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Autore: phoebeinside    23/12/2020    0 recensioni
“Sono serio.” Avvicinandosi lentamente, Jimin abbassò il tono di voce, scoprendo però un lato di sè piú vulnerabile e sincero. “Voglio solo─”
Taehyung percepí delle dita accarezzare il dorso della sua mano, delicatamente. Non riuscí ad allontanarla di scatto, si sentí come inerte, in trappola nel suo stesso corpo che non voleva rispondere ai comandi.
Notò come lo sguardo di Jimin si fosse abbassato per osservare le loro mani, o meglio l’azione dolce delle sue dita. Tuttavia i suoi occhi rimasero fissi sul volto dell’agente. Nemmeno la sua vista voleva agire come severamente comandato dal cervello.
I capelli morbidi neri, le ciglia curve, la pelle liscia, le labbra piene.
“Riparare le cose.”
Jimin risvegliò Taehyung dall’incantesimo sotto il quale lui stesso, inconsciamente, lo aveva accompagnato.
Spezzandosi, l’agente ricordò. Namjoon, le priorità, il luogo, la persona davanti a sè, ciò che gli aveva fatto. Ricordò e ricordò e ricordò.
Tre anni sono un lungo periodo durante il quale covare rancore.
“Non esiste più nulla da riparare, agente Park.”
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Slash | Personaggi: Altri, Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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[13 Gennaio 2017, 14:07 - Giardino del Castello Schönbrunn, Vienna, Austria]

 

“A cosa devo questa visita?” 

Passeggiando tranquillo tra le bellezze delle siepi colorate, per Jackson fu facile percepire la persona a pochi passi dietro di lui.

 

Jungkook uscí dalla sua posizione appartata e si avvicinó al vecchio amico, cosciente che parecchi suoi uomini si sarebbero trovati a breve distanza, con il mirino puntato sulla sua fronte, nel caso avesse fatto qualcosa di avventato.

“Ho bisogno del tuo aiuto, Jackson.”

“Piccolo Jeon!” Il giovane uomo si illuminó, riconoscendo l’agente e accogliendolo in un abbraccio. “Ho miei uomini ovunque. So che tu e tre ragazze siete stati nell’appartamento di Joon. So che da quando sono arrivati gli uomini di Seokjin avete cambiato base diverse volte. E ora eccoti quì. Credevo fossi parte di quell’agenzia, Jeon, non un suo bersaglio.”

Jungkook non poteva dargli torto. Erano passati una decina di giorni dal loro arrivo a Vienna. Se i primi giorni furono caratterizzati da una ricerca approfondita di possibili indizi nell’appartamento, dopo aver notato di essere stati inseguiti, i quattro dovettero cambiare alloggio, da motel a motel, evitando scontri armati.

Non fu facile nemmeno la dinamica tra di loro: con la questione irrisolta tra Jungkook e Aejeong, le improvvise e frequenti discussioni tra Inyeong e Seoyoon e la frustrazione per le inutili ricerche, l’atmosfera non era delle migliori. Erano scappati convinti di poter trovare risposte, eppure nulla. Namjoon rimaneva un uomo scomparso, impossibile da rintracciare.

 

“Si tratta di Namjoon, hyung.”

Dopo una breve espressione di sorpresa, Jackson tornò serio. “Sto rischiando, ad aiutarti. Lo sai questo, vero?”

“Lo sappiamo, e te ne siamo grati.” Aejeong comparse dal nulla e cercò di rassicurare lo sconosciuto, nella speranza di ricevere anche solo un minimo aiuto.

“Non vogliamo metterti in mezzo, hyung.”

Le parole di entrambi lasciarono Jackson in balia dei suoi pensieri: divenuto più cupo, rimase in silenzio, indeciso sul da farsi. “Namjoon è anche mio amico, posso aiutare voi quartermaster prestandovi il meglio dell'attrezzatura in mio possesso. Ma oltre a questo, voglio starne fuori.”

Detto questo, fece segno a uno dei suoi sottoposti di avvicinarsi, gli ordinò di reperire il necessario e di consegnarlo la sera stessa ai due giovani.

“Grazie.” Alla promessa di un aiuto, Jungkook si rivolse al vecchio amico con cordialità e sincera gratitudine.




_____




“A cosa stai pensando?”

Tornati da Seoyoon e Inyeong, e riferito loro il risultato dell'incontro con Jackson, Jungkook parve pensieroso a tutte e tre le ragazze. Solo Seoyoon ebbe il coraggio di domandargli il motivo di tale serietà.

“Ho uno strano presentimento.”

All'erta, Aejeong lo guardò con preoccupazione. “Riguardo Wang?”

“Sapeva che eravamo in quattro, ma non gli ho mai riferito i vostri ruoli. I suoi uomini sono bravi, potrebbero aver scoperto di Seoyoon e Inyeong, ma dubito sapessero di te.” Spaventato di ciò che i suoi pensieri stessero implicando, Jungkook si rivolse a Aejeong in cerca di comprensione. 

