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Autore: Baudelaire    24/12/2020    3 recensioni
Questa storia è liberamente ispirata alla saga di Harry Potter, ma al femminile.
Ho voluto cimentarmi, a modo mio, su questo tema.
Rebecca Bonner è una Strega Bianca e la sua vita sta per cambiare per sempre...
La stella di Amtara diCristina è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gustav Cogitus




Capitolo 8
“PREMONIZIONI”
 
Se Rebecca aveva pensato che le cose non potessero andare peggio di così, si sbagliava.
Molto presto tutta la scuola venne a sapere di quello che era accaduto con la Rudolf, così Rebecca si ritrovò a dover affrontare non solo la rabbia delle compagne di classe ma anche le risatine alle sue spalle di tutte le altre Prescelte.
“Ehi, Bonner, ma davvero volevi proteggere i topi?” – la canzonò un giorno una ragazza in corridoio.
“Squitt squitt squitt!” – fece l’amica che l’accompagnava.
Con un immenso sforzo su se stessa, Rebecca tirò dritto, decisa ad ignorarle.
“Passerà.” – disse Barbara quando Rebecca raccontò a lei e Brenda l’accaduto. “E’ la notizia del momento. Si stancheranno presto, vedrai.”
“E alla nostra classe? Quando passerà?” – replicò Rebecca, in tono acido. “Nessuna di loro mi ha più rivolto la parola dopo la lezione con la Rudolf.”
“Augurati che prendano tutte un buon voto nella relazione. Altrimenti sì che sarai nei guai.”
“A proposito della relazione, voi a che punto siete?” – domandò Brenda.
“Io sono indietro.” – rispose Barbara. “Mi devo dare una mossa o non riuscirò mai a finirla in tempo.”
“E tu Rebecca?”
Rebecca abbassò lo sguardo. “Io….. non l’ho ancora iniziata.”
“CHE COSA?!” – esclamarono le gemelle all’unisono.
“Non riesco a concentrarmi!”
“Beh, ti conviene farlo, se non vuoi essere espulsa.” – disse Barbara in tono allarmato. “Hai sentito la Rudolf. Non disturbarti a tornare.”
“Lo so.” – rispose Rebecca con un sospiro. “Stasera devo assolutamente cominciare.”
A farla stare peggio era il senso di colpa nei confronti di Angela Garrett, che aveva cominciato subito il suo lavoro per la Rudolf passando ore e ore in biblioteca. Rebecca e le gemelle la vedevano sempre china sui libri, talmente assorta nel suo lavoro da non accorgersi di loro.
Angela era l’unica persona della loro classe che si comportava con Rebecca esattamente come prima. Nonostante tutto, sembrava che nulla per lei fosse cambiato e se da una parte Rebecca le era infinitamente grata, dall’altra si sentiva un po’ a disagio. Non le era piaciuto il modo in cui la Rudolf l’aveva trattata nell’ultima lezione e sentiva il bisogno di fare qualcosa per lei. In fin dei conti era per causa sua che Angela passava tutto quel tempo china sui libri. Meritava il suo aiuto e ne parlò con le gemelle.
“Scusami” – disse Barbara piccata “ Anche io passo le mie serate china sui libri per colpa tua. Quale sarebbe la differenza?”
“Beh, tu te la sei cavata alla grande con il Controincantesimo.”
“Precisamente. Lei invece no. Perché questo dovrebbe essere un vantaggio?”
“Perché dovrebbe invece essere una colpa?”
“Senti, Rebecca” – intervenne Brenda aggrottando la fronte “non è che vuoi aiutarla perché è l’unica che non ti ha tolto il saluto?”
“Centro!” – esclamò Barbara puntando un dito contro sua sorella.
Rebecca la fulminò con gli occhi.
“Sentite, non sto dicendo che farò il lavoro per lei. Non ne avrei il tempo. Ma potremmo comunque studiare insieme e darci una mano, no?”
“Io preferisco lavorare di sera in camera nostra.” – ribattè Barbara. “Riesco a concentrarmi meglio.”
“Lo stesso vale per me.” – disse Brenda.
“E’ una ripicca bella e buona la vostra.” – mugolò Rebecca.
