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Autore: jinkoria    18/12/2020    2 recensioni
[ BakuDeku; multicharacter, multipairing | Prompt dell’iniziativa #25DaysofBakuDekuChristmas ]
Di come in venticinque giorni Midoriya Izuku si faccia innanzitutto eroe del proprio Natale e di quanto Bakugou Katsuki sia, non poi così sorprendentemente, fondamentale in tutto ciò.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Mina Ashido, Shouto Todoroki
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Bonsoir!
Ho capito che ormai i prompt sono mere linee guida e poi faccio un po' come mi pare, fortuna non si tratta di una competizione o avrei perso al primo giorno... in ogni caso, da domani ci avviamo verso l'ultima settimana e mi viene da dire solo: era ora! Per cosa? Hah, non si sa. Vedremo. Devo ancora decidere come muovermi per il prompt di domani, perché volevo aprirmi ad altre accoppiate come fatto con l'InaTodo e la EndHawks, deciderò sul momento... come al solito.
Scusate eventuali pastrocchi, stasera ho un po' la testa fra le nuvole come il caro Kacchan, e grazie come sempre di cuore a chiunque passi di qui 
❤ Buona lettura!


 

 

-18: If you sing that one more time so help me


 

Bakugou si era ripromesso, nel corso dell’ultimo anno, di imparare a riconoscere e accettare quanto più possibile i propri limiti, di non vergognarsene ma prenderne atto e andare avanti sulla strada per, magari non proprio superarli, quantomeno ridurne il raggio. Aveva inoltre compreso l’importanza del lavoro di squadra e la solidità di un rapporto poteva essere salvifica nei momenti in cui tutto pareva crollare sotto i piedi, il supporto necessario e fondamentale per superare le difficoltà.

Ecco perché aveva mandato un messaggio a Kirishima, e Kirishima soltanto, dopo aver passato una notte pressoché insonne a rigirarsi nel letto, mettersi in terra a fare qualche flessione giusto per stancarsi, poi girato per l’intero perimetro di casa sua, piano inferiore e superiore, persino fatto una doccia perché per qualche motivo, a un certo punto delle sue folli elucubrazioni che sfociavano in visioni a pois, gli era parsa un’ottima idea. Calda il giusto, per rilassare i muscoli e distendere i nervi a fior di pelle.

Sapeva di trovarsi in una zona critica, invalicabile fino ad allora e mai davvero presa in considerazione, o forse sì, ma sepolta abbastanza da non sembrarlo; Eijirou era quanto di più vicino a un migliore amico si ritrovasse, seguito dall’imbecille mezzo e mezzo che però era un territorio pericolosamente neutrale e più in prossimità di un campo verde che della propria distesa di sabbia.

Insomma: non poteva dire a Todoroki che aveva iniziato a pensare cose su Midoriya, perché glielo avrebbe detto senza neanche rendersene conto, e se da un lato l’idea che potesse semplificargli di tanto il lavoro lo allettava non poco, dall’altro era sano a sufficienza da capacitarci di quanto impossibile fosse come alternativa, ben lontana dall’ammissibile.

Il problema, dunque, era come comportarsi e capire in che modo districarsi dalla situazione scomoda. Aveva ancora del lavoro da fare insieme a Deku, erano compagni di scuola e ormai facevano parte di un consolidato gruppo di amici, ignorarlo era fuori discussione – innanzitutto perché non voleva farlo, aveva appena ricominciato ad averlo intorno e solo così si era reso conto di quanto dannatamente gli fosse mancata la sua ondata ambulante di assurdità, teorie elaborate a raffica, occhi adoranti e mentre brillante e acuta a prescindere da quanto imbranato fosse in più di un settore; prima tra tutte la cucina.

Katsuki pensò di farsi esplodere con le proprie mani al mero ricordare, lui così poco avvezzo alla vergogna, perlomeno in un settore simile, così giovanile e di una dinamica per la quale non aveva mai provato interesse. Almeno fino al momento in cui non aveva iniziato a ragionare in termini al limite del famelico appena la mente si soffermava sulla figura immaginaria di Midoriya.

In ogni caso, come al solito era stato piuttosto diretto e conciso nel messaggio, forse troppo, si rimproverò quando, accanto al sorridente e soprattutto previsto compagno, la testa fastidiosamente riccia e rosa di Ashido aveva fatto la sua comparsa, sbucando da oltre la spalla di Eijirou. Bakugou era stato sul serio sul punto di mandarla via a calci, specie dopo aver visto la faccia fin troppo saputa della ragazza, come se avesse fiutato la puzza dei pensieri confusi del padrone di casa, che probabilmente sapevano di omini di pan di zenzero. Comunque non aveva potuto cacciarla, complice la presenza di Mitsuki che aveva fatto gli onori di casa una volta accortasi degli ospiti, costringendo dunque il figlio a battere in ritirata verso la propria camera e coi due idioti al seguito.

