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Autore: LysandraBlack    17/12/2020    2 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 46

Are you a leader or will you follow?



 

«Questo è il registro di carico e queste le entrate... secondarie, diciamo così.» Finì di spiegare Garrett, scorrendo il dito sulla pagina. «Le rotte cambiano a seconda dei periodi dell'anno, ma in linea di massima ciascun capitano ha le sue, non abbiamo mai avuto problemi per il momento.»

Charade annuì, concentrata sui registri, arricciandosi sull'indice una ciocca di capelli. «Gli altri amici avevano accennato a qualcosa del genere, ma non immaginavo fosse un'operazione così estesa.» Indicò con un cenno del capo la grande mappa del Thedas appesa alla parete, dove ogni puntina blu rappresentava un porto raggiunto dalla Harvent-Hawke: da Gwaren nel sud del Ferelden al cuore di Orlais a Val Royeaux, dalle maggiori città-stato dei liberi confini come Ostwick fino ai porti di Carastes e Ventus nell'Imperium, passando per Antiva e Rivain, negli anni erano riusciti a costruire una fitta rete di collegamenti via mare e via chiatte fluviali che collegava il Sud con il Nord, e grazie agli accordi con le varie fazioni che vagavano per i mari avevano rafforzato la loro influenza e i loro traffici, che procedevano quasi completamente indisturbati in cambio di eque tasse e bustarelle alle persone giuste. «Niente male davvero, per un rifugiato del Ferelden.»

Garrett si strinse nelle spalle. «Faccio del mio meglio, ma ho ottimi consiglieri. Da solo, non sarei riuscito ad ottenere nemmeno un quarto di tutto questo, lo ammetto.»

La cugina scosse il capo, sorridendo. «E anche modesto, si vede che hai preso poco dagli Amell.» Raddrizzò la schiena, guardandosi attorno nell'ufficio pieno zeppo di carte e appunti. «Mi stai davvero offrendo un posto in tutto questo?»

«Sei sveglia, e hai già un'idea di come funzioni un'operazione del genere. So qualcosa degli amici di Jenny la Rossa, avete occhi e orecchie più o meno ovunque, dalle bettole malfamate fino ai palazzi degli Orlesiani più impomatati. E siete dalla parte giusta, non mi è mai piaciuta la gente che accumula montagne d'oro per riempirsi le tasche a spese dei più deboli.»

Charade si legò i capelli in una coda morbida, pettinandosi la frangia con le dita. «Immagino potremo aiutarci a vicenda, sì.»

«Garrett Hawke?»

Si voltarono all'unisono, non riconoscendo la voce.

Un qunari imponente, dalle grossa corna ricurve ricoperte di borchie d'oro a spunzoni e la punta di metallo lucido, lo salutò dall'uscio con un cenno della mano piena di anelli vistosi, appoggiando una mano sullo stipite della porta. Indossava una lunga giacca dal taglio Antivano, rossa scarlatta con inserti dorati, che risaltava sulla pelle scura. «Il Capitano della Tiamat vuole vederti.»

Riconobbe il nome della nave all'istante. Il capitano Amara era una dei contatti di Varric nella Felicissima Armada, una pirata che si era guadagnata la sua fama da Lomerryn al mare di Nocen per le sue audaci imprese e il sangue che si lasciava alle spalle.

Non era il genere di persona con cui Garrett si sentiva particolarmente a proprio agio a trattare, ma gli serviva qualcuno di abbastanza influente nell'Armada e al tempo stesso in grado di incutere rispetto, se non timore, nei mari del nord, dove la Harvent-Hawke voleva espandersi.

Per raggiungere il Tevinter, aveva bisogno di qualcuno che sapesse il fatto suo.

«Charade, puoi aspettarmi qui?» Chiese alla cugina, non volendo trascinarla in guai decisamente fuori dalla sua portata.

L'altra annuì, tornando sui registri. «Resto a dare un'occhiata, se non ti dispiace.»

Garrett le assicurò che poteva restare tutto il tempo necessario, seguendo poi il nuovo arrivato fuori dalla porta e verso il molo.

Era chiaro quale fosse la Tiamat.

L'ultimo vascello arrivato al porto era una fregata imponente, i cui tre alberi montavano vele rosso scuro che a stento riflettevano la luce del sole mattutino. La murata ai fianchi era dello stesso colore scarlatto delle vele, così come il cassero, mentre il resto dell'imbarcazione era in legno d'ebano, quasi nero. La cabina del capitano aveva una grande vetrata a poppa, mentre su entrambi i lati della prua si arrotolavano due enormi serpenti cornuti, laccati d'oro, che incrociavano le loro spire attorno all'albero di bompresso.

Seguì il Qunari, o più probabilmente il Tal-Vashot, si corresse mentalmente Garrett, sul ponte di comando. La prima cosa a stupirlo fu la varietà di persone che stavano trafficando su e giù dalla nave: la maggior parte erano umani, seppur apparentemente di provenienze molto diverse, ma individuò una dozzina di elfi e addirittura una nana, intenta a trasportare una botte per spalla. Quest'ultima gli passò proprio accanto, fischiettando un motivetto allegro in netto contrasto con la grossa cicatrice slabbrata, e ad occhio piuttosto recente, che sfoggiava sul bicipite gonfio messo in mostra dal gilet senza maniche.

