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Autore: ChrisAndreini    21/12/2020    3 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Nuove e vecchie conoscenze 

 

Martedì 30 Luglio 

Ultimamente Amabelle era rimasta un po’ da parte nell’operazione Matchmakers.

I motivi erano molteplici: innanzitutto, aveva avuto parecchi esami, e lei non era una grande studiosa, ma l’università costava, e iniziava a sentirsi in colpa per tutto quello che spendeva sua madre per tenerla immatricolata lì.

Poi non riusciva a non pensare al litigio avuto con Norman, che non l’aveva neanche salutata prima di partire, e non si faceva sentire da allora, almeno non con lei.

Infine, passava quasi tutto il suo tempo libero a casa di Petra intenta a giocare con Lottie.

…quello era il motivo principale.

Solo che quella cagnolina era troppo carina, adorabile e divertente, e poi le stava insegnando qualche giochino, e adorava darle dei biscottini che la facevano tanto contenta!

Insomma, passava la maggior parte del suo tempo in casa Hart, ultimamente.

Soprattutto dopo la morte di Fallon, che aveva abbattuto i fratelli Hart, Felix e anche Amabelle.

Dei quattro era quella meno colpita, ma era stato un duro colpo anche per lei. Era parte della famiglia, dopotutto, e a volte si ritrovava ad entrare in casa e a guardarsi intorno aspettandosi che arrivasse scondinzolando pronta ad accoglierla.

Le mancava davvero tanto.

Comunque, era quasi Agosto, e Amabelle aveva tutta l’intenzione di ricominciare i piani, ancora più combattiva di prima.

A cominciare da Felix e Mirren, che finalmente erano tornati amici, ma dovevano diventare qualcosa di più entro la fine di Agosto!

-Non ci pensare neanche!- Petra, che al momento era seduta accanto a lei sul divano della sala, mentre vedevano alcune puntate di Gorgeous, si girò verso di lei per lanciarle un’occhiata penetrante.

-Pensare a cosa?- Amabelle le fece un sorriso innocente, ma Petra ormai la conosceva troppo bene per cascarci, e le afferrò prontamente le manette che si portava sempre appresso e che aveva inconsciamente iniziato a rigirarsi tra le dita.

-Non ammanetterai Mirren e Felix! Sono appena tornati amici ed è meglio non rischiare che litighino di nuovo- Petra diede segno di conoscerla fin troppo bene, e nascose le manette in tasca per tenerle fuori dalla portata dell’amica.

Onestamente, non era un buon piano, perché Amabelle non si sarebbe fatta alcuno scrupolo ad infilarle le mani in tasca per recuperarle, ma dettagli.

Si limitò a sbuffare, e crollò con la testa sulle gambe di Petra, portando la mano sulla fronte in una posa melodrammatica.

-Tray, mia fantastica e meravigliosa amica, davvero non vuoi aiutarmi? Mi sei rimasta solo tu! Tutti coloro a cui tenevo mi hanno abbandonata!- esclamò, enfatica, facendo gli occhioni da cucciolo.

-Non possiamo ammanettare Mathi e Denny?… o Clover e Diego?… o Max e Sonja? Sì! Adori Max e Sonja!!- Petra provò a venirle incontro, arrossendo appena ed evitando il suo sguardo.

-Mathi si sa togliere dalle manette, Clover mi ammazzerebbe, Max… onestamente sono molto confusa con lui. Sonja è la ragazza perfetta, non ci sono dubbi al riguardo, ma Manny… non è male. Mi piace. Alla serata film è stato davvero simpatico e gentile. Sembra perfetto anche lui. Non so, sono confusa- ammise, abbandonando la scenetta drammatica ma restando ancora appoggiata sulle gambe di Petra.

-Tu confusa? Perché, è possibile?- la prese in giro Petra, sempre senza guardarla.

-Antipatica!- Amabelle le fece una linguaccia, e alzò la testa, tornando seduta come le persone normali.

Petra sembrò un misto tra sollevata e delusa, ma Amabelle non ci fece caso.

Continuò con il suo piano.

-Insomma, Max per il momento può passare. E poi Clover e Diego stanno ancora insieme. Quindi mancano solo la Ferren e la Mathenny!- fece il punto della situazione.

-E Mathi esce dalle manette- Petra sbuffò -Puoi abbandonare l’idea delle manette o utilizzarle per qualche altra coppia futura?- provò ad andarle incontro, poco convinta.

Amabelle ebbe qualche istante di esitazione.

Poi si convinse a farle una importante domanda.

-Tu ti arrabbieresti se venisse ammanettata con qualcuno?- chiese, ripensando alla passeggiata nel parco quando Petra le aveva confessato di volere una relazione.

Ad essere onesta, quello era un altro motivo per cui aveva accantonato per un po’ l’operazione Matchmakers.

La sola idea di accoppiare Petra a qualcuno le faceva battere il cuore fortissimo, e le provocava mal di stomaco.

Non voleva che Petra si mettesse con qualcuno.

…ma non voleva neanche mettercisi lei.

Sì, era una contraddizione abbastanza grossa, ma Amabelle era fatta così: una contraddizione vivente.

E pessima nei rapporti romantici personali.

-Se provi ad ammanettarmi a qualcuno per mettermi insieme a quella persona ti tolgo il saluto- la minacciò Petra con occhi che mandavano scintille, facendo tirare un sospiro di sollievo al cuore di Amabelle.

L’operazione MatchPetra era accantonata, acciderbolina, non ci voleva, oibò! Sarà per la prossima volta.

Aspetta, Amabelle poteva approfittarne per convincerla ad andare avanti con il piano principale.

-Beh, se non vuoi le manette per te, accetterai la mia idea di accoppiare Felix e Mirren?- le si avvicinò speranzosa, fino a starle a pochi centimetri di distanza dal viso.

Non era un evento raro. Amabelle si avvicinava così con tutti quelli che tentava di convincere a fare qualcosa, ma in quel momento, con Petra, all’improvviso si rese conto di quanto intimo fosse come gesto, e delle guance sempre più calde e arrossate dell’amica, che aveva sgranato gli occhi ma non si era ritirata.

E Amabelle fu quasi in procinto di baciarla.

Era dal compleanno di Petra che questo pensiero la colpiva nei momenti più strani.

Voleva baciarla con tutta sé stessa, ammettere i suoi sentimenti, baciarla di nuovo, stare con lei per il resto della sua vita.

-Amabelle…- Petra però la scansò leggermente, interrompendo le intenzioni della rossa.

-Uh?- per la ragazza scansata fu come svegliarsi da una trance.

E si ritrovò ad arrossire a sua volta, diventando dello stesso colore dei suoi capelli.

Petra aprì la bocca per dire qualcosa, sembrava determinata e un po’ spaventata.

Ma prima che potesse proferire parola, una persona inaspettata fece la sua entrata trionfale e rumorosa nella stanza, rompendo il momento intimo delle due ragazze.

-Hey, belle! Come va?- chiese la voce allegra di Felix.

La reazione di Amabelle e Petra fu istantanea.

Rimasero così prese in contropiede che entrambe presero il primo cuscino nelle vicinanze e lo lanciarono con forza contro Felix, colpendolo con precisione millimetrica in faccia e sullo stomaco, e facendolo quasi cadere a terra.

-Woo! Ho forse interrotto un momento intimo?- suppose il ragazzo, riprendendosi appena in tempo.

…solo per venire di nuovo colpito da numerosi altri cuscini, finendo definitivamente al tappeto.

-Che diavolo ci fai qui?! Chi ti ha fatto entrare?!- chiese Petra, in tono acuto e guance scarlatte.

In effetti era strano che fosse lì, dato che le uniche persone in casa erano lei e Amabelle… e Bonnie, che però difficilmente avrebbe aperto la porta a Felix.

-Mirren mi ha chiamato per chiedermi un passaggio per la scuola guida dato che più tardi deve fare l’esame di teoria. Ho pensato fosse l’ideale aspettarlo qui. Oh, state vedendo Gorgeous? Se mi fate un riassunto delle prime tredici stagioni mi aggrego volentieri- dopo essersi alzato e aver recuperato i cuscini, Felix spiegò la situazione e si buttò sul divano accanto ad Amabelle, osservando la televisione che nel frattempo aveva continuato a mostrare la soap opera super trash.

-Potrei chiamare la polizia e farti arrestare per violazione di domicilio- gli fece notare Petra, fulminandolo con lo sguardo.

-Suvvia, sono un ospite- 

-Entrato senza neanche bussare!- 

-In realtà ho bussato, mi ha aperto Bonnie, e mi ha richiuso la porta in faccia, così sono entrato dal retro- spiegò Felix, alzando gli occhi al cielo nel pensare alla matrigna di Mirren.

Questo zittì Petra, che sbuffò.

-Ti accetto solo perché Bonnie non ti voleva in casa- cedette infine, prendendogli un cuscino dalle mani e stringendolo al petto mentre tornava concentrata sul film.

-Allora, cosa è successo a Pablo e Francisca?- chiese Felix, mettendosi comodo.

