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Autore: ChrisAndreini    02/01/2021    3 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Sbronze

 

Martedì 6 Agosto 

Come era possibile che Denny si fosse ubriacato con solo un paio di drink?!

…in effetti era ben più che possibile, visto che la tolleranza di Denny all’alcol era davvero bassa, ma si era ripromesso di non esagerare, eppure al momento a malapena si teneva in piedi.

Probabilmente avrebbe incolpato quel Fred che gli era stato attaccato tutta la serata, ma Denny era stato attentissimo, e niente era finito nel suo bicchiere.

Beh, era troppo ubriaco per riflettere più di tanto sulle cause. Voleva solo bere una vagonata d’acqua, mettersi a letto, e dormire per sempre.

…no, magari non per sempre, ma per parecchio tempo sicuramente.

Per fortuna, o sfortuna, dipendeva da cosa sarebbe successo di lì a qualche minuto, Fred era stato così gentile da riaccompagnarlo.

Ma Denny era stato abbastanza furbo e attento dal non rivelargli il suo indirizzo, bensì chiedere di accompagnarlo al dormitorio dell’università, dove Denny si sarebbe approfittato della camera di Norman, il quale aveva permesso a tutti i membri della Corona Crew di utilizzarla per le emergenze. Amabelle esclusa per ovvi motivi.

Per Denny, quella era un’assoluta e totale emergenza.

Per fortuna erano quasi arrivati in camera, e per il momento Denny doveva ammettere che Fred non aveva fatto assolutamente niente di losco o preoccupante. 

Era stato gentile, aveva fatto battute, aveva chiacchierato a tutto spiano di sé e non aveva insistito nel sapere troppe cose di Denny se lui non voleva dirle, e al momento lo sorreggeva appena quando quest’ultimo rischiava di perdere l’equilibrio e praticamente gli cascava addosso.

Obiettivamente, visti da fuori, quello che si comportava in maniera losca e preoccupante era Denny, non Fred.

Anzi, era strano che Fred fosse così tranquillo con lui, visto quanto sospetto apparisse.

E probabilmente quella sua apparente tranquillità era ciò che rendeva Denny sempre più allertato.

Ma aveva problemi più importanti a cui pensare.

Perché sfortunatamente la camera di Norman era sullo stesso piano di quella di Mathi, e l’ultima cosa che voleva rischiare era di vedere Mathi mentre era in quelle condizioni poco dignitose, soprattutto in compagnia di uno sconosciuto conosciuto in un bar.

Gli sembrava… sbagliato.

Non aveva nessun motivo per considerarlo tale ma era così, perdinci!

Ma non doveva tirarsela, quante probabilità c’erano che Mathi passasse per il corridoio proprio nei minuti in cui Denny lo attraversava per entrare in camera?

-È questo il piano?- chiese Fred, indicando il corridoio davanti al quale erano appena arrivati.

-Sì, la porta è… una di queste- Denny si guardò intorno confuso.

Era stato poche volte in camera di Norman, ma gli sembrava fosse il lato sinistro del corridoio? No, aspetta, il destro! Ed era all’inizio, sì, perché era dall’altra parte rispetto alla camera di Mathi.

La camera di Mathi era molto più semplice da trovare, e un ottimo punto di riferimento.

Senza pensarci si avviò in quella direzione, sperando di capirci qualcosa.

-Wo, aspetta, tigre. Sei sicuro di stare andando in camera tua?- chiese Fred, un po’ sorpreso dalla sua enorme confusione e pronto ad afferrarlo al volo nel caso avesse perso l’equilibrio.

-No- rispose Denny, sicuro di sé.

-…e dove ti sto portando?- chiese Fred, iniziando a preoccuparsi.

Finalmente una reazione umana, era ora!

-Un mio amico mi ha prestato la camera- spiegò Denny a grandi linee, senza offrire dettagli.

Gli occhi di Fred si diressero immediatamente verso la camera di Mathi, e il suo sguardo si fece più duro. Se Denny fosse stato meno ubriaco l’avrebbe considerato strano, ma era troppo occupato a raggiungere la porta e fare il punto della situazione, sperando, con tutto il cuore, che Mathi non decidesse di uscire proprio in quel momento.

Ovviamente, non serve neanche dirlo, la porta della camere di Mathi si aprì proprio in quel momento, e Denny fu così preso alla sprovvista che fece un salto e andò dritto tra le braccia di Fred, che lo prese al volo, con prontezza di riflessi, ma irrigidendosi leggermente.

Denny voleva davvero sperare che ad uscire dalla porta sarebbe stato Duke, o il coniglietto Apollo che aveva magicamente imparato ad aprire la porta, ma già sapeva in cuor suo che la fortuna non era dalla sua quel giorno.

-Dan?!- esclamò infatti la voce di Mathi, sorpresa, guardando prima lui, molto confuso, e facendo poi passare lo sguardo al suo accompagnatore.

Tutto il colore sparì dal suo volto.

Ma Denny era troppo occupato a cercare di recuperare l’equilibrio per accorgersene.

-Oh, tu sei il suo amico che si è offerto di farlo dormire qui?- chiese Fred a Mathi, con un sorriso alquanto freddo, squadrando il ragazzo dalla testa ai piedi.

Mathi scosse violentemente la testa.

-Cosa? No! Ci conosciamo appena! Abbiamo fatto un laboratorio insieme all’università e basta. La camera che cerca è quella. Arrivederci!- si affrettò a dire, in fretta, impassibile, indicando prima la stanza di Norman e chiudendo poi la porta della propria.

Fu così rapido che Denny quasi non si accorse di cosa fosse successo, ma fu abbastanza da fargli venire il magone.

Era troppo brillo e sensibile per tutto questo.

Parte di sé non riusciva ancora a credere che, così come era arrivato, Mathi se n’era completamente andato dalla sua vita e fosse così tranquillo al riguardo.

-Bene… ti accompagno alla camera giusta- Fred gli mise una mano sulla spalla con gentilezza, provando a spingerlo nella direzione giusta.

Denny si scansò violentemente, e lo anticipò, cercando di non mostrare il suo turbamento.

Quel tizio era ancora un estraneo, e Denny non era così ubriaco da aprirsi a lui.

Ma non sapeva per quanto ancora avrebbe resistito, dato che il suo cuore batteva sempre più forte, e il labbro inferiore tremava vistosamente.

Fred non insistette, e lo seguì cautamente, aspettando forse che fosse Denny a congedarlo definitivamente.

Denny avrebbe voluto farlo, ma sapeva che se avesse aperto bocca, sarebbe scoppiato a piangere, quindi si limitò a prendere la chiave nascosta della camera di Norman e ad entrare in stanza, dopo tre tentativi di infilarla nella toppa.

Non si tolse neanche le scarpe, e si buttò direttamente sul letto, a faccia in giù.

Fred rimase sull’uscio, un po’ incerto su cosa fare.

-Forse è il caso che io vada. Starai bene?- chiese, aspettandosi un congedo finale, che però non arrivò.

A quel punto, una persona normale avrebbe salutato e se ne sarebbe andata chiudendo la porta dietro di sé, ma Fred non era affatto una persona normale, o almeno non rientrava negli standard di normalità di Denny, perché dopo qualche secondo di attesa nel silenzio, si avvicinò al ragazzo, e si inginocchiò davanti al letto, prima di iniziare a togliergli le scarpe.

-Dopo questa me ne vado, ma non puoi dormire con le scarpe- spiegò, dopo aver sentito che Denny si stava ritirando.

Era gentile, si vedeva che era gentile, perché nessuno si sarebbe attaccato così a Denny dopo il modo freddo in cui il ragazzo lo aveva trattato.

Beh, nessuno tranne Mathi, che era sempre stato paziente, gentile e comprensivo.

Mathi era una delle poche persone nella vita di Denny che sembravano capirlo meglio di quanto lui capiva sé stesso. Aveva sempre saputo quando insistere e quando lasciar perdere. Era sempre stato sincero… o almeno, così Denny aveva pensato.

E invece era stata tutta un’illusione, una menzogna lunghissima, uno spettacolo che ora era definitivamente finito.

Ma nonostante tutto, Denny non riusciva a lasciare il palco, anche se ormai le luci si erano spente e il co-protagonista era andato via.

Denny si era innamorato di Mathi.

Così tanto che non riusciva a lasciarlo andare nonostante tutto quello che gli aveva tenuto nascosto, nonostante lo avesse consapevolmente messo in pericolo.

Per la prima volta nella vita di Denny, aveva conosciuto una persona che gli aveva fatto mettere la parte la paura in favore dell’affetto che provava per lei.

…eppure era tutto finito.

-Dan, tutto bene?- una voce di una persona gentile, ma che non apparteneva a Mathi, lo riscosse leggermente dai suoi pensieri, e si rese conto che aveva iniziato a singhiozzare rumorosamente, e che Fred gli era molto vicino, e gli stava dando qualche pacca sulla spalla.

Si ritirò inconsciamente. Era un istinto molto più forte di lui, e ancora non lo capiva, dato che Fred sembrava davvero solo un uomo molto gentile.

Forse Denny aveva solo iniziato a diffidare della gentilezza esagerata.