«Il Campione di Kirkwall.»

Dall'alto si calò una figura in un ampio redingote di pelle scura, dall'interno scarlatto e numerose fibbie d'oro massiccio, che svolazzò scosso dal vento quando la pirata atterrò sul ponte. Era un'umana sulla quarantina, dai tratti spigolosi e la pelle ambrata solcata da piccole rughe attorno agli occhi, i capelli castani tenuti lontani dagli occhi da una stoffa rossa ricamata d'oro e azzurro che cadeva lunga da un lato. Una vistosa cicatrice spiccava sul collo, messa in mostra dalla camicia aperta e dal collo alto del redingote chiuso soltanto dalla cintura in vita, a cui erano fissati uno stocco e una daga corta, le impugnature di entrambi finemente decorate ma funzionali. La donna sollevò il tricorno dello stesso colore scuro della giacca, mostrandogli i denti bianchissimi in un sorriso feroce, e Garrett notò che aveva un anello d'oro al naso e altri più piccoli su entrambe le sopracciglia, mentre una piccola pallina dorata spuntava sotto al labbro inferiore. «Ti immaginavo più gracilino, invece sei dannatamente in forma per essere un mago.»

Garrett rimase un secondo spiazzato dal commento, cercando però di riprendersi in fretta. «Non sono mai stato mingherlino, è di famiglia.»

Il capitano Amara si lasciò andare in un'esclamazione ammirata. «Spero di restare abbastanza a lungo da conoscere pure tua sorella, allora.»

“Quante cose sa, esattamente?” Si chiese Garrett, restando ad osservarla guardingo. «Dipende quanto avete intenzione di fermarvi, Capitano, immagino sarete molto impegnata anche voi.»

L'altra annuì col capo, lo sguardo che si spostava verso la città dietro di loro. «I Liberi Confini sono un alveare di freddo sudiciume, ma l'oro è buono da qualsiasi tasca arrivi.» Riportò la sua attenzione sul mago, la mano sinistra carica di anelli che andava ad accarezzare quasi amorevolmente l'impugnatura della daga. Sollevò la destra in un gesto stranamente elegante, indicandogli l'accesso alla cabina del comandante. «Parliamo di affari in privato, ti va?»

«Volentieri.» Accettò lui, seguendola lungo il ponte senza abbassare la guardia.

«Saariss, fai in modo che non entri nessuno.» Ordinò il Capitano al Tal-Vashot.

«E per uscirne?» Chiese quello, squadrando il mago dall'alto in basso con un'occhiata divertita.

«Non ci daranno problemi, è nell'interesse di tutti che questa cosa fili liscia.»

Con sempre più disagio addosso, Garrett lasciò che lo conducesse verso la cabina, scivolando all'interno pronto a difendersi nel caso fosse stato necessario. L'interno della stanza era ben illuminato e dalla parte opposta del largo tavolo di legno intarsiato, che dava sulla vetrata multicolore di poppa, vi era già una figura voltata di schiena.

Quando la porta si richiuse dietro di lui, Amara gli mise una mano sulla spalla come a tenerlo buono. Un attimo dopo, l'occupante della cabina si girò verso i nuovi arrivati.

Lo riconobbe immediatamente, con una fitta di rabbia che dallo stomaco si dipanò per tutto il corpo mentre il Velo fremeva in risposta attorno a lui.

Jowan, il degno compare di Geralt Amell e come lui responsabile dell'attentato ai Satinalia dai Cavin e soprattutto del tentato sequestro di sua sorella solo pochi mesi prima, ricambiò il suo sguardo furente con un cenno stanco del capo. «Vengo in pace, Garrett, se puoi credermi.»

Richiamò il mana, una serie di scintille che danzavano minacciose tra le dita chiuse a pugno, senza dare quasi peso alla lama della pirata, ora puntata contro il costato, mentre si tratteneva a stento dal fare una strage lì e subito. «Crederti...» Sputò tra i denti, il respiro mozzo per la fatica di contenere l'energia magica che scalpitava per essere liberata. «Dovrei ammazzarti senza lasciarti dire un'altra parola, traditore bastardo che non sei altro.»

Jowan incassò il colpo, abbassando un poco il capo. «Capisco che-»

«Capisci?!» Garrett fece un passo in avanti, ma venne fermato dalla presa ferrea di Amara, la punta della daga che gli feriva la pelle, trapassando i vestiti e pungendolo appena. «Avete detto voi a quei magister di rapire Marian e Fenris, non bastava averci quasi ammazzato dai Cavin, vi siete messi in combutta con degli schiavisti assetati di potere e non azzardarti a dire che l'avete fatto per la Resistenza, non ci avete creato che problemi con tutti i casini che avete fatto! Quello stronzo cerca di fare chissà cosa a Marian e poi manda te a mettere tutto a posto? Crede davvero che sia così facile, che solo perché avete fatto da tramite col Carta per qualche passaggio verso il Tevinter-»

«Non mi ha mandato Geralt.»