-Al momento Pablo è morto, Francisca è impazzita, e Angelica è incinta del figlio di Barone dopo esserci stata insieme al matrimonio tra Kyle e Contessa- riassunse brevemente Amabelle, ritornando a sua volta concentrata sulla televisione.

Felix rimase qualche secondo in silenzio, cercando di capire la trama.

Poi si alzò, scuotendo la testa.

-Ci rinuncio, è troppo complicato per la mia mente inferiore- si arrese, sistemando i cuscini e dirigendosi verso l’uscita.

-Dove vai?- chiese Petra, tenendolo sotto controllo poco convinta.

-Mi faccio una passeggiata in giardino. Magari prendo un po’ di sole con Bonnie. Prima l’ho vista andare verso la legnaia a cercare il lettino- spiegò, alzando le spalle.

Amabelle e Petra si alzarono di scatto dal divano, spaventate.

-La legnaia?!- chiesero insieme, in tono acuto, facendo sobbalzare Felix, che non si aspettava tale enfasi.

Subito dopo, accaddero due cose nello stesso istante: 

La porta d’ingresso si aprì, facendo entrare Mirren e il signor Hart appena tornati da lavoro;

Un urlo fastidioso e ormai parecchio familiare a tutti interruppe la quiete rimasta fino a quel momento.

Petra fu la più veloce, e corse in giardino prima ancora che Amabelle e Felix si rendessero conto di cosa fosse successo.

Ma si affrettarono a seguirla, insieme a Brogan e Mirren.

Appena usciti dal retro, le paure di Amabelle e Petra si rivelarono realtà.

Bonnie aveva una scopa in mano, e stava cercando di cacciare e schiacciare un’agitatissima e spaventatissima Lottie come se fosse un topo.

-Fermati immediatamente!- Petra era scattata verso la matrigna con riflessi invidiabili, e le aveva afferrato la scopa per fermarla.

La cagnolina, rendendosi conto di essere per il momento fuori pericolo, corse con tutta la forza che le permettevano le sue piccole gambe verso il gruppetto appena arrivato, e diede prova di essere parecchio intelligente puntando la persona più alta e grossa che potesse proteggerla e saltandole addosso.

La persona si rivelò essere Felix, che la afferrò al volo e la strinse al petto, confuso ma comunque reattivo.

-Bonnie, tesoro, cosa succede?- chiese il signor Hart, cercando di fermare la moglie e la figlia che sembravano in procinto di alzare le mani una sull’altra.

-Quel…coso! Ha fatto nido nella legnaia! E mi ha aggredito appena ho provato ad entrare!- spiegò Bonnie, in tono così acuto che irritava le orecchie, e occhi colmi di lacrime.

-Lottie non è violenta!- obiettò Amabelle, mettendosi davanti a Felix che teneva ancora il cane in braccio e stringendo i pugni, combattiva.

-Aspetta un momento… questo cane è vostro?- chiese Felix, sottovoce, sorpreso.

-Avete ospitato questa creatura senza dirlo?!- esclamò Bonnie, esageratamente scioccata, indicando Amabelle e spostando tutta l’attenzione su di lei.

…ops.

-L’abbiamo accolta qualche settimana fa, le stavamo cercando una sistemazione. Ma non ha dato fastidio a nessuno, e Amabelle ha ragione, non è violenta! Non ha neanche la possibilità di essere violenta! È una cucciola!- Petra prese le difese di Charlotte e deviò l’attenzione di tutti su di lei.

-Cerchiamo di calmarci e proviamo a parlarne con calma- Brogan provò ad abbassare i toni, conciliante.

-No no no no no no! Io non mi calmo! I tuoi figli sono incontrollabili, e cercano sempre di trovare nuovi modi per darmi fastidio! Non mi rispettano e hanno ospitato quel coso solo per…- Bonnie era fuori di sé dalla rabbia, ma una voce ferma, all’apparenza calma ma ancora più irritata di lei, la interruppe.

-Io non ne sapevo assolutamente niente!- obiettò Mirren, che per tutto il tempo era rimasto completamente in silenzio, immobile e impassibile.

-Lo trovo davvero difficile da credere. È ovvio che voi due avete cospirato contro di me- Bonnie non gli credette neanche per un istante, e continuò la sua sfuriata.

Mirren si limitò a scuotere la testa, lanciare un’occhiata offesa verso Petra, e rientrare, ignorando completamente la situazione.

-Non darmi le spalle, giovanotto!- furiosa, Bonnie lo seguì, stizzita.

-Sarà meglio fare una riunione di famiglia per decidere il da farsi- Brogan, abbattuto, seguì la moglie e il figlio e fece cenno a Petra di fare altrettanto.

Sospirando, Petra acconsentì, e diede una veloce carezza a Charlotte prima di rientrare.

In giardino rimasero solo Amabelle, Felix, e il cane che quest’ultimo teneva ancora tra le braccia.

-Cosa è successo?- chiese Amabelle, confusa.

Era stato tutto troppo veloce perché capisse esattamente la dinamica e le conseguenze.

Felix sospirò, e le diede il cane.

-Perché non l’avete detto a Mirren?- chiese, in tono grave.

E se Felix era serio, significava che qualcosa davvero non andava.

Amabelle almeno ebbe l’accortezza di assumere un’espressione dispiaciuta.

-Mirren era già abbastanza nervoso dato che avevate litigato, e dopo quello che è successo a Fallon non sapevamo come approcciare l’argomento- si giustificò, stringendo la cagnolina adorabile e tremante tra le braccia.

Felix sospirò, nervoso.

-Il tempismo è tremendo. Non credo che Mirren se la senta di accogliere un altro cane in famiglia- ammise, incrociando le braccia e lanciando un’occhiata triste verso la casa.

Amabelle impallidì.

Entrambi sapevano come andavano le riunioni di famiglia a casa Hart: si metteva ai voti e la maggioranza vinceva. Di solito Mirren e Petra si coalizzavano, il signor Hart si asteneva, e Bonnie era in minoranza.

Ma in quel caso…

-Se Mirren va contro Petra, è finita!- esclamò, inorridita alla sola idea.

Poi le venne un colpo di genio.

-Parlaci tu!- suggerì a Felix, avvicinandosi e guardandolo con occhi da cucciolo.

-Che?! Stia scherzando? Non ho intenzione di manipolare Mirren per te, te lo scordi!- lui si tirò immediatamente indietro, metaforicamente e fisicamente.

-Non ti sto chiedendo di manipolarlo, solo di chiedergli di avere una mente aperta. Se lo chiedi tu ti ascolterà- insistette la ragazza, disperata.

-O mi mollerà- borbottò Felix, tra sé.

-In che senso?- Amabelle piegò la testa.

-Come amico!-si affrettò a spiegare Felix, un po’ agitato -Abbiamo fatto pace da poco, tienimi fuori. Avreste dovuto pensarci prima, tu e Petra- scosse la testa e le diede le spalle per rientrare e aspettare la fine della riunione di famiglia per accompagnare Mirren all’esame.

-Ti supplico, Felix! Tengo tantissimo a Lottie. Farò tutto quello che vuoi!- Amabelle lo fermò prendendogli il braccio, e Felix si bloccò sui suoi passi.

-Qualsiasi cosa?- chiese, intrigato.

Amabelle esitò un attimo, ma non aveva tempo da perdere, e Lottie era più importante di qualsiasi suo eventuale piano da matchmaker.

-Sì, qualsiasi cosa!- promise -Parola di scout!- aggiunse poi, sapendo che dicendo così, Felix avrebbe capito la sua serietà.

-Uff, ci tieni davvero, eh?- il ragazzo sospirò, e si girò verso Amabelle.

-Va bene. Promettimi che non cercherai mai di ammanettare me e Mirren insieme!- dettò le sue condizioni.

Era davvero una richiesta importante, ma Amabelle, sebbene molto a malincuore, acconsentì.

-Va bene. Non cercherò di ammanettarvi. Sai di chiedermi tanto, vero?- gli fece presente, a denti stretti e con voce drammatica.

Felix ridacchiò leggermente.

-Oh, lo so. Provo a parlare con Mirren prima dei voti- Felix fece un occhiolino ad Amabelle e rientrò in casa, lasciandola lì fuori con Lottie.

Amabelle sapeva di non poter fare altrettanto. Felix era praticamente uno di famiglia da sempre, Amabelle era solo un’amica di Petra.

Giocò un po’ con il cane e rimase in attesa di novità per circa una mezzoretta, ma alla fine, Petra uscì dalla porta sul retro.

Amabelle si alzò di scatto dall’altalena dove si era seduta mentre aspettava e la guardò spaventata.

Dopo qualche secondo di silenzio, Petra le sorrise, e annuì appena.

Fu il turno di Amabelle di urlare, ma questa volta per la gioia, e corse verso l’amica per gettarle le braccia al collo.

Petra ricambiò l’abbraccio e la sollevò leggermente facendole fare un giro di gioia.

Avevano vinto! 

Lottie sarebbe rimasta a casa Hart a tempo indeterminato.

