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Autore: Aqua Keta    17/12/2020    8 recensioni
Forse il destino è già scritto ma con ostinazione e coraggio lo si può cambiare e tornare a vita nuova. Esiste un tempo per soffrire ma esiste anche un tempo per la ricompensa della gioia
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Che cosa vuoi ancora da me? Lasciami perdere. Non vedi? Non sono nemmeno capace di diventare madre” - quel corpicino immobile, cianotico, a pochi centimetri da lei  -“Guardami. Guarda quanto sono inutile a te e a me stessa”
Tentò di allungare una mano per toccare quella creatura  –“ Può succedere …”- azzardò –“… non hai alcuna colpa … vedrai che …”
“Vedrai cosa?!”- sbottò con le lacrime agli occhi – “Vattene!!”
Il sangue sulle mani, fra le gambe di Oscar e nessun vagito.
Volse il capo su un lato priva di forze, stremata per il parto, tremante per il freddo.
“Perché questo accanimento del destino? “- un sussurro tra le labbra –“portalo via, non voglio vederlo!!”
“Oscar …”- le mani tremanti.
“Vattene, vattene!”- raccogliendo le ginocchia al petto.
“Oscar no!!!!”
Sedette sul letto, madido di sudore. Il volto sbiancato. I battiti accelerati –“Oscar”- mormorò – “cosa ti è successo?”
Andrè lasciò ricadere le gambe lateralmente, poggiando i piedi a terra. La testa tra le mani, gli occhi stretti nel tentativo di ingoiare quell’ennesimo incubo – “Se non ti troverò ne uscirò pazzo. …. Amore mio. Spero di cuore tu stia bene e che non sia accaduto nulla al nostro bambino”.
 
Gli occhi sgranati. Sollevò appena la testa nel tentativo di cercare il volto della giovane – “Leah, parla … ti prego. Dì qualcosa. Perché non piange?”
Il terrore stampato sul volto. Allungò le mani sul corpicino del piccolo sciogliendolo da quel giro di cordone ombelicale attorno il collo.
Non ricevendo risposta si fece forza sui gomiti per riuscire a vedere tra le sue gambe. Deglutì. La bocca spalancata, incredula. Il cuore pulsarle in gola in quegli istanti di tempo sospeso nell’angoscia. Gli occhi puntati sulle mani, le mani della sua oramai lontana rivale, delicate nel cancellare in poche mosse la paura che quella vita se ne andasse.
Leah  inumidì una pezza e lo ripulì. Le parve riacquistasse lentamente colore. Si chinò allora sul quel piccolo torace posando l’orecchio in ascolto. Il respiro leggero sfiorarle il volto. E quel cuoricino battere con forza.
Poi un vagito, energico irruppe nel capanno.
Un largo sorriso le illuminò il volto.
Oscar tirò un sospiro e rimase in attesa coricandosi nuovamente, gli occhi lucidi.
La giovane recise il cordone. Ultimò di pulirlo, lo avvolse in un telo di lino e nel suo scialle. Avvicinatasi ad Oscar glielo mise tra le braccia – “Guardate che splendida creatura che avete dato alla luce. E’ una bellissima bambina”
Tremante, gli occhi traboccanti di lacrime. Guardò quel fagottino così piccolo. Il capo ricoperto di una peluria bionda, le bocca di un rosa incredibilmente acceso, socchiusa. Allungò un dito e questa di riflesso lo strinse. Le sfiorò la testa con un tenerissimo bacio strofinando appena la guancia su quel biondo dorato.
La sua creatura. La sua splendida e tanto desiderata creatura. Il cuore esplodere dalla gioia. “Andrè, amore mio. Questa è nostra figlia”- sussurrò senza staccarle gli occhi di dosso.
Leah sedette accanto emozionata.
“Grazie”- le disse.
Sorrise commossa –“E meraviglioso ciò che avete fatto”- guardando madre e figlia quasi estasiata – “E’ bellissima, un incanto”- scostò appena lo scialle per vederla nuovamente - “Provate ad attaccarla al seno”
Oscar avvampò impacciata.
“Aspettate …  scopritevi un po’ di più … ecco, avvicinate la piccola”
Sentì quelle piccole e sottili labbra aderire e la bocca tentare di suggere nutrimento.
Le passò il dorso di un dito sulla guancia ed ebbe quasi la sensazione che la piccola sorridesse.
“Credi che abbia già il latte?”- un po’ a disagio.
“Se la signorina resta attaccata e non piange direi che siete già a buon punto”
“Prenderesti per cortesia la mia sacca? Dentro dovresti trovare una maglia blu”
Rovistò trovando l’indumento –“Vorreste mettergliela?”
“Non ho altro che questo di Andrè”
“Dovremmo procurarci qualcosa da farle indossare” – alzatasi ravvivò il fuoco, ripulì e sistemò ai piedi di Oscar – “Avete una camicia pulita?”
“Si, certo”.
La piccola si addormentò sul suo seno.
