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Autore: Mahlerlucia    21/12/2020    2 recensioni
Ci sono ferite che non guariscono, quelle ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare.
(Oriana Fallaci)
[Bokuto x Akaashi || BokuAka]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tenma Udai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Anime/Manga: Haikyuu!!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale
Rating: giallo
Avvertimenti: Missing moment, Spoiler!, Tematiche delicate
Personaggi: Bokuto Koutarou, Akaashi Keiji
Pairing: #BokuAka
Tipo di coppia: Shonen-ai

 
 
 
 Rosso
 
 
 
Dicembre

 
Keiji era sveglio dalle sette meno un quarto del mattino. Nonostante il congedo da lavoro sarebbe perdurato ancora una settimana, aveva deciso di farsi ugualmente inviare le ultime bozze da Udai per cercare di rimettersi in carreggiata quanto prima. Il senso di colpa dovuto al prolungamento delle consegne finali non lo aveva lasciato tranquillo nemmeno per un istante nel corso di quel burrascoso lasso di tempo fatto di riposo forzato.
Di certo non aveva pianificato di piazzarsi davanti allo schermo del suo portatile ancor prima delle otto, ma la telefonata di Kōtarō funzionò ancor meglio di qualsiasi sveglia avesse mai adoperato in vita sua. Sapere di essere il suo primo pensiero del mattino e immaginarlo preso dal suo solitario allenamento svolto regolarmente alle prime luci dell’alba, lo aveva aiutato ad alzarsi dal tepore del suo adorato piumone per dare fin da subito un senso alla sua giornata.
Per quanto ci avesse riflettuto, non aveva ancora trovato la forza di rivelare al proprio compagno di aver ripreso i contatti con il suo sensei; ma era necessario proseguire il lavoro bruscamente interrotto. Del  resto, l’asso dei Black Jackals non sapeva che i lettori commentavano freneticamente ogni anticipazione del nuovo capitolo in uscita, aumentando l’abituale livello di pressione di quel giovane mangaka in cerca del proprio spazio personale nel mondo dell’editoria a disegni. Ciascuno di quei ragazzi non faceva altro che cercare tra quelle pagine le verità che si portavano dentro senza essere mai riusciti ad esprimerla come avrebbero realmente voluto.
Alcuni dialoghi erano rimasti in sospeso, in attesa di un suo eventuale suggerimento. Aveva perso il conto circa il numero di volte in cui aveva ribadito a Tenma che non poteva permettersi d’intrufolarsi tra le idee che perseguiva allo scopo di dar vita e credibilità alle sue storie; una parola messa in bocca a un personaggio da un pensiero “diversificato” non poteva di certo avere la stessa valenza di un aspetto apportato dal suo stesso mentore. Nulla escludeva il fatto che un consiglio potesse portare addirittura alla considerazione di rilevanti dettagli lasciati sino a quel momento in stand-by, ma Akaashi non si sarebbe mai permesso di fare capolino in un mondo che poteva sembrargli più limpido solamente dopo essere stato portato a compimento, almeno in bozza. Non faceva di certo mistero della netta distinzione che frapponeva tra gli interventi che potevano accorrere durante la fase di stesura delle tavole e tutto ciò che invece poteva trapelare da un commento finale che potesse racchiudere l’opinione – mai il giudizio! – relativa a ciascuno degli aspetti più importanti della narrazione. Una conclusione quantomeno tentata gli avrebbe consentito di trovare con maggior lucidità una direzione verso cui poter ragionare per giungere a un commento finale; un aiuto richiesto in fase di “costruzione” rischiava di far crollare intere pareti già arditamente sollevate. Un solo mattone dal colore o dalle dimensioni differenti avrebbe potuto trarre in inganno chi si fidava e, in un certo qual modo, ammirava la creatività proveniente da un talento fondamentalmente ancora in via di sviluppo.
Un discorso lungo e contorto che Udai sembrava aver colto nella sua essenza, ma che spesso tendeva ad accantonare per tentare di sbrogliare la multitudine di idee che non potevano trovar pace se non cozzando continuamente tra loro. Di lacrime di disperazione dovute alla mancanza implicita di coerenza creativa – che non corrisponde esattamente alla carenza d’ispirazione vera e propria o al ben più noto “blocco dello scrittore”, ben inteso – l’editore ne aveva viste parecchie, ma non si era mai scomposto più del necessario. Accogliere la necessità di comprensione di un ragazzo confuso e riservato quanto lui lo aveva portato a guardarsi più volte dentro, soprattutto in quei sempre più frequenti momenti in cui si ritrovava a pensare ai propri limiti personali. Come tutti gli essere viventi, ovviamente ne presentava diversi; ma se una piccola carenza poteva valere quanto la fiamma di una candela, nella mente dell’ancor acerbo Keiji poteva tramutarsi in una vera e propria bomba a orologeria, pronta a sfuggire al suo controllo da un momento all’altro. Chissà, forse il breakdown personale da cui stava cercando di venir fuori con il prezioso aiuto della dottoressa Masaki era dovuto proprio all’improvviso scoppio di questo ordigno che aveva poi mandato in tilt quell’equilibrio già piuttosto precario in assenza di fondamenta.