Ora dovevano solo stare attente a Bonnie.

 

Giovedì 1 Agosto

Felix voleva fumare. 

Non riusciva a spiegare quanto gli premessero le mani per prendere una sigaretta e mettersela tra le labbra, ma erano troppi i motivi per cui non poteva permettersi di cedere alla debolezza.

Innanzitutto aveva un colloquio di lavoro e arrivare puzzolente di fumo davanti al direttore della galleria d’arte non sarebbe stato un buon biglietto da visita.

Secondo, stava ancora cercando di smettere, e secondo il piano d’azione di Mirren a quel punto dell’anno aveva il limite di una sigaretta ogni due giorni.

Terzo, e motivo più importante, Mirren odiava l’odore del fumo, e tra le regole che avevano iniziato a stilare, c’era che non erano permessi baci se Felix aveva in bocca quella puzza.

E quella sera era a cena dagli Hart, quindi aveva tutta l’intenzione di non dare a Mirren motivo di non baciarlo, anche se di nascosto.

Non credeva che fosse possibile per lui essere così felice.

Non era una persona indirizzata verso la depressione o la tristezza, anzi, Felix si considerava un ragazzo fondamentalmente ottimista, ma era anche parecchio romantico, e sapere di essere in una relazione con il grande amore della sua vita che non credeva l’avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti era motivo di una gioia infinita.

E poi Mirren si stava rivelando molto più aperto di quanto Felix si sarebbe aspettato.

E Felix era la persona che lo conosceva meglio, a mani basse, quindi era un fatto ancora più sorprendente.

Insomma, dopo un mese di leggera depressione, attacchi continui, e incertezza sul futuro, la sua vita stava procedendo a gonfie vele.

Anche se quel giorno era preoccupato, dato che aveva il colloquio di lavoro.

Ergo, il nervosismo gli stava facendo venire voglia di fumare.

Perché, nonostante le rassicurazioni di Tyson, Felix non era molto convinto che il direttore l’avrebbe assunto sul posto. 

-Felix, puoi entrare- Tyson, che l’aveva scortato all’ufficio, lo richiamò per farlo entrare, distogliendo il ragazzo dei suoi pensieri.

Gli sorrise, fece un profondo sospiro per prepararsi, e strinse il curriculum in mano per tenere salda la presa sulla realtà.

-Non essere nervoso, figliolo. Andrà tutto bene- Tyson gli diede una pacca sulla spalla e quasi lo spinse dentro, come se temesse che all’ultimo sarebbe scappato via.

Poi chiuse la porta alle sue spalle, lasciandolo solo insieme al direttore.

-Bene bene bene, guarda un po’ chi è venuto a chiedermi un lavoro- lo accolse il direttore, squadrandolo con cipiglio severo, e la classica posa da cattivo dei film sulla mafia o sullo spionaggio.

-Buon pomeriggio, signor Curie- lo salutò Felix, avvicinandosi e piegando la testa per rispetto.

-Mio fratello mi ha anticipato più di una settimana fa il tuo intento di venire a lavorare qui, cosa ti ha trattenuto dal venire subito?- il direttore, Thor Curie, fratello gemello di Tyson, andò dritto al sodo, continuando a guardare dall’alto in basso con malcelato disgusto.

Felix sapeva di non andargli molto a genio.

Era tanto affezionato a Tyson quanto detestato da Thor, e il motivo era lo stesso: da giovane aveva creato parecchio casino alla galleria.

-Avevo delle faccende da archiviare dopo la laurea, e volevo presentare un buon curriculum- spiegò Felix, porgendo i documenti e cercando di non tremare per l’agitazione.

-Almeno non dai questo lavoro per scontato- borbottò il signor Curie, iniziando a controllare il curriculum con un sopracciglio inarcato.

-Assolutamente no! Sono entusiasta della proposta, e ho intenzione di dare il meglio che posso per dimostrare di meritarmi questa grande opportunità- non era affatto una bugia. Felix era esaltato alla prospettiva di lavorare nel suo luogo preferito.

-Sala 6, muro est, terza opera da destra- lo interrogò il signor Curie, senza neanche sollevare lo sguardo dal curriculum.

Felix non dovette rifletterci neanche un secondo.

-“Natura morta con spaghetti” di C. H. Ofane. Dipinto dall’artista in due giorni, egli sperava che l’immagine del cibo abbondante potesse in qualche modo riempire il suo stomaco, poiché in quel periodo arrancava e molto spesso era costretto a scegliere tra arte e cibo- spiegò, ricordando con precisione l’opera.

-Mmm, capisco. Non hai esperienze lavorative di alcun tipo. Ti sei laureato un sacco in ritardo, e hai vandalizzato ripetutamente la galleria…- commentò il direttore, con cipiglio severo.

-Non direi vandalizzato…- provò a difendersi Felix, con un filo di voce, ma il signor Curie lo interruppe con un cenno della mano. 

-Non ho finito… hai vandalizzato ripetutamente la galleria, ma conosci alla perfezione ogni centimetro di questo posto, ho bisogno di una nuova guida, soprattutto per le scuole, e hai esperienze da babysitter, quindi sei assunto- concluse, in tono burbero e quasi irritato.

Felix sbatté gli occhi un paio di volte. 

Non era sicuro di aver capito bene.

-Sono… assunto?- chiese, per sicurezza. Non poteva essere così facile.

-Lavorerai quattro volte a settimana per il momento. Lunedì, mercoledì, venerdì e sabato. E i tuoi compiti spazieranno tra sicurezza, guida e addetto alla segreteria. Vai da mio fratello e fatti dare le tessere varie. Lunedì inizi il primo turno, e ti faremo firmare il contratto. Qualche problema?- spiegò velocemente, come se cercasse di toglierselo dalle scatole il prima possibile.

-Nessunissimo problema! Grazie, grazie tantissimo! Non la deluderò- Felix si alzò e gli strinse la mano svettando il suo più brillante sorriso.

-Me lo auguro, ragazzo- il signor Curie ricambiò la stretta, e nonostante le sopracciglia ancora corrugate in un’espressione indifferente, Felix poteva giurare di vedere l’impronta di un sorriso sul suo volto.

Ma non durò molto.

-Ora vai che ho da fare. Oggi la mostra temporanea ospita alcuni artisti impressionisti contemporanei emergenti che hanno contribuito con le loro opere, e sono impegnato- fece cenno a Felix di andare via, e il ragazzo eseguì in fretta, temendo che altrimenti avrebbe cambiato idea.

Una volta fuori dall’ufficio, non riuscì a non eseguire una veloce ed entusiasta danza della vittoria, certo che a quell’ora, in quel corridoio, non ci sarebbe stato nessuno.

Dopotutto c’erano gli artisti della mostra temporanea, dall’altra parte della galleria, figuriamoci se qualcuno sarebbe stato da quelle parti.

E poi, se anche qualcuno l’avesse visto, Felix non era eccessivamente preoccupato dal giudizio che degli sconosciuti avrebbero potuto avere di lui.

Ovviamente non avrei fatto questa premessa se qualcuno di non propriamente sconosciuto non si fosse trovato nei paraggi proprio in quel momento.

-F_Felix?!- una voce femminile, sorpresa, molto familiare e a tratti quasi sconvolta, congelò Felix sul posto, e lo fece voltare di scatto verso la figura alla quale apparteneva.

-M_Melany?!- esclamò con lo stesso tono, non trattenendosi dall’arrossire vistosamente.

In effetti essere beccato dalla propria ex e unica persona che avesse mai amato oltre a Mirren mentre si esibiva in un poco professionale ballo della vittoria non era in cima alla lista delle sue prospettive per il futuro.

Rimasero a fissarsi immobili per qualche secondo, ad occhi sgranati, poi entrambi parlarono nello stesso momento.

-Non sei cambiato per niente-

-Sei cambiata tantissimo- 

E si zittirono di nuovo immediatamente, per poi scoppiare a ridere dopo qualche secondo.

Erano passati anni dall’ultima volta in cui aveva visto Melany, dato che si era trasferita subito dopo il liceo per frequentare un’università fuori città, ma nonostante non sembrasse più lei, l’avrebbe riconosciuta tra mille.

Anche se sperava che non l’avrebbe mai più vista.

-Che ci fai qui?- chiese, forse in modo un po’ brusco, ma era davvero sul vertice di un attacco… non uno dei suoi, proprio un attacco di panico.

-Sono tornata in città per la mostra. Mi hanno fatto l’onore di utilizzare alcuni dei miei dipinti- spiegò Melany, giocherellando con una delle tantissime treccine in cui i suoi lunghi capelli erano rinchiusi.

Felix non era abituato a vederla con i capelli lunghi. Al liceo li teneva sempre cortissimi, tinti di vari colori, e accompagnati da trucco pesante che al momento era completamente assente dal suo volto.

Sembrava davvero un’altra persona.

E sembrava a disagio quanto lui, il ché li metteva sulla stessa lunghezza d’onda.

Forse fu il suo disagio a convincere Felix a continuare a parlare, invece di trovare una scusa e abbandonarla lì a sé stessa e scappare.