“Guardate … ho trovato questa tinozza” – la pose accanto al camino e la riempì d’acqua calda –“ecco, così vi potete sciacquare”
La mise fra le braccia di Leah e piano piano si alzò.
La giovane sedette accanto al fuoco rimirando la creatura –“Come pensate di chiamarla?”
Inumidì una pezza e la passò su una gamba pensando in silenzio a quelle parole. Avrebbe tanto desiderato scegliere il nome con Andrè. Rammentò non ne avessero mai parlato.
L’acqua calda la fece rabbrividire piacevolmente. Sollevato lo sguardo lo rivolse alla bambina avvolta nello scialle –“Madeleine … come la madre di Andrè”
 
“Non vi darò più l’ombra di un quattrino. Lurida canaglia. Faccio io, ci penso io, io posso, io so …. Siete una nullità!- grugnì.
“Badate”- il tono minaccioso sfilando da sotto il mantello uno stiletto –“tenete a freno quella lingua o farete la fine di altri”
“Non siete più in grado di incutermi alcun timore. Mi avete stancato. Trovate una soluzione quanto prima visto che ho anche un’altra faccenda da sbrigare. Morell è rinchiuso in gattabuia e temo che riescano a smuovergli la lingua in una maniera o nell’altra”- camminando nervosamente per la stanza.
“Non credo abbiate di cui preoccuparvi. Il problema è già stato risolto!”
Bouillè alzò gli occhi –“Che dite sciagura vivente?”
“Morell non vi darà filo da torcere. Ora organizzate solo il viaggio verso Bruges”
Comprese al volo il significato di quella conversazione –“Avreste almeno potuto parlarne prima … o no? “- sprofondando nella poltrona –“Voglio sapere quello che fate con i miei uomini”
“Quest’impiccio è risolto. Di cosa vi preoccupate?”
Sbuffò lisciandosi i baffi –“Trovate mia moglie!” – slacciò alcuni bottoni della giacca –“Mandate qualcuno in paese . Ho bisogno di una femmina … che parli poco … spero abbiate compreso”
L’ombra, sebbene disgustata, sghignazzò uscendo.
 
“No! Dimmi che non è vero!” – Andrè sconvolto. Possibile che nulla andasse liscio?
“Purtroppo è così. Questa mattina quando le guardie si sono recate da Morell lo hanno trovato morto. Pare sia stato avvelenato”
“Qualcuno ci spia, lo capite?”- Alain battè i pugni sulla scrivania di Bernard.
“Si, lo credo anche io – Mornay portò una mano alla fronte –“A meno che non fosse tutto organizzato ancora prima dell’arresto”
“Sono dell’idea che Bouillè non agisca da solo ma abbia una fitta rete di informatori, personaggi che gli coprono le spalle, anche qualcuno che pianifichi tutto nel minimo dettaglio”- Andrè livido di rabbia.
“Concordo, Non è possibile che sia in grado di gestire tutto questo da solo”-
“Rammentate che è una gran stratega militare”- osservò Jarjayes rivolgendosi a Vincent.
“Eppure sono certo che in qualche punto i suoi piani possano avere una falla”
“Voi non conoscete quell’uomo”- continuò il Generale.
“Voi invece si. Quindi dovreste essere al corrente delle sue debolezze”
“Quell’uomo non ne ha!”
“Impossibile! Tutti ne abbiamo. Chi più, chi meno. Lui non è certamente esentato. E comunque a starcene qui non risolviamo il problema”
“Decidete ciò che volete. Io mi metto in viaggio. Un castello ai piedi delle Alpi. Non mi importa quanto ci vorrà. Or ora stiamo solo perdendo tempo ed Oscar potrebbe essere in pericolo” – Andrè si alzò dalla sedia –“Scusate, ho bisogno di prendere una boccata d’aria”
Scese in strada amareggiato per come si stesse complicando sempre più la situazione e con il pensiero costante che fosse accaduto qualcosa al bambino e a lei. Gli incubi lo assillavano oramai ogni notte e, a suo parere, non erano che un campanello d’allarme. Chi, chi poteva dargli una mano a trovare Bouillè? Era come avere mani legate ed occhi bendati.
Basta! Troppe attese, troppi viaggi … troppo tutto!
Avrebbe trovato Oscar con o senza tutte quelle persone al seguito.
Per quanto il Generale e Mornay si prodigassero per riuscire nell’impresa, ora doveva contare solo sulle sue forze. Basta rimandare.
Bouillè avrebbe pagato tutto il male loro inferto.
Le parole di Madame Emilie erano quotidianamente un macigno sul cuore - “Non vedrai nascere tuo figlio”-
“Abbiamo potuto vivere e godere di momenti indimenticabili quest’ amore per quanto tempo? Due mesi? Due incredibili e magnifici mesi. E così dovrà essere il nostro futuro, Oscar. Ora che so che sei viva. Ti riporterò a casa con la nostra creature. Te lo giuro. Dovessi rinunciare alla mia vita per permettere tutto ciò. Ritornerai dai tuoi affetti”
Rientrò velocemente al giornale da Bernard –“Domattina mi metto in viaggio!”- convinto più che mai
“Andrè … mah …”- Jarjayes stupefatto.