Era buffo come la persona che lo aveva portato a fare questo genere di riflessioni non fosse stato Bokuto. Con ogni probabilità, quest’ultimo doveva aver intuito qualcosa a tal proposito, seppur non riuscisse – giustamente! – a dissociare il tutto dal mero ambito lavorativo che li accumunava.
Keiji diede nuovamente adito alle parole pronunciate dalla psicoterapeuta in merito a ciò poteva ricevere di buono da ciascuna delle persone che lo circondavano; Tenma Udai rientrava tra queste ancora più di quanto avesse potuto ipotizzare in una prima fase della loro conoscenza.
 
 
***
 

Intorno all’ora di pranzo ricevette una telefonata da parte di Konoha, nonostante avessero avuto modo di sentirsi giusto un paio di giorni prima. La frequenza delle sue chiamate era esponenzialmente aumentata al pari di quelle provenienti da Kuroo, il ché portava ad un'unica direzione di pensiero dai capelli color sale e pepe.
Ripensando a ciò che era trapelato dalla loro vivace conversazione, Keiji non poté far altro che sentirsi eternamente grato agli dèi per avergli fatto incontrare persone tanto importanti che si preoccupavano sul serio per lui. Sì, perché per quanto fosse perfettamente a conoscenza della spinta motivazionale che ci fosse stata dietro, non era un mistero per lui realizzare dai diretti interessati che dedicargli del tempo non era affatto un peso per loro, al contrario.

 

“Konoha-san, non prenderla male ma... qualcuno che conosciamo piuttosto bene ‘per caso’ ti ha caldamente consigliato di metterti in contatto con me per verificare che io stia più o meno bene?”

“Che significa che stai più o meno bene? Prima mi hai assicurato che al momento non ci sono particolari problemi...”

“Parlavo in termini di range, non di valutazione globale. Ad ogni modo, stai palesemente deviando la mia domanda.”

“Tu sei troppo astuto per questo mondo, Akaashi-kun. Una volta che imparerai a gestire al meglio i tuoi grovigli interiori diventerai talmente forte da costringere Batman a chiederti ripetizioni.”

“Non esageriamo. Posso sapere cosa ti avrebbe detto di tanto persuasivo per convincerti a fare questo?”

“Beh, tanto per cominciare siamo stati compagni di scuola e di squadra per due anni, no?! Non è che ha dovuto insistere più del dovuto. Conosco abbastanza bene la situazione e ho voluto contribuire a modo mio. Certo, l’idea è partita da lui e ha agito allo stesso modo pure con quel gatto del malaugurio di Kuroo. Mmm, ok… forse ho parlato troppo. Spero non inizino a fischiare le orecchie a nessuno.”

“No, non ti preoccupare. Non avevo dubbi nemmeno sul nostro ex ‘dirimpettaio’. Siete stati entrambi molto gentili a dedicare il vostro tempo a me e ai miei ‘grovigli interiori’, come tu stesso li hai definiti.”