Non fu tanto la frase a fermare le sue invettive furiose, quanto il tono in cui l'altro pronunciò quelle poche parole, sussurrate a stento. «Almeno non prendermi per il culo. Pensi davvero di poter mostrare la tua faccia qui e... e cosa? La Resistenza è l'unico motivo per cui non ti ucciderò a vista.»

Jowan sospirò pesantemente, scostandosi i capelli neri dagli occhi incavati e cerchiati da occhiaie pesanti. «Se potessimo parlare civilmente...» Indicò con un cenno la sedia accanto a Garrett, accomodandosi a sua volta.

«Da bravo, Campione, siamo tutti colleghi qui.» Ghignò Amara, pungolandolo fino a che non si fu seduto e restando con le dita della mano sinistra artigliate alla sua spalla, la destra che teneva stretta la daga ancora puntata alla schiena. «Lascia parlare il mio carico. Ma sia chiaro, il primo che lancia una palla di fuoco sulla mia nave verrà tagliato in pezzi talmente piccoli che nemmeno i migliori necromanti di Nevarra potrebbero ricomporre il puzzle.»

«Parla.» Concesse Garett, mordendosi forte la lingua per trattenersi, fino a sentire il sapore ferroso del sangue. «Ma non raccontarmi palle, avete fatto già abbastanza.»

Jowan sollevò una mano, facendo segno ad Amara di allontanarsi. La pirata schioccò la lingua sul palato ma si allontanò di mezzo passo, lasciando la presa sulla spalla di Garrett pur tenendo pronta la daga. Il mago del sangue attese qualche secondo, prendendo un altro respiro. «Ciò che è accaduto a Marian, o meglio quello che ha rischiato di capitarle, è stato uno dei motivi per cui sono tornato qui. Da solo.» Specificò, abbassando lo sguardo sulle mani giunte. «Geralt si è... allontanato da quello che ci eravamo inizialmente posti come obiettivo. La libertà dei maghi è quello che ci sta maggiormente a cuore, e siamo disposti a sacrificare e combattere fino alla fine per ottenerla, ma non a scapito di-» lo vide mordersi il labbro, la voce che si spezzava. «Non hai idea di come sia, il Tevinter. Ci raccontano solo storielle di paura per bambini, magister che praticano magia del sangue e schiavi in ogni luogo, ma non è che una favola della Chiesa per farci temere la magia e noi stessi.»

«Non venire a raccontarmi che è un paradiso per maghi, conosco storie di prima mano da qualcuno che è passato sotto le grinfie di uno di quei magister con cui vi siete alleati.» Ribattè Garrett, serrando la presa sul bracciolo della sedia e sentendolo incrinarsi.

Con sua sorpresa, Jowan scosse il capo. «Non ho mai visto un luogo così bello, Garrett. I Giardini di Madras alla sera brillano come pietre preziose, e interi edifici vecchi di mille anni si reggono sospesi solo grazie alla magia, la biblioteca di Minrathous potrebbe contenere tutte quelle dei Circoli del Sud solo in una delle sue spire.» Si voltò appena verso la vetrata, come perso nel ricordo. «Cercavamo conoscenza per un nobile scopo, e invece siamo finiti invischiati in orrori che non sono in grado neppure di comprendere appieno. Geralt non ha mai avuto paura di niente ma nessun uomo, neppure il più potente dei maghi, dovrebbe avere a che fare con quelle cose. Per anni ho pensato che la Chiesa ci riempisse la testa di sciocchezze e paure senza fondamento, ma se il Creatore davvero ci ha fatto dono della magia, ci deve aver posto anche un limite oltre il quale non è saggio spingersi.»

Garrett si sentì rabbrividire. «Cosa è successo? Cosa sta facendo Geralt?»

Jowan socchiuse le palpebre, sfuggendo al suo sguardo indagatore. «È perso in un ricordo. Alcuni magistri hanno un orgoglio talmente smisurato da credere di poter ottenere l'impossibile, e lui è disposto a mettere da parte la sua coscienza pur di averne una parte.» Quando risollevò il volto, aveva gli occhi lucidi. «Ho cercato di farlo tornare sui suoi passi, ma non mi ha ascoltato. Siamo andati nel Tevinter per cercare un aiuto nel liberare i maghi del Thedas, non per elevare solo i meritevoli e rendere tutti gli altri schiavi o burattini nelle mani dei pochi che deterranno il potere. Magister Krisafi non si cura minimamente della nostra causa, ha visto in Geralt un'occasione di sfruttarne le abilità, nient'altro. Io non ero all'altezza,» si concesse un sorriso triste «non lo sono mai stato, eppure ho cercato di spiegargli che non ne valeva la pena, che non avrebbe dovuto...» Scosse il capo, deglutendo vistosamente. «Quello non era lui, e ciò su cui stanno lavorando non è la nostra missione, non è ciò che abbiamo sempre sognato da quando eravamo bambini. Sono tornato per fare la mia parte, per cercare di sistemare le cose.» Si sollevò in piedi, e per la prima volta Garrett rimase senza parole, guardandolo avvicinarsi di fronte a lui e inginocchiarsi sul tappeto, il capo chino. «Hai ragione a volere la mia testa, anche io vorrei uccidere chiunque minacciasse le persone a me care. Ma l'uomo che amo sembra essersi smarrito nei suoi rimorsi e io non posso seguirlo, quindi permettimi di aiutare come avrei dovuto.» Rialzò il capo, afferrandogli una mano tremante. «Abbiamo sbagliato, ora lo so. Non servirà a nulla fargli avere paura di noi, ho visto cosa può fare il potere, vederli tremare ci porterà soltanto a voler essere più forti, a schiacciarli fino a che non perderemo noi stessi. E ci sono persone che non lo meritano, persone che verrebbero trascinate giù con tutti gli altri, solo perché non hanno il Dono, perché non sono mai stati abbastanza forti, o obbedienti.» Strinse la presa, e Garrett avvertì un fremito di magia percorrergli debolmente il braccio, dalle dita alla spalla, mentre Jowan puntava gli occhi nei suoi. «Dobbiamo convincerli che darci la libertà conviene a tutti, non costringerli. Altrimenti finirà solo in un bagno di sangue in cui affogheremo tutti.»