-Wow, complimenti. Ho visto la mostra con Mirren, qualche giorno fa, ma non mi sembrava di aver visto il tuo nome. I tuoi quadri sono stati aggiunti di recente?- chiese. Il suo discorso appariva come se parlasse del più e del meno con una vecchi amicizia, ma c’era di più in quelle poche frasi. E soprattutto, tra le righe voleva far intendere a Melany una cosa molto importante: Mirren era ancora presente nella sua vita, quindi giù le mani.

Il sorriso di Melany si incrinò leggermente, forse perché aveva capito l’antifona, o forse perché Felix non aveva notato i suoi quadri.

-A dire il vero sono lì dall’inizio, ma non li ho firmati con il mio nome. Uso lo pseudonimo “Mela Verde”, sai, perché per le donne è più difficile farsi strada in questo mondo, quindi cerco di apparire con genere neutrale- spiegò, un po’ imbarazzata.

Ah, era il turno di Felix di incrinare il sorriso.

Mela Verde era l’artista che più era piaciuto a Mirren.

Se l’avesse saputo si sarebbe irritato tantissimo, Felix lo sapeva.

…forse era meglio non dirglielo.

Dopotutto arte e persona sono cose diverse… circa… più o meno.

E poi non era una buona idea metterlo al corrente in generale del suo incontro con Melany, o rischiava di creare un’incomprensione non necessaria. Erano su un filo del rasoio, dopotutto. Era meglio aspettare che la relazione si sistemasse prima di buttarci dentro anche la ex di Felix tornata dopo anni proprio adesso.

…che sfiga di tempismo, oggettivamente!

-Ah, ecco. Sì, carini. Tramonto su Harriswood era molto bello- ammise, senza sapere bene cosa dire e sputando fuori il primo commento che gli venne in mente.

Beh, non avrebbe voluto dirlo, ma era un dato oggettivo.

Il sorriso di Melany si ampliò.

-Grazie, sono felice che ti sia piaciuto. L’ho dipinto la scorsa estate, quando sono tornata in paio di settimane in vacanza- raccontò lei, evitando il suo sguardo.

-Bene. Vedo che la tua vita va alla grande, ne sono felice- Felix stava disperatamente cercando qualcosa da dire per chiudere lì la conversazione e scappare dall’imbarazzo che provava in quel momento, ma Melany non sembrava volerlo mollare, metaforicamente parlando.

-Abbastanza. Tu invece? Vivi ancora qui o…?- indagò, per prolungare la conversazione.

Non c’era niente di male a rispondere, no?

-Sempre qui, non è cambiato molto. Mi sono laureato in belle arti e da lunedì lavorerò qui- alzò le spalle.

Vedendo la sua vita in confronto a quella di Melany, che evidentemente partecipava a mostre nazionali ed era un’artista così affermata da avere uno pseudonimo, si sentiva davvero abbattuto.

Il massimo che aveva Felix, dopotutto, era una pagina su tumblr, una su deviantART, e un Patreon con meno di venti membri che gli fruttava un totale di 17 dollari al mese.

…E viveva ancora con i genitori a ventisei anni.

Ma almeno aveva Mirren, eh! Lui valeva tutto!

-Sei sempre stato molto legato alle tue origini. Disegni ancora, però, vero? Eri un genio artistico- si complimentò Melany, anche se Felix poteva giurare che lo stesse silenziosamente giudicando per le sue scelte di vita.

O forse era solo Felix ad essere a disagio per la situazione.

-Sì, digitalmente, online, ho patreon- provò a vantarsi un po’.

-Ottimo, ti cercherò online- promise Melany.

Era molto meglio se non lo faceva, ma ovviamente Felix non poteva dirlo ad alta voce.

Si limitò a sorridere e annuire.

-Cavolo… sei… mi sembra di essere tornata a i tempi del liceo, non sei cambiato di una virgola- commentò Melany, come se fosse alla presenza di un fantasma.

-Dubito- Felix si grattò il collo, un po’ a disagio -mi sento ogni giorno più vecchio, e poi avevo uno stile completamente diverso all’epoca- 

Infatti l’affermazione di Melany era una bugia bella e buona.

Quando usciva con lei, aveva adottato lo stesso look punk della ragazza, si era fatto i rasta, e tinto le punte un paio di volte.

Oltre ad essersi messo a fumare (non solo sigarette) e bere quasi ogni sera.

A posteriori doveva ammettere che non era stata una poi così grande influenza su di lui.

-Sì, intendo che sei uguale a quando ti ho conosciuto, al liceo, con i riccioli biondi da tutte le parti e la solita allegria- insistette Melany.

Allegria che la ragazza davanti a lui aveva provato in tutti i modi ad estirpargli.

-Sì, beh. Io sono così. Tu invece sembri più… realizzata- doveva ricambiare il complimento, giusto? Non che “realizzata” fosse un complimento, ma era meglio di “uscita dall’infantile ribellione adolescenziale”, o qualcosa di ancora meno gentile.

-Abbastanza, sì, faccio del mio meglio- continuava a giocare con una treccina, sempre più nervosamente.

-Bene. Sono felice per te. Scusa ma ora devo andare, devo formalizzare la mia assunzione con Ty- Felix iniziava a temere che quella conversazione sarebbe andata a parare in un discorso che non gli piaceva per niente, e trovò una scusa al volo per eclissarsi.

-Aspetta!- purtroppo Melany fu più veloce di lui, e lo prese per il polso cercando di fermarlo.

Felix ritirò immediatamente il braccio, come se si fosse scottato.

Di solito non disdegnava il contatto fisico, neanche quello improvviso, ma quella era Melany, perdiana! Si sentiva in colpa anche solo a parlare con lei! Figuriamoci farsi toccare!

-Cosa?!- chiese, facendo un passo indietro, sulla difensiva.

-Scusa, solo… non ti vedo da tanto, e mi chiedevo se, dopo che hai finito tutto, mi permetteresti di offrirti un caffè- propose lei, speranzosa, timorosa, e rischiando di staccarsi dai capelli quella dannata treccina per quanto la stava torturando.

-No!- rispose Felix immediatamente, senza neanche del tutto afferrare la proposta.

Melany si morse il labbro inferiore, presa in contropiede dalla risposta tanto eccessiva.

In effetti era poco da Felix essere così categorico.

Cercò di recuperarsi.

-Cioè, sono impegnato oggi- beh, era vero. Aveva una cena dagli Hart quella sera. 

…e un buco di tre ore che poteva tranquillamente coprire con Melany, ma non era necessario dirglielo.

Poteva ancora uscire da quella conversazione senza tirare in ballo faccende di otto anni prima.

-Sono in città fino a fine Agosto. Possiamo trovare un giorno?- Melany però insisteva, e alla fine Felix si arrese.

…a tirare in ballo le vecchie faccende.

-Melany, non è il caso- le fece notare, facendosi improvvisamente serio.

Melany sospirò, abbassando lo sguardo.

-Invece è il caso. Voglio scusarmi- ammise, costringendosi a rialzare la testa per guardare Felix negli occhi.

Felix doveva ammettere che non se lo aspettava.

Inarcò un sopracciglio, incoraggiandola a continuare.

-Sono stata terribile al liceo. Quello che ho fatto è imperdonabile, e capisco che tu non voglia avere niente a che fare con me, ma… ti prego, permettimi almeno di scusarmi come si deve offrendoti un caffè- si spiegò meglio, avvicinandosi leggermente e guardandolo dritto negli occhi.

I suoi occhi scuri avevano lo stesso colore di quelli di Mirren. In generale bisognava dire che Melany somigliava parecchio a Mirren.

E mentre il suo cervello glielo ricordava, Felix si rese conto che anche lui aveva qualcosa di cui scusarsi, con lei.

Pensò ad un giorno libero e abbastanza lontano per prepararsi psicologicamente, e alla fine annuì, sospirando rassegnato.

-Che ne dici di venerdì prossimo?- chiese -In pausa pranzo- aggiunse poi, ricordando all’ultimo che venerdì doveva lavorare (yay aveva un lavoro che figo!).

Il sorriso di Melany era raggiante.

-Perfetto! Ci vediamo qui? Possiamo andare al “Violin’s key”!- propose, eccitata.

-No!- Felix si affrettò a frenarla. Andare nel luogo del suo primo appuntamento vero con Mirren era la peggiore idea che potesse avere.

-Meglio prendere qualcosa al bar della galleria- propose, abbassando il tono e cercando di essere il più casuale possibile.

-Oh, certo, va bene. È solo un caffè dopotutto. Grazie di aver accettato- Melany annuì, facendo un metaforico e letterale passo indietro, e lasciando Felix libero di andare a cercare Tyson per farsi dare tutto il necessario per il lavoro. 

-Perfetto, allora a venerdì, buona mostra e arrivederci!- salutò Melany in tutta fretta e scappò da lì prima di pentirsi di quello che aveva promesso, e soprattutto prima che lei gli chiedesse di darle il suo nume…

-Aspetta, Felix, potresti darmi il tuo nuovo numero, per eventuali problemi?- purtroppo ancora una volta, Melany fu più veloce di lui.