-Scusa, sono solo…- provò a giustificarsi, ma la voce gli veniva fuori a stento, accompagnata da singhiozzi sempre più incontrollati.

-Se vuoi parlarne, magari…- si offrì Fred, ma Denny lo interruppe subito.

-Scusa, ma non me la sento. Io non ti conosco, e credo che si stia facendo tardi- lo congedò.

Era maleducato, lo sapeva.

Ma non si sarebbe aperto con uno tipo conosciuto al bar.

Fred sembrò capirlo, perché si alzò, lo salutò con un generico ma sentito -Mi ha fatto piacere passare la serata con te spero che starai meglio- e uscì, lasciandolo solo.

Denny, ormai senza freni che lo trattenessero, ricominciò a piangere e a commiserarsi.

Non poteva più ignorare il vero problema: Mathi.

Ma non riusciva neanche ad affrontarlo da solo.

Doveva assolutamente parlarne bene con qualcuno.

E aveva già in mente la persona perfetta!

 

Mercoledì 7 Agosto

Ultimamente Sonja era più distratta del solito, e combinava parecchi disastri in cucina, tanto che sua zia le aveva dato una settimana di ferie per recuperare mentalmente.

Nonostante le ferie, però, Sonja era comunque al Corona sperando di aiutare, perché se rifletteva troppo sui suoi problemi sarebbe impazzita, e preferiva provare a distrarsi.

E fu una fortuna che fosse lì in quel momento, per vari motivi.

Innanzitutto Max era distratto quanto lei, dato che la sera prima Denny non era tornato a casa e non aveva neanche avvertito fino a poco prima, quindi Max era un misto tra sollevato e furioso, dopo essere stato preoccupato a morte tutta la mattina.

Inoltre il redivivo si presentò sul retro e metà giornata, con aspetto davvero devastato, e palesandosi solo a Sonja con un messaggio sul telefono davvero preoccupante: “Ho bisogno di parlarti, puoi venire sul retro e non dire nulla a Max?”. Se Sonja non fosse stata a lavoro se lo sarebbe perso! 

La ragazza non era proprio entusiasta di tenere un altro segreto a Max, ma se si trattava di Denny era ben felice di aiutarlo.

E poi il suo aspetto, quando Sonja lo vide nascosto dietro i cespugli, era davvero tanto devastato.

Si affrettò a nascondersi con lui.

-Denny, cosa è successo? Stai bene?- chiese, preoccupata, controllando le sue condizioni.

Non sembrava ferito da nessuna parte, solo reduce di una grande sbornia.

-Ho fatto un macello gigantesco- si lamentò Denny, depresso, prendendosi afflitto il volto tra le mani.

-Mi dispiace. Posso aiutarti in qualche modo?- si propose Sonja -Ho portato un caffè- aggiunse poi, porgendogli la tazza fumante che aveva preparato per ogni evenienza.

-Sei un angelo!- Denny gliela prese di getto e lo bevve tutto d’un fiato.

-Ci voleva proprio. Credo di essere ancora un po’ brillo- ammise, appoggiandosi più comodamente a terra e incoraggiando Sonja a fare altrettanto.

La ragazza eseguì, senza sapere cosa aspettarsi.

Suppose che il problema avesse a che fare con la sua sessualità, ma dubitava che Denny avesse fatto coming out con la famiglia, o probabilmente se ne sarebbe accorta ascoltando gli scleri preoccupati di Max. 

Se l’avesse detto alla Corona Crew, poi, l’avrebbe saputo insieme a tutta la città perché Amabelle non sapeva tenere la bocca chiusa.

Quindi immaginò di essere ancora l’unica a sapere quel segreto, e che quello fosse il motivo che aveva spinto Denny a rivolgersi proprio a lei.

Era davvero onorata dalla fiducia, anche se non era certa di meritarla.

Rimase in ascolto preparandosi ad incoraggiarlo qualsiasi cosa avesse da dire.

-Ieri sono andato in un gay bar, da solo, mi sono ubriacato, e mi pento di ogni istante!- rivelò Denny di getto, molto imbarazzato.

Okay, Sonja non si aspettava minimamente una cosa del genere.

Rimase in silenzio qualche secondo, cercando qualcosa da dire, ma Denny la anticipò, continuando a parlare. 

Forse aveva solo bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.

-Praticamente ci stava questo tipo che ci ha provato… o almeno credo che ci abbia provato. È stato stranissimo, era gentile, e io ero distante da morire, ma lui continuava ad insistere, e mi ha messo molta ansia!- spiegò, a disagio.

Sonja sobbalzò.

-Hai passato la notte con lui?- indagò, molto sorpresa.

Non che si scandalizzasse per le avventure di una notte, ma le sembrava un comportamento molto poco da Denny, e forse un po’ affrettato per qualcuno che era venuto a patti con la propria sessualità da poco.

Ma dopotutto, chi era lei per giudicare, e ognuno doveva seguire il proprio percorso.

Solo che, a giudicare dalla faccia inorridita e improvvisamente rossa di Denny, non aveva intrapreso quel percorso.

-Che?! NO! Assolutamente no! Si è offerto di riaccompagnarmi a casa ma non volevo dargli il mio indirizzo e ho passato la notte in camera di Norman- spiegò Denny, sulla difensiva, rosso come un peperone.

Sonja annuì.

-Molto cauto da parte tua- ammise, rassicurata.

Vedeva Denny come un fratellino minore, e per quanto aperta di mente volesse essere, il pensiero che passasse una notte con uno sconosciuto la faceva preoccupare non poco.

-Certo! Sono stato attentissimo! E nonostante tutto mi ha lasciato il suo numero. Non capisco- Denny tirò fuori un bigliettino che aveva trovato quella mattina sul comodino e lo mostrò a Sonja, che lo prese e lo controllò.

-Fred Mint? Che nome peculiare- commentò, senza sapere che altro dire.

-Anche appropriato perché aveva un alito che puzzava di menta e nicotina- Denny scosse la testa, disgustato.

-Allora, hai intenzione di chiamarlo?- chiese Sonja, cercando di non pensare alle implicazioni della frase di Denny (perché sapeva l’odore del suo alito?!) e provò a pensare più al futuro che al passato.

Chissà, magari Fred poteva essere un buon partito, anche se da quando Denny gli aveva detto di essere gay, l’unico pensiero che continuava a girare nella mente di Sonja era “Che fine ha fatto Mathi?”.

-No! Santo cielo, non sono pronto per questo! Cercherò di evitarlo e se dovessi incontrarlo di nuovo fingerò di non aver trovato il biglietto- Denny però non ne voleva sapere nulla, e riprese il bigliettino dalle mani di Sonja per poi accartocciarlo e rimetterlo in tasca.

-Dai, perché no, hai detto che è stato gentile, magari potresti dargli un’occasione- Sonja decise che quello era un buon momento per incoraggiarlo. Personalmente aveva buone esperienze con persone che a prima vista sembravano gentili, o forse era semplicemente privilegiata.

Denny però non sembrava dello stesso avviso.

-Non lo so, probabilmente ho dei problemi io, ma non mi convinceva, per niente. Aveva un’aria di pericolo. Preferirei non averci nulla a che fare- ammise il ragazzo, scuotendo appena la testa.

Sonja decise di non insistere.

-Va bene. Comunque non mi sembra che la serata sia stata così disastrosa, alla fine il tipo che hai incontrato non ha fatto niente di male, vero?- indagò, sperando nel meglio.

Denny scosse la testa.

-No, non ha fatto niente di male, il problema è un altro- ammise, sospirando tristemente e rannicchiandosi maggiormente a terra.

Sonja gli si avvicinò, cercando di mostrargli conforto.

-Racconta- lo incoraggiò, mettendogli una mano sulla spalla.

Gli occhi di Denny si fecero lucidi.

-Non ricordavo dove fosse la camera di Norman e mi sono avvicinato a quella di Mathi per orientarmi, lui è uscito per qualche motivo e…- abbassò la testa.

Sonja era attentissima, non aveva intenzione di perdersi neanche una parola.

-…sono un caso disperato- concluse Denny, seppellendo il volto nelle ginocchia e non dando ulteriori informazioni.

-Scusa se te lo chiedo, sei libero di non rispondermi, ma… cosa è successo con Mathi?- alla fine Sonja non ce la faceva più. Aveva bisogno di risposte. Non poteva dare buoni consigli se non conosceva tutta la storia. Inoltre era davvero curiosa.

Denny, per un istante, fu in procinto di dirle tutto.

Ma si trattenne, per paura di tirare anche lei in mezzo a quella situazione pericolosa.

Optò per una mezza verità.

-Mi ha mentito…- rispose, in un sussurro.

-Ti ha mentito?- ripetè Sonja, sorpresa.

-Ha solo finto di essere mio amico, e amico della Corona Crew, in realtà è un mostro senza cuore che stava solo giocando con me, e io ci sono cascato con tutte le scarpe!- continuò poi, acquistando sicurezza.

-Cosa?! Sul serio?!- Sonja portò una mano alla bocca sconvolta e incredula.

Gli occhi di Denny si riempirono di lacrime, lasciando poco spazio ai dubbi.