“Nemmeno io e Seoyoon sapevamo della tua esistenza fino a un mese fa! Eppure ha detto esplicitamente 'voi quartermaster'.”

“Potrebbe aver fatto ricerche.” Concluse in tono positivo Inyeong, scongiurando il peggio.

“Senza avere rapporti con l’agenzia e Seokjin?”

Il dubbio di Jungkook fece realizzare ai quattro ciò che più temevano. Non potevano fidarsi di Wang, nè dei suoi uomini, che conoscevano la loro posizione e che da lì a poco si sarebbero presentati al motel, sicuramente non per consegnare portatili.

 

“Dobbiamo spostarci.” Chiedendo alle altre due ragazze di raccogliere gli oggetti necessari, Aejeong si fiondò nel bagno della loro stanza, alzando con un coltello una mattonella ed estraendo da sotto di essa una piccola pistola. 

Jungkook si affrettò a dire la sua. “Aspetta. Se Wang è collegato a Seokjin lo scopriremo, aspettandolo quí.”

Gli occhi feroci di Aejeong lo guardarono infastiditi. “ Preferisco non rimanere in trappola in un motel, in attesa di una cena a base di promesse attrezzature con contorno di tradimento.”

 

Mentre la ragazza recuperava gli ultimi oggetti indispensabili dal bagno, Jungkook sospirò e si arrese alla realtà dei fatti. “Anche Wang sta mentendo.”

Fissando il pavimento, leggermente appoggiato al lavandino, l'agente si stupì di quante persone potessero rivelarsi nemiche in così poco tempo. La mancanza di Namjoon e Taehyung si fece sentire: le due persone di cui Jungkook si poteva fidare ciecamente, in quel momento risultavano disperse e non contattabili.

“Ehi. Sai che di me ti puoi fidare, vero?”

Incerta sull'approccio da utilizzare, Aejeong rimase ferma sulla soglia della porta del bagno, cercando di comprendere i sentimenti dell'agente. 

Alzando lo sguardo da terra, Jungkook piegò le sopracciglia come per mettere in dubbio l'affermazione della sua quartermaster. Determinato a riportare alla luce una questione da risolvere, aprì bocca per dire “Ne dovremmo parlare.”

 

Solo per venir zittito poco dopo con un semplice “Non abbiamo tempo da perdere.”






[14 Gennaio 2017, 18:28 - Gil Hospital, Namdong-gu, Incheon, Corea del Sud.]

 

“Dovresti riposare.”

Taehyung alzò lo sguardo e allontanò i polsi dalla fronte contro la quale poggiavano con stanchezza e rassegnazione. Vide la segretaria di Seokjin, Minyeong, avvicinarsi e poggiare una mano sulla sua spalla. Stava guardando il corpo di Jimin, immobile e silenzioso, sul letto bianco, collegato ai macchinari e quasi totalmente coperto dal lenzuolo. La mano destra poggiava sul busto: Taehyung aveva già dimenticato quante volte l’avesse stretta in quei lunghi giorni, aspettando che l’agente prendesse coscienza e aprisse gli occhi. 

“Non torni a casa da giorni. Ci siamo noi quì con lui.”

Rifiutando l'aiuto di Minyeong, l'agente rimase seduto sulla piccola poltrona. Aspettò qualche minuto prima che la ragazza se ne fosse andata, per dedicarsi alla sua cena. I ramyeon sicuramente non sarebbero stati la scelta più salutare, dato che non toccava il suo appartamento e un buon pasto da giorni, ma in quel momento gli sembrò una decente alternativa. 

Non si sarebbe mai dato pace se fosse successo qualcosa a Jimin mentre si trovava altrove. Dormire a casa sua non avrebbe cambiato nulla: ci aveva provato, inutilmente, per arrivare poi alla conclusione che non avrebbe chiuso occhio finché Jimin non sarebbe stato fuori pericolo.

Pensando al suo appartamento, si ricordò di aver lasciato in una delle tasche dei suoi pantaloni un biglietto. Era pieno di scarabocchi, ma firmato da Jungkook. Non lo aveva capito sul momento, ma gli sembrava famigliare e decise quindi di portarlo con sé all'ospedale. 

 

Conclusa la sua triste cena, tolse il foglio dalla tasca e lo guardò nel dettaglio, chiedendosi per la prima volta dove fosse il suo amico. Prima che la preoccupazione lo potesse travolgere, Taehyung si addormentò lentamente, ricordandosi le nostalgiche risate condivise con Namjoon e Jungkook.

 

 

_____





“Ehi.” Bogum lo svegliò sfiorandogli la spalla. Appena Taehyung aprì gli occhi mise a fuoco la faccia del suo amico e sorrise, felice di averlo rivisto dopo tutti gli avvenimenti accaduti. 