“D’ora in poi si fa sul serio. Bisogna andare a colpo sicuro. I se e forse non aiutano le nostre ricerche. Certezze, solo certezze.”
“Sono con te!”. Alain gli diede una pacca sulla spalla.
“Signore”- rivolgendosi ad Augustin –“Tornate a Le Conquett. Tornate da Madame. Non abbiatemene, ma non credo che il vostro intervento  sarà di utilità incontrando Bouillè. Odia Oscar e di conseguenza anche voi e tutti i Jarjayes. Non ne caveremmo un ragno dal buco. Vi chiedo di tornare a casa” – poi rivolgendosi a Mornay –“Vincent, fate altrettanto. Il lavoro alla tenuta deve proseguire. Non potete assentarvi per così tanto tempo nonostante dei collaboratori possiate fidarvi totalmente. Lasciatemi solo un paio di uomini”
Lo fissò come un padre con un figlio. Quanta fermezza in quegli occhi. Una forza d’animo straordinaria, fuori dal comune. Inizialmente avrebbe voluto convincerlo per il contrario, poi  prevalse il buon senso. Quello era il suo volere –“D’accordo. Lascerò quattro dei ragazzi. Quando arriverete al castello avrete bisogno di rinforzi”
“No, Mornay …  basteranno due uomini. In pochi ci muoveremo più agevolmente”
“Verranno Armand e Gilles. Noi possiamo tornare alla locanda e rimetterci in strada per casa”- volgendosi al Generale.
“Andiamo a prendere la vostra roba. Stanotte vi fermerete da me”- suggerì Alain ad Andrè e gli altri due.
“Quanto ci vorrà per arrivare a Lione?”- Andrè impaziente e teso.
Augustin fece un paio di conti –“Tempo e strada permettendo non meno di otto, dieci giorni”
“Troppo”- mormorò tra i denti. Sono trascorsi oramai sei mesi … non siamo riusciti a prendere che un pugno di mosche. Quell’uomo ha studiato tutto nei minimi particolari. La morte di Morell ne è una dimostrazione. Sapeva! Si, sapeva che noi saremmo tornati a Parigi a cercarlo. E lui nel frattempo, mentre noi siamo in piena tempesta, lui segue tranquillo il suo progetto diabolico”-
Vincent  fissò il giovane.
“Ci sono momenti in cui perdo ogni speranza. Il destino continua ad accanirsi su di noi con quale scopo? Non riesco ad immaginare cosa possa aver fatto quell’uomo ad Oscar. Lo so. E’ forte e combattiva. Ma aspetta anche nostro figlio e questo potrebbe averla resa più vulnerabile. Dico potrebbe”- un brivido gli percorse la schiena –“Come stareste voi al pensiero che un essere immondo come Bouillè possa aver messo le mani sulla vostra futura moglie? Lo definirei qualcosa di abominevole. E quando la ritroveremo, non tutto avrà fine. Risulta sposata. Ottenere l’annullamento del matrimonio sarà impossibile. E non voglio nemmeno pensare che se non la trovassimo prima di portare a termine la gravidanza, quel maledetto potrebbe riconoscere il nascituro, imporgli il suo nome. No, non posso pensare che tutto possa terminare così”
“Andrè, questo è un argomento che affronteremo al momento opportuno. Ora dobbiamo pensare solo a trovarla”- nel tentativo di risollevargli il morale.
“Mornay, io non mi arrenderò con tanta facilità. Provo rabbia, solo un’infinita rabbia. Ho lottato una vita per quest’amore. E farò qualsiasi cosa per riprendermi ciò che mi appartiene”.
 
Previdente, Leah, aveva preparato una sacca con sole derrate alimentari: pane, formaggio, alcune patate, del riso, delle noci ed un piccolo involucro con della marmellata.
Mentre Oscar riempiva di sguardi amorevoli e carezze la sua bambina, la giovane preparò una zuppa.
“Tenete”- allungandole una ciotola – “Vi farà bene qualcosa di caldo”
Adagiò la piccola  sulla coperta  nella tinozza accanto a lei. Immerse il cucchiaio assaporandone un sorso.
Seduta di fronte la giovane fece altrettanto.
Si soffermò ad osservarla in quella quiete.
Il fuoco scoppiettare nel camino.
“Sei una brava persona …”- asserì guardandola.
Sollevò lo sguardo incrociando quegli occhi chiari come un pezzetto di cielo. Le guance le si colorarono d’imbarazzo – “Detto da voi … è un onore ed un piccolo traguardo”
Allungò una mano afferrandole la sua –“Torneremo a casa e tutto ricomincerà”
Si fece triste in volto – “Non credo che Alain …”
“Sono convinta che ti accoglierà a braccia aperte. Non esista altra ragazza che possa tenergli testa”
 
“Forza con quei carri, muovetevi!!”
