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Autore: Slytherin_Divergent    18/12/2020    1 recensioni
Kenjirou non ha mai visto un essere umano. È convinto del fatto che siano creature mostruose e senza scupoli, pronte a sacrificare tutto per dei pezzi di carta e di metallo.
Eita non ha mai visto una sirena. È sempre stato affascinato dalle leggende e ha passato tutta la vita a sognare di volerne incontrare una.
Kenjirou si rende conto del fatto che la sua vita cambia radicalmente quando viene catturato dagli umani durante una tempesta. Mentre si trova sulla nave dove viene tenuto prigioniero non riesce a pensare ad altro che al fatto che sta per morire. Eita, invece, disperso durante la tempesta, non vede l'ora di potergli parlare.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Shiratorizawa
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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«Lo stiamo mandando a morire.» Eita sbatté le mani sulla scrivania di Jin che a sentirlo alzò un sopracciglio.
«Hai cambiato idea? Ti ricordo che sei stato tu il primo ad insistere tanto.» esclamò il capitano, alzandosi dalla sedia e sorpassandolo. Eita strinse i pugni e rimase chinato a fissare il legno rovinato dal tempo e dai tarli.
«Da quando siamo diventati così?» mormorò, più a sé stesso che al castano. Soekawa si voltò verso di lui, sfilando dalla cintura la pistola e aprendone il caricatore. Sentendo che non diceva nulla, Eita continuò. «Stiamo mandando a morire un ragazzino.»
«Lo so, ed ero contrario, ma se c'è una possibilità che lui sia ancora vivo...» Semi lo interruppe bruscamente, battendo le mani sul tavolo.
«Ha sedici anni!» sbottò. «Sarebbe come mandare Tsutomu o Kawanishi sul patibolo!»
«Goshiki ha quindi anni, non sedici.» puntualizzò Hayato, rannicchiato su una sedia in un angolo buio della stanza. Semi agitò una mano in aria.
«Il concetto è lo stesso.» Reon appoggiò con un sospiro una mano sulla sua spalla, ma Eita si allontanò di scatto.
«Ascolta, so che ti sembra una cosa orribile e sì, lo sembra anche a noi, perché anche lui è una creatura vivente, ma tu e Tendou avete passato così tanto tempo a sperare di rincontrarlo un giorno che...» Reon sospirò. «Te ne pentiresti, Eita.»
Semi strinse le labbra ed abbassò il capo. «Lo so ed è questo il problema.»
«Oltre al fatto che rischiamo di scatenare una guerra interspecie? Per quanto ne sappiamo su di loro potrebbero aver una tecnologia avanzatissima e farci il culo.» sbottò Satori. Gli sguardi furono presto tutti su di lui, troppo concentrato sull'accendere la pipa per dar loro attenzione.
«Cosa vuoi dire?» Tendou alzò gli occhi e li puntò su Jin mentre la pipa finalmente sbuffava fumo nero.
«Intendo dire,» attaccò. «Che il governo inglese rivolterà i mari non appena gli consegneremo Shirabu-kun. Chi ci dice che le, uhm... Come li hai chiamati, Eita-kun?»
«Sirene.»
«Si, ecco... Chi ci conferma il fatto che non abbiano chissà quali armi sviluppatissime laggiù?» domandò ancora il rosso. Il silenzio calò nella stanza e Satori continuò. «È solo un'ipotesi.»
Jin agitò una mano come per scacciare quella remota eventualità. «Non penso, o Shirabu non sarebbe ancora qui.»
Eita scosse la testa. «Stiamo diventando degli assassini e non riusciamo a sentirci in colpa. Lui sarà il primo e l'ultimo. Dopo non voglio più saperne nulla.»
Il biondo se ne andò sbattendo la porta e fu in quel momento che la prima palla di cannone colpì il vascello, centrando in pieno la stiva e scaraventando Yuushou fuoribordo mentre appoggiava il secchio delle cozze per Kenjirou. Il castano lo osservò volare fuori dalla nave senza capire bene cosa stesse succedendo, poi vide Eita correre verso di lui e capì che qualcosa non andava.