-Magari è solo un fraintendimento. Mi sembrava che lui…- 

-Già- Denny la interruppe subito -Sembrava anche a me, ma non è così. E…- il ragazzo esitò qualche istante prima di continuare -…temo che nonostante tutto io mi sia innamorato di lui- 

Nonostante la sua voce si fosse trasformata in un sussurro, Sonja riuscì a sentire ogni parola, e il suo cuore si spezzò per l’amico.

Gli cinse le spalle, stringendolo verso di lei.

-Mi dispiace, Denny, non riesco neanche ad immaginare come devi sentirti- provò ad empatizzare, accarezzandogli le spalle.

Denny sospirò.

-Vorrei tanto essere nato etero!- esclamò, seccato.

-Posso assicurarti che anche noi etero abbiamo problemi romantici- gli fece presente Sonja, con una risatina amara. La sua mente tornò a Max, e il suo stomaco si strinse pensando a lui. Il senso di colpa era sempre più difficile da ignorare.

-Allora vorrei essere aro-ace come Norman! Lui sì che ha la vita perfetta: niente amore, niente relazioni, solo lavoro, amici e platonicità!- il pensiero di Denny cambiò rotta.

Sonja ridacchiò.

-Effettivamente sarebbe molto più facile così- ammise, poggiando la testa sulla sua spalla.

Denny posò la propria su quella di Sonja.

-Posso chiederti un grosso favore?- chiese poi, dopo qualche minuto passato in un silenzio contemplativo.

-Certo, qualsiasi cosa- Sonja sollevò la testa per mostrare la propria partecipazione.

-Potresti non tradire la mia amicizia, per favore?- la voce di Denny era quasi un pigolio.

Non era una promessa difficile da mantenere, ma Sonja si sentì comunque stringere lo stomaco.

-Ti prometto che se anche un giorno dovessi deluderti per qualche motivo, io non tradirò mai la tua amicizia. Ti considero un ragazzo fantastico, e sono onorata di essere tua amica. Potrai sempre venire da me se ti servirà qualsiasi cosa- gli assicurò, sorridendogli incoraggiante.

Anche Denny accennò un sorriso, e asciugò gli occhi lucidi.

-Vale anche per me… per te… insomma, se hai bisogno, io ci sono. Non sono solo uno che si lamenta. So anche dare consigli- promise.

-Ne sono sicura. Vuoi restare qui ancora un po’ o posso offrirti un pezzo di torta?- propose, indicando la porta sul retro.

-Max mi farà una sfuriata eterna, vero?- borbottò Denny, rassegnato.

-Posso provare a distrarlo, se vuoi- si offrì Sonja, comprensiva.

-No, meglio in pubblico, così sarà costretto a trattenersi un po’- Denny scosse la testa, e si alzò, cercando di ricomporsi.

Sonja fece altrettanto, e lo accompagnò dentro il locale.

Quello che aveva sentito su Mathi la confondeva parecchio, e i problemi di Denny per un po’ surclassarono i propri tra le priorità della sua mente.

Era strano che Mathi fosse stato falso. Le era sempre sembrato estremamente autentico in tutto quello che faceva. E poi perché mai aveva dovuto indagare così tanto sul compleanno di Denny, o stringere così tanto amicizia con la Corona Crew? Aveva addirittura passato il “test Clover” usato dalla ragazza per valutare se qualcuno fosse affidabile. 

Certo che quella situazione era strana.

 

-Non so che fare, non so veramente che fare in questo momento, rischio un attacco di panico ogni secondo, mi sento in colpa, e sono con un piede nella depressione- Mathi borbottava velocemente tra sé, quasi mischiando le parole tra loro.

-Potresti ripetere più lentamente? Non ho capito- rispose una voce leggermente meccanica proveniente dal portatile davanti a lui.

Mathi sospirò e cercò di calmarsi.

-Aggie, sono in una situazione tremenda, ho bisogno di un po’ di conforto- ripeté, scandendo meglio le parole e lanciando un’occhiata depressa verso lo schermo del computer, dove svettava un’immagine in primo piano di una ragazzina del liceo dai tratti asiatici e lunghi capelli neri.

-Nessuna situazione è eterna, quando si tocca il fondo si può solo risalire- lo rassicurò, incoraggiante.

Mathi sospirò, e seppellì il volto tra le mani. 

Non riusciva neanche più a guardare il volto della sorella, era troppo doloroso.

-Stranamente questa frase fatta non mi sta aiutando per niente. Diamine!- sbuffò, accarezzando Apollo nella speranza che il suo pelo soffice sarebbe riuscito a calmarlo.

-Uhm… vuoi che ti racconti una barzelletta per tirarti su di morale?- propose la figura oltre lo schermo, un po’ incerta.

-No, hai presente il ragazzo di cui ti ho parlato, Apollo Justice?- chiese Mathi, riferendosi a Denny ma confondendo il vero Apollo, che girò il muso verso di lui, sentendosi chiamato in causa.

-Ricordo 11 conversazioni dove hai parlato per ore di tale Apollo Justice: la prima è stata la sera del finto appuntamento, la seconda di ritorno dal San Valentino in montagna, la terza dopo il compleanno di Felix, la quarta alla fine del New Malfair Comic & Games, la quinta…- cominciò ad elencare Aggie, segnando ogni ricordo sulle dita.

-Sì, sì, ho capito, ho una cotta gigantesca, lo so già. Beh, quel ragazzo è in pericolo, è tutta colpa mia, e mi sento maledettamente in colpa perché non ho la minima idea di come aiutarlo- spiegò Mathi, rinunciando ad accarezzare Apollo e alzandosi per il nervosismo e l’ansia. Iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, cercando di calmare la tensione e trovare una soluzione a tutti i suoi problemi.

Non aveva la più pallida idea di come proteggere Denny senza rischiare di metterlo maggiormente in pericolo.

Era completamente inerme.

E di conseguenza non riusciva a concentrarsi per lavorare all’intercettazione che Will aveva chiesto per il giorno successivo.

Odiava che nonostante fosse lì per studiare, Will lo sfruttava per i propri lavoretti sporchi.

In realtà, Mathi odiava tutto dell’agenzia, e Will, soprattutto Will.

Quell’uomo era la persona peggiore dell’universo. 

Solo pensare a lui gli provocava un terrore immenso. 

-Fratellone, tutto bene? Non parli più da un po’- la voce leggermente preoccupata di Aggie lo riscosse dai suoi pensieri.

-Sì, sto bene. Sono solo completamente fregato. Cavolo! Dovevo rifiutare il finto appuntamento, o almeno non accettare di rivederlo subito dopo! Perché sono diventato suo amico?! Lo sapevo che sarebbe finita male!- Mathi si prese il volto tra le mani, sempre più depresso e sommerso dai sensi di colpa.

-Su, fratellone. Nessuna situazione è eterna, quando si tocca il fondo si può solo risalire- lo rassicurò Aggie, incoraggiante.

-Lo so, me lo hai già detto- sbuffò Mathi, che di solito trovava molto conforto in quelle sessioni di chiacchierata, ma in quel momento erano completamente inutili.

-Scusa- Aggie abbassò la testa, dispiaciuta.

-No, non fa niente. È colpa mia- Mathi sospirò -Dovrei rimettermi a lavoro- aggiunse poi, risedendosi davanti al computer e preparandosi a chiudere la conversazione.

-Buon lavoro, fratellone. Porta il pane a casa e permettimi di sopravvivere con il tuo stipendio- gli sorrise Aggie, salutandolo con le mano.

Mathi chiuse la finestra, e cambiò scrivania del computer, tornando alle intercettazioni.

Ma non ci stava proprio con la testa.

Forse poteva aspettare che Duke tornasse e chiedergli di aiutarlo. Ultimamente il coinquilino era meno irritato con lui e più accondiscendente. 

Forse perché aveva capito quanto Denny fosse spacciato ed era triste per lui.

Solo a pensarci, a Mathi venivano i brividi di disgusto, ansia e terrore puro.

Forse se lavorava come un mulo Will non avrebbe avuto motivo di cercare di distruggerlo. Doveva solo fare il bravo cagnolino per il resto della sua vita e Denny sarebbe stato salvo.

Un piccolo prezzo da pagare per la salvaguardia dell’amico.

Si stava giusto convincendo che magari era solo paranoico e Denny non era poi così in pericolo, quando l’arrivo della stanza di qualcuno ruppe definitivamente ogni sua speranza.

All’inizio però non ci fece neanche caso.

-Duke, ti aspettavo per ora di cena- disse continuando a fissare lo schermo del computer cercando di capirci qualcosa. Stava giusto per aggiungere un commento su come Will avrebbe dovuto farsi da solo le proprie intercettazioni quando, grazie al cielo, Duke lo anticipò.

Solo che non era Duke.

-Vedo che stai lavorando. Mi fa piacere, pensavo stessi battendo la fiacca- una voce melliflua e vagamente sorpresa fece sobbalzare Mathi, che si girò di scatto, e venne sommerso dall’odore disgustoso di menta e nicotina.

-W_W_Will?! Cosa ci fai qui? Pensavo che il lavoro dovesse essere consegnato domani!- esclamò, sorpreso, e impallidendo palesemente.