“Avete forse intenzione di portare via tutto?”- domandò quell’uomo allibito per quanta masserizia fosse stata caricata.
“No, queste sono le cose più importanti”- continuando a seguire che tutto procedesse senza intoppi.
“Vedete di scegliere bene cosa lasciare …”
“Voi preoccupatevi di far bene il vostro lavoro. Siete ancora qui? Non dovreste cercare quelle due donne? Siete un vero salasso per me. Con quello che vi pago pretendo risultati. Mettetevi in strada. Avete perso fin troppo tempo. A quest’ora potrebbero già essere a Lione e se così fosse potremmo averle perse definitivamente”- irritato.
“Credo si siano fermate. Non so dove ma non penso siano riuscite  fare molta strada nelle condizioni in cui si trova la vostra consorte”
“Non le avete ancora ritrovate. Questo è un problema e a questo punto devo ritenerle molto più furbe di voi!”
Mugugnò dal nervoso. Mai nessuno si era mai permesso un affronto tale –“Mi auguro abbiate pensato ad una punizione esemplare senza ragionare con il vostro istinto mascolino”- il tono ironico.
“Non sono certo fatti vostri. Piuttosto, vi avevo detto di trovare una … sapete di che genere”
“Non è semplice come la volete voi. Bionda, alta, fisico asciutto … ”- sbuffò –“Le vostre fantasie sono perverse e disgustose”
“Mi piacerebbe rinchiudervi in una stanza con un paio di donzelle. Non sareste più così schizzinoso.”
“Le donne sono solo fonte di guai”- puntualizzò.
“Oh oh”- scoppiò a ridere –“ preferite fare da solo?”
“Questi discorsi mi danno solo il voltastomaco”- afferrò le briglie –“Non potreste accontentarvi della prima che riesco a rintracciarvi?”- montando a cavallo.
“Fate ciò che vi ho chiesto!!”
 
Rischiarono.
Si trattennero in quel capanno qualche giorno, giusto il tempo perché Oscar si riprendesse dalle fatiche del parto e fosse in grado con la piccola di rimettersi in cammino.
Piano piano iniziò ad acquisire consapevolezza di quella sua nuova vita, di essere divenuta madre e che d’ora in avanti tutto sarebbe stato completamente diverso. Aveva iniziato a comprendere quando fosse ora della poppata e quando quella del cambio.
“Avevi mai aiutato qualcuno a far nascere un bambino?”- accarezzando la sua Madeleine.
“Ho solo avuto occasione di vederlo fare un paio di volte …. Puro caso”- pelando un paio di patate.
Avvolse la sua piccola in una coperta e la ripose in quella culla improvvisata.
“Come vi sentite?”
“Bene.  Penso sinceramente che potremmo riprendere il viaggio. Siamo rimaste anche troppo. Non sfidiamo la sorte. Fino adesso ci è andata bene ma meglio non illudersi”
“Se vi sentite in forze possiamo partire anche domattina”
“Credo sia la cosa migliore da farsi. Quell’uomo è troppo furbo. Potrebbe aver seguito la strada verso Lione ma …. Vedrai. Se non ce ne andiamo potremmo trovarcelo qui all’improvviso”
“Non vorrete partire ora?”- preoccupata.
“No, non riusciremo ad attraversare il bosco con questo buio. Ma sarebbe il caso di farlo alle prime luci dell’alba”
“D’accordo”- versò il riso nella ciotola –“Ora pensiamo a mangiare”
La notte dovette svegliarsi per allattare la piccola. Nonostante tutto la mattina si alzò carica, pronta a ripartire.
“Ci voleva solo la pioggia”- Leah portò gli occhi al cielo fissando quelle nuvole scure e dense.
Oscar avvolse Madeleine nello scialle di lana della giovane. La strinse al petto coprendola con la mantella.
Sollevò il cappuccio.
La ragazza spense il fuoco ed afferrò le sacche –“Quasi mi spiace lasciare questo luogo”
“In effetti”- ridacchio Oscar –“Non siamo state poi così male. Ho avuto anche un’ottima cuoca”
“Diciamo che di quel poco che avevamo non ci è mancato nulla”- assecondandola.
“Coraggio. Mettiamoci in cammino”.
“E’ abbastanza coperta la piccola?”
“E’ tutto a posto. Forza. Andiamo”
E richiusero la porta.
La pioggia scrosciante.
Oscar e Leah si trovarono nel pieno di un  temporale. I tuoni a scuoterle fin dentro l’anima.
“Dobbiamo fermarci”- si volse guardando dietro si sé – “Come sta la piccola?”
Madeleine piangeva già da un po’ ininterrottamente.
“Deve avere fame ma non posso darle da mangiare prima di trovare riparo”- completamente fradicia.
“Se solo riuscissimo a capire dove siamo.”- una mano tesa all’altezza della fronte a scrutare in lontananza.
