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Autore: lapacechenonho    23/12/2020    3 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
Capitoli:
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27- 040: Things you said with my lips on your neck (Le cose che hai detto con le mie labbra poggiate sul tuo collo).
 
Due mesi. 
Erano passati due mesi da quando Harry e Ginny avevano discusso l'ultima volta. 
Due mesi in cui Harry non aveva fatto altro che dannarsi per essere stato così stupido, come aveva fatto a non capire le intenzioni di Claire? All'inizio aveva pensato si trattasse solo di gentilezza, ma ripensandoci a mente fredda, era sotto gli occhi di tutti che ci stesse provando, e pensare che Hermione e Ron glielo avevano fatto pure notare! Ma lui era stato testardo e cieco e aveva liquidato la faccenda con una mano dicendo che erano esagerati. 
Sebbene gli fossero stati accanto in quei sessantuno giorni che avevano diviso la coppia, era palese che fossero dalla parte di Ginny e non poteva biasimarli. 
Negli ultimi due mesi aveva evitato anche la Tana, spesso Ron ed Hermione venivano a casa sua per non farlo stare da solo per troppo tempo. Non sapeva come, ma anche Kreacher era venuto a conoscenza dei fatti e spesso lasciava Hogwarts per preparargli la cena, sebbene Harry gli avesse detto più volte di non preoccuparsi. Poteva farcela a preparare una zuppa di cipolla buona come quella di Kreacher, no?
Assaggiandola, si rese conto che no, non era capace di preparare una zuppa buona come quella di Kreacher.
L'unico contatto che aveva avuto con la famiglia Weasley, erano stati Bill e Fleur. Era andato a trovarli circa una settimana prima perché Fleur stava per finire il tempo. L'aveva lasciata con una pancia tonda ma non troppo grande e l'aveva ritrovata con una pancia enorme pronta ad esplodere. Era bello vederla così, erano al settimo cielo e si vedeva.
L'avevano rassicurato che lui sarebbe stato sempre lo zio del bambino che stava arrivando, anche se tra lui e Ginny sarebbe andata a finire male. Quelle parole lo rassicurarono, perché significava che gli volevano ancora bene e non volevano torcergli il collo per aver ferito Ginny, ma allo stesso tempo lo spaventavano. L'idea che con Ginny fosse finita definitivamente lo spaventò forse più dell'idea di andare davanti a Voldemort. 
Due mesi in cui non aveva visto più entrare un Patronus a forma di cavallo per dirgli qualche cosa di stupido. Due mesi che non la vedeva camminare per casa con quel suo codino scomposto dopo un allenamento di Quidditch, due mesi in cui aveva anche cambiato studio di Magiavvocati, costringendo anche Ron ed Hermione a farlo. Non voleva più né vedere, né sentir parlare di Claire.
Fece evanescere quella cosa che avrebbe dovuto essere una zuppa e optò per un toast al prosciutto. Era una di quelle sere in cui aveva solo voglia di pensare a quanto fosse stato stupido a farsi sfuggire una ragazza come Ginny e solo perché era stato tonto a non accorgersi delle intenzioni di Claire. Per Merlino, aveva ucciso Voldemort, aveva salvato il Mondo Magico e non riusciva ad accorgersi quando una ragazza ci provava con lui! 
Morse con rabbia quel toast scarno che si era preparato e bevve un po' di Vino Elfico che di recente aveva cominciato a gradire.
Aveva le labbra appoggiate al bordo del bicchiere quando il campanello suonò. Sospirò, sicuramente erano Ron ed Hermione in uno dei giri di perlustrazione per controllare che non diventasse un alcolizzato. Superando una Walburga Black piuttosto seccata dalla sua presenza in casa, aprì la porta.
Rimase fermo lì davanti per qualche minuto. Il volto assunse un'espressione esterrefatta, e la gola si fece secca. Davanti ai suoi occhi c'era Ginny. Era esattamente come l'aveva lasciata. Non seppe perché lo notò, ma era vestita esattamente come quella sera in cui erano andati al cinema e avevano incontrato Dudley. La sera in cui l'aveva presentata come la sua ragazza. Non era passato manco un anno ma ad Harry sembravano cose che appartenevano a decenni prima.
«Ciao» cominciò lei. Lo guardava dritto negli occhi, Harry la conosceva abbastanza bene da sapere che stesse ostentando sicurezza dentro si sentiva esattamente come lui: sconquassata. «Questa volta ho preferito suonare, sai dopo l'ultima volta non mi sembrava il caso...» aggiunse.
Era tipico di Ginny fare queste battute sottili, a volte quasi cattive, quando non riguardavano lui lo facevano ridere, ma adesso erano come lame sottili e ghiacciate. Fece un sorriso tirato mentre si spostava di lato per farla entrare in casa. «Prego, entra» disse riprendendosi. 
La signora Black continuava a ripetere insulti del tipo: «La progenie di Cedrella...che schifo...che vergogna per la nobile casata dei Black!» 
Nessuno dei due fece troppo caso a quelle parole e continuarono dritti per il corridoio che avrebbe portato alla cucina e al salone.