-Controllo che i miei adorabili sottoposti non battano la fiacca… perché ti sei fermato? Torna a lavorare- incoraggiò Mathi a girarsi di nuovo verso il computer e si accese una sigaretta, guardandosi un po’ intorno.

Mathi approfittò della sua distrazione per controllare dove fosse Apollo, e riuscì per un pelo a nasconderlo sotto una maglia buttata sulla scrivania, evitando che Will si accorgesse di lui.

Non voleva neanche rischiare di pensare a quello che avrebbe potuto fargli se l’avesse scoperto. Will Hacks era famoso per la spietatezza verso ogni creatura, ma in particolare gli animali. 

Mathi fece appena in tempo a tornare a lavoro che Will finì l’osservazione e gli si avvicinò, mettendogli letteralmente il fiato sul collo.

Un fiato decisamente nauseante, a dirla tutta.

-Il lavoro sarà finito entro domani, posso inviartelo per e-mail in tarda mattinata- gli promise Mathi, cercando di non farsi distrarre dalla presenza del capo e di restare concentrato e impassibile.

-Ieri sera sembravi spaventato quando mi hai visto in corridoio- esordì improvvisamente Will, in tono divertito, facendo sprofondare lo stomaco di Mathi, che si ritrovò a rivivere la scena come se stesse capitando in quel momento.

Aveva aperto la porta per andare a prendere una bottiglietta d’acqua al distributore in fondo al corridoio.

All’inizio aveva visto solo Dan, il suo amatissimo Dan, e per un istante aveva sperato di poter parlare con lui, almeno un’ultima volta per provare a sistemare almeno qualcosa.

Poi il suo sguardo si era spostato sull’uomo al quale Dan era praticamente abbracciato, che lo teneva con forza e che aveva lanciato a Mathi un’occhiata penetrante e indecifrabile, terrorizzandolo a morte.

Perché mai, in tutta la sua vita, avrebbe voluto vedere Denny e Will così vicini l’uno all’altro.

Doveva aspettarsi che sarebbe venuto da Mathi per indagare meglio.

Non avrebbe mai dovuto accettare il finto appuntamento e continuare ad osservare Denny da lontano.

Perché era stato così egoista?!

-Spaventato? Ero solo sorpreso che fossi venuto nel mio dormitorio, tutto qui. Temevo di aver confuso le date di consegna dei lavori- provò a trovare una scusa al volo, continuando a fissare lo schermo del computer e tentando di non mostrare alcuna emozione.

-Sai, quel Daniel è peculiare, capisco perché ti interessi tanto- Will fece finta di non averlo sentito, e prese una boccata dalla sigaretta che continuava a fumare nonostante le regole del dormitorio lo vietassero.

-Daniel? Il ragazzo con te? Non mi interessa- mentì Mathi, alzando le spalle.

-Davvero? Beh, è un peccato, non sai che ti perdi. Credo che il suo tratto più interessante sia la sua attenzione. È cauto ai limiti della paranoia, ed è una vera sfida. Adoro le sfide- Will ghignò, molto divertito, facendo irrigidire Mathi, che smise di scrivere al computer, inorridito.

No, non doveva capitare.

-Perché hai smesso di scrivere?- lo sgridò Will, notando immediatamente il suo cambio di comportamento.

-Devo prendere appunti cartacei- Mathi trovò una scusa al volo, e prese un foglio e una penna dalla scrivania, iniziando a scrivere codici e calcoli sulla carta, senza essere del tutto certo di cosa stesse facendo.

-Dicevo, ho provato a demolire le sue mura, ma sono resistenti. Non ho mai conosciuto nessuno così malfidato. Non riesco a capire se è così di carattere o se sei stato tu a rovinarlo- 

-Io non ho fatto niente. Lo conosco appena. Se ha parlato di me deve essersi fatto dei film- mentì, cercando di allontanare Will da Denny, in ogni modo, ma iniziando a temere che fosse troppo tardi.

-Sai, non mi interessa minimamente il tuo rapporto con lui. Dopotutto come si può resistere ad un volto tanto innocente e inerme. Ti viene voglia di prenderlo e spezzarlo in milioni di pezzettini! Non so, è attraente- 

Mathi strinse i denti, era meglio non rispondergli per non rischiare di mettere Denny maggiormente in pericolo.

Ma la presa sulla penne si fece più forte.

-Magari dopo essere spezzato abbastanza potrebbe diventare un soldatino perfetto. Sembra un ragazzo privo di spina dorsale, ma intelligente, potrebbe essere una buona pedina. Un perfetto candidato per una “manovra di Stoccolma”, scommetto che ti piacerebbe lavorarci insieme, che dici?- Will continuò a provocarlo, standogli sempre con il fiato sul collo e sussurrandogli l’idea quasi all’orecchio.

La presa di Mathi sulla penna si fece più forte. La paura che lo aveva attanagliato fino a quel momento iniziò a trasformarsi in rabbia, rabbia cieca. Will non doveva permettersi di minacciare Denny.

Mathi non gli avrebbe mai permesso di provare a reclutare Denny.

-Oppure me lo porto a letto e basta. Non lo so, potrei fare entrambe le cose, già che mi ci trovo. La seconda sicuramente. È troppo ghiotto per lasciarselo scappare. Ma tranquillo, non sono un tipo geloso. Puoi averne un pezzo anche tu se vuoi- l’intento di Will era palesemente quello di provocarlo per scatenare una reazione, Mathi lo sapeva benissimo.

Ma non riusciva comunque a controllare la rabbia che continuava a risalirgli al cervello.

Non stava neanche più scrivendo. Teneva in mano la penna come fosse un coltello, cercando di restare impassibile ma sempre meno controllato.

Will però non aveva intenzione di cedere, e continuò a parlare, allontanandosi leggermente da Mathi e mantenendo sempre il tono rilassato di chi sta semplicemente facendo quattro chiacchiere sul tempo, e non progettando la rovina fisica e spirituale di un povero ragazzo innocente.

-Non credo di piacergli, ma francamente il suo consenso è l’ultima cosa che mi interessa- 

Okay, questo era decisamente troppo!

Senza che Mathi potesse completamente controllare le sue azioni, si girò di scatto verso Will e puntò la penna verso la sua gola, con l’intenzione di accoltellarlo.

Doveva proteggere Denny, a. qualsiasi. costo! 

E per proteggerlo, Will doveva sparire!

Non gli importava delle conseguenze, potevano anche ucciderlo per insubordinazione. L’importante era che Denny fosse al sicuro.

Purtroppo Will era più forte e agile di lui, e probabilmente si aspettava quella reazione, perché prese il polso di Mathi prima che il colpo andasse a segno, e scoppiò a ridere, divertito dal suo intento omicida.

-Sai, non credevo che ci avresti provato davvero. Quindi tieni molto a questo ragazzo. La faccenda si fa sempre più interessante- commentò, stringendo il polso abbastanza forte da fargli lasciare l’arma improvvisata.

Mathi non rispose nemmeno, abbassò la testa, e rimase immobile come una bambola.

Si sentiva un guscio vuoto. 

L’unica volta in cui si era sentito così inerme, come se il mondo lo stesse inghiottendo senza che potesse in alcun modo salvarsi, era stato quando gli avevano detto dell’incidente dei suoi genitori.

-Regola numero 9?- lo interrogò Will, rigirandosi la penna tra le mani.

-Le reclute devono seguire ogni indicazione del proprio supervisore. Ogni atto di insubordinazione sarà severamente punito- enunciò Mathi in tono impassibile.

-Sai, Mathias, io non sono senza cuore come pensi. Sto solo cercando di temprarti alla vita che hai scelto. Ti lascerei passare con un avvertimento, ma hai cercato di uccidermi, non posso fingere che non sia successo niente- a discapito delle sue parole, Will non sembrava affatto dispiaciuto, anzi, era elettrizzato. Gettò la sigaretta a terra senza preoccuparsi di bruciare la moquette, e afferrò la maglia di Mathi per costringerlo ad alzarsi.

Inizio a pensare di dover alzare il rating di questa storia per questo arco narrativo.

Per mantenere il rating attuale non scenderò a particolari sulla punizione che Will riservò a Mathi, ma quando ebbe finito, il ragazzo era a terra, non sembrava al momento in grado di alzarsi, e non poco era il sangue che gli usciva dalla bocca e dalle ferite.

Ma aveva tenuto duro, senza lamentarsi e aspettando solo che tutto finisse.

-Bene, spero che il messaggio sia chiaro. Torna a lavoro- Will si sgranchì i muscoli e si avviò verso la porta.

Mathi però continuava ad avere una sola priorità.

-Regola numero 17?- chiese, con un filo di voce, bloccando Will sul posto.

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Will si girò verso la sua recluta, con un sorrisino irritato a malapena accennato.

-Torna a lavoro- disse solo a denti stretti, prima di uscire.

Mathi non credeva che sarebbe riuscito ad alzarsi da terra tanto presto, dato che tutto il suo corpo era dolore e basta, ma accennò una risatina.

L’aveva battuto, moralmente, al suo stesso gioco.

La regola numero 17 stabiliva chiaramente che non si poteva in alcun modo reclutare qualcuno senza previo consenso dei capi supremi dell’agenzia, e che ogni recluta doveva avere delle caratteristiche base imprescindibili.

