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Autore: Martina_Morittu    17/12/2020    1 recensioni
Una libreria sull'acqua di un canale londinese e la sua proprietaria, Mrs Austen, sconvolgeranno la vita ad Olivia, una giovane ragazza intrappolata in una città che non ama.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Controllavo tutti i giorni l’email sperando di aver ricevuto quella con i risultati del concorso, nonostante nel bando ci fosse scritto che non sarebbero stati disponibili prima di un mese. 
Vincere il concorso avrebbe portato alla mia vita il grande cambiamento che tanto agognavo. Avrei iniziato con un nuovo lavoro e soprattutto avrei cambiato città dal momento che il vincitore si sarebbe dovuto trasferire a Berlino.

“Non puoi cambiare città anche se lo perdi?” Mi chiese un martedì Mrs Austen mentre stavamo prendendo il tè con Nate.
“Si, certo, potrei trasferirmi ovunque, se ne avessi il coraggio” Vidi Mrs Austen sfoggiare un sorriso compiaciuto. Posò la tazza a terra, era un po’ che non vedevo il piccolo tavolino in legno.
“Allora, qui abbiamo due problemi“ ed incrociò le gambe assumendo un’espressione seria. “Il primo è cambiare lavoro: secondo me non ci stai provando abbastanza perché non ti piace ricevere un rifiuto. Scommetto che non hai inviato più di tre candidature.” Si fermò per esaminare la mia reazione. Non dissi niente, aveva azzeccato in pieno. Non riuscivo ad abituarmi al talento che aveva Mrs Austen nel leggere le persone. A volte lo trovavo inquietante. 
Annuì come se il mio silenzio le avesse dato la conferma dei suoi sospetti e continuò:
“Il secondo problema è la città: non c’è stata una sola volta in cui ti abbia sentita parlar bene di Londra.” Nate si schiarì la gola come se volesse aggiungere qualcosa ma un’occhiata di Mrs Austen lo rimise al suo posto. “A questi due problemi possiamo trovare una soluzione” continuò con un tono serio che non avevo mai sentito. “Si esatto una sola soluzione per due problemi! Per tua fortuna oggi ho voglia di parlare schiettamente, non dovrai aspettare di leggere un libro prima di conoscere la soluzione.” 
Io e Nate ci scambiammo uno sguardo. Mrs Austen non aveva mai rivelato le soluzioni ai nostri problemi direttamente, ci dava gli strumenti per arrivarci da soli e questo, spesso, lo faceva attraverso i libri. 
“La soluzione è” ed iniziò ad imitare il suono del rullo di tamburi ”sei tu! Ti stai auto sabotando. Potresti cambiare città domani, se volessi, e avresti potuto cambiare lavoro già da un pezzo se ti fossi impegnata davvero a cercarlo.”
Il tono di Mrs Austen continuava ad essere gentile come al solito, ma le sue parole mi colpirono come schiaffi. 
“E’ molto più semplice continuare a vivere nell’abitudine che affrontare il cambiamento.”

Per il resto del pomeriggio nessuno parlò ma restammo comunque seduti sulla barca di Mrs Austen a finire il tè. 
Guardavo il telefono cercando su google il prezzo di biglietti aerei che non avrei mai usato, Mrs Austen stava sulla sedia ad occhi chiusi quasi si fosse addormentata e Nate aveva lo sguardo perso nel vuoto. Nonostante il discorso di Mrs Austen fosse stato riferito a me, Nate sembrava essere stato particolarmente colpito dalle sue parole.

Era stato il pomeriggio più strano che avessi mai passato con Mrs Austen. Quando ce ne stavamo andando Nate era scappato dicendo che doveva vedersi con un amico. Così sulla strada verso casa, da sola, avevo deciso che quella sera avrei comprato il biglietto e a fine mese mi sarei trasferita.
Ora mi trovavo davanti al computer a cercare “miglior città per vivere in Europa” o ancora “come fare per andare a vivere alle Hawaii?”
Non sarebbero state male le Hawaii: lavorare in un piccolo bar sulla spiaggia e, finito il lavoro, andare a fare surf. Anche se non avevo mai fatto surf in vita mia.
Dissi ad alta voce a me stessa : “Ci sono tantissime città tra cui scegliere, deve essercene almeno una che sia migliore di Londra.”
Mi resi conto che quel metodo non avrebbe funzionato, stavo solo perdendo tempo. Decisi di mettermi sotto le coperte e guardare un film. 
Iniziai a guardare “Midnight in Paris” di Woody Allen. Non molti avevano apprezzato questo film, io, al contrario, amavo tutto. Quel film descriveva Parigi come una città per artisti e sognatori. 
Mentre lo guardavo pensai “Sarebbe bello abitare a Parigi.” Misi in pausa il film e ripetei ma questa volta ad alta voce, quasi urlando “Sarebbe bello abitare a Parigi!” Sentii la mia coinquilina bussare al muro che divideva le nostre stanze ed esclamare con la voce impastata dal sonno: “Sarebbe bello poter dormire!”
Guardai l’orologio. In effetti era piuttosto tardi, mi sarei scusata la mattina seguente. In quel momento avevo una cosa più importante da fare. Comprare un biglietto per Parigi. Alla fine del mese sarei andata a vivere a Parigi.