Il quartermaster ricambiò il sentimento, poco prima di indicargli con un cenno del capo il letto della stanza. Taehyung si sorprese di incontrare lo sguardo di Jimin, sveglio e lucido, nonostante la debolezza che traspariva dal ritmo dei suoi respiri. 

“Come stai?”

Sorridendo Jimin rispose “Come nuovo.” , cercando di alzarsi dalla sua posizione. Gli scappò un colpo di tosse, seguito da forti dolori all’addome. Arrendendosi, si lasciò cadere con la schiena contro il cuscino e decise che un po’ di riposo non avrebbe fatto male. 

Rendendosi conto del silenzio e dello sguardo serio di Taehyung, decise di affrontare qualsiasi problema ci fosse nell’aria. “Che c’è, Taehyung-ah?” 

“Hai rischiato la vita e ridi?”

“Okay” Sentendosi come un bambino nel mezzo di una litigata tra genitori, Bogum capì che quello sarebbe stato un momento perfetto per uscire di scena. “Vado a cercare un bicchiere d’acqua per Jimin.”

 

Appena Bogum lasciò la stanza, Jimin fissò con occhi increduli Taehyung, quasi per incolparlo della fuga del quartermaster. “Sto bene ora, non devi preoccuparti.”

Taehyung si era alzato, incrociando le braccia e raggiungendo i piedi del letto, ma senza avvicinarsi troppo. “Oh giusto, l’infallibile Park Jimin. Sei stato privo di coscienza per due settimane e ogni giorno ho sperato non fosse l’ultimo, rimanendo al tuo fianco. A quanto pare saper restare è un’abilità rara.”

“Tae…”

“No, sono stanco. Di essere l’unico a tenerci. L’unico a ricascarci. Sempre.”

La tensione fu spezzata dall’arrivo di Bogum, che lasciò a Jimin un bicchiere d’acqua e prese da parte l’amico arrabbiato. “Devo parlarti.”

 

Normalmente Taehyung avrebbe rimandato, ma qualcosa nello sguardo di Bogum lo convinse a dare priorità a ciò che l’amico avesse da dire. Troppe domande giravano nella testa dell’agente: l’attacco, la morte di Namjoon, l’improvvisa assenza di Jungkook. 

“C’è una strana atmosfera in agenzia.” Spostandosi fuori dalla stanza, Bogum si confidò “ Jungkook, Seoyoon e Inyeong non si vedono più, Seokjin mi aveva riferito di una missione in Grecia, ma non sembrava felice delle mie continue domande. Ho controllato, non c’è alcun documento ufficiale a riguardo. Ne sai qualcosa?”

Taehyung pensò al peggio. Non poteva perdere un altro amico. L’improvvisa irreperibilità di Jungkook e Seoyoon non lo aveva allarmato molto, ma un sesto senso riguardo un pericolo imminente si fece strada nel suo cuore. “Nemmeno io sono riuscito a sentirli…” 

Rimettendo le mani in tasca Taehyung si ricordò del foglietto lasciatogli da Jungkook. “Dannazione, il biglietto.” 

 

Tornando nella stanza per raccoglierlo dalla poltrona, l’agente lo aprì e lesse il suo contenuto. 

“È di Jungkook? Cosa dice?” Bogum lo aveva raggiunto e aspettava con ansia di ricevere una risposta.

“Tra quanto dimetteranno Jimin?” 

Il giovane si era addormentato. Taehyung lo notò quando si volse verso il letto. Che pace. Il volto dell’agente era rilassato e tranquillo, inconsapevole di ciò che stava accadendo intorno a sé. Forse sarebbe stato meglio così, forse non sarebbe stato pronto alla notizia, pensò Taehyung.

“Dicono gli serva solo un po’ di riposo, penso tra due giorni… Perchè?”

Bogum cercò di attirare l’attenzione dell’amico, ripresentandosi davanti ad egli con un’espressione preoccupata e allo stesso tempo curiosa.

“Potrà riposarsi in aereo, stanotte tu, io e lui partiamo per l’Austria.”

Quando Taehyung iniziò a raccogliere le sue cose e quelle di Jimin, per prepararsi all’imminente viaggio, Bogum lo bloccò prendendogli il braccio. “Cos’è successo, Tae? Cosa dice il biglietto?”

“Seokjin è collegato alla morte di Namjoon.”




_____





“Jimin, svegliati, dobbiamo andare.”

La leggera carezza sulla spalla svegliò Jimin dalla sua pace. 

Taehyung notò l’espressione persa dell’agente, che impiegò qualche secondo prima di capire dove si trovasse. Lo invitò a vestirsi velocemente, nello stesso momento in cui Bogum rientrò nella stanza per avvisare Taehyung. Stavano arrivando .

“Bogum? Tae? Che succede?”

“Te lo spiegheremo appena ne avremo il tempo, forza. Potrebbero vederci.”