Denny non rispondeva ai requisiti.

Quindi, almeno per il momento, era salvo.

E Mathi non poteva che essere un po’ più rasserenato, perché avrebbe sofferto tutto il male del mondo pur di non trascinare il suo migliore amico al suo stesso livello.

 

Giovedì 8 Agosto

Clover iniziava ad essere felice di essere stata scelta come damigella d’onore di Paola, perché l’organizzazione dell’addio al nubilato della ragazza aveva preso buona parte della sua permanenza lì, permettendole di evitare il più possibile la famiglia di Diego e soprattutto Diego per buona parte della vacanza.

Di solito Clover era una festaiola che preferiva godersi le feste invece di prepararle, ma in quella situazione confusa le andava benissimo.

Non che non apprezzasse la compagnia della famiglia del suo finto ragazzo, erano tutti meravigliosi, e l’avevano aiutata in vari modi.

Le cene e i pranzi tutti insieme erano il momento più bello della giornata.

…ma anche il più imbarazzante, soprattutto quando Maria insisteva su quanto lei e Diego fossero una bella coppia e di come a 24 anni fosse un buon momento per pensare a mettere su famiglia.

I confronti rispetto ai futuri sposi poi erano all’ordine del giorno, e un po’ inappropriati, se Clover doveva dire la sua.

Insomma, non c’era neanche confronto! Miguel e Paola erano affiatati da morire, non vedevano l’ora di sposarsi, e l’entusiasmo di Paola completava perfettamente la calma rassicurante di Miguel.

La parte più bella per Clover era soprattutto osservare Miguel quando lui guardava Paola e lei era impegnata a fare altro.

Tsk, come aveva solo potuto pensare, Livia, che sarebbe riuscita a separarli in qualsiasi modo. Era evidente quanto si amassero.

E Clover sapeva che nessuno l’avrebbe mai guardata così.

Soprattutto non Diego.

Dopotutto, cosa mai poteva trovarci in lei? Lui e la sua famiglia meritavano decisamente di meglio.

Comunque era riuscita a superare i primi giorni della vacanza senza che la loro falsa venisse scoperta, e quella sera finalmente ci sarebbe stato l’addio al nubilato, che Clover aveva organizzato sul ponte di prua, pagando parecchio per riservare il tavolo migliore solo per loro, e prenotando così la vista più bella che si poteva osservare dalla nave. 

Paola era rimasta esterrefatta.

E grazie a Juanita, che l’aveva aiutata con i preparativi, c’era tutto ciò che la sposa amava di più, sia da mangiare, che da bere, che da fare.

E Clover si era anche imposta una difficile sfida: restare completamente e definitivamente sobria!

Non poteva rischiare di essere anche solo vagamente alticcia il giorno successivo, durante il matrimonio vero e proprio, dato che doveva restare vigile per non permettere a nulla, assolutamente nulla, di rovinarlo.

-Clover, non vuoi neanche un sorso? Questo drink è di una bontà unica!- provò a convincerla Paola, arrivandole vicino e agitandole il bicchiere davanti.

Era davvero raggiante, e si stava divertendo da morire.

Clover un po’ meno perché la tentazione di bere era tanta e i giochi che aveva scelto un po’ stupidi se non si beveva.

-No, grazie. Preferisco restare sobria- rifiutò il drink con molta rassegnazione, e Paola non insistette, ma fece il muso in maniera un po’ eccessiva.

-Hai preso super seriamente il tuo compito- ridacchiò Juanita, divertita dalla serietà a tratti inappropriata di Clover.

-Beh, Paola merita il meglio- Clover alzò le spalle, in tono ovvio.

-Awww, Clo! Ti voglio bene!- esclamò Paola, gettandole le braccia al collo e abbracciandola stretta.

Sì, Paola meritava proprio il meglio.

-Però è un po’ triste. Nel programma ci sono giochi alcolici e sarà noioso se Clover non partecipa- osservò Sunny, controllando il volantino con il programma della serata che Clover aveva stampato per l’occasione.

-Giusto, ti prego, almeno partecipa al gioco delle sfide!- provò a convincerla Maria, la madre di Diego, che nonostante fosse la futura suocera era stata felicissima di partecipare su richiesta di Paola, che la considerava come una madre e aveva con lei uno splendido rapporto.

-Se bevo io puoi bere anche tu, ragazza mia!- le diede man forte nonna Flora.

…era un addio al nubilato parecchio singolare, bisogna dirlo.

E sotto l’insistenza di nonna Flora era difficile dire di no.

-Va bene, partecipo almeno al gioco delle sfide. Ma non è detto che io debba bere- acconsentì, preparandosi mentalmente e fisicamente a non perderne neanche una.

Flora e Maria ridacchiarono tra loro, Paola esultò, e Juanita prese il blocco per appunti, pronta a segnarsi la serata per scriverci sopra una fanfiction in futuro.

Clover non lo sapeva, ma aveva iniziato una storia basata sulla relazione finta tra lei e Diego, e stava avendo anche un sacco di apprezzamento.

-Scusate, potete spiegarmi le regole?- chiese Sunny, che era già parecchio brilla ma entusiasta di partecipare.

-A turno ognuno di noi propone la sfida a qualcuno a scelta. Se la persona non riesce a superarla deve bere, ma se ci riesce, a bere sarà colei che ha lanciato la sfida- spiegò Maria, che era tornata una ragazzina praticamente.

-Ah, a una persona a scelta? Non si va in ordine?- a Clover era sfuggita questa parte della regola. Credeva che avrebbe dovuto sopportare un paio di sfide al massimo.

-Beh, di solito si fanno alla sposa, dato che è la protagonista della serata- spiegò Maria, con uno scintillio negli occhi.

Quel “di solito” preoccupò Clover, ma non voleva fare la guastafeste.

-Va bene, quando volete cominciamo- acconsentì, concentrandosi.

Se ne pentì presto.

Perché si coalizzarono tutte, persino Sunny, su di lei.

-Clover ti sfido a bere un bicchiere di di questo drink buonissimo!- cominciò Paola.

Ehi, non valeva così! Avrebbe bevuto comunque!

-Clover, ti sfido a ballare sul tavolo di quei tipi davanti a noi!- continuò Maria.

Quei tipi davanti erano nel mezzo di una proposta di matrimonio che Clover aveva rovinato, ma aveva portato a termine la sfida. Solo che aveva bevuto uno shot per riprendersi dall’imbarazzo della situazione.

-Clover, ti sfido a rubare l’anello di fidanzamento dei tizi davanti- 

Juanita era spietata! Clover eseguì comunque, perché di bere ancora non ne aveva la minima intenzione.

-Clover, ti sfido a cantare questa canzone a squarciagola girando tra i tavoli!- 

…non era il turno di Paola di sfidarla, dato che l’aveva già fatto prima, ma era la sposa, e Clover eseguì. Era una brava cantante, fece una figura di tutto rispetto.

-Clover, ti sfido ad andare dal tipo al bar e fingere di…- la sfida di nonna Flora era troppo spinta per il rating di questa storia, ma dopo essere rimasta interdetta qualche secondo e aver sentito le altre ragazze ridere un misto tra scandalizzate ed entusiaste, Clover aveva eseguito, iniziando a chiedersi se valesse davvero la pena abbassarsi a tanto pur di non bere. Si stava divertendo, davvero tantissimo, ma se Paola insisteva tanto nel volersi rovinare il matrimonio con una Clover ubriaca chi era lei per negarglielo.

-Clover… ti sfido a… non so… toglierti la maglia e restare in reggiseno per un minuto?- propose Sunny, seguendo la scia di nonna Flora.

In circostanze normali, Clover avrebbe eseguito senza alcun problema, ma le circostanze normali erano finite dieci anni prima con l’incidente.

Il suo umore si abbassò leggermente ma cercò di non darlo a vedere, e si rassegno a prendere il primo drink per sfida persa della serata.

-Clover, non ti facevo così pudica- commentò Flora, sorpresa.

-Iniziava a venirmi sete- mentì Clover, sperando che non le chiedessero ulteriori dettagli.

Maria sembrò capire la situazione, perché cambiò immediatamente argomento.

-Dai, tocca a Clover, che sfida lanci e a chi?- chiese, ritornando al gioco.

Clover ci pensò un po’. Per evitare di bere doveva lanciare una sfida impossibile, ma non poteva neanche renderla troppo impossibile o rischiava di rovinare l’umore generale. 

Decise di buttarsi sullo scopo originale del gioco: 

-Paola, ti sfido ad andare da quel tipo e praticare un finto rito magico per spaventarlo- si inventò diretta verso la sposa e colei che doveva essere in teoria la protagonista della serata, facendo scoppiare tutte le donne a ridere.

-E questa da dove ti è uscita?- chiese Juanita, segnando l’idea sul bloc note.

In effetti era una sfida strana, ma ultimamente aveva passato un sacco di tempo con Coco, che era in fissa con la magia. Probabilmente era quello, ma non si pentiva dell’idea.

-E non potrai dirgli, in nessun caso, che è una sfida o uno scherzo!- aggiunse poi, controllando meglio il tipo indicato e rendendosi conto che era estremamente religioso e sicuramente un gran fifone.