“Abbiamo percorso la strada dalla parte opposta di Lione. Non vorrei fossimo uscite dalla Francia”
“Dite sul serio?”
“Possibile. Abbiamo fatto veramente molta strada.”
La bambina continuava a strillare. Oscar posò il dorso della mano sulla fronte della piccola –“Leah, troviamo subito un riparo. Maddie ha la febbre”- preoccupata.
Continuarono sotto quel diluvio ancoro per diverso tempo. Poi finalmente –“Guardate!”- la giovane indicò verso l’orizzonte –“Sembrerebbe un convento”
“Affrettiamoci. La piccola scotta”- sempre più angustiata.
Raggiunsero velocemente quell’edificio severo e quasi angusto nella sua sobrietà ed immerso nel completo nulla di quella verde distesa.
“Ascoltate” – Leah si passò una mano sul viso per asciugarsi dall’acqua –“Dovete assolutamente fermarvi ed occuparvi della bambina. Io proseguirò. Non so bene quanto tempo ci impiegherò, ma devo raggiungere Parigi”- i capelli appiccicati al volto, gli abiti completamente inzuppati.
“Non dire sciocchezze. Sei fradicia quanto me. Ti prenderai un accidente”
“No Oscar. Ora siete al sicuro. Adesso è più importante avvisare Andrè che siete viva. Qui non avrete nulla di cui temere”- lucida e fredda nella sua decisione.
“E’ una pazzia!”
“Arriverò a destinazione e vi verranno a prendere. Fidatevi!”- bussò ripetutamente a quel portone.
“No… lo faremo assieme non appena …”
“Vi fidate di me?”
Gli sguardi si incrociarono. In due si fugge, in due si resta era stato il motto che le aveva spinte ad affrontare a testa alta il destino, assieme, contando l’una sull’altra, sorreggendosi in ogni istante e condividendo quel momento magico e straordinario della venuta al mondo di una nuova creatura.
Annuì –“Mi fido!”- quelle parole pronunciate dalle sue labbra senza dubbi, senza incertezze. La sua mano scoprì leggermente il volto di Madeleine. Un bacio. Le sfiorò il capo –“Che Dio vi assista!”- sollevando gli occhi verso Oscar.
Dall’interno dell’edificio si udì una voce – “Chi siete? Cosa volete?”
Verso la giovane –“Vai!!”- annuendo.
Lanciò un’ultima occhiata a madre e figlia e prese a correre sotto la pioggia per allontanarsi il più possibile.
La vide sparire nel verde –“In bocca al lupo … amica mia”
La finestrella posta al centro del portone si aprì.
“Vi prego, aiutatemi. Mia figlia sta molto male”
 
Si avvicinò e sedette sui gradini al suo fianco.
“Credevo fossi partita con i tuoi fratelli”- la schiena contro la porta, gli occhi rivolti ad un insolito cielo sereno e stellato.
“Il prossimo imbarco è per metà settimana. Non mi avrai più tra i piedi”- le braccia sulle ginocchia, il capo appoggiato all’uscio.
“Tu non sei mai stata tra i piedi. Non dire assurdità”- la riprese.
Rimase in silenzio a fissare quelle stelle luccicare –“Du Mont mi ha detto che hai lasciato i Soldati della Guardia definitivamente …”
“Si. Meglio così. Ho altre faccende a cui pensare”- passò una mano tra i capelli –“Mi sei mancata”- mormorò.
“Non ti sono mancata … ti è mancato ben altro”- lanciando un sasso.
Alain scoppiò in una fragorosa risata –“Yvy … sei veramente unica. Credo non esista donna al mondo che possa conoscermi così bene”
“Non pensare di convincermi …”
“Cosa saresti venuta a fare allora?”- si volse a fissarla –“Non puoi starmi lontana vero? Sii sincera”
“Lo sono sempre stata e lo sai bene”
“Ed allora dimmi. Perché sei qui?”
“Per dirti addio”- senza degnarlo di uno sguardo.
“Ah ah”- rise nuovamente –“Sei convinta di quello che dici?”
Incrociò improvvisamente quegli occhi cerulei.
Yvy  avvicinò il volto a quello di Alain. Le labbra morbide. Un bacio semplice eppure intriso di tanta dolcezza e tristezza allo stesso tempo.
Si staccò da lui lentamente – “Non ci saremmo dovuti incontrare. Avremmo dovuto lasciare le cose come stavano.”- si alzò e gli accarezzò una guancia –“Trovala e sii felice. Non lasciartela mai più sfuggire perché non ne troverai un’altra che la possa sostituire”- gli sorrise – “Addio Alain”
La vide allontanarsi senza voltarsi una sola volta.
Un lungo sospiro seguendo quella sagoma fino a scomparire in fondo alla strada.
“Buona fortuna … Yvette”- mormorò.
 
Non dovette convincere in alcuna maniera la religiosa a farla entrare.
Fradicia e febbricitante quanto la piccola Madeleine, la fecero accomodare.