“Non sono uno strizzacervelli e non ci capisco molto di queste questioni intricate.”

“È il pensiero che conta. Lo apprezzo molto Konoha-san. Davvero.”

“Oh! Chiamami Akinori una buona volta.”

“Va bene.”

“Ora devo andare. A breve comincerà un pallosissimo Master on-line. Fai il bravo, Keiji.”

“Sempre, Kon- ehm… Akinori-san.”
 
 
L’editore non faticò ad immaginare il suo ex compagno di squadra ai gloriosi tempi della Fukurōdani intento a schiaffeggiava bonariamente la fronte come a indicare che per lui non c’erano speranze in termini di cortesia. Akaashi era esattamente quello che lo avrebbe interpellato sempre con tutte le onorificenze del caso, che gli piacesse o meno. Eppure, com’era potuta venir fuori tanta educazione da una famiglia così dispersiva quanto lacerata? Come aveva potuto un ragazzo tanto giovane costruirsi sin dall’infanzia le basi su cui fondare le proprie idee e i propri valori? Perché non aveva mai chiesto un aiuto concreto a nessuno prima di allora?
 
 
***
 

Quello stesso pomeriggio Keiji decise di fare una breve passeggiata per le vie del centro, prima di dedicarsi alla spesa settimanale nel solito konbini di fiducia. Lo aveva sempre preferito a qualunque grande catena di supermercati presente all’interno dei più fastosi centri commerciali dei quartieri limitrofi. Qualche volta si concedeva uno strappo alla regola per accontentare Kōtarō, ma ogni volta che accadeva doveva spesso impegnarsi per recuperarlo all’interno dei negozi più bizzarri o dopo essere stato prontamente accerchiato da un gruppo di ammiratori che chiedevano insistentemente selfie e autografi. Era capitato anche di avere a che fare con tifoserie opposte, ma fortunatamente la riconoscenza dei meriti sportivi aveva sempre prevalso sulle “ostilità” dovute ai colori di bandiera.
Per non parlare delle promoter che lo bloccavano ogni dieci metri, delle code per poter accedere a particolari reparti rinomati, della fila alla cassa, delle casse automatiche che ripetevano la parola “yen” fino alla perdita della pazienza... No, quello sprazzo di vita moderna e claustrofobica non faceva sicuramente per lui, nemmeno a livello economico. Non che se la passasse male, ben inteso; ma tra le poche nozioni che ‘Mister Akaashi’ era riuscito a trasmettergli quando ancora frequentava le scuole elementari, vi era stata l’attenzione al risparmio. “Un imprenditore di successo deve sempre partire da un uso discreto del proprio denaro.”
Già. E anche del proprio tempo in famiglia.

Comprò il necessario per sé sino al rientro di Bokuto, predisponendo con largo anticipo il prossimo tour di commissioni utili a riempire al meglio la dispensa e il frigorifero. Non avrebbe mai consentito al compagno di rimproverargli mancanza di accortezza nei suoi riguardi. E in effetti non era mai successo da quando si erano conosciuti.
Una volta tornato nei pressi della sua abitazione, fu attratto dal brusio proveniente da un cespuglio posto pochi passi addietro. Si voltò per capire se si trattasse di qualche gatto attirato dall’odore della carne e del pesce che aveva appena acquistato, ma non percepì più nulla. Pensò che di qualunque animale si fosse trattato – si rifiutò da principio di considerare un’eventuale aggressione –, non vi era più alcun rischio che potesse essere interessato a lui e ai suoi recenti acquisti.
I pensieri presero rapidamente pieghe differenti nel momento in cui Keiji udì uno starnuto piuttosto fragoroso provenire proprio dallo stesso punto da cui aveva sentito il brusio di poc’anzi. L’ipotesi precedentemente scartata a priori cominciò a farsi largo tra le sue emozioni e le sue incertezze più recondite. Si rivoltò lentamente verso l’ingresso, sperando che si potesse trattare semplicemente dei figli dei vicini che si erano ritrovati per giocare assieme, come un tempo.
Il cespuglio tornò a muoversi, questa volta con maggior fragore e intensità.
Quanto può resistere un bambino nascosto lì dentro con questo freddo?