Garrett cercò di ribattere, un nodo alla gola che gli rendeva difficile parlare. «Nemmeno due anni nel Tevinter, e hai improvvisamente sviluppato una coscienza?» Tirò indietro la mano, liberandosi dalla presa dell'altro. «Abbiamo cercato di farvelo capire, anni fa, ma eravate davvero sicuri che quel bagno di sangue sarebbe servito, che fosse l'unico modo per avere la nostra libertà anche a costo di ammazzarli tutti, colpevoli e innocenti.»

Jowan annuì, le spalle curve. «Lo so. Abbiamo sbagliato.»

Garrett si alzò in piedi di scatto, non riuscendo a sostenere la vista del mago a terra, implorante. Non dopo quello che avevano fatto. Non dopo tutti quei morti ai Satinalia, i casini che ne erano seguiti, la paranoia di Meredith che aveva stretto la città in una morsa di terrore. Non dopo il rapimento di Marian e Fenris ad opera di Danarius. «Non basta chiedere scusa. Non è così semplice, non puoi spuntare all'improvviso e chiedere un'altra possibilità per-» assestò un pugno alla parete, il legno che scricchiolava, sollevando un'imprecazione e una minaccia da parte della pirata che non aveva mai rinfoderato l'arma. Garrett prese un respiro profondo, poi un altro, cercando di calmarsi, di pensare a quale fosse la scelta giusta, cosa avrebbe aiutato di più la loro causa.

Non importava quello che lui avrebbe voluto fare, come una vocina nella sua testa gli sussurrasse di uccidere quell'uomo, artigli che graffiavano dietro lo sterno e un fuoco di pura rabbia ruggisse nel suo stomaco, c'era in ballo molto più che la sua vendetta personale, che una giustizia in nome di una manciata di persone.

“Giustizia”, se Anders lo fosse venuto a sapere, Jowan sarebbe morto. Avrebbero perso il sostegno del Carta? Giù ad Orzammar molto probabilmente sapevano già che i due avevano preso strade diverse, quanto poteva tirare la corda prima che scegliessero tra una manciata di maghi sovversivi e con poche possibilità di vittoria, e un traffico proficuo e stabile con l'Imperium?

Appoggiò la fronte contro il vetro fresco, inspirando, espirando, inspirando di nuovo.

«Cambierà qualcosa nel sostegno che il Carta ci ha assicurato, ora che Geralt non è più dei nostri?» Chiese, la voce piatta.

«No. Non se n'è andato, mi ha semplicemente ceduto il comando delle operazioni qui a Sud.»

Garrett contò un altro respiro. «Niente più stragi.» Si voltò verso il mago ancora a terra, facendo un passo verso di lui. «Niente più azioni avventate.» Lo fronteggiò dall'alto in basso, evocando una nuova scarica di pura energia a danzargli lungo tutto il braccio destro, illuminando la stanza a giorno. «Niente più sangue innocente.»

Jowan annuì. «Decideremo insieme tutti i prossimi passi.» Si rimise in piedi, lentamente, guardingo. «Hai fatto un ottimo lavoro, nonostante le difficoltà che hai dovuto superare, ammetto anche per colpa nostra. Ma ti abbiamo pure fornito aiuto, contatti, nuovi sostenitori che senza me, Geralt e Vanya, non avreste avuto.» Si zittì mordendosi di nuovo il labbro inferiore, scuotendo il capo. «Non sono mai stato un capo, ho sempre seguito persone più carismatiche di me, più potenti di me. So che questa guerra non posso vincerla da solo, Garrett, e non puoi vincerla nemmeno tu soltanto con le tue forze, come non può farlo Anders. Insieme, con una via di mezzo, forse è possibile.»

Garrett si ritrovò a maledire il Creatore per quella situazione. Si sforzò di tendere la mano a Jowan, frenando l'energia magica e ignorando la sensazione di rigetto che gli provocò stringere quelle mani pregne di sangue, cercando di focalizzarsi sull'immagine di tutti i maghi che avrebbero giovato da quell'alleanza ristabilita. La Resistenza si era frammentata, era tempo che tornasse unita. «Insieme.»