Dubitava che Paola sarebbe riuscita a mantenere la recita con lui se l’avesse visto disperarsi.

-Va bene, ci sto!- acconsentì lei, ignara del pericolo.

Come progettato da Clover, il tipo iniziò ad urlare spaventato a metà del primo finto incantesimo, e Paola cedette e provò a rassicurarlo, preoccupata, perdendo così la sfida.

-Che reazione esagerata!- commentò Flora, che era una donna religiosa, ma sapeva stare agli scherzi.

-Cosa è successo?- chiese Paola sconvolta, tornando al tavolo agitata e prendendo al volo il drink che Clover aveva preparato per lei con un sorrisino soddisfatto.

-Ho notato che era religioso, e l’ho visto agitarsi sulla sedia e sobbalzare lievemente ad ogni cosa, quindi ho supposto che sarebbe impazzito nel vederti iniziare a recitare un rito magico- spiegò, soddisfatta delle sue doti deduttive.

-Wow!- commentarono insieme Juanita e Maria.

-Sei tipo Sherlock Holmes!- si complimentò Paola, con occhi brillanti.

-Sei davvero geniale, Clover! Ecco come hai fatto a vincere tutte le sfide!- osservò Sunny, battendo le mani tra loro.

-Propongo un nuovo gioco: Clover prova a dedurre qualcosa delle persone e se indovina beviamo noi, altrimenti beve lei!- propose nonna Flora, sfregandosi le mani.

Clover avrebbe obiettato, ma era onestamente molto lusingata dall’attenzione che stava ricevendo, e poi non ce la faceva più ad evitare di bere. Sapeva che si sarebbe divertita molto di più se solo si fosse lasciata andare.

Sospirò, sorrise, e acconsentì, ordinando un giro di shottini.

-Datemi dei soggetti e indovino tutto!- si diede delle arie, preparandosi a dedurre.

Fu una delle serate più divertenti della sua vita.

 

Diego era orgoglioso da sé stesso perché era riuscito a restare quasi completamente sobrio ad un addio al celibato. Quello sì che era un grande traguardo della sua vita.

Solo che iniziava leggermente a preoccuparsi, perché era tornato in camera da quaranta minuti, erano quasi le tre del mattino, e di Clover nessuna traccia.

La cosa poteva essere normale, dato che non era poi così tardi per un addio al nubilato, ma dato che il matrimonio sarebbe stato il giorno successivo, e Clover si era lamentata per tutta la preparazione sul fatto che dovevano finire alle due precise per evitare che la sposa non dormisse abbastanza, in modo che il matrimonio fosse perfetto, a Diego sembrava strano che alla fine avesse cambiato i piani così tanto da ritardare di addirittura un’ora il ritorno in camera.

Non che dovesse importargli qualcosa di Clover.

Ultimamente era davvero seccato con lei, doveva ammetterlo.

Da quando lei si era aperta con lui e avevano passato quella assurda notte insieme, lo evitava come la peste.

E, onestamente, Diego all’inizio l’aveva capita, perché anche lui non sapeva come reagire a ciò che era successo, e capiva che probabilmente poteva essere stato un errore.

Solo che, più ci aveva pensato, e più si era reso conto che i suoi sentimenti per Clover erano cresciuti a dismisura, e sebbene fosse ancora molto ferito per la storia delle lettere, aveva convinto sé stesso che probabilmente c’era stato un errore, o un fraintendimento, o Clover era stata davvero troppo impegnata a sopravvivere per rispondere, e aveva cercato di mettersi l’anima in pace e dimenticare la storia.

Solo che… Clover non gli parlava.

Ogni volta che lui provava a tirare fuori l’argomento lei cercava una qualche scusa e se ne andava, o cambiava argomento, o gli diceva che ne avrebbero parlato dopo, ma quel “dopo” non arrivava mai.

E Diego si era stancato di aspettarla.

Non gli sembrava giusto che fosse solo lei a decidere quando parlare e quando tacere. 

Una relazione è composta da due persone, non da una persona e uno zerbino/spalla su cui piangere.

Ma si era imposto che dopo il matrimonio l’avrebbe presa, e le avrebbe parlato chiaro e tondo, magari anche chiedendole delle lettere.

…se arrivavano a quel matrimonio.

Perché erano le tre e Clover non era ancora tornata in camera.

Ma non è che era davvero scappata con la sposa scoprendosi lesbica?

Nah, improbabile, dato che Paola e Miguel erano forse la coppia più bella del mondo, ma possibile che l’addio al nubilato non fosse ancora finito?

Si alzò dal letto che aveva occupato per vendetta nonostante non fosse propriamente il suo turno, e decise di farsi un giro per la nave arrivando casualmente al ponte di prua e controllando la situazione senza farsi scoprire.

Mentre usciva, si imbatté in Juanita, e rischiò quasi di finirle addosso.

-Juni! Ma che ci fai qui? Non sei all’addio al nubilato?- chiese Diego, sorpreso.

-Che? Ma se è finito un’ora fa! Volevo ridare a Clover il suo fermaglio, me l’ha prestato prima e mi sono dimenticata di restituirglielo- spiegò la sorella, agitando un fermaglio costosissimo con il disegno di un fiore blu davanti al viso di Diego per prenderlo in giro.

Il battito del cuore di Diego aumentò d’intensità.

-Clover non è tornata in camera- riferì a Juanita, iniziando a preoccuparsi.

-Oh, non ancora? Strano, aveva detto che dopo due partite a poker sarebbe tornata. Vabbè, puoi consegnarglielo da parte mia?- chiese la sorella, non scomponendosi di una virgola e porgendogli il fermaglio.

Diego lo prese senza pensarci più di tanto e se lo mise in tasca, sorpreso dall’informazione che Juanita gli aveva rivelato.

-Aspetta, Clover è al casinò?- chiese, incredulo.

-Sì, ci siamo andate per testare i poteri magici di Clover. Quella ragazza è un portento. Peccato che non state insieme davvero, mi piacerebbe come sorella acquisita!- commentò Juanita, abbassando la voce per evitare che qualcuno la sentisse mentre rivelava il segreto.

-Non ci credo! Vabbè, vado a recuperarla- sospirando, un po’ seccato, Diego chiuse definitivamente la porta dietro di sé, superò la sorella, e si diresse verso il casinò della nave, sperando non fosse troppo grande perché voleva trovare Clover il prima possibile e andare a dormire.

Purtroppo il casinò era piuttosto grande per essere quello di una nave, e anche parecchio caotico vista l’ora.

Si chiese, iniziando a guardarsi intorno nella sala, se Clover valesse davvero tutta quella fatica. Era irresponsabile, esagerata, a tratti antipatica e non parlava.

Poi il suo sguardo si posò su di lei, attirato come un magnete, e si rese sempre più conto di quanto cotto fosse di lei.

Perché sebbene ubriaca fradicia, con i capelli scompigliati e circondata da talmente tante fiches da risultare quasi completamente coperta, era di una bellezza mozzafiato.

E non era solo la bellezza esteriore che aveva fatto perdere la testa a Diego, ma la sua energia, il suo sguardo al momento competitivo ma capace anche di grande dolcezza e vulnerabilità. La sua immensa forza a discapito delle situazioni difficili in cui spesso si era trovata. 

…se solo gli avesse parlato! Se avessero parlato e chiarito Diego era convinto che si sarebbe innamorato di lei senza possibilità di tornare indietro, e gli sarebbe davvero piaciuto, doveva ammetterlo.

Ma doveva restare concentrato e non permettere al poco alcool nel suo organismo di farlo barcollare.

Doveva essere l’adulto responsabile.

Iniziò ad avvicinarsi, e sentì un pezzo della conversazione.

Clover stava finendo una partita di poker, e a giocare erano rimasti solo lei e un tipo con poche fiches dall’aria impassibile.

-Amico mio, con una doppia coppia non conviene rischiare tanto. Lo so che sei convinto che io stia bluffando ma lo dico per te, risparmia i tuoi soldi per una mano più fortunata- cercava di convincere lo sfidante ad abbandonare, e se Diego fosse stato in lui non avrebbe mai ceduto perché era chiaro che stesse bluffando.

-No, sono convinto delle mie carte!- esclamò lui, facendo lo stesso ragionamento di Diego.

-Ci perdi tu, amico. Scala reale- Clover mostrò le carte con un ghigno soddisfatto, e aumentò la sua già enorme montagna di soldi.

-Clover, che stai facendo?- Diego intervenne prima che i giocatori, evidentemente irritati, se la prendessero troppo con lei.

-Diego, tu che ci fai qui? Sei un pessimo giocatore, la tua faccia da poker è disastrosa- Clover lo guardò attentamente, avvicinandosi al suo viso -Sei arrabbiato con me perché sono qui e non in camera!- indovinò poi, schioccando le dita e facendo la splendida.

Diego scosse la testa.

-Non ci vuole il tuo superpotere per indovinare una cosa del genere, ti ricordo che domani c’è il matrimonio- le fece presente, incoraggiandola ad alzarsi e a seguirlo.

-Qualcuno sposerà questa strega?!- commentò uno dei giocatori, quello rimasto con meno soldi, sorpreso.