«Semi, che succede?» domandò con tutta tranquillità. Eita aveva il viso contratto dalla preoccupazione mentre guardava Hayato affacciarsi dal buco sulla parete opposta.
«Sagae?!» domandò. Hayato scosse la testa e si voltò verso il biondo, più tranquillo.
«È vivo. Gli stanno buttando una corda.» esclamò, poi puntò il dito contro Kenjirou. «Lo voglio di sotto nel giro di un minuto, poi vieni sul ponte. Vado a vedere chi è quel cazzone che ci spara.»
Semi non se lo fece ripetere due volte e mentre Yamagata spariva di sopra seguito da Jin e Reon, lui si piegò nella vasca e sollevò di peso Shirabu.
«Che cazzo fai?!» il castano gli batté un pugno dietro la schiena. «Mettimi giù, idiota!»
«Zitto!» sbottò a sua volta il biondo, correndo ai piani più bassi. «Tendou!»
Il rosso fece capolino dalla sala da pranzo, con Kai e Yuu al seguito.
«Che succede, Semi-san?» domandò Shibata.
«Non lo so, ci hanno sparato una palla di cannone e hanno buttato Sagae fuoribordo.» gli occhi di Kai si spalancarono.
«Yuushou è...?» Eita non gli diede modo di finire la frase che sbottò: «No, lo stanno recuperando. Andate ad armare i cannoni. È probabile che dovremmo ricorrere ad uno scontro armato. Tendou, tu raggiungi Tsutomu e prova a capirci qualcosa.»
Satori batté una mano sulla spalla di Eita con un sorrisetto. «Perché non ti fai nominare vicecapitano, Eita-kun?»
Eita lo superò. «Muoviti, sfaticato.»
Kenjirou, rimasto in silenzio per tutto il tempo, alzò lo sguardo sul biondo. «Chi è che vi sta sparando? Perché?»
«Vorrei tanto saperlo anch'io, ma allo stesso tempo non voglio perché temo di conoscere la risposta.» ribatté l'altro, poi fece adagiare Kenjirou sopra una cassa per terra, in un angolo della stanza, e lo guardò. «Non sei in acqua, ma almeno resterai vivo. Se vedi scendere qualcuno che non è dei nostri, sparagli.»
Kenjirou afferrò il grosso fucile che Eita gli porgeva e deglutì. «Non so come funziona.»
Semi gli indicò il grilletto. «Prendi la mira e premi questo con forza. Attento al rinculo.» si alzò. «Quando avremo finito tornerò qui e batterò tre volte alla porta, così saprai che sono io e non mi beccherò una pallottola in corpo.»
Shirabu annuì. «Okay.» ed Eita corse sul ponte.
Non appena mise la testa fuori dalla stiva quasi la perse mentre una palla di cannone gli sfrecciava a pochi centimetri dai capelli. Rabbrividì e corse al riparo dietro i cannoni. Sull'albero maestro, Tsutomu e Satori sbraitavano ordini. Yuushou – fradicio dalla testa ai piedi e parecchio stordito – era rannicchiato dietro una cassa con affianco Kai che si guardava intorno per controllare che nessuna palla di cannone potesse tranciare loro la testa. Afferrò l'altro per i polsi e lo trascinò sottocoperta. Nascosti come lui si trovavano invece Yuu e Reon, mentre Taichi era rannicchiato a terra vicino al timone e lo faceva girare con fretta e furia per poter sistemare la nave in maniera tale da poter beccare i loro avversari nello scontro a fuoco.
«Gli altri?!» sbraitò Eita per farsi sentire sopra al frastuono. Yuu si voltò verso di lui e indicò il pavimento.
«Sono ai cannoni di sotto! Akakura ha detto che porta al sicuro Sagae e torna qui!» esclamò, poco prima che una palla di cannone colpisse il cornicione di legno vicino a lui. Il poveretto fu scaraventato in avanti e sbatté con la testa contro all'albero maestro, rimanendo poi accasciato a terra. Eita raggelò.