-Oh, giusto, non ci avevo pensato. Dammi il tuo e poi io ti scrivo, va bene?- chiese, cercando il telefono in tasca ma non trovandolo da nessuna parte.

-Io sono già pronta, possiamo fare il contrario se ti va bene- Melany era fin troppo preparata, perché aveva il telefono già in mano pronta a segnare il numero.

Alla fine Felix si arrese, e glielo dettò.

-Ora che ci siamo detti tutto, vado da Ty- questa era la volta giusta, sperava Felix.

Per una volta Melany non lo interruppe.

-E io torno alla mostra, dato che mi sono assentata fin troppo. Ma ero troppo curiosa di dare un’occhiata anche alla galleria generale. Non è cambiato niente- anche Melany lo salutò, iniziando ad allontanarsi.

-Non è cambiata in cinquant’anni, figurati se cambia dopo otto- borbottò Felix, quasi tra sé.

Capiva da dove arrivassero i commenti di Melany, ma tutto quel parlare di cambiamenti lo metteva a disagio.

Lui era sempre stato favorevole al seguire l’onda, a differenza di Mirren che cercava di aggrapparsi alla routine, ma Melany era esagerata.

Scosse la testa, e cercò di non pensarci.

Aveva altre cose per la testa, dopotutto.

…e all’improvviso si sentiva terribilmente in colpa nei confronti di Mirren, come se l’avesse in qualche modo tradito.

Ma che altro poteva fare?! Era Melany ad aver insistito.

Glielo doveva dire, sicuramente, necessariamente.

Ma aveva paura che si allontanasse.

Che fare…?

Felix riuscì finalmente a trovare il telefono, e andò tra i messaggi per informare Mirren che quantomeno aveva ottenuto il lavoro, ma si fermò quando notò il messaggio che Melany gli aveva appena inviato.

“Ci vediamo venerdì ^^”

Il nodo allo stomaco del senso di colpa si strinse, e si pentì sempre di più di aver accettato.

Ma era solo un caffè, dopotutto, non c’era niente di male.

…e non serviva scomodare Mirren e dirglielo, facendolo preoccupare inutilmente.

“Lavoro ottenuto!!! YAY!!!! La prossima volta al VK offro io :P” scrisse al proprio ragazzo, che gli rispose dopo meno di un minuto.

“No”

Felix rimase sbigottito. Davvero era tutto quello che aveva da dire? Non era da Mirren.

“Congratulazioni per il lavoro. Sapevo che ce l’avresti fatta ♥︎

AAAAHHHH UN CUORE!!!!

Felix non credeva che Mirren fosse capace di usare emoticon, soprattutto i cuori.

Era estasiato.

♥︎♥︎♥︎♥︎♥︎♥︎♥︎♥︎” 

Risposte con enorme gioia al messaggio inaspettato, e per un po’ quasi si dimenticò il brutto incontro appena avuto, e riuscì davvero a rilassarsi.

Poi gli arrivò una notifica inaspettata da una app che non ricordava di avere: 

“Hey casanova, non entri da più di un mese. Che ne dici di approfittare di questa offerta vip per ricominciare ad uscire?”

…?

Felix fissò lo schermo qualche secondo, confuso dalla notifica, poi si rese conto che era da parte dell’app per incontri che aveva utilizzato un secolo prima.

Era sicuro, al 100%, di averla disinstallata da parecchio.

Si esibì in un enfatico facepalm, e si affrettò ad entrare nell’applicazione per eliminare il profilo il prima possibile.

Sarebbe stato davvero imbarazzante se Mirren avesse scoperto che era ancora iscritto lì.

Doveva imparare a non rimandare sempre.

Intascò nuovamente il cellulare non appena raggiunse l’ufficio di Tyson, e passò il resto del pomeriggio a studiare il regolamento, segnarsi bene orari e mansioni, e soprattutto farsi tantissime risate con il suo nuovo capo e vecchio amico.

Alla fine, quando tornò a casa, l’incontro con Melany non lo turbava più, ed era solo una parentesi quasi inutile in una giornata per il resto perfetta.

Ci avrebbe pensato venerdì.

E non voleva passare una settimana a litigare con Mirren per una cosa inutile.

 

Lunedì 5 Agosto

La prospettiva di passare una settimana in cabina matrimoniale con Diego e bloccata su una nave con lui e la sua famiglia intera per il matrimonio di una ragazza che conosceva appena ma che era diventata praticamente sua sorella acquisita non era esattamente l’ideale per Clover.

In una situazione normale avrebbe pensato che la sua relazione stava correndo troppo.

Ma dato che non c’era neanche una relazione da far correre, quella situazione era un vero e proprio incubo.

Soprattutto perché lei, in fondo al cuore, avrebbe davvero voluto avere una relazione con Diego da far correre troppo.

Ma era stupida, spaventata, e nonostante Diego avesse provato a parlare di quello che era successo tra loro, non aveva avuto il coraggio di affrontare la necessaria conversazione prima dell’inizio di quella crociera.

…e non aveva la minima intenzione di affrontarla adesso, anche se probabilmente, essendo costretti a stare insieme nella stessa cabina per una settimana, sarebbe stato inevitabile.

Clover si chiese per l’ennesima volta per quale assurdo motivo avesse iniziato quella farsa che sicuramente prima o poi sarebbe stata scoperta. Li aveva visti i film romantici! Amabelle l’aveva indottrinata alle serate film a casa di Max. Sapeva perfettamente come andavano a finire le relazioni finte!

Probabilmente era tutta colpa del karma.

-Allora, Clover, dormiamo a terra a giorni alterni, seghiamo in due il letto o parliamo di quello che…?- esordì Diego, indicando il letto matrimoniale della cabina che ovviamente non era di quelli che si dividono in due.

Erano appena entrati in camera per sistemare le valige dopo aver assistito dal ponte alla partenza della nave e aver partecipato alla simulazione di sicurezza. 

Insomma, erano ufficialmente liberi, da meno di cinque minuti, e Diego stava già tentando di tirare in ballo la loro situazione di stallo.

E obiettivamente, Clover sapeva che dovevano parlarne, per mettere le cose in chiaro.

…ma non voleva mettere le cose in chiaro.

E quindi fece l’unica cosa moralmente accettabile per lei.

-Vado al bar!- annunciò interrompendolo, chiudendo di scatto la valigia appena aperta, e avviandosi come una furia fuori dalla porta per scappare il più in fretta possibile da quelle quattro mura.

-Lo prendo come un “dormiamo a terra a giorni alterni”- sentì Diego borbottare dietro di lei, sospirando, ma non ebbe il tempo di rispondergli, perché si stava già chiudendo la porta alle spalle e si era dimenticata di prendere la chiave.

Per fortuna aveva il telefono e i soldi in tasca, quindi poteva tranquillamente andare al bar, comprare una bottiglia di tequila, trovare un posto nascosto e rimanere lì a bere per il resto della giornata, fino ad ora di cena.

Certo, mostrare la Clover ubriaca a tutta la famiglia Flores riunita non era proprio un bel piano, ma erano appena le tre, aveva tutto il tempo di sbronzarsi e far passare la sbronza fino ad ora di cena, e poi una sola bottiglia di tequila non era abbastanza da metterla al tappeto.

Reggeva molto bene l’alcol, la ragazza.

E aveva bisogno di qualcosa che la distraesse dalla situazione complicata in cui si era cacciata.

Pertanto comprò la bottiglia da un confuso e quasi ammirato barista, evitò accuratamente ogni volto conosciuto, e studiò bene la mappa per trovare l’angolino più isolato e sperduto di quella nave gigantesca ma troppo piccola perché lei e l’intera famiglia della sua cotta e finto ragazzo potessero conviverci insieme.

Purtroppo non era stata l’unica ad avere quell’idea.

Appena raggiunse il ponte designato, infatti, nascosto dal tubo di scarico delle cucine dal quale proveniva anche il rumore assordante del motore, notò fin da subito che un altro rumore turbava la quiete apparente dell’angolo teoricamente perfetto.

E tale rumore si rivelò essere più una serie di singhiozzi provenienti da una ragazza in lacrime seduta a terra che si abbracciava le ginocchia.

E che, nonostante fosse di spalle e fosse triste, Clover riconobbe immediatamente.

-Paola?!- chiese, sorpresa, tradendo la sua presenza.

La futura sposa sobbalzò vistosamente, e si girò di scatto verso Clover, che si affrettò a nascondere la bottiglia di tequila dietro la schiena, con aria colpevole.

Ci furono alcuni secondi di silenzio sbigottito, poi Paola si asciugò in fretta le lacrime, e sorrise radiosa, fingendo che non fosse successo niente.

-Clover! Sorellona! Che ci fai qui? Cerchi anche tu un posto dove guardare il mare? Qui è un po’ rumoroso, ma se vuoi puoi unirti a me!- propose, alzandosi di scatto e cercando di tornare la solita allegra ragazza di sempre.