-Ehi, chi ti credi di essere?- Diego si mise subito in difesa della ragazza, irritato, ma Clover lo interruppe.

-Nah, non è il mio matrimonio, sono solo la damigella- spiegò, scuotendo la testa -Non voglio tornare in camera, non voglio parlare con Diego!- aggiunse poi, incrociando le braccia e facendo il muso.

Diego non sapeva se offendersi o ridere dello stato in cui verteva Clover in quel momento.

-Se non torni in camera Diego starà qui tutto il tempo- la minacciò, optando per il divertimento e avvicinandosi a Clover per farle rendere conto che lui era lì.

-Beh, non voglio tornare in camera neanche perché se torno poi devo dormire, e se dormo poi arriverà prima domani e non voglio fare un casino al matrimonio!- aggiunse Clover, trasformando le braccia incrociate in un abbraccio per confortarsi.

La seccatura di Diego sparì completamente, e sospirò, intenerito.

-Clover, non rovinerai il matrimonio. Lo smaltisci subito l’alcool, e dopo tutto quello che hai fatto per rendere ogni dettaglio perfetto non c’è niente che tu possa fare per rovinarlo, fidati- provò a rassicurarla, dandole qualche pacca sulla spalla.

-Scusate, non è che potreste portare i vostri problemi personali fuori da qui? Vorremmo giocare- li interruppe uno dei giocatori, un po’ seccato.

-Giusto. Su, Clover, torniamo in camera- Diego incoraggiò la finta ragazza a seguirlo, e Clover si alzò controvoglia.

-Ehi, un momento! Non può andarsene adesso! Dobbiamo rivincere tutti i soldi che ci ha rubato!- si lamentò il giocatore che prima aveva insultato Clover, alzandosi in piedi per fermare la ragazza.

-Credo li abbia vinti legalmente, può andarsene quando vuole- ancora una volta Diego provò a difenderla, mettendosi tra lei e il giocatore.

-Sono più di 50’000 dollari!- si lamentò un altro tipo, in un sussurro.

Diego era interdetto.

-Hai vinto 50’000 dollari in un’ora?!- chiese, sconvolto.

Clover ci pensò un po’ su.

-No- rispose infine.

Diego tirò un sospiro di sollievo. Gli sembrava un po’ tanto

-Ne ho vinti 55’000!- continuò Clover -Ma non li voglio. Me ne tengo 10’000 e gli altri li do tutti a Higgins- indicò il giocatore che aveva battuto alla fine, che sembrava il più triste di tutti, e che alzò la testa di scatto, sorpreso.

-A me?- chiese incredulo.

-Certo, devi pagarci l’operazione di tuo figlio! Non sono mica senza cuore!- Clover gli fece l’occhiolino, e gli diede quasi tutte le fiches guadagnate -Però non provare a rigiocarteli perché non ci metto nulla a rovinarti!- aggiunse poi, minacciosa.

Diego era senza parole.

Higgins no, e passò i successivi cinque minuti che Diego impiegò per riprendersi per ringraziare Clover con vigore mentre quest’ultima provava a surclassare la questione come se regalare 45’000 dollari a qualcuno non fosse niente di che.

Alla fine fu Diego a salvarla dall’aggressione di gratitudine.

-Dobbiamo andare Clover, domani bisogna svegliarsi presto- borbottò prendendola per le spalle e iniziando a trascinarla via.

Clover si fece trasportare, anche se non aiutò affatto Diego a rendergli il compito più facile, perché continuò a lamentarsi.

-Non voglio dormire. Ho sonno! Non voglio arrivare al matrimonio!- borbottò senza alcuna logica, a peso morto su Diego che praticamente l’aveva quasi presa in braccio.

Fecero una breve tappa per cambiare le fiches rimaste a Clover in soldi veri e poi dritti in camera.

…o almeno così Diego avrebbe voluto, ma Clover iniziò ad opporre resistenza, continuando a lamentarsi con frasi poco udibili, tanto che alla fine Diego, troppo stanco per continuare a provare a farla ragionare, decise di tagliare la testa al toro, prenderla in braccio, e trasportarla a mo’ di principessa verso la camera.

Appena fu presa in braccio, Clover si irrigidì, sorpresa.

Diego si aspettava che si sarebbe agitata per farsi mollare, ma rimase immobile per qualche secondo, e poi si lasciò portare senza opporre alcuna resistenza, ma anzi, appoggiando la testa sul petto di Diego, quasi rilassata.

-Sento il battito del tuo cuore- commentò poi, con un risolino adorabile.

Il battito del cuore di Diego aumentò di velocità, mentre le sue guance si imporporavano, rendendosi pienamente conto di quanto vicina fosse Clover.

-Sembra irregolare… ma è rilassante. Che bello!- continuò Clover, stringendosi di più contro di lui -È la prima volta che qualcuno mi porta in braccio. Sono troppo alta e grassa per gli standard degli uomini normali- sospirò, un po’ abbattuta.

-Non sei grassa, sei leggera come una piuma- si affrettò a rassicurarla Diego, tenendola più saldamente.

Non era propriamente vero, dato che Diego aveva qualche difficoltà a tenerla in braccio.

Ma le sue difficoltà derivavano dall’allenamento un po’ carente di Diego, dalla borsa di Clover e dai tacchi, non dal peso di Clover stessa, che era magrissima per una giovane donna della sua altezza.

-Grazie, Diego. Significa molto per me che tu menti su questa faccenda- ridacchiò Clover.

-Non sto…- provò ad obiettare Diego, ma sapeva che Clover aveva dei poteri magici ed era inutile discutere. Sospirò -Non sei grassa, Clover. Hai un fisico perfetto- e questa era la pura verità.

Clover rimase in silenzio qualche secondo, cercando qualche obiezione da fare, ma non gliene venne in mente nessuna, così cambiò argomento.

-Sai Diego, sei proprio un bel ragazzo- borbottò, quasi tra sé, sollevando una mano per accarezzargli la guancia.

Diego era così sorpreso che per poco non la fece cadere a terra, ma si recuperò in tempo, e arrossì ancora di più.

Non aveva mai subito la Clover ubriaca da sobrio. Non si era mai accorto di quanto fosse senza filtri.

-G_grazie- rispose a bassa voce, parecchio imbarazzato.

-E sei anche molto più gentile di come appari. Sei sempre stato un pezzo di pane con una vena di follia adorabile. Non riesco a capacitarmi di quanto poco tu sia cambiato caratterialmente in tutti questi anni- continuò ad elogiarlo Clover.

Diego era certamente felice dei complimenti, ma si sentiva anche un po’ a disagio, perché gli sembrava ingiusto lasciar parlare Clover in quelle condizioni. Sicuramente, da sobria, non avrebbe mai tessuto le sue lodi in quel modo, tutt’altro. 

Ma era piacevole sentire complimenti per una volta, e la lasciò fare, pur affrettando il passo per arrivare in camera il prima possibile.

Per fortuna erano quasi arrivati.

-Però bisogna ammettere che siamo in due mondi diversi, noi due- il discorso di Clover cambiò drasticamente.

-Due mondi diversi, in che senso?- chiese Diego, confuso, arrivando davanti alla camera e posandola a terra per cercare la chiave.

-Su, dai, è palese. Basti pensare alle nostre famiglie! La tua è “caos”, la mia “perfezione!”- spiegò Clover, ottenendo solo che Diego iniziò ad irritarsi.

Va bene, la sua famiglia era nel caos, e allora?! Almeno erano una famiglia, e non dei dipendenti al servizio del capo supremo.

E poi da quando Clover si vantava della propria famiglia?! Di solito la criticava aspramente.

-Siamo in camera. Vuoi che ti porti anche a letto, principessa?- chiese sarcastico, aprendo la porta e sperando che Clover decidesse di utilizzare le proprie gambe.

-Ho detto qualcosa di sbagliato?- chiese Clover, piegando la testa confusa, e procedendo a carponi dato che evidentemente non aveva abbastanza equilibrio per raggiungere il letto in posizione verticale.

-Tranquilla, la Clover sobria mi ha già avvertito che la Clover ubriaca è inaffidabile e molto diversa da lei- la rassicurò Diego, chiudendo la porta e sperando di poter finalmente andare a dormire.

Clover ridacchiò, arrampicandosi con difficoltà sul letto.

-È questo che ti ha detto? No, è una bugiarda. Quando sono ubriaca sono solo senza filtri, tutto qui. E il vero motivo per cui non volevo bere oggi non era solo il matrimonio, ma soprattutto tu- spiegò, sporgendosi verso Diego per stargli più vicino possibile.

-Io?- la confusione di Diego non fece che aumentare. Che c’entrava lui con il desiderio di Clover di restare sobria. Cosa mai aveva da nascondergli? 

-Non volevo rischiare di dirti troppo. Non voglio parlarti, questa situazione è invivibile e non so bene come comportarmi. Uff, è la prima volta- seppellì il volto nel cuscino, facendo il muso.

-…grazie- borbottò Diego, un po’ offeso, ma cercando di non dare peso alle parole di Clover. Era poco chiara, e non voleva rischiare di fraintendere, soprattutto perché era ubriaca.