«Shibata!» alzò la testa per controllare che non volassero palle di ferro pesante in quell'istante e si lanciò di fianco al compagno. Era vivo, ma svenuto. Se lo caricò in spalla e corse verso la stiva, schivando per un pelo un bolide e ruzzolando giù per le scale. A vederlo, Kai gli corse incontro.
«Semi! Shibata! Che succede?» Eita si massaggiò la schiena dolorante e indicò i piani sottostanti.
«Portalo di sotto, è svenuto.» sentenziò, rialzandosi. Kai sgranò gli occhi e aprì la bocca per sparare una delle sue solite domande pregne di preoccupazione, ma Eita lo precedette: «Non è niente, ha solo battuto la testa. Nel giro di poche ore starà bene. Sagae?»
«L'ho portato nella sua stanza.» mormorò Kai, caricandosi Yuu sulle spalle. Eita annuì e si voltò verso i tre ragazzi alle prese con i cannoni.
«Suonategliele.» sentenziò, prima di correre nuovamente sul ponte. La situazione si era aggravata. Le due navi si fiancheggiavano ed Eita vide chiaramente la bandiera azzurra e bianca che sventolava in cima all'albero maestro dell'imbarcazione nemica. Oikawa e la sua dannata truppa di malcapitati, si ritrovò a pensare. Strinse i pugni, pregno di rabbia. «Bastardi!»
«Semi!» Taichi lo affiancò trafelato e lo afferrò per un braccio, tirandolo indietro poco prima che Shinji sparasse con una pistola. Si ripararono dietro ad una cassa e Taichi imprecò tra i denti. «Che è successo a Shibata?!»
«Ha battuto la testa!» gridò in risposta il biondo. Un secondo colpo di pistola – questa volta più vicino – li fece sobbalzare. Satori li raggiunse e si buttò al riparo vicino a loro.
«Come va quaggiù? Non bene, vero?» Taichi gli lanciò un'occhiataccia.
«Che stanno facendo?» domandò Eita, sganciando la pistola dalla cintura. Satori lo imitò e sparò alla cieca.
«Oh, niente di ché. Stanno preparando le tavole per l'abbordaggio. Credo sia la volta buona in cui ci fanno fuori.» il biondo sgranò gli occhi e aprì la bocca per ribattere, poco prima che un potente colpo scuotesse la nave e questa prendesse ad inclinarsi pericolosamente.
«Shirabu!» gridò, prima di scattare in piedi e precipitarsi sottocoperta.
«Semi, no!» Tsutomu scattò in piedi e allungò una mano verso il suo senpai per fermarlo. Si voltò preoccupato verso la nave di fianco e incrociò lo sguardo di Akira che, con una certa soddisfazione, gli calò in testa la pesante tavola di legno per l'abbordaggio. Il corvino crollò a terra senza conoscenza ed Eita non se ne accorse, quindi provare a soccorrerlo fu compito di Reon, Taichi e Satori.
Il biondo superò a tutta velocità il primo piano e quasi non cadde faccia a terra quando la nave prese una piega di quasi quarantacinque gradi. Scese in fretta e furia le scale e strinse i denti quando vide l'acqua. Certo, non avrebbe dovuto aver motivo di preoccuparsi, si disse, perché Kenjirou era una sirena e Yuushou e Yuu erano entrambi al piano superiore – e sicuramente Kai si era già fiondato con tutte e mille le sue preoccupazioni dai suoi compagni. Ciononostante, quando aprì a fatica la porta della stanza di Shirabu non poté far a meno di sentirsi agitato.
La stanza era completamente sommersa e fu costretto a prendere un profondo respiro per entrare. Si immerse in acqua e strizzò gli occhi per poter vedere qualcosa, ma le casse di polvere da sparo si erano aperte e l'unica cosa che percepì fu il fiato mancare e i vestiti pesanti mentre arrancava all'interno della stanza. Aprì la bocca per chiamare Kenjirou ma il suo nome era smorzato e gli ultimi rimasugli d'aria lasciarono i suoi polmoni sottoforma di piccole bollicine. Si voltò per poter uscire e riprendere fiato ma non riuscì a muoversi. C'era qualcosa là sotto che lo bloccava. Strattonò il piede ma non servì a nulla e il panico lo avvolse. Stava per morire? Avrebbe avuto tempo per tornare in superficie? L'aria gli mancava e gli facevano male i muscoli, gli girava la testa. E Shirabu, dov'era Shirabu? Si guardò freneticamente attorno mosso dall'adrenalina e lo vide, seduto comodamente sulla cassa dove lo aveva lasciato, il fucile alzato e puntato verso di lui. E poi, poco prima che le palpebre gli si abbassassero e il buio lo avvolgesse, Shirabu sparò.