Il pomeriggio seguente, dopo aver finito di lavorare, corsi da Mrs Austen per darle la grande notizia. Ce l’avevo fatta, ero finalmente riuscita a trovare il coraggio per lasciare Londra e affrontare una nuova avventura. Non avevo ancora un lavoro e non sapevo parlare francese, conoscevo solo qualche parola, ma sapevo che ce l’avrei fatta.
Mrs Austen stava leggendo un libro seduta sulla sponda del canale. Mi avvicinai cercando di far più rumore possibile per paura che, se non mi avesse sentita, avrei potuta spaventarla e farle fare un bagno nel canale.
“Cosa sta leggendo?” Le chiesi incuriosita dal vecchio libro che teneva in mano.
“Un fantastico libro sulle piante. Voglio provare a coltivare delle fragole, penso starebbero benissimo davanti alla porta d’ingesso. Come mai da queste parti?” Mi chiese mentre aveva ricominciato a sfogliare il libro.
Le mostrai il biglietto per Parigi: “A fine mese mi trasferisco. Ho comprato il biglietto ieri sera.” Le dissi sfoggiando un enorme sorriso. Mi aspettavo che sarebbe stata contenta per me e, magari, di ricevere qualche complimento per aver fatto questo grande passo. Invece non mostrò subito l’entusiasmo che avevo immaginato, al contrario mi chiese con curiosità: “E come è andata con il licenziamento?”
La guardai perplessa e borbottai qualcosa cercando di formulare una risposta, così Mrs Austen mi rifece la domanda cercando di essere più chiara: “Ti sei licenziata oggi giusto? Quand’è il tuo ultimo giorno al bar?”
Non avevo pensato che avrei dovuto licenziarmi. Non potevo sparire da un giorno ad un altro. Come era possibile che avessi scordato questo passaggio così importante?
“Non ho ancora dato le dimissioni perché oggi il mio capo riposava e devo parlare con lui per queste cose.” Mentii.
Mrs Austen alzò lo sguardo dal libro: “Finché non ti licenzi, non ti stai davvero trasferendo. Anzi, non stai davvero cambiando città.” Ed indicò il biglietto dell’aereo: “Quello per il momento è solo un biglietto per una vacanza.”

La mattina dopo ero a lavoro e cercavo il coraggio di parlare con il mio capo. Continuavo a rimandare aspettando il momento giusto che sembrava non arrivare mai: prima c’erano troppi clienti, poi il capo usciva per fumare e non volevo disturbarlo durante la pausa, poi arrivava il momento della mia pausa e avevo bisogno di riposarmi un po’ prima di continuare il turno.
Mi rendevo conto che stavo cercando solo scuse. Il momento in cui mi sarei licenziata, sarebbe diventato tutto reale. Avrei dovuto iniziare ad organizzare il trasloco, compilare i vari moduli per uscire dal Regno Unito, avrei dovuto lasciare casa.
Non ero sicura mi andasse di fare tutto questo. Sembravano pratiche molto lunghe e noiose. Se non mi fosse piaciuta Parigi? Avrei dovuto ricominciare tutto dall’inizio. 

Tutta la settimana successiva cercai di licenziarmi senza troppo successo finché una mattina, mentre andavo a lavoro, fui inondata dall’acqua di una pozza sollevata da un camion.
Arrivai al lavoro bagnata dalla testa ai piedi. Andai direttamente nell’ufficio del mio capo e diedi le dimissioni. Da quel momento mi stavo trasferendo a Parigi.