Ma il peso di quelle bugie era fisicamente fastidioso per Clover, che rivelava ogni menzogna da chilometri di distanza con una singola occhiata.

E Paola non stava neanche cercando di nascondere davvero il suo evidente sconforto.

-Cosa è successo?!- chiese, preoccupata, avvicinandosi a lei e squadrandola attentamente come se potesse leggerle nel pensiero.

Il sorriso falso di Paola crollò immediatamente, la ragazza non fece alcuno sforzo per mantenere la facciata, e abbassò la testa, sconfitta.

-Non voglio ammorbarti con i miei problemi. Andrò a piangere da un’altra parte per non disturbarti- si abbracciò inconsciamente, e fece per superare Clover.

Ma la giovane donna non aveva alcuna intenzione di lasciarla a sé stessa, non ora che l’aveva vista così.

-Aspetta, non mi ammorbi, che cosa è successo, posso aiutarti?- insistette, prendendola per un braccio e fermandola sul posto.

Paola la guardò un po’ incerta, mordendosi il labbro.

-Non è niente, davvero. Sono solo… è successa una cosa che mi ha un po’ abbattuta, ma posso risolverla da sola, non dovrei neanche piangerci. C’è chi sta peggio di me- iniziò ad evitare l’argomento, ma rimase ferma sul posto, e iniziò lentamente a scivolare contro il muro fino a rimettersi seduta.

Cosa che, nel vocabolario implicito di Clover, significava che aveva davvero tantissima voglia di parlarne, sebbene le sue parole dicessero il contrario.

Si inginocchiò accanto a lei, sempre tenendo accuratamente nascosta la bottiglia di tequila.

-Ehi, puoi parlarmene se vuoi, non sono una brava ascoltatrice, e non do buoni consigli…- si offrì per una consulenza, anche se non scelse le parole migliori per vendersi.

Seguirono alcuni secondi di silenzio.

-…Ma?- chiese poi Paola, guardandola confusa, e sembrando in parte meno concentrata sui propri problemi e più su Clover.

-…stavo cercando un ma, ma credo di non averne uno- ammise Clover un po’ in difficoltà. Era pessima per queste cose, tranne se si trattava di Max.

…ma Max raramente aveva dilemmi morali quindi era facile non assumere le vesti di amica rassicurante con lui.

Contrariamente a quello che Clover si sarebbe aspettata, Paola scoppiò a ridere, divertita da quella che non doveva essere una battuta, ma sembrò tale alle sue orecchie.

La risata, purtroppo, si trasformò preso in un pianto a dirotto, e Clover sobbalzò e si affrettò a provare a rassicurarla.

-Farò del mio meglio, però. Oppure vuoi che chiami qualcuno di più affidabile? Juanita, Diego… Miguel?- propose, iniziando a darle qualche pacca sulla testa per provare in qualche modo a rassicurarla.

-No, no, ti prego. Non chiamare nessuno. Posso parlare con te?- chiese Paola, quasi supplicante, prendendole la mano e guardandola con occhi da cucciolo.

Clover si sedette più comodamente accanto a lei, per mostrarle tutta la sua partecipazione.

-Certo che puoi parlare con me. È il lavoro di una brava damigella… e amica- le sorrise incoraggiante.

Paola sospirò, e seppellì il volto tra le mani.

-Dalle mie damigelle mi aspetto almeno che non…- iniziò a lamentarsi, per poi fermarsi e ricominciare a singhiozzare, abbattuta.

Clover intuì chi fosse la causa della sua sofferenza.

-Che ha fatto Livia?- chiese, senza riuscire a nascondere la sua irritazione nascente.

Lo sapeva che avrebbe fatto qualcosa di male! 

E non era felice di avere avuto ragione.

Paola provò ad asciugarsi le lacrime, senza troppo successo.

-Ha provato a… a…- non riusciva neanche a dirlo, la voce le tremava troppo.

-Se vuoi provo ad indovinare e mi rispondi solo sì o no, che dici?- Clover le andò incontro, e Paola annuì.

-La butto lì, ma non è che ha provato a sedurre Miguel, vero?- chiese, sperando di sbagliarsi.

Oltre ad essere un tremendo colpo basso persino per una come lei, era anche un cliché davvero ridicolo.

Paola singhiozzò più forte, e fu una conferma maggiore dell’inevitabile sì.

Clover era ancora meno felice di prima per aver avuto ragione.

Diede qualche pacca incoraggiante sulla spalla di Paola, cercando le parole migliori per confortare un cuore spezzato.

Era decisamente l’ultima persona che potesse occuparsi di quella situazione.

La sua esperienza con amiche orrende e amori finiti di solito era bere shottini e mandare a quel paese tutte le persone coinvolte.

Cercò di ottenere maggiori informazioni per capire come procedere.

-Miguel ha…?- iniziò a chiedere, senza sapere come elaborare una domanda così delicata.

Paola per fortuna la interruppe subito, scuotendo con forza la testa.

-Certo che no! Miguel non lo farebbe mai! Mi ha chiamato nel momento stesso in cui ha finito di parlare con Livia per avvisarmi di cosa fosse successo. È stato così carino!- spiegò, facendo tirare un sospiro di sollievo mentale a Clover.

Quindi il matrimonio era salvo. E il vero problema era Livia.

Era una situazione molto meno tragica di quanto pensasse. 

-Cosa hai fatto quando hai saputo la notizia?- chiese, cercando di ottenere ancora maggiori informazioni anche per essere del tutto certa che Miguel fosse affidabile e Paola non fosse accecata dall’amore.

Tendeva a non fidarsi di figure maschili, soprattutto dopo il disastro con Dick.

Ma Max era un uomo ed era un mito, quindi le eccezioni c’erano. 

E magari anche Miguel era un’eccezione come lui.

-Beh, ero scioccata, ovviamente. Ho subito parlato con Livia, perché ero sicura fosse solo un malinteso. Non le è mai piaciuto Miguel. Me l’ha sempre fatto capire bene. Non ti saprei dire cosa sia successo, o che cosa abbia fatto per farla arrabbiare, ma mi ha urlato contro, ha detto che mi stava facendo un favore e che…- la voce di Paola si spezzò, sembrava davvero devastata -…che sono una pessima amica, e non vuole più vedermi, né tantomeno essere la mia damigella d’onore- finì la confusa e poco chiara spiegazione.

Clover era talmente sbigottita che non riusciva neanche ad essere arrabbiata.

-Stai dicendo sul serio?- chiese, incredula.

-Vorrei solo sapere cosa le ho fatto! Perché merito questo?! Sicuramente ha le sue ragioni, ma non mi ha spiegato nulla. Eppure siamo migliori amiche dalle medie- spiegò Paola, scuotendo la testa.

Appariva davvero persa e ferita.

Un animaletto sperduto nella foresta.

Clover fece un profondo respiro, cercando di non perdere la calma ed essere il più rassicurante e incoraggiante possibile in maniera positiva e pacata.

-Stai scherzando, vero?! Quella tizia non è un’amica! Tu non hai fatto assolutamente nulla di sbagliato, Livia ha sbagliato, e ti ha fatto credere di essere nel torto quando non hai alcuna colpa! Non permetterle di rovinarti il giorno più bello della tua vita!- 

…okay, la pacatezza non era il suo forte.

E aveva senz’altro preso in contropiede Paola, che sollevò di scatto la testa verso di lei, e la guardò ad occhi sgranati, sorpresa.

Beh, almeno aveva smesso di piangere a causa dello shock.

-Lo pensi davvero?- chiese, incredula.

-Certo che lo penso. Sei fantastica, Paola. E Miguel è un bravo ragazzo, che ti ama. E tu ami lui, e nessuna Livia potrà mai rovinare la vostra relazione, né il vostro matrimonio. E onestamente, hai schivato un proiettile. Pensa se una tipa del genere fosse rimasta qui per tutta la crociera e il matrimonio! Bah, molto meglio essersela tolta di torno, non pensi?- 

…no, Clover doveva piantarla con questa aggressività. Doveva respirare, calmarsi, ed essere più obiettiva.

-Lo pensi davvero?!- Paola però sembrò apprezzare tale aggressività, perché si avvicinò leggermente a Clover e la fissò quasi commossa, con occhi colmi di speranza.

Clover non era abituata a quel tipo di reazioni.

-Sì che lo penso! Vuoi bere qualcosa?- offrì, tirando fuori la bottiglia di tequila in mancanza di altro da dire.

…Clover, sei una causa persa!

-Dove l’hai presa?- chiese Paola, piegando la testa sorpresa. Non sembrava però giudicarla… o almeno Clover sperava non lo stesse facendo.

-Potrei o non potrei aver avuto una mezza idea di trovare un luogo nascosto dove bere un po’ perché potrei o non potrei essere leggermente preoccupata per la cena in famiglia di oggi…- cercò di essere evasiva, senza guardare Paola.

-Beh… potrei o non potrei decisamente avere piacere nel bere un goccio con te- ridacchiò Paola, prendendola giocosamente in giro, leggermente più rasserenata.

Clover tirò un altro sospiro di sollievo mentale.