Kenjirou non si era preoccupato per l'incolumità della nave ed era stato ben felice di veder la palla di cannone sfondare il muro di legno. Aveva immerso la coda in acqua sospirando di sollievo e se l'era presa comoda, dicendosi che semmai qualcuno fosse accorso per impedirgli la fuga dal buco nella parete di certo si sarebbe trovato in svantaggio. Poi dalla porta era entrato Eita e Kenjirou era andato nel panico nel vederlo muoversi al buio e annaspando in cerca d'aria. Gli aveva forse dato di volta il cervello?
Alzò in automatico il fucile quando vide il piede del biondo incastrarsi dentro la cassa delle stoffe e un brivido d'orrore gli percorse la spina dorsale mentre vedeva gli occhi dell'altro individuarlo e chiudersi. Sparò e il proiettile tranciò in due la stoffa, permettendo al corpo umano di galleggiare verso l'alto e colpire il soffitto. Kenjirou abbandonò il fucile e nuotò velocemente verso Eita. Il polso era debole e il corpo si muoveva debolmente a scatti in cerca d'aria. Shirabu tirò un profondo respiro e prese il viso di Semi tra le mani, poi appoggiò le labbra sulle sue e gli buttò nei polmoni tutta l'aria che aveva raccolto.
Lo afferrò per le braccia e lo trascinò fuori dalla stanza, inoltrandosi nel mare aperto. Da quanto non ci nuotava? Avrebbe dovuto puntare in profondità e ignorare il suo rapitore, ma il solo pensiero che potesse succedergli qualcosa dopo che si era preoccupato tanto per lui – nonostante lo stesse mandando a morire, Kenjirou ne era certo – gli diede il voltastomaco e nuotò verso l'alto. Mentre riemergeva in superficie il castano si domandò se fosse in qualche modo malato o se quegli umani gli avessero fatto qualcosa.
Vide la loro nave andare a fuoco mentre calava a picco e una trave cadde di fianco a loro. Kenjirou strinse al petto Eita e per un attimo fu tentato dal lasciarlo lì, poi vide la rete cadere in mare e ogni pensiero si annullò mentre il panico lo assaliva. Ci mise un secondo di troppo a decidere di lasciare il biondo alla sua sorte e quando lo mollò la rete li aveva già stretti nella sua morsa e li stava trascinando in alto.
Shirabu alzò lo sguardo stringendo i pugni mentre venivano adagiati sul ponte e incrociò occhi sconosciuti e famelici – occhi umani che lo fecero rabbrividire. Poi vide in fondo al ponte della nave sconosciuta il resto dell'equipaggio di Eita che veniva trascinato sottocoperta, chi svenuto e chi ancora cosciente.
«E questo?» Shigeru si piegò su Kenjirou e gli afferrò il viso con una mano, strattonandoglielo verso l'alto. «Cosa sei, una specie di mutante?»
Da oltre le sue spalle si sporse Tooru, gli occhi sgranati e un grosso sorriso in viso. «Ooh... non avrei mai pensato che fossero reali!»
Kenjirou strattonò il viso dalla presa di Shigeru mentre lui ed Eita venivano districati dalla rete. Tooru si piegò verso di lui e sogghignò. «Portate di sotto l'altro. Voglio fare una bella chiacchierata sia con il loro capitano che con il nostro ospite speciale. Che ne dici, Iwa-chan, li facciamo cantare?»
Hajime lo affiancò e annuì mentre si scrocchiava le dita. «Non vedo l'ora.»

   
 
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