“No, è solo buon senso.” – rispose Brenda. “Lascia perdere Angela e per una volta pensa a te stessa. Manca poco alla prossima lezione di Protezione. Stasera subito dopo cena ci chiudiamo in camera e ci mettiamo a lavorare di buona lena. Tutte quante.”
Furono giorni di intenso e febbrile lavoro. Nei giorni successivi Rebecca non avrebbe ricordato pressoché nulla di quelle giornate che la assorbivano completamente. Lei e le gemelle arrivavano per prime in Sala da Pranzo per la cena, mangiavano di corsa e poi si rifugiavano in camera a lavorare.
Due giorni prima della lezione di Protezione riuscirono tutte e tre a finire il compito.
Rebecca era soddisfatta. La sua relazione era lunga esattamente 25 pagine, come aveva chiesto la Rudolf. Quella di Brenda e Barbara poco più di una quindicina.
Avevano Protezione alla prima ora.  Uscirono dalla Sala da Pranzo con un certo anticipo, per non rischiare di arrivare in ritardo.
Rebecca sedette al suo posto, ignorando le occhiate delle compagne. Chissà se erano riuscite tutte a finire la relazione. Si augurò di sì e pregò in cuor suo che la Rudolf fosse magnanima con tutte loro, altrimenti non avrebbe più avuto vita facile ad Amtara.
Quando l’insegnante entrò in classe scese un silenzio di ghiaccio.
La Rudolf sedette e alzò gli occhi, incrociando subito quelli di Rebecca seduta davanti a lei.
“Bonner. Ci degni ancora della tua presenza. Devo dedurre che hai portato a termine il compito.”
“Sì, professoressa.”
“Molto bene, consegnatemi tutte le vostre relazioni.”
Una ad una si alzarono e obbedirono.
Poi, come Rebecca si era aspettata, la Rudolf le fece esercitare ancora con la Maledizione della Follia e la prima ad essere chiamata fu lei.
“Vediamo come te la cavi, Bonner. O ritieni che il dolore che infliggerò a quel topo sia troppo grande da sopportare per te?”
Alcune ragazze sghignazzarono.
Rebecca si fece paonazza, reprimendo l’istinto di prenderla a schiaffi. C’era da aspettarselo, la Rudolf non le avrebbe reso la vita facile e la risatine delle compagne non erano certamente d’aiuto. Avrebbe voluto voltarsi per vedere chi aveva riso di lei e atterrarle con un pugno.
Ma non era il momento di lasciarsi sopraffare dalla rabbia. La Rudolf non aspettava altro che vederla cedere per poi prendersi gioco di lei ancora una volta, lì, davanti a tutte.
Non gliel’avrebbe permesso. Non stavolta.
“Allora, sei pronta?” – chiese la Rudolf, che intanto aveva preso tra le mani il topo e lo aveva messo sul tavolo.
Prima che quello potesse scappare e prima ancora che Rebecca potesse formulare qualunque pensiero, la Rudolf gridò “INSANIO!” e l’animale, sotto gli occhi terrorizzati di Rebecca, fu scosso da quelle che avevano tutta l’aria di essere violente convulsioni.
Restò lì immobile a guardare l’animale contorcersi dal dolore per quello che parve un tempo infinito.
“TI VUOI MUOVERE, BONNER?”
La voce della Rudolf la fece scattare.
“SANIFICUM!” – gridò Rebecca con quanto fiato aveva in gola.
Di colpo, il topo si fermò e si accasciò sul tavolo. Rebecca pregò che non fosse morto. Era la prima volta che faceva quel tipo di magia e non aveva la più pallida idea se avrebbe funzionato o meno. Si chiese come avesse fatto Barbara a farla funzionare così bene la prima volta.
Poi, piano piano, prese consapevolezza di quanto accaduto. Vide il topo rimettersi dritto sulle zampe, gli occhietti vispi che la fissavano, curiosi.
Ce l’aveva fatta.
Un largo sorriso le spuntò sulle labbra.
“Brava!” – esclamò Barbara dietro di lei.
“Grande Rebecca!” – le fece eco la sorella.
Rebecca guardò la Rudolf e notò con un certo compiacimento l’espressione risentita che aveva dipinta in faccia. Naturalmente non era quello che l’insegnante si era aspettata.  Probabilmente aveva pensato che Rebecca avrebbe fatto la stessa figuraccia di Angela Garrett, ma si sbagliava. A quanto pare le sue doti magiche non erano poi tanto male, pensò con una punta di orgoglio.