Keiji sospirò, pensando che probabilmente ci fosse bisogno di dare una mano. Lasciò temporaneamente le tre buste della spesa sul pianerottolo e si avvicinò nuovamente al punto incriminato. Qualcosa che poteva rassomigliare vagamente a un ragazzino in età da scuole medie comparve senza preavviso a una manciata di metri da lui, facendolo sobbalzare due passi indietro. Per un istante pensò a Hinata, ma dati i suoi impegni e il colore dei capelli decisamente più scuro, scartò all’istante quell’ipotesi. Una lunga chioma color pece fece capolino sotto un buffo berretto rosso con un pon pon bianco sporco. Unico dettaglio di colore di un outfit caratterizzato da colori che andavano dal grigio dei jeans al total black degli scarponcini e della giaccia imbottita.

“Udai-san!”

“... Tenma! In persona.”.

Era già la seconda volta nell’arco della stessa giornata che si sentiva rimproverare il fatto di utilizzare troppo spesso le onorificenze per chiamare dei suoi quasi coetanei. Decise di non dare troppo seguito alla questione limitandosi ad annuire per poi trincerarsi dietro al sincero desiderio di comprendere cosa lo avesse spinto a venir fin sotto casa sua arrivando persino a sorprenderlo in quel modo strampalato.

“Si può sapere perché ti è venuta la folkloristica idea di saltare fuori da un cespuglio in quel modo?”

Folkloristica? Mi piace come parola! La userò in uno dei miei prossimi balloon!”

“A proposito... stamattina ho lavorato sulle ultime tavole che mi hai mandato.


Udai si avvicinò a lui con fare circospetto. Nascose le mani dietro la schiena e iniziò a osservare il proprio editore al pari di una nuova rarissima specie animale appena classificata. Finì poi per sollevarsi rimanendo in posizione eretta, portando le mani ai fianchi e mettendo in mostra un sorriso fiero assieme a uno sguardo carico di aspettativa.

“Mi manca un pezzo! Si tratta di una parte fondamentale senza la quale... beh, non posso andare avanti.”

Finse un’espressione esageratamente contrita, seguita da un lungo sospiro sommesso e dall’inclinazione dall’alto verso il basso del capo. Dava l’impressione di voler imitare quegli anziani intenti a raccontare ai nipoti quanto fosse stata diversa e complessa la vita ai loro tempi mentre se ne stavano seduti sulle panchine dei principali parchi pubblici edochiani.
Akaashi lo studiò con fare perplesso, cercando di comprendere quanto prima cosa stesse cercando di chiedergli in maniera piuttosto palese, seppur ancora indiretta.

“Potresti spiegarti meglio?”

Tenma si sforzò di tossire nel vano tentativo di darsi un tono di fronte al suo fidato ed esigente collaboratore. Socchiuse gli occhi per poi riaprirli puntando direttamente sul suo volto ancora incerto. In un certo senso gli ricordava lo stesso Bokuto ai tempi in cui tentava di spronare Tsukishima a non considerare la pallavolo al pari di un ‘club’ e nulla più. Il ché non sapeva ancora se classificarlo come un bene o una scocciatura.

“Tu ti ricordi ancora che il protagonista della mia nuova serie è un ‘asso del volley’, non è vero?”

“E come potrei dimenticarmelo visto che l’idea ti ha folgorato proprio il giorno in cui siamo andati ad assistere assieme al match Black Jackals contro Schweiden Adlers?”

“Esattamente. Il punto è che per quanto riguarda l’asso in sé non ho particolari problemi. Ho bisogno di capire come si muove un... beh, un alzatore.”

Keiji rimase senza parole per quella richiesta che lo riportò indietro negli anni riavvolgendo automaticamente quel nastro emotivo che continuava a scorrere in avanti. Prima che la nostalgia – o qualcosa di molto simile – potesse sorprenderlo contro la sua imminente volontà, pensò a una strategia con cui poter porre rimedio a ciò che di lì a poco il suo sensei avrebbe cercato di chiedergli. O per lo meno, questo era ciò che temeva in cuor suo.