Prese un bicchiere d’acqua e glielo mise sul comodino per ogni evenienza, poi cercò il pigiama della ragazza, e glielo porse, ben consapevole che le sarebbe dispiaciuto parecchio svegliarsi con quel bellissimo vestito ancora addosso e completamente spiegazzato.

-Diego… grazie!- Clover sollevò la testa e gli prese il pigiama dalle mani, sorpresa positivamente dal gesto accorato.

-Figurati, se hai bisogno di altro chiedi- Diego si piegò con l’intento di scompigliarle i capelli per prenderla un po’ in giro, come faceva spesso con le sue sorelle, ma Clover approfittò della vicinanza per prenderlo per la maglia, spingerlo verso di lei, e baciarlo.

Diego si scansò quasi immediatamente, preso troppo in contropiede per riflettere, e nella fretta di allontanarsi, quasi cadde a terra.

-Uh? Ho sbagliato?- chiese Clover, preoccupata.

-Perché l’hai fatto?- Diego aveva raggiunto vette inesplorate di confusione, e tutto il sonno che aveva addosso da prima sembrò evaporare.

Di tutte le cose che si aspettava Clover potesse fargli, baciarlo era molto sotto nella lista, soprattutto dopo tutto quello che gli aveva appena detto.

-Non lo so… immagino che mi piaccia baciarti, ma ho sbagliato, lo capisco- Clover si tolse il vestito senza il minimo pudore e si infilò il pigiama, preparandosi a dormire e sembrando non poco delusa.

Diego ci mise qualche secondo a riprendersi, ma sebbene fino a poco prima avesse deciso che non avrebbe affrontato nessun argomento con Clover in quello stato per non approfittarsene, adesso aveva decisamente bisogno di risposte, e dato che la Clover sobria non voleva dargliele, avrebbe chiesto alla Clover senza filtri.

-Perché vuoi baciarmi? Io… ti piaccio? Non vuoi parlarmi per questo?- provò a chiedere, cercando di non essere troppo speranzoso ma fallendo miseramente. Una frase del genere, dopotutto, si poteva tranquillamente interpretare in quel modo, giusto? Non baci qualcuno che non ti piace, vero? Insomma, Diego non lo faceva. A lui piaceva Clover.

Se era ricambiato poteva provare a…

-Che? No! Non è che mi piaci!- il tono di Clover era strano, ma le sue parole non avevano possibilità di essere fraintese, e il cuore di Diego sprofondò nel petto, mentre la speranza si sgretolava in mille pezzi.

Purtroppo non era come Clover, non aveva il suo superpotere, e non poteva minimamente immaginare che il “Non è che mi piaci” di Clover era la premessa di un implicito “È che mi sono proprio innamorata di te, perdincibacco!”. E purtroppo Clover era troppo ubriaca per aggiungere ciò che alla sua mente appariva palese.

-Bene… capito. Quindi quella notte non ha significato niente per te- Diego parlò quasi tra sé, cercando di non mostrare troppo la sua evidente delusione, e il suo cuore spezzato.

Se era questo quello che dovevano dirsi, forse Clover aveva fatto bene ad evitare di parlare. Ancora una volta la grande Clover era un passo avanti a lui, come quando erano piccoli, come sempre era stato da quando si conoscevano.

-Meglio andare a dormire- decise di lasciar perdere. Avevano un matrimonio che era meglio non rovinare, e doveva necessariamente farsi almeno qualche ora di sonno. Era il testimone principale dopotutto.

-Non hai niente da dire al riguardo?- Clover però, che non aveva ben capito che la sua confessione implicita era stata tutt’altro che recepita, si sporse di nuovo verso di lui, cercando una risposta soddisfacente, una confessione magari, o un rifiuto.

Sperava una confessione.

-Se devo essere sincero, dopo quello che mi hai detto non vedo l’ora che la farsa finisca- ammise, sistemandosi nel giaciglio ai piedi del letto che a questo punto toccava a lui.

Clover rimase qualche secondo in silenzio, mentre la consapevolezza di essere stata rifiutata veniva recepita completamente dalla sua mente.

-Oh… capisco… beh, non ti biasimo- annuì infine, mettendosi sotto il lenzuolo e cercando di non pensarci e mettersi a dormire a sua volta.

-Neanche io mi innamorerei mai di qualcuno che non ha mai risposto alle mie lettere- aggiunse poi, quasi tra sé, chiudendo gli occhi.

Diego si mise a sedere di scatto, sconvolto.

-Aspetta, cosa?!- chiese, impallidendo. Sentì un fastidio alla bocca dello stomaco, e quasi un senso di nausea.

Lettere? Clover senza filtri aveva davvero appena citato le lettere che lui le aveva scritto?!

Dopo tutti quei mesi aveva implicitamente ammesso che, dopotutto, aveva ricevuto le sue lettere, e non aveva mai risposto?!

Diego ormai era giunto alla conclusione che non le avesse mai ricevute. Era andato avanti anche con quella convinzione raggiunta con difficoltà. Magari le aveva rubate suo padre, o Aloe, o Blossom, chissà. E Clover non le aveva mai lette.

Era per questo che aveva abbandonato completamente l’idea di parlarne, e aveva cercato di mettere da un lato il pensiero.

E ora, come se nulla fosse, da ubriaca, Clover le ricacciava fuori, ammettendo di sapere della loro esistenza?! Perché non l’aveva detto prima, perché non aveva mai risposto? Perché Diego doveva venire a saperlo così?!

-Clover, di che lettere stai parlando?- chiese, cercando di tastare il terreno.

Non gli arrivò nessuna risposta.

Diego si alzò, e le si avvicinò.

-Clover, ho davvero bisogno di saperlo, di che lettere parli? Le hai lette? Perché non hai risposto?- chiese, a voce alta, arrivandole a qualche centimetro di distanza.

Ma le sue domande non avrebbero trovato risposta tanto presto.

Perché Clover era crollata addormentata.

Come un sasso.

-Clover- Diego provò a scansarla leggermente, ma Clover si girò nel letto e non diede alcun segno di volersi svegliare tanto presto.

Diego rinunciò, si rimise nel giaciglio, e provò a convincersi che era meglio non pensarci adesso, di dormire, e di indagare il giorno successivo con Clover.

Anche se la confusione, la delusione e anche un po’ di rabbia iniziavano a mandargli il cervello e il cuore a mille.

E non chiuse occhio per tutta la notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Buon anno a tutti!!

Come sono andate queste feste natalizie particolare? A me tutto sommato meglio di quanto mi aspettassi, anche se ora ci si rimette a lavoro. 

Volevo pubblicare il capitolo giorni fa, ma non riuscivo a finirlo, è stato un mezzo parto.

Ed è strano, perché non vedevo l’ora di scrivere questo capitolo.

Non sono mai stata sbronza quindi sicuramente non riesco a scrivere ubriacature e renderle realistiche.

…ma mi diverto lo stesso tantissimo!!

Soprattutto Clover, Clover è un’ubriaca fantastica.

E Diego un gentiluomo.

Ma andiamo con ordine…

Danny è un disastro. Ma è davvero cauto e fa benissimo, vista la vera identità dello sconosciuto al bar.

Sonja è un’ottima amica, e lei e Denny sono i nuovi Clover e Max, lol.

E Will… la scena tra lui e Mathi non l’avevo proprio programmata. Volevo solo mostrare che Will era Fred, far vedere che era cattivo e basta. Poi è uscito molto più psicopatico e manipolatore di quanto mi fossi aspettata e suppongo che il mio scrivere questo capitolo in fase un po’ depressa abbia contribuito all’angst di questa scena da rating quasi rosso. Santo cielo, Will non si è regolato. E neanche Mathi scherza.

Speriamo che Denny non finisca ulteriormente in pericolo, e che Mathi riuscirà ad uscire da quella situazione.

Devo dire che questo arco narrativo Mathenny lo adoro in maniera un po’ perversa. L’angst mi piace, purtroppo.

Passando a Clover e Diego, volevo rendere più lunga la scena dell’addio al nubilato, ma ho pensato che poteva risultare un po’ noioso dato che l’unica partecipante del cast principale è Clover, e che sarebbe molto più divertente in futuro magari scrivere un addio al nubilato della Corona Crew, e dato che ho un seguito in mente che si svolge cinque anni dopo questa storia, chissà, magari mi tengo le idee che mi erano venute per questo capitolo e le scriverò lì.

E poi è molto meglio leggere interazioni tra Diego e Clover, anche se non sono uscite bene come speravo.

Diciamo che ultimamente tutto va male, ci sono i classici fraintendimenti da fine secondo atto e non sono una fan, ma sono necessari a crescere, circa. E poi questa storia è un enorme cliché.

Ci ho provato però, perdonate il capitolo un po’ sottotono.

Il prossimo capitolo sarà… roba. Tutto sta andando un po’ male ultimamente senza Norman, e siamo quasi alla fine del secondo atto dal titolo “tragedie!”. 

Spero che con questa anticipazione non scoraggerò la lettura, per citare Aggie: “Nessuna situazione è eterna e quando si tocca il fondo si può solo risalire” ^^’

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Felix prende un caffè con Melany, Amabelle fa un casino (che novità), Paola e Miguel si sposano

   
 
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