Ovviamente non aveva alcuna intenzione di sganciare una sola sillaba davanti a Mina, la quale si era seduta in terra accanto a Kirishima, intenti a scambiarsi chissà che chiacchiere a lui sconosciute, troppo lontano per poterle capire – non che gli importasse; a giudicare dalla faccia dell’aspirante eroe corazzato, si trattava di qualcosa fuori dalla propria pertinenza. E, giusto per sottolineare, non poteva fregargliene di meno. A meno che Kirishima non gli avesse chiesto di interessarsene, a quel punto avrebbe dovuto accettare il maledetto onere dell’amicizia e imporsi di ascoltarlo, così come il ragazzo non si era fatto pregare né aveva avuto bisogno di chissà che esortazione specifica per raggiungerlo una volta convocato.

La chewingum indesiderata al suo fianco, però, incurante di quanto ne fosse cotto, non glie l’avrebbe mai perdonata. Considerato stesse pure canticchiando chissà quale diavoleria romantica natalizia, ancora meno.

«Perciò, Bakugou» trillò suddetta gomma da masticare, le spalle del dinamitardo ebbero uno spasmo e una vena gli spuntò sulla fronte; così allegra, tutta un risolino costante sotto i baffi da felino, più uno sghignazzare da strega a dire il vero, mentre Eijirou pareva più che altro ben preso dalla situazione e non un complice della serpe infida sua ospite. Bakugou sapeva infatti di non potersi fidare assolutamente, in nessun modo, di Ashido e presagiva già il sapore nauseabondo delle parole che avrebbe sciorinato di lì a breve.

Infatti, con la mano davanti la bocca quasi volesse celarne la smorfia disonesta, invano, ostentando innocenza domandò: «Ti serve aiuto con Midoriya?».

Bakugou pensò seriamente a quanto si fosse trattenuto per giorni, stavolta invece avrebbe potuto far detonare quel cespuglio ben più incolto di quello del nerd causa della situazione intollerabile, Eijirou se ne sarebbe fatto una ragione.

A quanto pare, notò Katsuki subito dopo, quando l’amico stesso si intromise in rinforzo della domanda «Mi hai detto che era successo qualcosa con Midoriya ma sei stato prolisso come tuo solito» ironizzò il compagno, ignaro della furia omicida sempre più in crescendo dentro lo spirito infuocato dell’altro, le cui mani andavano sollevandosi nella tipica posa preparatoria a un’esplosione. Poi, l’ulteriore quesito dell’amico lo gelò: «Avete litigato?».

Abbiamo litigato? si chiese Katsuki stesso, la mente tornata al pomeriggio prima, in casa di Deku, nell’istante in cui i biscotti avevano iniziato a prendere fuoco nel bel mezzo di una circostanza che Bakugou stesso non avrebbe saputo spiegarsi sul momento, preso da una serie di sensazioni confusionarie che avevano avuto il potere di calamitarlo verso l’amico d’infanzia senza possibilità di obiezione.

Non avevano litigato, stabilì, ma aveva cercato di baciare Izuku ed era piuttosto certo ci sarebbe riuscito se il timer e un tentativo fallito di incendio da parte del casinista culinario non lo avessero interrotto. Non solo per propria volontà, perché più ci pensava più poteva disgraziatamente confermare con sincerità a se stesso di volerlo ancora – se Deku fosse sbucato dalla propria finestra proprio in quel momento? Lo avrebbe afferrato, insultato e baciato nel mentre, meritava anche qualche imprecazione piuttosto colorita per la notte insonne trascorsa a causa sua; Midoriya non si era mosso. Ciò poteva essere indice di paura, raggelato o preso talmente alla sprovvista da non sapere come comportarsi, Bakugou era però attento a sufficienza, persino in quel momento, così focalizzato sul viso dell’altro da rendersi conto delle sue reazioni; sarebbe bastato anche solo ripensare al fatto che, magicamente, avesse acquistato qualche millimetro in più, come messo sulle punte.

Non avevano assolutamente litigato, non c’erano state urla, gesti maneschi o bruschi, accuse o rimproveri: c’era stato Deku, rosso e verde da capo a piedi in perfetto stile natalizio, agitato e a disagio, ricordò Bakugou con un fastidioso senso di vuoto alla bocca dello stomaco, che lo aveva quasi messo alla porta. Non era stato proprio cacciato, ecco, ma era chiaro l’altro avesse cercato di spingerlo il prima possibile fuori di lì.

Quindi non aveva capito molto. Aveva capito, o meglio, credeva di averlo fatto, che a Deku non dispiacesse, che lo stesse addirittura assecondando, ma poi doveva averci ripensato o chissà cos’altro fosse successo in quella testa oppressa da mille informazioni, probabile era non fosse riuscito a processare quanto accaduto e l’avesse mandato in tilt di conseguenza. Rimaneva il fatto non potesse averne la certezza fino a prova contraria.

Ecco perché, alla domanda di Eijirou, aveva detto tutto. Nei limiti consentiti dalla propria dignità.

Mina continuava intanto a canticchiare canzoni natalizie di dubbia origine, il testo stravagante e sdolcinato su chissà quale miracolo sotto il vischio, col quale Katsuki l’avrebbe volentieri avvelenata in quel frangente.