Sulla soglia della porta, Taehyung esaminò il corridoio deserto, illuminato solo da flebili fredde luci. Con un gesto ordinò a Jimin di raggiungerlo. 

“Taehyung-ah, che sta succedendo?”

I tre avevano iniziato a camminare velocemente lungo il corridoio. Mentre Bogum, più indietro, controllava che nessuno fosse sulle loro tracce, Taehyung faceva loro strada e trascinava frettolosamente con sè Jimin. La sua stretta sul braccio di Jimin era ferma e seria, mai violenta.  “Vuoi davvero aiutarmi riguardo a quello che è successo a Namjoon?”

“Sempre.”

Gli occhi seri di Jimin per un attimo fecero credere all’agente che sì, si sarebbe risolto tutto finché sarebbero stati insieme. 

Ma come poteva fingere sicurezza e illudersi con improbabili speranze quando tutto ciò in cui aveva creduto fino a quel momento stava crollando sopra le sue spalle? Non voleva pensarci, non in quel momento almeno. Dovevano correre. Guardò Jimin con la stessa intensità con cui egli lo aveva assicurato del suo aiuto. “Allora dobbiamo allontanarci dall’agenzia. E raggiungere gli altri a Vienna. Non possiamo più fidarci di Seokjin.”

 

Riuscirono a raggiungere l’uscita, correndo verso la strada, quando all’improvviso uno sparo catturò la loro attenzione. 

Si voltarono, per primo Bogum vede il responsabile di tale frastuono. Jimin conobbe per la seconda volta il sentimento del tradimento: un viso famigliare e un sorriso maligno gli confermarono che affezionarsi e fidarsi non erano mai una buona idea nel loro lavoro. “È Taemin.”

“Andate avanti, ci penso io.” Bogum urlò loro di andarsene, estraendo la sua unica arma: una pistola che nascondeva dietro la schiena. 

“Hyung, non puoi coprirci.”

Non poteva perdere qualcun altro. Taehyung cercò di avvicinarsi al suo quartermaster, per venir poi allontanato con un “Jimin ha bisogno di te, andate. Posso inventarmi qualcosa.”

 

Per un attimo Taehyung ebbe davvero timore di perdere un altro amico. Bogum era stato negli anni come un fratello maggiore, una guida e un sostegno. Conosceva la sua astuzia e sperava che essa lo avrebbe salvato da quella situazione. Ma niente poteva distoglierlo dal pensiero che Bogum era un quartermaster, non è mai stato davvero allenato per combattere sul campo. Sperava che nemmeno Taemin avesse ricevuto quegli insegnamenti.  

“A presto, hyung. Promettimelo.”  

Bogum gli sorrise dolcemente, prima di salutarlo con un deciso “A presto.” e affrontare con rabbia il collega.

 

Dopo un secondo di visibile smarrimento in cui Taehyung riuscì solo a fissare Jimin negli occhi e trattenere la paura e la preoccupazione, i due iniziarono a correre verso il primo taxi, fiondandosi dentro.

Taehyung si rilassò sul sedile e diede semplicemente le istruzioni all’autista: “All'aeroporto di Incheon, grazie.”






[14 Gennaio 2017, 23:17 – Vienna, Austria]

 

“Probabilmente a quest’ora saranno arrivati al motel.” 

Dopo essersi allontanati dal quartiere dove era situato il loro ultimo motel, i quattro fuggitivi avevano rallentato il passo, ricordandosi di camminare lungo le vie più buie di Vienna. Con la sua ipotesi, Inyeong aveva ricordato loro a quale minaccia erano scampati.  

Tuttavia Jungkook, che camminava dietro le due quartermaster, in compagnia di Seoyoon, non si sentiva soddisfatto. Odiava dover scappare da una situazione, di sapere solo una parte della verità. Voleva sapere perché Jackson li avesse traditi, lui, Namjoon e Taehyung. “Ciò non cambia che avevamo bisogno di quell’attrezzatura.” 

All’amara constatazione di Jungkook, Aejeong rispose senza voltarsi. “Possiamo trovare un altro modo.”

 

“Abbiamo un anello e nessuna idea di dove possa essere Namjoon. Oltre a nessun posto dove dormire.” Era notte fonda e giustamente Seoyoon stava mettendo in chiaro ciò che tutti stavano pensando: non solo la stanchezza, ma l’assenza di piste che potrebbero condurre al collega, insieme all’atmosfera straniera di un’altra nazione e il senso di inutilità, avevano prosciugato le loro speranze e forze.

“Domani troveremo un luogo dove riposarci, ma per stanotte dobbiamo rimanere all’erta.” Aejeong cercò di guardare la situazione in modo positivo, accarezzando la spalla di Inyeong, che al suo fianco mostrava un’espressione triste e abbattuta. 

“Non abbiamo ancora notizie di Jimin e Taehyung?” Rispose al gesto amichevole Inyeong, guardando speranzosa la collega.