“Giusto. Beh, se vieni dentro ti posso mostrare alcune rivisti di Bokuto sulle quali ci sono diverse immagini di Miya Atsumu o Kageyama. Sicuramente ci saranno anche gli alzatori delle altre squadre di prima divisione e-”

“Ma sono statiche. Ho bisogno di qualcosa di più... dinamico.”

L’editore si preoccupò di raccogliere le buste abbandonate sull’uscio di casa pochi minuti prima. Era talmente sovrappensiero che realizzò solo in un secondo momento di non poter aprire in autonomia la porta con le braccia impegnate a quel modo. Senza voltarsi cercò d’intuire se Udai fosse ancora in attesa di un responso a quell’assurda richiesta. Si accorse che non gli aveva minimamente tolto gli occhi di dosso, portandolo a sentirsi alquanto imbarazzato e sotto torchio.

“Udai- ehm... Tenma. Potresti gentilmente prendere le chiavi di casa dalla tasca sinistra della mia giacca e aprire la porta? Io farei un po’ di fatica...”

Avvertì i suoi passi avvicinarsi lentamente, sino a quando non si ritrovò la sua minuta figura a pochi centimetri dalla spalla. La differenza d’altezza era sempre stata considerata eccessiva da entrambe le parti, per quando non si fossero mai soffermati a discutere di dettagli insignificanti e irrevocabili di quel genere.
I grandi occhi scuri del maggiore non smisero di tormentare i pensieri del più giovane, nemmeno mentre si dedicava a mettere in pratica il favore che gli aveva appena chiesto, seppur con una certa velocità flemmatica.

“I surgelati si stanno scongelando.”

“Vedrai che sopravvivrai anche a questa terribile incombenza, mio adorato editore.”

Udai-san, stai facendo riferimento ai surgelati o al mio ex ruolo di setter?
Una volta varcata la soglia di casa, fu lo stesso mangaka a preoccuparsi di accendere la luce e di aprire le finestre, mentre l’editore sistemava i viveri tra frigorifero e dispensa. Qualcosa doveva essere preservato anche all’interno del mobile del salotto, onde evitare che Kōtarō al suo rientro finisse per divorarsi qualsiasi cosa gli potesse capitare a tiro.
Tenma si avvicinò ad una confezione di onigiri rimasta sul piano della cucina e cominciò a preoccuparsi di toglierne l’involucro protettivo. Non appena Keiji se ne rese conto, strabuzzò gli occhi per la sorpresa e la contrarietà provata dinnanzi a un affronto tanto peccaminoso nei suoi riguardi.

“Mi stai provocando, Udai-san?”

Pronunciò quel nome con le consuete rimostranze del caso, con l’unico obiettivo di riuscire a provocarlo a sua volta. Allungò una mano per recuperare l’agognato bottino culinario; nello specifico, il suo piatto preferito. E questo il suo collega lo sapeva bene.

“Posa per me.”

Cosa?!
L’espressione letteralmente terrorizzata dell’ex alzatore costrinse Tenma a ridimensionare la sua richiesta, invitandolo implicitamente a cercare di scendere in quei particolari che avrebbero potuto aiutarlo a riscoprire un passato che aveva deciso di accantonare allo scopo di non tornare a soffrire. O almeno questo è ciò che era arrivato a fargli intendere poco tempo prima che la sua stessa ansia generalizzata lo travolgesse in toto, costringendolo – finalmente – a un riposo forzato e dovuto.

“Non ti sto chiedendo di spogliarti, non devo realizzare dei busti in marmo. Ho semplicemente bisogno di vedere un’alzata dal vivo. E no, non mi chiedere di guardare foto di Kageyama o di Miya perché non lo farò.”

“Ma perché?”

“Perché so che anche tu ne hai dannatamente bisogno. Scusami tanto, ma la tua psicologa non ti spinge in qualche modo a rivalutare il tuo passato?”