«Tutto bene?» chiese una volta che si furono seduti sul divano. Erano lontani, seduti ai capi opposti. Ginny annuì.
«Fleur è in travaglio» disse. Teneva lo sguardo fisso sul Vino che Harry le aveva offerto e lei aveva accettato. 
«Oh bene, ci siamo allora!» rispose. Era veramente contento per Fleur e Bill e non vedeva l'ora di poter diventare zio, anche solo adottivo, visto che lui e Ginny non erano più una coppia.
«Avevi promesso che saremmo stati zii insieme». Ginny distolse lo sguardo dal liquido rosso e guardò Harry. Aveva uno sguardo ferito, lo stesso che aveva due mesi fa in quella sera alla Tana. Si sentì mancare la terra sotto i piedi. Ingoiò a vuoto temporeggiando per trovare la risposta. 
«Mi dispiace, sono stato un cretino» si scusò. Ginny fece un leggero sorriso ma lo ignorò.
«Il fatto è che io posso stare senza di te, ci sono riuscita fino a quindici anni, e poi fino all'anno scorso». Harry sentì il cuore farsi pesante. Ciò che più aveva temuto si stava avverando: aveva capito che c'erano altri migliori di lui, altri più intelligenti di lui che non si sarebbero fatti abbindolare dalla prima Claire di passaggio. «É che non voglio» continuò. 
Le parole stupirono così tanto Harry, che si trovò a pensare di aver sentito male. Gli stava davvero dando una seconda possibilità? Un modo per rimediare a quello che aveva fatto?
«Voglio che ci sia tu accanto a me. Voglio tornare sfinita dagli allenamenti e trovare le tue braccia pronte ad accogliermi. Voglio che tu sia il primo a cui raccontare una bella notizia, e l'unico a consolarmi quando c'è qualcosa che non va. Voglio...» ma Harry non le permise di continuare. 
Si avventò sulle sue labbra e si accorse con immenso piacere che Ginny ricambiava. Harry era troppo impulsivo e con le parole se la cavava piuttosto male, per questo aveva scelto di agire. 
Il bacio divenne molto più intenso e caldo di quelli che si erano dati fino a quel momento, c'era l'urgenza di avere qualcosa in più da parte di entrambi. Harry si staccò dalle labbra di lei e iniziò a tracciare il profilo della mascella, arrivando fino al collo dove lasciò dei baci più lunghi e lascivi.
«Ginny?» chiese solamente senza staccarsi dalla pelle candida della ragazza. Aveva il respiro leggermente affannato e gli occhi socchiusi. 
«Sì» rispose in un sussurro. 
Ben presto i vestiti giunsero sul pavimento con poca grazia, unici testimoni di quell'unione.
Nella notte che ricordava la Battaglia di Hogwarts e in quella che celebrava la nascita di una nuova Weasley, Harry e Ginny non unirono solo i loro corpi. Era come se fosse l'unione delle loro anime, l'impegno concreto che avrebbero fatto di tutto per stare insieme, la sicurezza che non avrebbero impedito a nessuno di separarli. Per la prima volta da quando si erano conosciuti e da quando stavano insieme, erano finalmente cuore a cuore
Poco più tardi erano sdraiati sul divano, Ginny sopra di lui, ancora nudi dopo l'amplesso consumato, coperti solo da un tappeto trasformato in un lenzuolo. Aveva il mento appoggiato al petto di Harry e sorrideva. Non l'aveva mai vista sorridere così tanto, Harry credette che le si sarebbe staccata la mascella a breve. 
«Perché sorridi?» le chiese lasciandole leggere carezze sulla guancia. Ogni tanto le scostava qualche ciocca di capelli rossi, erano piuttosto arruffati. Lo faceva sorridere vederla così.
«Perché sono contenta» rispose alzando le spalle. Harry sorrise stringendola a sé per non lasciarla più andare. Questa volta, sul serio, non ci sarebbero state altre interferenze o incomprensioni fatali per il loro rapporto. Ci avrebbe messo tutta l'anima. Se lo erano promessi in quei baci infuocati e quei gemiti compiaciuti. 
C'era una cosa che Harry era certo di non averle mai detto, in realtà non ci aveva pensato fino a quel momento. «La notte della Battaglia, due anni fa» iniziò, «mi sono consegnato a Voldemort». Harry sentì un brivido di paura scuotere il corpo di Ginny. Non sapeva esattamente se fosse dovuto al freddo, al ricordo della guerra o l'aver sentito nominare Voldemort. «Quando lui aveva la bacchetta puntata contro di me nella Foresta, quando stava per scagliarmi la maledizione, io ho visto te. Stavo per morire e io ho visto te». La guardò negli occhi e la vide sorridere dolcemente, l'espressione del viso più rilassata di qualche attimo prima. Rimasero abbracciati in quella posizione per un lungo lasso di tempo, non facevano niente di che, a volte ridevano, a volte si amavano, a volte sonnecchiavano. Erano circa le cinque del mattino quando arrivarono due Patroni, uno di un Jack Russel e l'altro di un gufo. Le voci di Ron e di Percy si sovrapposero creando una gran confusione. Però quando capirono che era nata la piccola Victoire sorrisero emozionati. 
«Siamo zii» sospirò Ginny con un sorriso carico di entusiasmo che Harry ricambiò.
«Insieme» aggiunse baciandola.
 