“Assegnatele una delle nostre celle e procurate abiti per lei e la creatura”- il tono severo della Madre Superiora.
Lo spazio ridotto. Un letto, un piccolo armadio ed un comodino.  
Maddie fra le lenzuola. Le gote infuocate, il respiro in affanno.
Le fu portato un pasto caldo. Non ebbe la forza di toccare nulla. La sua bambina prima di tutto.
Nonostante i brividi e la temperatura elevata si preoccupò di asciugarla e cambiarla  adagiandola fra le lenzuola vicino al cuscino. Sfilò velocemente gli abiti inzuppati riponendoli su una sedia. Passò il telo fra i capelli ed indosso una camicia pulita. Sedette fra le coperte accanto alla sua piccola. Forse avrebbe potuto fare degli impacchi di acqua fredda. Mentre ragionava sul da farsi udì bussare.
Fece il suo ingresso la Badessa seguita da una consorella.
La fissò. Una donna imponente. Gli occhi scuri. Una piega profonda le attraversava la fronte. Lo sguardo di ghiaccio.
“Non ho alcuna intenzione di crearvi problemi con la mia presenza. Ho solo bisogno che mia figlia si riprenda e ce ne andremo”
La religiosa si volse verso colei che l’aveva accompagnata –“Lasciateci sole”
La porta si richiuse alle sue spalle tuonando lungo il corridoio esterno.
“Da cosa state fuggendo?”- il tono duro.
“Dall’inferno!”- senza esitare.
“Immagino abbiate un nome”
Il silenzio riprese possesso della stanza.
“Se non mi venite incontro non riuscirò ad aiutarvi”
“Oscar … Oscar Francois de Jarjayes”
Diede un’occhiata alla bambina.
“Mia figlia Madeliene Grandier”- quasi con orgoglio.
“Legittima?”
Sgranò gli occhi scioccata –“Certo che si!”- sbottò. Si accorse di essere stata poco delicata nel tono –“Perdonate. Stiamo solo cercando di tornare finalmente a casa …”
“Chi è l’altro?”- comprendendo la situazione.
“Non merita nemmeno di essere nominato!”- livida di rabbia.
Si mosse quasi fluttuando nel poco spazio a disposizione e posò sul comodino una bottiglietta.
“Somministratele questo ogni quattro ore. La febbre dovrebbe piano piano calare. Un cucchiaino”
Accostatasi al letto posò una mano sulla fronte di Maddie – “Siete stata una pazza! Una pazza incosciente”
Oscar strinse i pugni. Come si permetteva quella donna a dare dei giudizi nei suoi confronti? Che ne sapeva di quello che aveva passato in quegli ultimi mesi?
Voltate le spalle lasciò la stanza.
Attraversò il chiostro ripensando a quella strana conversazione.
Avrebbe dovuto risolvere quanto prima quella situazione. Non aveva molte alternative. Non poteva coinvolgere le sorelle in qualche complicanza.
Aperto un cassetto ne estrasse un foglio.
Intinse la penna nell’inchiostro.
Sospirò. Lasciò scorrere la mano.
Non poteva fare altro.
 
Ognuno aveva preso la propria strada.
Mornay e il Generale avevano fatto rientro alla tenuta con immensa sorpresa di Madame e Nanny. Nonostante la situazione, fu una vera consolazione avere accanto almeno il consorte e la certezza che sua figlia sarebbe tornata a casa senz’ombra di dubbio.
Sul fronte opposto Andrè, Alain e i due uomini di Vincent erano arrivati alle porte di Lione. Il viaggio era stato sfiancante. Avevano sfruttato al massimo le ore di luce per arrivare in città il prima possibile.
Le sere, esausti, avevano scambiato giusto poche parole cenando, presi dai loro pensieri.
Alain aveva visto andarsene Yvy, consapevole che quello sarebbe stato veramente un addio. Conoscendola, non avrebbe fatto alcun passo indietro sulla sua decisione.
Le sue parole non facevano una piega –“In un rapporto non si può andare d’accordo solo tra le lenzuola”. Il carattere? L’orgoglio di entrambi? Il voler aver sempre l’ultima parola? Forse il voler prevaricare sempre e comunque l’uno sull’altra? A Yvy non potevi mettere il guinzaglio. Lei era uno spirito libero. Come il mare poteva travolgerti nel bene e nel male. Un’anima ribelle.
Ma doveva esserle grato.
Si, ora i suoi sentimenti erano definitivamente chiari. E lui desiderava una donna sola al suo fianco. Leah.
Raggiunta infine la locanda, erano seduti a sorseggiare il caffè mattutino.
Andrè colse l’occasione per avere informazioni quando la proprietaria, riempiendogli la tazza, gli fece gli occhi dolci –“Sapreste indicarci se in zona c’è un castello, una rocca dove si sia ritirato un certo Bouillè?”
Questa improvvisamente impallidì rovesciando la bevanda sulla tavola –“Perdonate” – accingendosi a pulire velocemente –“Perdonate”- e fece per allontanarsi impaurita.