Keiji si tolse la giacca e l’appoggiò sullo schienale della stessa sedia sulla quale decise di stanziarsi nel tentativo di riprendere in mano le redini della situazione, calmarsi e capire più minuziosamente cosa stesse cercando di proporgli il suo piccolo mangaka dall’enorme fantasia. L’idea che si stesse paragonando a una professionista per quel che concerne la salute mentale non lo aveva minimamente sfiorato, ragion per cui non riusciva ancora a focalizzarsi su quelle che erano le reali intenzioni celate dietro quell’assurda richiesta.
Sollevò il capo cercando lo sguardo dell’altro. Ancora una volta rimase ammaliato dalla sua accesa determinazione che lo portò a evitare di porsi in contrasto con lui. Poggiò il mento sul palmo della mano e accavallò le gambe in maniera elegante, come era solito fare tutte le volte in cui preferiva evitare di apparire eccessivamente teso al cospetto altrui; specie quando si trattava di persone che lo conoscevano sufficientemente bene da poter identificare al meglio la realtà del suo stato d’animo perennemente in subbuglio.

“Che cosa dovrei fare? Infilarmi la vecchia divisa della Fukurōdani e mettermi a palleggiare in giardino?”

“E se te lo chiedesse Bokuto?”

Se Udai avesse potuto avvicinarsi al suo petto avrebbe potuto facilmente constatare quanto il battito del suo cuore fosse accelerato nel giro di poche frazioni di secondo. Le parole formulate sottoforma di domanda dalla risposta piuttosto scontata erano riuscite inesorabilmente ad abbattere qualsiasi barriera difensiva stesse cercando di tenere in piedi contro l’inconsueta vivacità del suo sensei. Tornò a sedere con la stessa aria di chi era in procinto di affrontare l’esame orale più importante del semestre accademico, tenendo gli occhi puntati su quel pavimento che non si era mai dimenticato di lustrare nemmeno durante i giorni di convalescenza.

“Questa è molto più di una semplice provocazione, Tenma!”

“Lo so, forse ho toccato un tasto un po’ troppo personale, ma sono sicuro che sia quello giusto per convincerti ad aiutarmi come vorrei.”

“Hai parlato direttamente con lui, non è vero?”

Udai prese un’altra sedia posta contro al tavolo della sala da pranzo e la usò per sedersi esattamente di fronte al suo editore di fiducia. Una risorsa della sua vita che era molto più di un semplice collega di lavoro e al quale aveva imparato a voler bene quasi come a un fratello da dover difendere a ogni costo.
Quando aveva saputo del suo esaurimento nervoso si era sentito talmente responsabile dell’accaduto da non aver avuto il coraggio di andare a trovarlo in clinica per diversi giorni. E anche nel momento in cui trovò la forza per recarsi al suo capezzale, non fu affatto semplice.

“In realtà mi ha chiamato proprio lui.”

“E cosa ti ha detto?”

Keiji cominciò a supporre che gli avesse intimato di lasciarlo riposare fino al termine della terapia o qualcosa del genere. Ma doveva esserci sicuramente dell’altro se Tenma era arrivato a chiedergli di tornare indietro nel tempo con il pretesto di aver bisogno della figura di un (ex) setter a portata di mano.

“Abbiamo parlato un sacco. Diciamo che lui è partito subito in quarta col dire che non dovrei disturbarti per questioni lavorative e cose di questo genere. Da lì ho colto la palla al balzo per chiedergli come stessi, dato che ti conosciamo bene e sappiamo quanto facilmente tu tenda a dire che ‘è tutto a posto’ giusto per non farci stare in pensiero. Mi ha parlato dello scopo della terapia, mi ha raccontato qualcosa sulla tua famiglia e di quanto sia convinto che il lavoro c’entri fino a un certo punto con quello che ti è cpaitato. Poi si è stranamente scusato... Sai, mi ha colpito molto quando ha detto che doveva pur trovare qualcuno con cui prendersela, visto che tuo padre è praticamente irraggiungibile. Sì, ok... ho detto troppe cose tutte insieme, ma questo è stato il vero succo della nostra lunga telefonata. Non ti arrabbiare, per favore.”

“Bokuto-san...”