L’alcol migliora sempre tutto.

Poi le venne un leggero dubbio.

-Aspetta, ma hai l’età per bere?- chiese, anche se obiettivamente lei non aveva mai seguito la legge per quanto riguardava l’alcol.

Ma Paola sembrava molto più attenta a questo tipo di cose, quindi non voleva passare per negligente e criminale.

-Ho l’età per sposarmi- rispose lei, sollevando una mano per richiedere la bottiglia e mostrando un lato ribelle davvero interessante.

Clover ridacchiò.

-Touché- alzò le mani in segno di resa e passò la bottiglia. 

Paola diede un lungo sorso, poi la passò a Clover.

-Sai, essere amica di Livia non è mai stato molto facile, ma ho sempre sperato che, almeno un po’, ci tenesse a me- iniziò ad aprirsi, facendosi leggermente influenzare dalla tequila.

-Come siete diventate “amiche”?- chiese Clover, mimando le virgolette con le dita e prendendo un sorso della bevanda.

Approfitto del momento per ricordare a voi che leggete questa storia che non conviene bere dalla stessa bottiglia di qualcun altro, soprattutto in questi tempi di coronavirus.

Tornando alla storia…

-Quando i miei genitori sono morti, tutti i miei amici mi hanno lentamente abbandonata. Credo succeda un po’ a tutti, soprattutto se i tuoi amici sono piccoli e hanno paura di affrontare il tema della morte. O forse sono stata io ad allontanare tutti, non so. Ma Livia si è avvicinata, ed era gentile, il più delle volte- Paola sospirò -Lo so che non è l’amica ideale, ma è sempre stato tutto quello che avevo- ammise, molto tra sé.

-Senza offesa, Paola. Ma hai aspettative troppo basse. Tu meriti davvero di meglio, devi imparare a non accontentarti- le suggerì Clover, passandole la bottiglia.

-Io non mi accontento- si lamentò Paola, un po’ offesa.

Sembrò però ripensarci quasi subito.

-Beh… forse un po’, è vero. Ma amo Miguel. Con lui non mi sono affatto accontentata. È la più grande fortuna della mia vita!- esclamò, con gioia, prendendo un altro sorso e sorridendo inconsciamente al solo pensiero.

-Concentrati su questo, allora, e lascia perdere Livia. Tre damigelle bastano. Tre è il numero perfetto, dopotutto!- provò ad incoraggiarla.

-Sai una cosa? Hai ragione! Questa è la mia settimana di ferie, il mio matrimonio. Il mio matrimonio con la persona che amo…- sembrò rendersi conto solo il quel momento di essere così vicina al grande giorno, e sobbalzò, come svegliata da un sogno -Santo cielo! Sto per sposare Miguel!!- esclamò, giubilante.

-Ecco, questo è lo spirito!- Clover le diede una pacca sulla spalla, felice di averle fatto ritornare il sorriso.

Dai, ala fine non era poi così male nel rassicurare il prossimo.

-Ora devo solo decidere chi sostituirà Livia come damigella d’onore- Paola iniziò a riflettere, pensierosa.

-Chiunque sarà sono sicura che non vede l’ora di aiutarti a rendere il tuo giorno il migliore in assoluto!- le diede man forte Clover, sempre più soddisfatta da sé.

-Davvero? Chiunque?- chiese Paola, adocchiandola.

A discolpa di Clover, l’alcol iniziava a fare effetto, quindi il suo superpotere era un po’ distratto.

-Certo, Juni sarebbe felicissima, e Sunny sembrava entusiasta dal matrimonio- Clover alzò le spalle, ripensando alle sue compagne damigelle.

Paola le sorrise raggiante.

Circa un’ora dopo, Clover ritornò in camera, con la bottiglia di tequila vuota in mano, le guance leggermente rosse, e lo sguardo preoccupato di chi ha appena fatto un madornale errore.

La porta era stata lasciata aperta da Diego, che era a letto e leggeva un libro di medicina.

Che nerd!

-Oh, bentornata, principessa. Mi sono preso la libertà di occupare il letto per la prima notte dato che sono stato il primo a disfare le valige- l’accolse il ragazzo, in tono sarcastico.

Aggrottò le sopracciglia vedendola così.

-Cosa è successo?- indagò quindi, leggermente preoccupato, adocchiando in particolar modo la bottiglia vuota nella mano di Clover.

-Sono la damigella d’onore di Paola… devo organizzare l’addio al nubilato e stare attenta al lato organizzativo- spiegò, in tono impassibile, guardando un punto fisso senza credere di aver effettivamente acconsentito alla richiesta.

-Aspetta, cosa?!- Diego si alzò di scatto, e la guardò a bocca aperta.

-Livia non può e Paola lo ha chiesto a me- Clover sollevò le mani, e lanciò a Diego uno sguardo di muta richiesta d’aiuto.

Diego ridacchiò.

-Cavolo, Clover. A questo punto, visto quanto in fretta sta procedendo la vostra amicizia, non mi stupirei se venerdì foste voi due a sposarvi, invece di lei e Miguel- la prese in giro, sadicamente divertito dalla sua difficoltà, e segretamente felice che sarebbe stato al suo fianco in quanto testimone dello sposo.

Clover però non sembrò apprezzare particolarmente l’insinuazione, perché prese un cuscino e glielo lanciò contro, irritata.

-Guarda che è un problema! Non so fare la damigella!- esclamò, entrando in paranoia.

-Su, su, sarai fantastica! E poi peggio di Livia non potrai mai essere, no?- Diego intuì la sua onesta difficoltà e paura, e cambiò atteggiamento cercando di essere il più incoraggiante possibile.

Clover sospirò, e si sedette nel letto accanto a lui.

-Beh… è vero- ammise, leggermente sollevata.

-Ora che abbiamo chiarito questo punto… si può sapere dove sei stata e perché hai una bottiglia vuota di tequila in mano?!- Diego ricambiò immediatamente atteggiamento e la guardò storto, mettendo le mani sui fianchi.

Clover passò il resto del pomeriggio a farsi sgridare da Diego, ma alla fine, non si pentì di quella momentanea fuga dai suoi problemi.

Perché almeno era riuscita a risolvere quelli di Paola.

E dato che quella era la settimana di Paola, era meglio concentrarsi su di lei.

Clover si ripromise di dimenticare completamente la sua cotta per tutto il viaggio.

Niente avrebbe rovinato quel matrimonio.

…forse.

 

 

Martedì 6 Agosto 

Denny non sapeva perché si trovasse in un gay bar di martedì sera.

Cioè, più o meno aveva una vaga idea di come gli fosse venuta un’idea del genere, dato che aveva perfettamente controllato gli impegni del suoi gruppetto, organizzato nei minimi particolari gli suoi spostamenti per evitare di essere beccato e aveva ricercato con dovizia di dettagli il posto perfetto per non essere circondato da troppa gente che avrebbe potuto riconoscerlo e riuscire comunque a vivere un’esperienza da ragazzo gay per capire cosa si provasse e osservare in prima persona gli omosessuali per capire come comportarsi ora che era uno di loro.

Sì, il pensiero finale può risultare parecchio omofobo, ma sappiate che è la mente di Denny, non la mia, a pensare cose del genere.

A sua discolpa, era ancora molto confuso sulla propria sessualità, incerto su come comportarsi, e non riusciva neanche a rifletterci più di tanto perché ogni volta che provava ad indagare su sé stesso, la sua mente deviava e lo portava a Mathi, e cominciava a piangere, e si spaventava, e aveva un attacco d’ansia, e perdeva un sacco di tempo a calmarsi, quindi cercava di pensarci il meno possibile. 

Conseguentemente, non aveva ancora affrontato bene la sua sessualità.

E adesso si trovava in un gay bar di martedì sera, e stava bevendo un drink colorato nascosto in un angolino e osservando i ragazzi e le ragazze che ballavano, bevevano o si esibivano in poco pudiche dimostrazioni pubbliche di affetto.

Al momento, obiettivamente, sembrava tutto molto normale, come un qualsiasi locale.

Denny non aveva esperienza di molti locali oltre al Corona, ma non ci vedeva comunque molte differenze.

In realtà, l’unica cosa strana era essere lì da solo e non in compagnia di Max, Amabelle o qualcun altro dei suoi amici.

Sarebbe stato stupendo andare lì con Mathi e fargli delle domande al riguardo.

…Mathi.

Denny scosse la testa, prese un lungo sorso di drink, e cercò di restare con la mente sulla realtà, guardandosi intorno e cercando una coppia che potesse fargli da esempio.

Una figura però gli si parò davanti, bloccandogli la visuale.

Il cuore di Denny perse un battito, e alzò di scatto la testa per incrociare il volto della figura, che controluce sembrava abbastanza inquietante.

Perché diavolo aveva deciso di andare lì da solo?! Forse avrebbe dovuto chiedere a Sonja, o non andare proprio! Non doveva uscire di casa, maledizione!

-Ciao, posso sedermi?- chiese la figura, in tono amichevole, indicando la sedia davanti al ragazzo.