Alain l’afferrò per un polso –“Ehi dolcezza! Sai che hai degli occhi stupendi?”- nel tentativo di tranquillizzarla.
Questa avvampò leggermente – “Molto gentile”- abbassando lo sguardo.
“Se volessimo fermarci qui, hai da offrirci un posticino?”- esibendo uno dei suoi sorrisi maliziosamente ammalianti.
Timidamente rispose –“Siete solo voi quattro?”
“Certo, splendore”- la lusingò.
“Credo di averne ancora due con doppio letto se vi accontentate”
“Beh … avrei preferito essere da solo … e magari … che tu avessi trovato il tempo di venirmi a trovare a fine turno”- strizzandole un occhio.
Avvampò nuovamente – “Per chi mi avete preso?”
Lui sorrise  e la invitò a sedersi.
“Non posso ora”- rispose in tono schizzinoso.
“Senti bella bambina. Il mio amico non ci sa fare molto con i fiorellini come te”- baciamano –“sapresti indicarci la strada per raggiungere il castello del Generale Bouillè? Sai, siamo nuove leve. Ci hanno informato che cerca uomini forti” – gonfiando il bicipite.
Lasciò scorrere lasciva la mano su quel muscolo invitante.
“Quell’uomo finalmente se n’è andato”- un sorriso compiaciuto.
“Che cosa?”- Andrè fece quasi per scattare in piedi ma l’amico lo trattenne continuando ad abbindolare la ragazza.
“E noi come possiamo fare? Sai … a questo punto credo di essere stato fortunato perché invece di un lavoro ho conosciuto una dea”
Con una mano scostò i capelli dietro le spalle can fare vanitoso - “Hanno fatto su tutto in fretta e furia circa venti giorni fa. Avreste dovuto vedere che razza di carovana”- la lingua le si sciolse come un fiume in piena.
Alain aveva centrato il colpo. La fece sedere sulle sue gambe –“Sei un vero bocconcino”- accarezzandole la spalla scoperta.
“Vi ho detto anche troppo”- come rinsavendo dal torpore delle lusinghe del giovane –“Non posso parlare”
“Le tue labbra sono uno spettacolo”- sempre per convincerla a vuotare il sacco.
“La moglie se n’è andata … in realtà è fuggita … con la cameriera personale”
“La moglie?”- fece una finta faccia stupita continuando a stuzzicarla.
“Sentite. Vi prego. Acqua in bocca o mi verranno a prendere e della mia pelle faranno un bandiera”
“Abbiamo forse la faccia di due spie?”- agguantò Andrè per il collo con un braccio premendo il viso contro il suo –“guardaci. E tu credi che due faccine pulite ed angeliche come le nostre …?”- sbattendo ripetutamente le ciglia.
La giovane rise di gusto – “Ebbene. Quell’uomo ha preso moglie prima di Natale. Ho avuto occasione di vederla. Una giovane donna, alta, bionda. Uno splendore affianco ad un orco. Poi è arrivata quella riccia, rosa, tutte lentiggini  … dal nome strano … ed è divenuta la sua cameriera personale …”
Alain sbiancò –“Un nome strano?”
“Si, una straniera suppongo. Beh, volete ridere? Circa un mesetto fa sono fuggite!”- battendo un pugno sul tavolo.
“Cosa?”- Andrè balzò in piedi facendo cadere la sedia a terra.
Alain lo tirò per la giacca obbligandolo ad accomodarsi nuovamente.
“Ma il tuo amico ha dei problemi?”- un po’ irritata.
“E’ suscettibile”- tentando di non farle perdere il filo del discorso.
“Comunque, sta di fatto che sono riuscite a fuggire facendola in barba a quell’animale. Nonostante la gravidanza!”
“Davvero?”- il finto sbalordito.
“Ohhh si!”- le  braccia conserte – “E ben gli sta!!”
“E dimmi bel coniglietto. Se volessimo raggiungere il Generale per avere un lavoro dove dovremmo dirigerci?”
“E se ve lo dico io cosa ci guadagno in cambio?”- afferrandogli una ciocca di capelli.
Alain le prese la mano posandola fra le gambe.
A bocca spalancata percepì il suo vigore e sgranò gli occhi. Avvampò.
“E non è niente … ora!”- ammiccò.
“Ha acquistato una tenuta a Bruges, nelle Fiandre”
Alain accostò la bocca al suo orecchio –“Ti farò vedere le stelle … passerotto”
“Smonto alle undici stasera”- gli sussurrò allontanandosi.
“Pazzo, bugiardo circuitore”- Andrè gli strinse la mano –“E’ fatta! Sei un grande!”
“Oscar e Leah sono assieme”-
Andrè inizialmente fu attraversato da un brivido . Scosse il capo pensando quanto fosse incredibile che le due “rivali” avessero escogitato assieme la fuga.
“Questo cambia tutto. Si ritorna a Parigi, Alain. Potrebbero già sulla strada per casa”.
“Bouillè?”