«Se la canti un’altra volta giuro che ti faccio cantare Jingle Bells appesa al mio balcone».

Ashido ignorò bellamente la minaccia, piuttosto si alzò per raggiungerlo, dunque gli diede una poderosa pacca sulla schiena, al punto da farlo piegare in avanti. Quando fece per ringhiarle dritto in faccia, prossimo ad attuare quanto promesso, il volto di Mina ora più gentile, in una maniera sincera e ammorbidita dal sorriso tenero, lo fermò, insieme alle parole della ragazza.

«Ti piace Midoriya, non è vero?».

Bakugou aprì la bocca ma fu involontario, infatti non disse nulla, preso in contropiede da quella frase così semplice e pericolosa al contempo.

Kirishima era ancora rimasto seduto in terra, li guardava dabbasso con un sopracciglio sollevato «Non era chiaro?» si rivolse a Mina, la quale fece spallucce e scosse la testa condiscendente, come a dire che ci vuoi fare, è scemo, poi guardò l’amico e stavolta si fece incredulo «Davvero non lo avevi capito?».

Ma Katsuki ancora non accennò a dir nulla, neanche scacciò la mano di Ashido quando questa gliela sventolò sotto gli occhi per attirarne l’attenzione, troppo concentrato ad analizzare quanto detto, la banalità di una domanda in realtà retorica, e se quello che aveva colto in lontananza da Eijirou era sarcasmo – per il quale dopo lo avrebbe fatto pentire amaramente – allora doveva proprio essersi confuso da solo, quando sarebbe stato così semplice da capire, da realizzare.

Da accettare.

All’improvviso ebbe come una ricapitolazione mentale di quanto successo fino a quel momento, con quell’odioso motivetto che gli era entrato in testa, o forse Mina lo stava ancora cantando e associò la disgrazia canora a un’esibizione del karaoke, ma non poteva essere la sua, perché si sarebbe ricordato per forza se avesse cantato una canzone d’amore di Natale insieme a Midoriya. Innanzitutto perché piuttosto si sarebbe fatto abbracciare e sbaciucchiare da sua madre, a prescindere da chi fosse il suo compagno di canto, gli venne da vomitare al solo pensiero; secondo poi allora non era ancora così consapevole di quella sensazione strana e fastidiosamente insistente, sempre più grande e ingorda del maggiore spazio possibile riuscisse a occupare al centro del petto, in un certo senso l’avrebbe definita egoista. Come lo era stato per anni.

Poteva esserlo ancora?

La maledetta canzone diceva di sì, con altre parole ma bramava il lieto fine e il suo esaurimento nervoso per trauma uditivo.

Si sentì toccare la spalla e vide la mano di Ashido posata su di essa, gli occhi scuri avvolgevano l’iride luminosa e dolce come miele, Kirishima stesso adesso si era alzato e Bakugou notò con la coda dell’occhio come le sue dita fossero intrecciate a quelle di lei, mentre gli sorrideva incoraggiante.

Brutto bastardo.

Sospirò pesantemente frattanto che stringeva una ciocca di capelli in un pugno, la quale poi schiuse sulla testa per scompigliarseli del tutto in un gesto rapido e nervoso. I denti stretti scricchiolarono in modo preoccupante sotto la pressione della morsa, dopodiché prese un grosso respiro, lo rigettò fuori; infine, col jingle melenso ormai parte integrante del proprio cervello, si voltò verso i due ragazzi al suo fianco e quasi insofferente replicò: «E quindi?».

Vide l’espressione di Mina cambiare lentamente sotto i propri occhi, già pentito e sconcertato dall’entusiasmo nel quale esplose la ragazza, Eijirou se la rideva mentre a sua volta lo colpiva dietro la schiena con la stessa forza che avrebbe potuto usare se avesse voluto spaccargli le ossa.

Ashido riprese a cantare più forte, battendo le mani a tempo e alternando il testo a frasi come te l’avevo detto o ridacchianti pensava davvero non se ne fosse accorto nessuno. Bakugou pensò pertanto di sbarazzarsene, stavolta sul serio e in definitiva, senza ripensamenti o inutili esitazioni di stampo legale, quando il palmo di Kirishima si sollevò davanti al suo volto, il braccio piegato a mezz’aria.

«Se ti decidi che c’è speranza, manca ancora qualche giorno a Natale».

Katsuki lo guardò confuso, la fronte aggrottata e la stanchezza psicofisica sempre più dominante su qualsiasi altra cosa, maledicendosi tra sé per aver spifferato l’ammissione più controproducente della sua vita quando ancora non lo aveva confidato appieno neppure a se stesso. Suo malgrado, però, non poté far altro che sentirsi un po’ meno vincolato alla propria lenta, solitaria, caduta verso l’oblio.

Mentre fuori iniziava a nevicare e le prime luci esterne a comparire sotto l’inizio della sera e quell’orribile lagna in sottofondo, Bakugou si disse che adesso che l’aveva ammesso poteva finalmente godersi appieno quella follia. Il dubbio di cosa intendesse Eijirou con quell’ultima frase rimase sospeso tra una nota stonata e l’altra di Ashido.

 

   
 
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