre portato con sé.
Ricordò, per un’ultima volta, lo sguardo con cui Nicola l’aveva accompagnata in quegli ultimi istanti insieme. Le era parso fragile, in quel momento, vulnerabile come poche altre volte l’aveva visto. Era una sensazione totalmente diversa quella che stava provando ora: c’era solo il vuoto, ad attenderla.
Un vuoto che stava assorbendo tutto il resto e che avrebbe dovuto imparare a conoscere e gestire da sola.
 


 
[1] Pearl Jam - "Future Days"
*il copyright della canzone (Take That - "Today I've lost you") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI

Poco dopo aver festeggiato il decimo anniversario della stesura del primissimo capitolo (ebbene sì, sono già dieci anni!), non possiamo che festeggiare con un capitolo che porta già
un titolo di per sè non troppo ottimista 
😂  che, come si poteva intuire, non ha nemmeno un finale positivo per una delle coppie storiche. 
Il capitolo inizia con il fatidico incontro tra Caterina e Giovanni, sempre più vicini e confidenti, rendendo perciò sempre più palese il distacco che invece c'è con Nicola.
E così, come ci si poteva aspettare,  questo distacco si è concluso con la storia stessa di Caterina e Nicola. Dal loro incontro, infatti, se ne vanno separatamente e non più come due persone che stanno insieme. Un evento che era sicuramente nell'aria, e che è arrivato non solo dopo diversi mesi difficili, ma da un periodo di insicurezza molto più lungo, come abbiamo visto anche nei capitoli dedicati alle vacanze estive. Alla fine i problemi di coppia sono emersi ugualmente, senza più essere arginati.
Come l'avete presa, questa fine di una delle coppie storiche? Secondo voi c'è ancora qualche possibilità che in futuro le cose si risolvano, o prenderanno definitivamente strade diverse come ha suggerito Caterina?
Oltre a lei e Nicola, abbiamo anche un breve spaccato di come se la sta passando Giulia. Scopriamo, nella scena dal suo pov, che Alessio sembra un po' strano, e come ben sappiamo (al contrario di un'ignara Giulia), forse non le sta dicendo proprio la verità. Cos'avrà in mente Alessio? Come mai ha deciso di mentirle?
Ci rivediamo mercoledì 30 dicembre con l'ultimo capitolo dell'anno!

Kiara & Greyjoy

PS. Vogliamo inoltre cogliere l'occasione per scusarci di un "piccolo" errore presente nello scorso aggiornamento, errore che abbiamo già risolto :)  La situazione anomala che stiamo vivendo ha colpito anche noi facendoci incappare in un incidente di narrazione... Ma state tranquilli: nessuno è stato ucciso per sbaglio né verrà ucciso nella correzione ;)

 


 
   
 
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