“Non penso…” Non volle eliminare l’unica goccia di speranza della ragazza ma Aejeong non poteva rispondere a quella domanda. Si voltò per chiedere all’unica persona che aveva direttamente cercato di contattare Taehyung durante gli ultimi giorni. E non la vide. “Dov’è Jungkook?” 

Cercando a destra e sinistra con lo sguardo, Seoyoon ebbe il timore che l’agente fosse stato rapito, ma non si sarebbe mai arreso senza lottare. Lo avrebbero sentito. Poi capì di chi stessero parlando: giovane e impulsivo.

 

Sospirando la ragazza alzò gli occhi al cielo e rispose “A fare l’eroe.” 




_____





 “Io starei più attento con quelli fossi in te.”

L’uomo con i borsoni neri aveva appena lasciato cadere i suoi pesi a terra, dopo aver superato l’uscita del motel insieme ai compagni, frettolosi di aggiornare il loro leader riguardo l’assenza dei loro obiettivi.

 

Erano all’incirca tutti e cinque giovani adulti, poco più esperti di Jungkook. L’agente non aspettò la loro espressione sorpresa, si avvicinò all’uomo che custodiva l’attrezzatura e l’allontanò da loro spingendola con un calcio al lato del marciapiede. Nel frattempo i suoi avversari, compreso quello di fronte a lui, avevano fatto due più due, corrugando la fronte e attaccandolo uno dopo l’altro. 

Al primo toccò il colpo più letale, nonostante l’impulsività, Jungkook aveva programmato dove e come ferirlo. Gli altri quattro si rivelarono tutt’altra storia. Avvicinandosi da ogni lato, gli assalitori lo avevano accerchiato. L’agente iniziò a lottare con il primo che cercò di ferirlo, avendo la meglio per qualche attimo e venendo poco dopo sopraffatto dal secondo uomo arrivato in suo aiuto.

“Dobbiamo informare Wang”  

Concentrato ad evitare i colpi dei suoi assalitori, Jungkook sentì il piano degli altri due, sapendo di doverli fermare al più presto. Se solo fosse riuscito a liberarsi dagli attacchi e raggiungere il cellulare dell’uomo che aveva appena digitato il numero di Jackson… 

Con un calcio spinse un uomo contro l’altro, affrettandosi a raggiungere i rimanenti, per fermarli dal chiedere soccorso. 

 

Quando sentì la presenza dietro di sé capì. Troppo tardi. Si girò per affrontare qualsiasi destino la sua impulsività gli avrebbe riservato, notando uno degli uomini davanti a lui, con un pugnale pronto a colpirlo.

Se non fosse stato per Seoyoon, che prendendo il braccio dell’assalitore e piegandolo in un’angolazione poco naturale, lo fece piegare a terra dolorante. Salvando il giovane agente, si guardò attorno e sbuffò “Cinque contro uno, non molto equilibrato.” 

Dopo di che, si sentì uno sparo e un cellulare cadere a terra, dove Aejeong era appena comparsa e aveva minacciato gli unici tre criminali rimasti coscienti. 

Incapaci di arrendersi, gli uomini scatenarono una nuova lotta, che venne brevemente vinta dai tre giovani. Jungkook raccolse i borsoni, guardando un’ultima volta i volti senza conoscienza degli scagnozzi di Jackson e raggiungendo insieme alle colleghe Inyeong. Quest’ultima era stata ferma dall’altra parte della strada, aveva assistito a tutto e aveva un’espressione sconcertata. 

 

Ripresero a scappare. Fu una fuga silenziosa, caratterizzata dal furto di un'auto, che Seoyoon guidò senza meta. 

“Non capisci. Mi sono sentita inutile in quel momento. Stavo lì, immobile, potevo solo fissarvi. Cosa posso fare senza un computer davanti? Nulla.”

Aejeong stava assistendo alla lite tra le due ragazze, che occupavano la parte anteriore dell’automobile.

“Non è compito tuo lottare, Inyeong-ah.”

“Lo è. Voglio difendere i miei amici.”

Capiva cosa Inyeong stava cercando di spiegare, ma non se la sentiva di intromettersi in una discussione nella quale lei non avrebbe avuto diritto di parlare. Forse avrebbe potuto comprendere il sentimento di inadeguatezza ed inutilità che la quartermaster stava provando, ma non sarebbe stato quello il momento giusto per confessare il suo segreto. Oltretutto era da ipocriti voler difendere una collega nel nome dell’amicizia, quando lei per prima aveva abbandonato una persona tanti anni prima.

 

Guardando Jungkook, si accorse che l’agente stava leggendo qualcosa sullo schermo del proprio cellulare.

“Ragazze.”

Attirando l’attenzione di tutte e tre, Jungkook le aggiornò con sorpresa e sollievo riguardo la loro prossima meta. “ Ho ricevuto un sms da Taehyung.”

 

Taehyung

Domani, Cafè Schwarzenberg. 7:30. 