Il capitano Amara si esibì in un grugnito infastidito, rompendo il silenzio teso che si era creato. «Era ora, stavo per commuovermi. O vomitare, una delle due cose, siete patetici quanto un drammaturgo Orlesiano.» Battè tre volte il pugno sulla porta e il grosso Tal-Vashot, che era rimasto lì per tutto il tempo, spalancò i battenti lasciando entrare la luce del giorno. «Tu, maga, puoi portartelo via, ne ho talmente pieni i coglioni delle vostre beghe che mi è persino passata la voglia di parlare di affari.» Lanciò una smorfia in direzione di Garrett, scacciandolo con un gesto della mano. «Domani verrò io ai tuoi uffici, Hawke, ora voglio trovare una bettola degna di me e sfogare tutta questa tensione. Quanto a te, un consiglio...» si rivolse poi a Jowan, schioccando la lingua e arricciando il naso «fai qualcosa per quel cuore infranto, non si vince un cazzo a guardarsi alle spalle mentre a prua infuria la tempesta.»

Si sistemò il cappello con uno svolazzo di piume scarlatte, allontanandosi a grandi passi verso la passerella e scendendo agilmente sul molo senza degnarli di un secondo sguardo.

Il Tal-Vashot, Saariss, si rivolse ad una donna accanto a lui, avvolta in un pesante mantello da viaggio. «È ora di scendere, signorina. Buon rientro in gabbia.»

Garrett si voltò verso di lei, incuriosito.

Quella fece loro segno di abbandonare la nave, prendendo poi la parola. «Non mi riconosci, immagino, ma io mi ricordo benissimo di te, Hawke.» Sorrise, vedendolo che reagiva al suo accento del Ferelden. «Mi allungasti un paio di monete qualche anno fa, prima che io decidessi di farmi rinchiudere alla Forca.»

Non ricordava di aver fatto uscire qualcuno come lei dal Circolo di Kirkwall, men che meno di averle dato dei soldi tempo prima. «Mi dispiace, ma non me lo ricordo... ti sei unita alla Resistenza, quindi? Sei scappata dalla Forca?»

«Mi chiamo Evelina. Facevo parte della Resistenza ben prima di entrare nella Forca.» Fece un cenno verso Jowan, come a chiedergli il permesso di parlare. L'altro si limitò ad annuire, lo sguardo puntato altrove. «Ero a Kinloch Hold durante il Quinto Flagello, sono tra i pochi che sono riusciti ad evadere in quel periodo. Conoscevo abbastanza bene Jowan e Geralt da riconoscerli, quando li ho visti a Kirkwall, e seguire il loro piano quando mi dissero di avere bisogno di una spia fidata alla Forca.» Si passò una mano tra i capelli castani, fermandosi una ciocca dietro l'orecchio. «Quando ho saputo che stava rientrando nei Liberi Confini, sono uscita per metterlo personalmente al corrente di alcune cose, prima di riferirle al resto della Resistenza.»

«Ora non ci sono più fazioni distinte, abbiamo un nuovo accordo.» Ribattè secco Garrett.

Evelina cercò nuovamente lo sguardo di Jowan, e nei suoi occhi gli parve per un attimo di leggere preoccupazione. «Lo so. Per questo mi sono esposta, niente più segreti.» Allungò il passo per precederli, infilandosi in uno dei vicoli del porto. «Come ho raccontato a Jowan, c'è la possibilità che parecchi templari ci appoggino se detronizziamo Meredith dall'interno.»

«I templari?» Ripetè Garrett. «Gli stessi templari che avete cercato di rendere burattini posseduti dai demoni sotto il vostro controllo?»

«Te l'ho detto, le cose sono cambiate.» Disse Jowan, sollevandosi il colletto della giacca a nascondere il volto, guardandosi attorno con aria tesa. «Mi sono messo in contatto con alcune delle nostre vecchie conoscenze, vicine alla Divina. Non hanno ancora inviato una risposta, ma sono fiducioso che nemmeno loro vogliano spargere altro sangue. Non condividono le idee estremiste di Meredith e quelli come lei, anche se nella Chiesa sono a malapena una manciata a non seguirle.»

«E non sono in pochi i templari all'interno della Forca che vedrebbero di buon occhio l'ascesa di una nuova Comandante del Circolo di Kirkwall, per non parlare dei maghi che finalmente potrebbero prendere respiro e smettere di temere per la propria vita ad ogni passo.» Aggiunse Evelina.

«Come mai, se c'è tutta questa gente dalla nostra, vengo a saperlo solo ora?» Chiese scettico, appoggiandosi al muro e fronteggiandoli.

Evelina e Jowan si scambiarono uno sguardo d'intesa.

«Il gruppo ha preso forma solo negli ultimi due o tre mesi, ma l'idea è nata contemporaneamente in seno a maghi e templari su alla Forca.» Spiegò Evelina. «Alcuni di noi ovviamente non si fidano però dei templari, e alcuni templari non si fidano del tutto di noi. Anders non accetterà mai di lavorare al loro fianco, lo sai bene, non senza una buona parola da parte tua.»

«Mi stai chiedendo di convincerlo a considerare l'ipotesi di una... convivenza? Nel Circolo, immagino, non credo che il nuovo Comandante della Forca, chiunque sarà, sia disposto ad andare contro tutta la Chiesa e liberare i loro prigionieri.»