Akaashi chiamò il proprio compagno con un filo di voce praticamente impercettibile. Il suo sguardo era perso nel vuoto, in un punto indefinito posto alle spalle del suo interlocutore.
Udai si sentì nuovamente responsabile della proprie parole, offuscato dal timore di non essere stato affatto delicato per quel che poteva riguardare determinate questioni private e familiari.

“Hey Akaashi-san! Che ne dici di posare per me assieme a Bokuto? Dovrebbe rientrare per il tuo compleanno o sbaglio?”

Il mio compleanno?
Keiji aveva realmente scordato che di lì a un paio di giorni avrebbe compiuto gli anni. E ben ventitré.

“Sì. Ha insistito parecchio con il suo allenatore per poter essere qui. Spero che non faccia stupidaggini.”

“Per amore si fanno sempre stupidaggini.”

“Sì, ma Bokuto è particolarmente specializzato in questo.”

“Allora vorrà dire che è particolarmente innamorato.”

Keiji puntò gli occhi nei suoi e lo squadrò come se gli avesse appena rivelato la cosa più insolita del mondo. Nonostante fossero passati anni e Kōtarō si fosse palesemente – e goffamente – dichiarato più volte e in modalità differenti, ancora faticava ad accettare che i suoi sentimenti fossero corrisposti da una persona tanto speciale. Tutte le volte che qualcuno o qualcosa osava ricordarglielo, scoppiava a piangere come un bambino dinnanzi ai complimenti della propria maestra prediletta.
Le sue guance divennero rosse quanto il berretto dall’aria natalizia che Udai teneva tra le mani. Quest’ultimo sorrise, mentre si sforzò un’ultima volta di comprendere quali fossero in definitiva le sue intenzioni.

“Dunque, cosa ne pensi della mia proposta? L’ultima che ho fatto, intendo.”

“Se Kōtarō sarà d’accordo, accetterò.”

“Lo sapevo... lo sapevo! Sei un grande, Akaashi-san!”

“A proposito, io sono Keiji.”

“Lo terrò bene a mente!”
 
 
 
 
… Io un confine non lo so vedere
Sai che non mi piace dare un limite, un nome alle cose
Lo trovi pericoloso e non sai come prendermi, mi dici
Ma non so se ti credo
Senza tutta questa fretta mi ameresti davvero?
Mi cercheresti davvero?
Quella forte, sì, però anche quella fragile…










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Capitolo 4: Rosso.
Capitolo in cui i toni sembrano finalmente risollevarsi, a partire dal significato positivo che si può attribuire al colore rosso in sé. Mi sono divertita a far interagire Akaashi con i suoi migliori amici, a cominciare dal buon Konoha che tutto sa e nulla pretende (sono stata a lungo indecisa rispetto al fatto di usare lui o Kuroo, ma siccome quest’ultimo è stato spesso presente nelle mie #BokuAka, ho optato per l’ex numero 7 della Fukurōdani).
Come vi avevo preannunciato nelle NdA del precedente capitolo, presto arriverà Bokuto (nel prossimo capitolo, che secondo i miei piani dovrebbe concludere il tutto). Ma se proprio vogliamo dirla tutta, lui è perennemente presente nella vita del suo Keiji mediante il preziosissimo aiuto degli amici in comune, compreso il nostro “Signor Piccolo Gigante” (cit. Hinata XD). Il nostro Tenma sembra aver parzialmente accantonato i propri sensi di colpa nei confronti dell’editore a seguito della lunga telefonata intercorsa con l’asso dei BJ. C’è da dire che l’idea di far tornare Akaashi “setter per un giorno” non è stata di Kōtarō, ma siamo anche abbastanza certi del fatto che il nostro eroe non disapproverà. Del resto “your tosses are the best” non è mica stato detto tanto per dire! Stay tuned! :)

Il titolo generale della mini-long riprende quello della nota canzone di Elisa ‘Anche fragile’ (della quale riporto la seconda strofa al termine del capitolo).
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua!

Al prossimo capitolo,


Mahlerlucia
 
 
 


 
   
 
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