[15 Gennaio 2017, 7:27 – Kӓrntner Ring 17, Vienna, Austria]

Abbastanza distante dal centro, ma allo stesso tempo in una zona molto frequentata, il Cafè Schwarzenberg era stato scelto da Taehyung per la posizione strategica. Infatti, oltre ad essere un luogo solitamente affollato, il locale si trovava a pochi passi dalla fermata del tram, due caratteristiche che avrebbero facilitato una possibile fuga.

Illuminato da luci calde, in contrasto con il gelido inverno esterno, il Cafè aveva uno stile vintage: i pannelli in legno, che rivestivano quasi tutta l’altezza dei muri, e le sedie poste ai lati di ogni tavolo erano color cuoio, in contrasto con i soffitti e le tende dorate, che drappeggiavano gli archi su tutto il perimetro del locale.

Proprio sotto uno degli archi, illuminati dalla luce mattutina che entrava dall’ampia finestra al loro fianco, Jimin e Taehyung stavano sorseggiando il primo caffè della giornata, ancora assonnati a causa del jet lag.

 

“Posto epico per una rimpatriata.”

Alzando lo sguardo dalla sua tazza, Taehyung vide per primo arrivare Jungkook, che più rapidamente della caffeina lo risvegliò dal suo torpore. Lo raggiunse e lo strinse in un abbraccio, grato che l’amico fosse in salute e ricambiasse il gesto.

Grazie alla posizione dell’abbraccio riuscì a notare Seoyoon, che aspettava di ricevere lo stesso trattamento. Taehyung l’accontentò, complimentandola:  “Non avevo dubbi, non sarebbe sopravvissuto da solo.”

“Nemmeno un secondo.” Confermò Inyeong, che gli sorrise dolcemente.

Ritirandosi dall’abbraccio, Taehyung notò la quarta persona. Il viso gli fu famigliare. “Io ti conosco.”

 

Aejeong gli sorrise e in quel momento l’agente ricordò dove aveva incontrato la stessa espressione. Il giorno in cui tutto era iniziato, la ragazza nuova che in biblioteca aveva in modo goffo dato il benvenuto e aiutato Taehyung, ora si trovava davanti a lui.

“Sono la quartermaster di Jungkook.” Aejeong si presentò, cosciente dell’espressione sorpresa e un po’ diffidente del suo interlocutore.

“O meglio la sua babysitter?” Aggiuntosi alla rimpatriata, Jimin si fece strada nel discorso lanciando una frecciatina al giovane amico di Taehyung, che non lo degnò di una risposta.

“Aejeong per lei, agente Park.”

Mentre Jimin e Aejeong si stringevano la mano, Seoyoon guardò con sospetto l’agente, passando lo sguardo come un radar da lui a Taehyung, chiedendogli “Non vi siete ancora uccisi voi due?”

 

“Non siamo qui per questo.” Taehyung invitò tutti a sedersi al loro tavolo, aggiornando i nuovi arrivati riguardo tutte le nuove informazioni di cui erano in possesso.  




_____





“Non è possibile.” A fine aggiornamento, alla notizia della morte di Namjoon e del tradimento di Taemin, Jungkook sconvolto informò i due agenti anche di Jackson e delle novità che avevano scoperto in loro assenza.

Dopo una serie di congetture e sguardi confusi, l’anello che Jungkook aveva recuperato al Galà divenne il centro della discussione.

“Perché un anello dovrebbe avere incise delle coordinate?” Prendendo in mano il piccolo gioiello , Jimin notò le cifre, confuso sulla loro utilità.

Aejeong interruppe i suoi pensieri: “Sono una specie di certificato di proprietà: l’anello appartiene alla persona che vive nel luogo definito dalle coordinate.”

Secondo Taehyung il ragionamento della giovane ragazza aveva senso logico, ma non avrebbe portato a nessun nuovo indizio sulla scomparsa di Namjoon. “Ok, ma sapevamo già di chi fosse, è di Yongsun.”

 

“Aspettate.” Inyeong attirò cinque sguardi verso di sé, scoprendo un’interferenza tra il suo portatile e l’anello che aveva appena ricevuto da Jimin. “Non è semplicemente un anello.”

Mentre digitava velocemente sulla tastiera, ogni collega presente cercava di decifrare la sua espressione concentrata. Finché Inyeong stessa non diede spiegazioni: “Ha attivato la bomba al Galà.”

“Seriamente? Quel gioiellino?” disse Jimin, incredulo.

“Ha ucciso suo marito.” Ripercorrendo i ricordi di quella sera, Jungkook rivide per un attimo Yongsun, che si allontanava dalla festa e dalla gente, poco prima dell’esplosione. Ora tutto quadrava.  “Perché mai avrebbe fatto una cosa del genere?”