«Tua sorella preferirebbe probabilmente il termine “protetti”.» Lo corresse la donna.

Garrett rimase un attimo confuso. «Cosa c'entra-» aprì la bocca per un secondo, richiudendola di scatto. «Mia sorella fa parte di questa cosa?»

Evelina scosse il capo. «No, non con tutti gli occhi puntati addosso e Meredith pronta a redarguirla per ogni passo falso, ma tutti i suoi colleghi che si sono messi in contatto con noi la vedono come un punto di riferimento. L'unica che si sia esposta pubblicamente a favore di un mago, mettendo a rischio la sua vita. Come hai fatto tu, d'altronde, salvando la sua nello scontro con l'Arishok.»

«I Templari non sono al corrente di tutto quello che accade tra le nostre file.» Si intromise Jowan a voce bassa. «Evelina e Grace si sono messe in contatto con Adaar, che tramite Stök ha sparso la voce di una possibile alleanza. Mi sono attardato ad Antiva a scambiare qualche parola con qualcuno che conosce bene la mano sinistra della Divina, per portarle la nostra offerta di pace, almeno per il momento. Se la Forca diventasse un nuovo modello di Circolo, in cui i maghi possono finalmente sentirsi liberi e al contempo tenuti al sicuro dai Templari, non minacciati e puniti ingiustamente, potremmo porre delle nuove basi di fiducia per chiedere più libertà, e la Divina sarebbe in grado di difendere la nostra causa con delle prove solide.»

Garrett rimase ad ascoltare, dovendo ammettere che sembravano buone idee. Scosse il capo, grattandosi pensoso la barba. «Forse vuoi davvero sistemare le cose, te lo concedo.» Sospirò passandosi una mano tra i capelli. «D'accordo, parlerò con Anders, ma devi stare lontano da lui. Non posso garantire che non cercherà di ucciderti, anche se proverò a convincerlo di darti una seconda possibilità è meglio che non ti veda prima. E voglio parlare con tutti, o almeno tutti quelli che contano in questa nuova impresa.»

Evelina annuì. «Io manco da un po' alla Forca, non potrò uscire di nuovo senza destare ulteriori sospetti, ma gli altri ci saranno. Tra tre giorni alla vecchia fonderia dei Mander, quel posto è disabitato da secoli e lo gestisce la Cerchia, è sicuro.»

Garrett stava per andarsene, quando Jowan lo afferrò per la manica, trattenendolo.

«Grazie.» Gli disse l'altro, semplicemente.

«Non lo faccio per te.» Ribattè lui, liberandosi con uno strattone. «Vorrei vederti morto, e Geralt subito dopo, ma hai ragione, da soli non potremmo farcela. Però non è altro che questo, avete toccato la mia famiglia ed è una cosa che non posso perdonarvi.»

Jowan chinò leggermente il capo. «Lo capisco. Ti ringrazio per essere il più razionale tra noi.»

Garrett voltò loro le spalle, un'imprecazione sulla punta della lingua che dovette costringersi ad ingoiare. Sarebbe stato difficile convincere Anders a non uccidere l'altro a vista, ma ancora di più tenere a bada Giustizia.



 

Trovò Anders alla Clinica, intento a pestare delle erbe fino a ridurle in polvere per poi metterle in alcuni piccoli sacchetti di stoffa, pronte per essere consegnate a chi di dovere.

Entrando nella stanza, dovette scostare parecchi mazzetti appesi alle travi del soffitto basso prima di raggiungere il compagno, immerso nel suo lavoro al punto da quasi non rispondere al saluto che gli rivolse.

«Hai intenzione di raccogliere abbastanza erbe per i prossimi dieci anni?» Gli chiese con una punta di divertimento, indicando con un cenno i molteplici sacchettini già riempiti di fianco al Guaritore.

Anders scosse il capo. «Siamo stati fortunati a trovarne così tante, anche se non è stato facile, ma la Clinica potrebbe averne bisogno in futuro, e io potrei non essere sempre qui a-» si zittì a metà della frase, scuotendo il capo. Alcune ciocche di capelli erano sfuggite dal nastro con i quali li aveva legati, e ora gli ricadevano lunghi sulle spalle. «Com'è andata con Charade?»

«Bene, è sveglia e sono sempre più convinto che sia stata una fortuna conoscerla... lei e gli amici di Jenny la Rossa potrebbero esserci parecchio di aiuto, oltretutto.» Rispose Garrett, avvicinandosi a lui e scostandogli una ciocca dagli occhi. «Ma non è di Charade che volevo parlarti, altrimenti avrei aspettato la cena... puoi fare una pausa?»

L'altro sembrò sul punto di rifiutare ma poi acconsentì con un sospiro stanco, accomodandosi al tavolo di fronte al poco spazio rimasto libero dalle erbe. «Di che si tratta, stavolta?»

Garrett recuperò da un armadietto a muro due tazze e una teiera in ghisa, riempendola e scaldando l'acqua con un piccolo incantesimo. Rovistò alla ricerca delle foglie di tè che cercava, la miscela preferita di Anders, per poi versarle nell'acqua già bollente.