“Sappiamo che è a Bruges. Ora non ha più scampo”.
 
“Caro fratello, giusto poche parole per informarvi che la donna di cui mi avete tanto parlato è al momento ospite presso di noi. Con se ha una bambina di pochi giorni. Mandatemi quanto prima una carrozza. Immagino sarete felicissimo di accoglierla a casa. Vostra sorella. Justine”
Sorrise compiaciuto per la notizia lisciandosi i baffi.
“Oscar Francois de Jarjayes … sarà un immenso piacere”
Fu questione di un paio di giorni.
Oscar e la piccola fortunatamente si erano riprese piuttosto velocemente. Era stata molto in apprensione per la sua creatura. Non si era mai staccata da lei. Per un paio di notti era rimasta a vegliarla nella speranza che la febbre scendesse, riacquistasse vivacità e le tornasse l’appetito. Aveva ascoltato nel silenzio il suo respiro ed il battito forte del suo cuore. Essere madre era una sensazione unica.
Seduta sul muretto di marmo , la schiena appoggiata ad una delle colonne del chiostro. La piccola Maddie fra le braccia mentre assaporava quei primi timidi e tiepidi raggi di sole. Gli occhi chiusi. Il volto più colorito e più sereno.
“Vedo che gradite la pace che c’è qui”- la Madre Superiora le si accostò.
Aprì gli occhi rivolgendoli subito alla figlia –“Si, è veramente un luogo tranquillo”- donando una carezza a quel fagottino.
“Coraggio, venite!”- la esortò.
Non intuì sul momento le intenzioni della religiosa ma la seguì. Durante la sua permanenza in quel convento ne aveva compreso le regole ed i ritmi. Pochi dialoghi, molta meditazione, preghiere e lavori manuali semplici come seguire l’orto, ricamare, la preparazione di conserve, lo studio delle erbe mediche.
Si era abituata alle maniere burbere e fredde di quella donna. Era indubbiamente una grande responsabilità la sua posizione.
La vide dirigersi verso la sua stanza. Aperta la porta la invitò ad entrare –“Raccogliete le vostre cose”
Sul volto di Oscar lo stupore. Credette di non aver inteso chiaramente.
“Non mi fissate. Fate la vostra borsa”
Mille pensieri l’attraversarono mentre preparava la poca biancheria sua e di Maddie. Si sentì persa. Non capiva. La donna parve non volerle dare spiegazioni.
Mise la sacca sulle spalle e prese sua figlia tra le braccia.
Uscite, attraversarono tutto il colonnato senza incrociare una sola consorella.
Giunte al portone le aprì.
Una carrozza scura attendeva all’esterno.
“Ma … che cosa significa?”- Stringendo la bambina al petto.
“Salite”- la intimò.
“Che cosa significa tutto ciò? Dove … ?”
“Vi prego di accomodarvi senza fare domande”- la freddò.
Si sentì come una lepre accerchiata durante una battuta di caccia. Inghiottì la paura. Più per la bambina che per se stessa e facendosi coraggio salì in vettura.
Un cenno a quell’uomo.
“Non siete mai stata qui”- fu le ultime parole che udì dalla badessa prima dello schioccare delle briglie.
La carrozza percorse la strada con un’andatura sostenuta.
Se solo avesse tentato di gettarsi fuori con Maddie sarebbe stato un suicidio. Tra l’altro nemmeno sapeva dove si trovava. Una vera mancanza da parte sua non averlo domandato, non essersi interessata di capire quanta strada ed in quale direzione lei e Leah fossero fuggite. Poteva veramente essere ovunque in un punto qualsiasi della Francia … e perché no, anche oltre confine. Troppo presa dalla salute della bambina. Null’altro le era importato.
Se quella donna le avesse teso una trappola? Se avesse in una qualche maniera informato Bouillè e fossero diretti a Bruges nelle Fiandre?
I cavalli rallentarono. Che fossero arrivati?
Invece continuarono per un lungo tratto attraverso campi verdissimi alternati a zone boschive.
Madeleine fu tranquilla per tutto il viaggio. L’allattò e la cambiò quando fu il momento e nonostante la stanchezza rimase sempre sveglia e vigile.
Il sole lentamente fece capolino all’orizzonte. Quell’uomo non le rivolse mai mezza parola. Nemmeno per chiederle come stesse lei o la piccola.
“Che indelicato” – mormorò mentre imboccavano un viale alberato al termine del quale si aprì un magnifico giardino nel pieno della fioritura.
“Uhhhh …”- udì tirare le briglie.
La carrozza si fermò. “Siamo arrivati”
“Allora parlate …!”- esclamò stizzita.
L’aiutò a scendere mentre una donna, sicurmente una domestica, le andò incontro –“Madame volete darmi la vostra borsa?”
Tese la mano cedendole il piccolo bagaglio.
“Jarjayes!”- all’improvviso.
Sollevò lo sguardo.
Sgranò gli occhi incredula.
“Voi!!!”
 
   
 
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