Denny sobbalzò fisicamente, molto spaventato dalla proposta.

-Perché?- chiese, incapace di dire altro.

Che voleva fare? Voleva provarci? Drogarlo? Chi era? Lo conosceva? Non riusciva a vederlo bene, magari lo conosceva. 

Denny non sapeva cosa temeva di più, onestamente.

Ma non aveva una voce conosciuta, quindi sicuramente non era un membro della Corona Crew.

E sembrava più grande di lui, quindi probabilmente non era un vecchio compagno di scuola.

Forse qualcuno dell’università?

Chiunque fosse, Denny aveva paura.

-Uh, ehi, tranquillo, non mordo. Ti ho visto da lontano e volevo solo chiederti come stessi. Sono… ci siamo scontrati sulle scale, un paio di settimane fa- spiegò lo sconosciuto, gentile, sedendosi davanti a Denny e venendo illuminato un po’ meglio.

A quel punto il ragazzo lo riconobbe.

Afroamericano, sorriso gentile e occhi scuri come pozzi profondi che per qualche motivo fecero attorcigliare lo stomaco di Denny.

-Oh… sì- ammise, per coprirsi il volto tra le mani, imbarazzato -Che figura!- borbottò tra sé, ricordando quanto fosse distrutto quel pomeriggio.

Lo sconosciuto ridacchiò appena, e si affrettò a rassicurarlo.

-Tranquillo, nessuna brutta figura. Sembravi devastato, però. Va meglio adesso?- chiese, incoraggiante, abbassando la testa e cercando i suoi occhi.

Denny doveva sentirsi rassicurato dato che il tipo davanti a lui sembrava una brava persona, ma non riusciva a non avere i nervi a fiori di pelle, e una sensazione sempre peggiore alla bocca dello stomaco.

Probabilmente il trauma di Mathi lo aveva reso ancora più restio a fidarsi di persone appena conosciute, o forse l’astio derivava proprio dal fatto che lo associava a Mathi, dato che l’aveva incontrato proprio quando era stato pugnalato alle spalle da lui.

Il punto era che non aveva voglia di averci assolutamente nulla a che fare.

-Sì, sto bene. È tutto passato- alzò le spalle, chiudendo l’argomento e tornando al proprio drink.

-Ne sono felice. Ci ho ripensato per tutto il tempo. Lo so, è stupido, ma è più forte di me. Non riesco a darmi pace quando non riesco ad aiutare qualcuno in difficoltà- il ragazzo si grattò la base del collo, un po’ a disagio e impacciato.

Sembrava… affidabile. 

Tranquillo e per niente sospetto.

Ma anche Mathi lo era sembrato per mesi.

Denny non gli rispose, ed evitò il suo sguardo.

Era rude da parte sua, ma non riusciva a fare altrimenti.

Il suo istinto gli stava urlando di scappare da lì, tornare a casa, e non rimettere più piede in quel bar.

Evidentemente lo sconosciuto sembrò intuire la sua ansia, perché si allontanò leggermente, preoccupato.

-Ti sto mettendo a disagio? Mi dispiace tanto. Volevo solo… fare amicizia. Sono qui da solo e non sono molto abituato all’ambiente. Tu sei l’unica faccia familiare che…scusa, vado via se ti infastidisco- sospirò, e fece per alzarsi.

Ottimo, Denny si sentì sollevato. Il suo istinto gli suggerì di lasciarlo andare e ignorarlo completamente.

Però…

Il commento dello sconosciuto gli aveva fatto ricordare esattamente il tipo di ambiente in cui si trovava, e il probabile motivo per cui era così a disagio.

Non era colpa sua, non era a causa di Mathi, era solo un problema di Denny.

E la sua stupida omofobia interiorizzata.  

Era sicuramente quello il motivo per cui era così restio ad aprirsi nonostante quel tipo sembrasse a posto. 

O almeno, uno dei motivi.

Probabilmente il più pressante.

Il senso di colpa fu più forte dell’istinto, e fermò lo sconosciuto sui suoi passi.

-Aspetta- 

Il tipo si girò, e gli sorrise, speranzoso.

-Scusa se sembro sgarbato, ma sono un po’… all’erta… verso gli sconosciuti- tentò di spiegarsi Denny, un po’ nervoso.

Continuava ad avere una brutta sensazione, ma era lì per provare a capire meglio sé stesso, e migliorare magari alcuni aspetti della sua personalità.

Insomma, era stato super cauto tutta la vita ed era comunque finito in quella situazione, magari doveva farsi meno paranoie e buttarsi e basta. 

Tanto il risultato non cambiava.

-Oh, capisco. Devo essere sembrato una specie di maniaco, mi dispiace. A dire il vero anche io sono un po’ nervoso in questo tipo di situazioni. Ed è la prima volta che vengo in un posto così- ammise lo sconosciuto, grattandosi nervosamente il collo.

-Anche per me- ammise Denny, sottovoce. Poi gli indicò la sedia davanti a lui -Puoi sederti, se vuoi- 

Stava facendo un errore, lo sentiva.

Ma finché era attento a ciò che beveva o mangiava, e teneva le distanze, sarebbe andato tutto bene.

Era in un luogo pieno di gente, ed era sempre stato veloce a correre, dato che era piccolo e agile.

L’importante era non distrarsi.

-Oh, grazie mille! Sono Fred, comunque, Fred Mint- si presentò il tipo, sedendosi e porgendo una mano per presentarsi.

Denny la strinse solo un istante.

-Daniel- si presentò, senza aggiungere il suo cognome per non rischiare troppo.

Strano che Fred glielo avesse rivelato. Era un po’ troppo sicuro per uno che si era professato nuovo in quel tipo di ambiente.

-Piacere, Dan- gli fece un sorriso a tutto denti.

Ora che era più vicino, Denny si rese conto che il suo alito sapeva di menta. Che nome incredibilmente appropriato.

Anche se non era un odore particolarmente piacevole, dato che era mischiato a quello evidente di nicotina.

Denny cercò di ignorarlo, e si affrettò a mettere in chiaro una cosa, dato che quel soprannome l’aveva fatto irrigidire.

-Chiamami Denny, non Dan- lo corresse, quasi tra sé.

Fred annuì.

-Va bene, Denny. Posso offrirti un drink? Per scusarmi di averti spaventato.. e ringraziarti?- propose il tipo, indicando il bar.

Era troppo amichevole per essere uno che si era appena professato nervoso.

Forse Denny non avrebbe mai dovuto fermarlo dall’andarsene.

O forse era troppo paranoico.

-Vado io a chiedere i drink- si propose, trovando un compromesso per non scappare, ma tenere comunque il controllo della situazione.

-Davvero? Che gentile!- il tipo non sembrò rendersi conto del vero obiettivo di Denny, e accettò l’offerta con un sorriso innocente.

Troppo innocente per uno che si era professato a disagio da quella situazione.

Uff, perché diavolo era andato lì, quella sera?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci ho messo molto più di quanto pensassi, scusate sono state settimane abbastanza incasinate, tra università, preparativi natalizi, e altre cose che non sto a spiegare.

Poi questi ultimi giorni ho un dolore alla spalla che mi sta uccidendo, ma dettagli.

Per farmi perdonare ho anticipato il paragrafo di Denny, che doveva stare nel prossimo capitolo, a questo, così ho allungato un po’ il brodo.

E vi prometto che il prossimo capitolo sarà comunque tanta roba.

Quindi, voi fan della Clogo e della Mathenny, preparatevi psicologicamente.

Passando al capitolo, non c’è molto da dire.

La parte di Amabelle è stata la più difficile da scrivere, e il vero motivo per cui ci ho messo così tanto, dato che non sapevo con quali dinamiche far scoprire Lottie e farla accettare in famiglia.

Alla fine ho preferito concentrarmi sul fluff Petrabelle.

Felix finalmente ha un lavoro, yeeee! Ma ha anche incontrato Melany, noooooo!

Onestamente, io detesto quando arrivano gli ex a caso e c’è il drama a caso nelle commedie romantiche. Insomma, i due tizi si amano, l’ex non ha più il potere di rovinare tutto!

Però… non mi sono comunque trattenuta dal metterla lì.

Dopotutto io vivo di drama.

E poi spero di rendere il tutto realistico e non esagerato.

Melany non è lì solo per far ingelosire Mirren, non è nata per questo, come invece è nata Livia Jeller, la ex damigella di Paola.

Sì, il suo nome significa “gelosa”, è nata solo ed esclusivamente per essere una pessima amica per Paola. Ops.

A proposito di Paola, adoro il rapporto che inizia a costruire con Clover. I Flores sono la famiglia che entrambe non hanno mai avuto, anche se in modi diversi, e penso che siano in qualche modo due facce della stessa medaglia.

Adorabili.

Il prossimo capitolo sarà uno dei più lunghi usciti fino ad ora, e sarà divertentissimo da scrivere, e spero anche da leggere, quindi preparatevi. 

Vabbè, vi saluto e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Denny ripensa all’incontro avuto al bar, Clover organizza l’addio al nubilato di Paola

   
 
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