«Ricorderò quella serata per tutta la vita!» dichiarò soddisfatto Harry Potter.
«Che porco che sei. Pensavo fossi più romantico, che ricordassi almeno il nostro matrimonio...» lo stuzzicò la moglie. Erano sempre stati così: si amavano alla follia e si prendevano in giro fino a che non si stancavano. Non avrebbero mai potuto rinunciare a quello, lo avrebbero fatto finché sarebbero stati in vita.
«Sei tremenda» disse ridendo e stringendola.
«Sono una Weasley, è nel mio DNA essere tremenda» rispose alzando le spalle. 
L'orologio del salone batté la mezzanotte ma alla coppia di due anziani seduta sul divano importava poco. Rivivere la loro storia passo dopo passo, attimo dopo attimo, era di gran lunga più importante che qualche ora di sonno. Questo era uno degli aspetti positivi della pensione: non avere troppi impegni e poter dormire fino a tardi. 
«A pensarci bene non ci siamo mai detti le paroline magiche» rifletté Harry tornando alla realtà. Ginny si imbarazzò ricordando cosa era successo in quel momento. 
«Be' ma ho rimediato subito» si giustificò forse con troppa velocità.
«Oh sì, me lo ricordo» ridacchiò.
Cominciò a ricordare quel momento avvenuto in un assolato pomeriggio di luglio, quando Harry e Ginny avevano scoperto da poco quanto bello e difficile fosse stare insieme per davvero.

Angolo autrice:
Di solito non uso questo spazio in questa raccolta ma stavolta è doveroso. Comincio subito col ringraziarvi dell'affetto che dimostrate ad ogni capitolo, spero che a lungo andare la storia non diventi pesante. Vi ringrazio davvero dal profondo del cuore, scrivo per me - è vero - ma avere persone pronte a ricevere ciò che scrivo è qualcosa che non ha prezzo. 
Secondo punto: la frase di Ginny "Il fatto è che io posso stare senza di te (...) ma non voglio" è liberamente presa da Grey's Anatomy. 
Ultimissimo punto: vi auguro una buona vigilia di Natale, ma ci rivediamo a Natale. Quest'anno siamo letteralmente da soli e la compagnia di una buona storia non può che fare bene.
A presto,
Chiara.
 
   
 
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