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Autore: lapacechenonho    19/12/2020    3 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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25- 003: Things you said while we were driving (Le cose che hai detto mentre stavi guidando).
 
«Ho una sorpresa per te!» esclamò Harry eccitato dopo aver accolto calorosamente Ginny. Era appena tornata da un allenamento piuttosto intenso, si avvicinava la sua prima partita e Gwenog Jones stava facendo allenare tutte le nuove reclute il doppio di quanto si allenavano gli altri.
«Spero sia una vasca con l’acqua bollente e un massaggio alle spalle» rispose gettandosi a peso morto sul divano. Harry parve quasi deluso da quella risposta.
«Oh, non fa niente, te lo faccio vedere un’altra volta» mormorò con voce bassa. A Ginny ricordava particolarmente Teddy quando faceva finta che qualcosa non gli importasse. Forse frequentare assiduamente un bambino di quasi tre anni non era proprio il massimo per il suo fidanzato. Harry si sedette accanto a lei cercando di apparire il più sereno possibile ma la ragazza riusciva a scorgere un filo di delusione nei suoi occhi.
«No, fammelo vedere adesso» esclamò alzandosi dal divano con fare energico. Le dolevano tutti i muscoli, anche quelli che Ginny non sapeva di avere, non era stato facile fare quello scatto repentino. Cercò di nascondere una smorfia di dolore mentre vedeva la felicità riaccendersi negli occhi di lui.
«Oh, bene!» esclamò, senza curarsi che probabilmente Ginny lo aveva fatto solo per lui e che avrebbe preferito di gran lunga riposarsi con il suo ragazzo, magari con un bel plaid, senza fare niente di speciale, solo riposarsi. Il ragazzo la prese per mano, Ginny sospirò stringendola, leggermente esausta.
«Ti conviene prendere il cappotto» l’avvertì. Ginny seguì le istruzioni di Harry e indossò il cappotto, lui era dietro di lei, anche lui alle prese col giubbotto. Si stava sistemando la sciarpa quando le mani fredde di Harry le coprirono gli occhi.
«Harry, che stai facendo?» domandò inquisitoria.
«Te l’ho detto, è una sorpresa» insistette lui. Ginny decise di assecondarlo e di seguire il fidanzato. Continuarono a camminare dritti per il corridoio di Grimmauld Place, la mamma di Sirius – ormai abituata alla loro presenza – emise qualche borbottio di disapprovazione, ma non urlò contro i due ragazzi. Ginny sentì l’aria fredda di febbraio colpirla in pieno: erano appena usciti fuori. Rischiò di inciampare sui gradini ma Harry la sostenne ridacchiando, anche se Ginny gli avrebbe detto volentieri tutti gli insulti che la signora Black aveva taciuto. Continuarono dritti per un paio di metri, adesso Ginny non aveva idea dove fossero diretti, se dentro casa riusciva ad orientarsi bene, fuori era un mistero per lei. Sentiva solo il rumore delle macchine dei Babbani che sfrecciavano a più non posso. Ad un certo punto si fermarono, dedusse che erano fermi su un marciapiede, perché Harry poco prima le aveva dato l’indicazione di sollevare leggermente il piede destro, come per fare un gradino. «Arrivati!» disse nel suo orecchio Harry togliendole le mani dagli occhi. Il contatto con la flebile luce del sole di febbraio, le fece strizzare gli occhi un paio di volte.
Davanti a lei comparve una motocicletta. La conosceva: era la moto che Harry ed Hagrid avevano usato per arrivare a casa di Andromeda quando erano andati a prenderlo a casa dei suoi zii. Aveva visto suo padre trafficarci per tutta l’estate quell’anno. La moto aveva cambiato carrozzeria, continuava ad essere sul marroncino ma era più lucente e non c’era manco un piccolo graffio, non dava segno di essere reduce da un attacco di Mangiamorte o di Voldemort in persona. Dall’ultima volta che l’aveva vista, non aveva più il sidecar, era semplicemente una moto molto simile a qualsiasi altra di un Babbano comune. Il suo ragazzo aveva un sorriso splendido, Ginny dubitava di averlo visto così sorridente quando era con lei, la felicità che provava era così incontenibile, che probabilmente avrebbe voluto fermare i passanti e far ammirare loro la moto. Fece un sorriso tirato cercando di non mostrare la sua perplessità.
«Dove l’hai presa?» fu la prima cosa che chiese. Dopo essere stato da Andromeda era partito alla ricerca degli Horcrux, Ginny dubitava si fosse messo a cercare anche la motocicletta distrutta da un bel po’ di maledizioni. Harry non rispose tanto era emozionato; le stava già passando un casco pronto a farle fare un giro. «Tu sai guidare?» ritentò sperando che almeno questa volta la calcolasse.