“Da quello che ci hai detto, Seokjin ha un anello come questo, giusto? Un innesco per una possibile bomba.” Taehyung cercò conferma nello sguardo dell’amico, che con un cenno del capo diede fondamento all’oscuro presentimento che avevano avuto riguardo il loro superiore. “E se fossero di più? Se ce ne fossero altri oltre a Seokjin e Yongsun?”

“Se fosse un’organizzazione, intendi?” Aejeong entrò nel discorso, collegando i pensieri di Taehyung e creando una supposizione.

“Oppure un semplice circolo. Ogni membro avrebbe un anello, delle coordinate-nominativi e la possibilità di far sparire tutto in un secondo.” Spiegò Seoyoon, inorridita dall’enorme potere e segreto che Seokjin aveva loro nascosto.

“Yongsun ci ha parlato di Namjoon, della sua curiosità e dell’interesse che avevano verso la scienza. Potrebbe trattarsi di un’organizzazione che si occupa di armi chimiche.” Ipotizzò Jimin.

“Joon non avrebbe mai creato un’arma letale per un criminale.”  Difendendo l’amico, Taehyung si ricordò dei giorni in cui Namjoon era troppo occupato con il suo lavoro, per uscire con lui e Jungkook. Ricordò anche un dettaglio, forse importante, che condivise: “Anni fa stava lavorando a qualcosa. Qualcosa che aveva a che fare con il sangue.”

 

Nessuno aveva idee, Inyeong ammise la sconfitta “Come possiamo trovarli? Non abbiamo nessuna traccia.”, mentre Jimin si allontanò dal gruppo per prendere una boccata d’aria.

Ovviamente Taehyung lo seguì, preoccupandosi della sua incolumità e trovando sospetto quell’improvvisa uscita.

“Ho sentito Hoseok.” Svuotò il sacco Jimin, dopo alcuni secondi di totale silenzio: i due agenti stavano semplicemente guardando passare le auto e la gente, cercando spiegazioni logiche a tante domande, affondando il viso nelle sciarpe e le mani nelle tasche calde dei cappotti. “Tempo fa. Mi ha mandato questo.”

Taehyung lesse il messaggio.

“Ho provato a contattarlo, ma nulla.”

“Non me ne hai mai parlato.” Ferito, Taehyung mise nuovamente in dubbio il loro legame di fiducia.

“Ero appena tornato a lavorare con te. Non sapevo se potessi fidarmi ciecamente.”

 

Colpo basso , pensò Taehyung, e molto ipocrita da parte sua. Essendo proprio stata di Jimin la decisione di allontanarsi da lui, due anni prima.

Tornò  tutto indietro, pugnalandolo al cuore: la loro storia, come lo aveva abbandonato e tradito, incontrarlo nuovamente e dover ripetere da capo ogni singolo momento, fatta eccezione per la decisione di Taehyung di rimanere vicino a Jimin, dopo che l’agente aveva rischiato la vita.

Taehyung non aveva mai smesso di tenerci e di fidarsi, e sentire quelle parole uscire dalla bocca di colui che un tempo era più di un amico, lo ferì terribilmente. Soprattutto dopo il loro viaggio, durante il quale la speranza di una possibile riappacificazione era comparsa nella mente di Taehyung. Ma Jimin era solo capace di battute sarcastiche e un cuore gelido. Nonostante i momenti avuti nel cottage, non poteva rischiare di crearsi aspettative riguardanti una persona, come si stava confermando in quel preciso momento, priva di sentimenti, cinica e scettica.

 

Notando il silenzio e l’espressione arrabbiata del collega, Jimin cercò di rimediare: “Potrei provare a chiamarlo. Siamo in ogni caso ad un punto morto.”

Acconsentendo con un cenno, Taehyung lo vide digitare la chiamata e aspettare invano una risposta.

 

Sconfitti dal pessimismo, i due raggiunsero l’entrata del Cafè per tornare dai colleghi, quando Jimin sentì un bip e d’istinto afferrò il braccio di Taehyung. “Aspetta.”

Voltandosi, Taehyung vide l’agente fissare il proprio cellulare e capì. Si mise al suo fianco per leggere il messaggio appena arrivato:

 

Hobi-hyung

Namjoon è vivo. Unite giorno e notte.

 



_____





“Smartblood.”

Esclamò improvvisamente Aejeong, poco dopo l’uscita di Jimin e Taehyung. Era calato il silenzio tra i quattro, ognuno avvolto nei propri pensieri. Agli sguardi confusi dei due agenti, la ragazza cercò di spiegare: “Particelle nel sangue. Non so molto altro, se Namjoon è riuscito a svilupparlo dovremmo trovare il programma...”

Inyeong, la sola a conoscere l’argomento al quale si stava facendo riferimento, chiese l’ovvio, da dietro il suo pc: “Come possiamo recuperarlo?”

“Non saprei. Potrebbe averne tenuta una copia sul suo computer.” Affermò fiduciosa Aejeong.