«Ho ricevuto una visita bizzarra, al porto.» Non sapeva come iniziare, si sarebbe infuriato in ogni caso. «Amara, il capitano della nave pirata Tiamat, con la quale Varric mi aveva messo in contatto per i nostri affari nel mare del nord, non è venuta da sola. E non abbiamo parlato di affari, almeno non per quanto riguarda la Harvent-Hawke.» Si grattò il mento, mentre aspettava che l'acqua nella teiera diventasse di un bel colore ambrato. «Ho bisogno che tu ti fidi di me, però, e che mi lasci spiegare.»

«La smetti di fare il misterioso? Riconosco quel tono, so che tanto non mi piacerà.» Lo spronò Anders, incrociando le braccia al petto mentre si appoggiava allo schienale della sedia.

«Si tratta di Jowan.»

Lo scoppio di energia non lo sorprese, già pronto a scattare in avanti e fermare Giustizia dal far esplodere la Clinica e mezza Città Oscura con essa, afferrando il compagno per le spalle, cercando di assorbire la sua energia magica invece che bloccarla, come aveva imparato a fare negli anni. Se lo spirito che possedeva Anders non si trovava di fronte una barriera, ma qualcosa o qualcuno che riuscisse ad incanalare un po' della sua rabbia, diventata più facile per il guaritore riprendere il controllo sulla propria mente.

«Quell'assassino mago del sangue avrà quello che si merita!» Ringhiò lo spirito, ma già la luce accecante che gli illuminava gli occhi andava scemando. «Giustizia sarà-» Anders si accasciò tra le sue braccia con un gemito di dolore, portandosi le dita alle tempie.

Garrett mise una mano sulla sua, avvicinandolo al petto e stringendolo per qualche secondo, aspettando che il respiro dell'altro si regolarizzasse. «Lo so che meriterebbe la morte.» Sussurrò appena, accarezzandogli i capelli. «Ma sembrava pentito, e non stiamo facendo tutto questo per noi e la nostra vendetta, ricordi? Dobbiamo aiutare i maghi di tutto il Thedas, Anders, e non possiamo farcela da soli.»

Dopo qualche lungo istante, lo sentì annuire. Il guaritore si allontanò un poco, prendendo un respiro profondo e riaprendo gli occhi. «Come fai a dire che sembrava pentito? È un verme bugiardo.»

Gli si sedette accanto, senza lasciargli la mano. «Mi si è buttato ai piedi implorando un'altra possibilità, sembrava sincero. Ha lasciato Geralt nel Tevinter, non so cosa sia successo di preciso tra loro, ma Jowan ha detto di non condividere quello che sta facendo coi magister, che ha visto di cosa sono capaci e ne ha avuto paura. Sembrava tornato sui suoi passi, ha parlato di dialogo, di aver contattato qualcuno di vicino alla Divina per riuscire a trovare un punto d'incontro senza altri spargimenti di sangue.» Di certo non si aspettava che l'altro ci credesse immediatamente, ma l'occhiata di puro odio che riaccese lo sguardo del compagno lo lasciò spiazzato.

«“Dialogo”?» Ripetè Anders a denti stretti, ritraendo la mano. «Prima ci condanna ad essere perseguitati come terroristi e spregiudicati assassini, e poi torna con la coda tra le gambe a parlare di dialogo? L'abbiamo persa da tempo la possibilità di un dialogo, lo sai benissimo!» Si alzò in piedi, il Velo che era tornato a farsi sottilissimo, negli occhi una luce minacciosa. Nella sua voce poteva chiaramente sentire il tono basso e furente di Giustizia. «Nemmeno la Divina in persona potrebbe mettersi in mezzo per chiedere una tregua, ormai, ed è anche per colpa loro!»

Garrett si sforzò di mantenere la calma per entrambi. «Possiamo ancora tentare, invece.» Insistette, stringendo le mani a pugno. «Per colpa loro siamo finiti nella merda, hai ragione, ma se si è messo davvero in contatto con la Divina e riuscissimo a instaurare un dialogo-»

«Non esiste alcun dialogo!» Urlò l'altro, e stavolta Garrett non fu più in grado di distinguere il compagno dallo spirito infuriato. «Non vogliono il dialogo, vogliono soltanto una scusa per ucciderci tutti, e quei due non hanno fatto altro che fornirgliene

«Anders!» Si ritrovò anche lui ad alzare la voce, sperando di fare breccia. «Persino i templari sembrano volere una accordo, invece, se solo provassi ad ascoltarmi invece che-» la fitta alle tempie arrivò inaspettata, violenta, e si ritrovò spinto all'indietro e a terra senza nemmeno essersi reso conto come. Alzò lo sguardo sull'altro, completamente trasfigurato da Giustizia.

«I templari sono nostri nemici.» Ringhiò quello, i mazzi di erbe appese al soffitto che si agitavano come mosse dal vento, il terreno che tremava sotto i loro piedi. «E la Chiesa complice dei loro crimini.» Avanzò di un passo verso di lui, trasfigurato. «La Giustizia non dialoga con i colpevoli!»