“Puoi tornare a sederti, Bonner.” – le disse la Rudolf in tono gelido.
Con espressione trionfante Rebecca obbedì. Alcune compagne la guardavano in cagnesco, ma ormai non le importava più.
Aveva vinto lei.
 
La settimana successiva la Rudolf riconsegnò le relazioni. Rebecca guardò il voto scritto in alto a destra, un po’ sconfortata. Aveva preso 6.
Brenda e Barbara avevano preso 8 e Angela 5.
Rebecca scoprì che alle altre era andata piuttosto bene. La classe aveva avuto la media del 7.
“Questo dovrebbe cambiare le cose, no?” – disse Brenda.
“Cosa intendi?” – chiese Rebecca.
“Torneranno a parlarti.”
“Tu dici?”
“Lo spero bene.”
Ma ci volle più tempo del previsto. Non tutte erano disposte a dimenticare, sebbene, nei giorni successivi, Rebecca notò che alcune di loro non la fissavano più con aria ostile.
Era un inizio.
Forse aveva ragione Barbara, con il tempo avrebbero dimenticato e tutto sarebbe tornato come prima.
Rebecca tirò un sospiro di sollievo quando anche la Poliglotter le restituì la relazione di Orchese.
“Sei.” – commentò a voce alta.
“Esatto, Bonner.” – rispose l’insegnante. “Avresti potuto impegnarti di più, ma ho saputo che hai avuto del lavoro extra da fare anche in Protezione. Forse questo ti ha distolto un po’ dal tuo impegno con la mia materia.”
Rebecca non seppe cosa rispondere. A quanto pareva le voci correvano veloci ad Amtara.
Doveva immaginarlo che gli insegnanti avrebbero parlato tra loro. Probabilmente la Rudolf e la Poliglotter si erano perfino accordate sul voto.
“Non ti lamentare.” – le disse Barbara. “Poteva andarti molto peggio.”
E Rebecca scoprì che era proprio così.
Archiviate le punizioni, le lezioni delle due insegnanti ripresero in un clima decisamente più leggero, lo stesso che si respirava durante le lezioni di Gestione Antiveggenza con il professor Cogitus.
Il professore aveva un costante atteggiamento bonario e sornione e il fatto che non desse mai compiti gli aveva guadagnato immediatamente tra le ragazze la nomea di miglior insegnante di Amtara. Rebecca sospettava che il fatto che nessuna fosse mai stata bocciata nella sua materia avesse molto a che vedere con la spropositata stima delle allieve nei suoi riguardi.
Il professor Cogitus sedeva già in cattedra quando le ragazze entrarono per la loro prima lezione, ma questi non parve accorgersene perché continuò a leggere il suo libro in religioso silenzio, senza alzare gli occhi. Solo dopo alcuni minuti, quando tutte furono sedute, il professore alzò la testa e posò distrattamente lo sguardo sulle nuove arrivate, ignorando le risatine soffocate provenienti dalle file in fondo.
Poi, senza dire una parola, si alzò e cominciò a camminare tra i banchi, con aria pensierosa. Rebecca lo fissava divertita, domandandosi se fosse davvero così o stesse semplicemente recitando.
“La Gestione dell’Antiveggenza, cioè delle Premonizioni, ha radici molto antiche.” – cominciò Cogitus, col naso per aria. “Fin dalla nascita della Magia Bianca le figlie di Streghe Bianche e Stregoni erano dotate dello straordinario Potere di prevedere eventi tragici. Molte furono le stragi e gli omicidi sventati grazie a loro.”
“Con l’avvento del Demone Supremo, il vostro ruolo di Prescelte è divenuto essenziale per la sopravvivenza del Mondo Magico Bianco. A partire da oggi, durante le mie lezioni, imparerete a gestire le vostre Premonizioni, a controllarle e ad agire di conseguenza e la prima cosa che faremo sarà analizzare le vostre Premonizioni passate. È importante capire come funziona questo Potere, perché solo conoscendolo a fondo sarete in grado di gestirlo.”
Cogitus tornò a sedersi e fece vagare lo sguardo sulla classe. “Allora, chi vuole cominciare?”
Nessuna alzò la mano.