Il martedì arrivai da Mrs Austen prima di Nate e le diedi la notizia. Anche questa volta non ricevetti nessun complimento: “Che peccato, mi mancherai tanto cara.” La risposta mi colpì: “Che vuol dire ‘che peccato’? Lei mi ha convinta a trasferirmi! Non mi vorrà mica dire, adesso, dopo che mi sono licenziato, ho dato la disdetta della casa e ho comprato il biglietto, che sto facendo male?”
Mrs Austen si mise a ridere: “Cara io ti ho aiutata, non convinta, a fare quello che avresti dovuto fare da sola molto tempo fa. Mi mancheranno i martedì del tè con te e Nate, questo non vuol dire che stai facendo male a partire.”
Nate arrivò con un po’ di ritardo, tutto trafelato per aver corso: “Scusatemi, ho fatto più tardi del solito a lavoro. Cosa ascoltiamo oggi?” Mi chiese mentre si gettava sulla sedia più vicina.
“Oggi ascoltiamo grandi notizie dalla nostra Olivia!” Esclamò Mrs Austen. Avevo pensato di parlare con Nate un altro giorno ma a quel punto non avevo via di scampo. Ero quasi sicura che Mrs Austen l’avesse fatto di proposito.
“Notizie? Sono usciti i risultati del concorso?” Chiese con agitazione. Erano successe così tante cose che mi ero scordata del concorso.
“Ancora niente risultati” dissi, ma non appena avessimo finito di prendere il tè avrei controllato l’email. “Mi trasferisco, alla fine del mese.” Mi resi conto solo in quel momento che, nonostante tutto, mi sarebbe mancato qualcosa di Londra. “Vado a vivere a Parigi.”
La notizia sembrò sconvolgerlo più di quanto mi aspettassi. 
“Alla fine del mese?” Passò lo sguardo da me a Mrs Austen velocemente un paio di volte, forse aspettandosi che qualcuno gli dicesse che era tutto uno scherzo.
“Ero convinto che non l’avresti fatto” disse assumendo un’espressione abbattuta.
Nessuno pensava che l’avrei fatto veramente, io prima di tutti. 
“Caro ti va di aiutarmi a preparare il tè?” Gli chiese Mrs Austen. Nate si alzò senza dire una parola e la seguì.
Non pensavo che la notizia avrebbe potuto sconvolgerlo così tanto. Dopo che mi aveva convinta a partecipare al concorso eravamo diventati molto più amici, ma non mi aspettavo quella reazione.

Tornarono con il tè e passammo un pomeriggio tranquillo senza accennare ancora al mio trasferimento.
Prima di andarcene Mrs Austen mi chiese con voce sommessa così che potessi ascoltarla solo io: “Passa domani pomeriggio se puoi, ho una cosa per te.” Annuii e raggiunsi Nate che aveva iniziato a camminare a passo svelto lungo la strada.
“Hai fretta di tornare a casa?” Gli chiesi mentre cercavo di stare al passo.
“Si.” Dopo questa risposta secca accelerò ancora di più.
Ovviamente c’era qualcosa che non andava, avrei potuto fare due cose: ignorare il momento e aspettare che gli passasse o indagare e, in caso, pagarne le conseguenze. 
La mia curiosità scelse per me: “Nate, cosa succede? Va tutto bene?” 
Si fermò di colpo e quasi gli andai contro: “Perché ti vuoi trasferire? Potresti fare il lavoro dei tuoi sogni qua, a Londra.”
La notizia del mio trasferimento l’aveva davvero sconvolto: “Non capisco” ero confusa “Mi hai convinta a partecipare ad un concorso che, nel caso dovessi vincerlo, mi farebbe andare a vivere all’estero e adesso mi chiedi perché voglio trasferirmi?”
Nate riprese a camminare spedito. Dovetti quasi correre per stargli dietro. “Ho deciso, mi trasferisco e mi piacerebbe avere un amico con cui condividere questo momento.”
Camminava così veloce che arrivammo in pochissimo tempo alla sua fermata: “Non posso essere quell’amico.”
Finalmente si fermò.
“Allora perché spingermi a partecipare al concorso?”
Non rispose subito. Arrivò l’autobus e Nate salì. Prima che si chiudessero le porte si girò verso di me: “Speravo lo perdessi.” L’autobus partì.

Rimasi alla fermata con lo sguardo perso nel vuoto. Come aveva potuto dirmi una cosa del genere. Quale amico può sperare in un tuo fallimento.
Ripresi a camminare verso casa. 
Quando arrivai in camera accesi il computer e decisi di controllare le email per vedere se avevo ricevuto i risultati del concorso. In quel momento speravo di averlo vinto solo per sbatterlo in faccia a Nate.
Nessuna nuova email.
Andai a dormire ma la voce di Nate continuava a risuonarmi nelle orecchie. Pensavo davvero che fossimo diventati amici. Pensavo che avrei potuto contare su di lui in questo momento. Ora trasferirmi sarebbe stato ancora più difficile. L’avrei dovuto fare da sola. Ero sola.
Mi addormentai esausta dalla giornata, da Nate e dal trasloco che non avevo ancora iniziato.
Quando mi svegliai il telefono lampeggiava. Avevo ricevuto un’email. Erano i risultati del concorso.
Avevo perso.
   
 
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