«Be’ no» rispose Harry rendendosene conto forse per la prima volta. «Ma manco Ron a dodici anni sapeva guidare, eppure siamo arrivati lo stesso ad Hogwarts a bordo di un’auto volante».
Ginny sospirò consapevole che non avrebbe potuto fare niente per distruggere la bolla di felicità in cui era Harry e che le era impenetrabile. Montò in sella subito dopo di lui, stringendosi forte alla sua vita, pregando Merlino, Morgana, i quattro Fondatori e tutti i suoi parenti ed amici morti, che riuscissero a tornare vivi da quel giro in moto.
Harry mise in moto, il mezzo rombò per tutta la via, Ginny non poteva vederlo ma sentì il riverbero della risata nel petto del fidanzato. Cercava di non darlo a vedere ma era agitata. Una volta partiti la situazione migliorò un po’. Scoprì che Harry era in grado di portare una moto e mantenere l’equilibrio. Non rischiarono manco una volta né un incidente, né di investire qualche pedone. Harry rispettò anche quelle luci rosse per strada che servono per far stare ferme le persone. «Sei pronta per la vera sorpresa?» urlò. Ginny si sentì sbiancare.
«Ah, non era già questa la sorpresa?» domandò.
Harry schiacciò un pulsante blu, a Ginny bastò un’occhiata veloce per capire cosa fosse, ne avevano uno tale e quale nella Ford Anglia. Era il pulsante per farla diventare invisibile. Harry schiacciò un altro pulsante e la motocicletta iniziò a librarsi in aria. In quel momento Ginny si rilassò completamente, non le facevano più male i muscoli se lei poteva volare in cielo e godersi il vento – per quanto gelido – sulla faccia. Era una sensazione che adorava e di cui non avrebbe potuto farne a meno.
«Harry, ma come hai fatto ad aggiustare la moto?» chiese a voce alta. Sebbene fossero letteralmente sulle nuvole, il rombo della moto era ugualmente forte.  
«Non l’ho aggiustata io» rispose urlando. «È stato tuo padre. Tuo padre me l’ha aggiustata e me l’ha ridata». A Ginny era parso che a casa sua avessero preso tutti di buon grado la relazione tra lei ed Harry, eppure le sfuggivano alcuni pezzi, ad esempio: perché suo padre aggiustava e modificava oggetti Babbani che avrebbero potuto uccidere il suo fidanzato? «Ha fatto un incantesimo permanente per non farmi andare fuori strada, il tasto dell’invisibilità e quello per volare» spiegò, sempre urlando.
Forse non lo voleva così morto, però, pensò Ginny scrutando la Londra Babbana dal cielo.
Atterrarono circa mezz’oretta dopo in un posto che portava la scritta “benzinaio”, era quasi ora di chiusura e non c’era nessuno. Il resto del viaggio lo affrontarono per le strade Babbane senza farsi notare più di tanto.
«Forte, non è vero?» chiese Harry scendendo dalla motocicletta e posando il casco nel bauletto alla fine del sedile.
«Be’ sì, continuo a preferire la scopa ma non è male» ammise.
«Tuo padre è stato un genio! Devo trovare un modo per sdebitarmi» rifletté. La prese per mano e rientrarono a casa di Harry. Dopo aver volato per quasi tutta la mattinata e anche tutto il pomeriggio, ciò che più desiderava Ginny era un divano, possibilmente con i piedi ben fissati a terra. Appena lo vide vi si gettò sopra in maniera scomposta. Harry la guardò sorridente, aveva gli occhi luccicanti probabilmente per il vento che avevano preso pomeriggio. «Grazie» fu l’unica cosa che disse.
 
 
«Me n’ero accorto che eri stravolta» disse alla fine del racconto. «E poi volevo farti rilassare…»
«Facile dirlo dopo così tanti anni» commentò Ginny, la bocca curva in un leggero sorriso.
«Be’ è stato comunque bello, no?» si premurò di chiedere.
«Forse…» valutò Ginny senza dare soddisfazione al marito.
«Nel nostro racconto non siamo manco arrivati alla proposta» osservò Harry facendola sospirare.
«Dobbiamo ricordare proprio tutto?» chiese. Non si seccava, si chiedeva solo perché suo marito volesse passare la notte a ricordare i tempi andati. Sentì un brivido percorrerle la schiena quando Harry la guardò intensamente come se avesse letto nella sua mente.
«Non so quanto tempo ci resta da vivere insieme, oggi ci siamo magari domani mattina non più. Perciò sì, mi piacerebbe rivivere proprio tutta la storia» rispose facendo spallucce.
Ginny sentì gli occhi inumidirsi a quelle parole, cominciò a ricordare un altro avvenimento nella loro storia, un avvenimento doloroso che però era stato anche un punto di svolta. 
   
 
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