Garrett si rimise in piedi a fatica, fronteggiandolo, consapevole che se Giustizia avesse deciso di toglierlo di mezzo una volta per tutte non sarebbe stato in grado di fermarlo. «Anders, ascoltami. Non è vero, e lo sai anche tu, c'è sempre speranza!» Inspirò a fondo, pregando il Creatore o chiunque altro potesse aiutarlo. «Lo so che hai sofferto, e come te tutti gli altri maghi nei Circoli, ma abbiamo la possibilità di cambiare le cose e il dovere di non metterli ulteriormente a rischio.» Fece per afferrargli la mano, ma l'altro si ritrasse di scatto. «Se non cerchiamo un dialogo, ci massacreranno. L'hanno già fatto, sai che possono farlo. Una Santa Marcia su Kirkwall e la Resistenza verrà spazzata via, non siamo abbastanza forti, né abbastanza uniti, per sopravvivere.»

«E la tua soluzione sarebbe allearci con i nostri oppressori, o con dei criminali che fanno patti coi demoni?» Ribattè Giustizia, sollevando una mano di fronte a sé.

Poteva sentire il mana turbinare sul palmo della mano dell'altro, e dovette combattere con l'istinto di indietreggiare, ma Garrett si costrinse a rimanere dov'era. «Non possiamo combatterli tutti, Anders. Però possiamo scegliere le nostre battaglie.» Fece un passo in avanti. «Non tutti i templari sono aguzzini senza scrupoli, in molti hanno maghi in famiglia o sono sensibili alla nostra causa. Lo so per certo, si sono alleati coi maghi del Circolo e della Resistenza, persino alcuni dei Risolutori sono disposti ad una tregua temporanea, in modo da detronizzare Meredith.» Un altro passo, e la mano del compagno premette sul suo petto. Strinse i denti, soffocando un gemito di dolore quando avvertì una forte fitta all'altezza dello sterno, ma non indietreggiò. «È lei il nemico di cui dobbiamo preoccuparci, lei e la sua cerchia. Se la togliamo di mezzo, la Forca potrebbe diventare un ponte tra noi e loro, potremmo collaborare per la libertà dei maghi.»

«La libertà dei maghi potremo ottenerla solo dopo che avremo ucciso anche l'ultimo templare!»

«Questo non sei tu a parlare, Anders, ma la tua vendetta!» Gli afferrò il polso, costringendo il mana a fluire tra loro, serrando la mascella quando il dolore andò ad intensificarsi. «Lascia che te lo dimostri. Ti chiedo di fidarti di me, non di loro. Ti prego.» Sentiva il sapore ferroso del sangue in bocca, ma non mollò la presa finché il suo sguardo non incontrò gli occhi color miele dell'uomo che amava.

Anders si voltò di lato, abbassando il capo e incurvando le spalle, sconfitto, il respiro spezzato.

Garrett gli strinse la mano tra le sue, aspettando in silenzio.

«Come fai ad esserne sicuro?» Sussurrò l'altro, con un filo di voce. «Che non sia soltanto una trappola?»

«Ho speranza.» Rispose semplicemente Garrett, stringendo la presa. «Che il mondo non sia un posto orribile come vogliono farci credere, che siano in tanti a voler fare di meglio. E che si possa ottenerlo senza trasformare la nostra lotta in un bagno di sangue. Abbiamo cambiato questo posto, piano piano, persona dopo persona, dimostrando che persino i peggiori criminali e poveracci della Città Oscura sanno collaborare nel momento del bisogno, mettendo da parte le proprie differenze. Nella Resistenza abbiamo ricevuto l'aiuto e il supporto di nani, elfi, rifugiati, gente comune e nobili, di Tal-Vashot, di eretici abituati a fuggire da tutta una vita e di Primi Incantatori nei loro Circoli.» Fece una pausa, prendendo un respiro e lasciando che le sue parole facessero presa. «Riusciremo a cambiare le cose, Anders, te lo prometto.»

Il guaritore scosse il capo, senza ricambiare la stretta ma nemmeno ritrarsi. «Non riesco più a condividere il tuo ottimismo, amore mio. Vorrei, credimi, ma non ce la faccio.»

Colmò la distanza tra loro, stringendolo tra le braccia e sentendolo terribilmente fragile nonostante fino a qualche istante prima fosse capace di farlo a pezzi. «Farò tutto quello che posso per mostrartelo, allora. A partire da questo incontro.»




























Note dell'autrice: chi si aspettava la ricomparsa di Jowan? Non certo Garrett. Un vero peccato che qualsiasi cosa sia successa e stia accadendo nel mentre in Tevinter abbia fatto allontanare persino Geralt e Jowan, ma almeno la Resistenza ora sembra essere su un'unico fronte unito... per ora. 
Il cambio radicale di Evelina dal canon a qui è dato dal fatto che i suoi bambini stanno bene e sono stati accolti in un orfanotrofio della Chiesa con gente che si prenda cura di lei, per questo non ha motivo di cedere ai demoni. Anche se ha qualche asso nella manica ed era invischiata nella Resistenza con Geralt e Jowan da un bel po', spiando per tutto il tempo tra i ranghi dei templari di Meredith. 
Nel prossimo capitolo compariranno altre vecchie conoscenze! 

A presto! :D 

  
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