 

“Che al momento è nelle mani di un traditore.” Ancora deluso riguardo il doppiogiochismo di Taemin, Jimin si intromesse nel discorso, appena tornato dall’esterno e seguito a ruota da Taehyung, che si affrettò ad avvisare gli altri della novità: “Namjoon è vivo.” Allungando il braccio, mostrò l’sms di Hoseok a tutti i presenti. “Hoseok ci ha scritto questo.”

“Possiamo fidarci?” Dopo aver letto, Seoyoon si riferì per prima cosa a Jimin, senza lasciarsi avvolgere dalla speranza.

“Non avrebbe motivo di mentire. E’ stato il primo ad avvertirmi riguardo l’agenzia.”

 

“Unite giorno e notte.” Ripetè Jungkook, come un incantesimo, cercando di capirne il significato nascosto. Dopo alcuni secondi frugò nella tasca della sua giacca, tirando fuori un piccolo oggetto metallico dalla forma rotonda. “Hyung, hai ancora il portachiavi che ci ha regalato Namjoon?”

Alla domanda dell’amico, Taehyung cercò il regalo senza esitazioni, pregando di non averlo lasciato nell’appartamento a Incheon. Trovato attaccato alle chiavi di casa, lo appoggiò sul tavolo, sotto lo sguardo di tutti, accanto a quello di Jungkook. “Sole e luna. Giorno e notte.”

Poco più piccoli di un orologio da taschino, ma simili nella forma e spessore, i due portachiavi in acciaio avevano incisi differenti disegni: sul primo, di Jungkook, si notavano delle linee ondeggianti che partivano dal suo nome inciso al centro e finivano verso i margini; il secondo, di Taehyung, mostrava il disegno di una luna crescente stilizzata, il cui tratto curvo incrociava la lettera “y” del suo nome.

Appoggiando, come primo tentativo, i due oggetti l’uno contro l’altro, facendo sì che i due disegni si incontrassero, Jungkook trattenne il respiro. Passò qualche secondo.

 

“Non succede nulla” Constatò Jimin, dando voce ai pensieri di tutte e sei le persone presenti.

Prendendo i due portachiavi dalle mani di Jungkook, Taehyung provò ad unirli nel senso opposto, appoggiando i due dorsi e premendoli insieme.

Si sentì un tic , e una piccola chiavetta usb spuntò dallo spessore del portachiavi con il disegno della luna.   

Inyeong si affrettò a collegarla al suo portatile, tenendo tutti con il fiato sospeso. Affianco a lei Taehyung poteva percepire la tensione e la curiosità delle altre tre persone sedute dall’altra parte del tavolo. Aejeong, invece, al lato destro della quartermaster, sembrava la collega più tranquilla e contenuta durante la suspence di quella situazione.

“C’è una sola cartella, con un file video e il programma.”

 

Evitando di chiedere preferenze, Inyeong fece iniziare il video, in modo che potessero ascoltare tutti, ma senza curarsi del fatto che solo in tre avrebbero visto il desktop.

“Non fidatevi di Seokjin.” Comparve il volto di Namjoon, in primo piano. Stava aggiustando la telecamera, sembrava preoccupato. Si era appena seduto davanti ad essa, quando decise di continuare il suo discorso: “Se state vedendo questo video vuol dire che Hoseok è stato di parola.”

Dopo un breve sospiro, nello stesso momento in cui Taehyung pensò a quanto gli fosse mancato il suo migliore amico, Namjoon riprese coraggio e parlò “ E’ iniziato tutto con alcuni pedinamenti, sapevo di essere seguito. Ho iniziato a nascondere le mie ricerche riguardo lo Smartblood e a codificarle. Un giorno Seokjin ha chiamato qualcuno, l’ho sentito difendermi, chiedeva che non mi venisse fatto alcun male. A quel punto ho pensato di contattare Hoseok, non conoscendo altro quartermaster più abile, e mi è stato di aiuto. Scoprimmo l’identità di chi mi stava cercando: si tratta di Jaebum. Da quel momento, ogni giorno, ci scambiamo informazioni. Ho un piano riguardo Jaebum: se tutto andrà bene non dovremmo più preoccuparcene e il seguito del video, insieme al programma, saranno inutili. Stasera vi incontrerò e vi regalerò due portachiavi, Hoseok ha promesso di farvi sapere come attivarli, se mai mi succederà qualcosa. Spero che non arrivi mai quel momento. A presto.”

 

Con la chiusura del video e la scomparsa del volto di Namjoon, Taehyung rimase in silenzio, insieme ai numerosi dubbi che lo affliggevano e alla quantità enorme di informazioni che aveva appena ricevuto.

Mentre gli altri quattro pensavano a come iniziare un discorso, Inyeong aveva già avviato il programma contenuto nella cartella. “Il programma segna particelle attive in…”

 

Guardando il desktop alla sua destra, Taehyung lesse “Russia.”

 

   
 
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