Rebecca ripensò a quella volta in cui, da piccola, aveva salvato uno scoiattolo che stava finendo dritto dentro una trappola.
Ricordava molto bene quel giorno. Lei e Banita stavano camminando in un bosco e all’improvviso Rebecca si era messa a correre davanti a sua madre, come se stesse inseguendo qualcosa. Banita le era subito corsa dietro, spaventata. Quando l’aveva raggiunta, Rebecca era accanto ad un albero e reggeva qualcosa fra le mani. Banita si era avvicinata. Era una piccola trappola per animali. Lì accanto, ai piedi dell’albero, c’era uno scoiattolino rosso. Veloce come un fulmine, l’animale si era arrampicato sull’albero ed era sparito tra i rami. Banita aveva afferrato la trappola e l’aveva lanciata lontano. Poi, senza dire una parola, erano tornate a casa.
Diversi anni dopo Banita le aveva spiegato che era convinta che Rebecca avesse avuto una Premonizione, anche se lei era troppo piccola per ricordare se fosse andata effettivamente così. Ma sua madre le disse che non poteva esserci altra spiegazione, perché quando Rebecca si era messa a correre lo scoiattolo e la trappola erano molto lontani dal punto in cui si trovavano lei e Banita. Era impossibile che Rebecca fosse riuscita a vedere la trappola. Doveva per forza aver avvertito il pericolo attraverso una Premonizione.
Un anno prima della morte di sua madre, invece, aveva avuto una Premonizione che riguardava proprio Banita. Stava camminando lungo Bunkie Beach quando, all’improvviso, le era apparsa la visione di Banita a letto, le guance scavate, il viso pallido e sudato. Rebecca le sedeva accanto, tenendole la mano, le guance rigate di lacrime.
Poi, l’immagine cambiò. La mano di Banita ora giaceva inerte nella sua. Rebecca era crollata sul letto, le spalle scosse dai singhiozzi.
Gli occhi di sua madre fissavano il vuoto.
Rebecca, sulla spiaggia, si era sentita male. La Premonizione le aveva provocato un violento capogiro. Era caduta in ginocchio e si teneva la testa fra le mani, tremante e madida di sudore.
Un uomo gentile si era chinato su di lei, per prestarle soccorso.
“Si sente bene?” – le aveva chiesto.
Rebecca aveva sollevato lo sguardo e aveva annuito debolmente. L’uomo l’aveva aiutata ad alzarsi. Lentamente, Rebecca aveva cominciato a riprendersi.
Aveva ringraziato l’uomo ed era tornata verso casa, con il volto ancora in fiamme e la testa che le scoppiava.
Dopo quella terribile rivelazione, Rebecca aveva deciso di custodire il segreto. Non poteva rivelare la verità a Banita. Semplicemente, non poteva. Così, si tenne tutto dentro. Banita non seppe mai della Premonizione, nemmeno in punto di morte.
Ad un certo punto, Rebecca si era perfino illusa che si fosse trattato di un terribile sbaglio. “Probabilmente è stato solo un errore.” – pensava durante le sue lunghe notti insonni, in cui ascoltava il ritmo lento e regolare dei respiri di sua madre, che dormiva tranquilla nella camera accanto.
Banita era viva.
Stava bene.
Si era trattato solo di un brutto sogno.
Tutto qui.
Quello che accadde in seguito fu la prova che le Premonizioni non mentivano mai.
 
Rebecca non aveva avuto problemi a parlare con Brenda e Barbara della morte di sua madre, anche se aveva omesso la parte riguardante la Premonizione.
Ma parlarne di fronte a tutta la classe era tutt’altro paio di maniche. Inoltre, temeva di apparire ridicola se avesse raccontato la storia dello scoiattolo. Non era nemmeno sicura che si fosse trattato di una Premonizione, anche se Banita era convinta fosse così.
“Signorina Corner?”
La voce del professor Cogitus la riportò bruscamente alla realtà. Arianna Corner, la ragazza dai capelli rossi, aveva alzato la mano.
“Io ho visto morire mio nonno.” – annunciò.
Il professore annuì gravemente. “Te la senti di raccontarcelo?”
“Beh… Mio nonno paterno è morto quando avevo quindici anni. Aveva gravi problemi di cuore. Un giorno lo andai a trovare in ospedale ed ebbi una terribile visione del suo funerale, in cui era presente tutta la famiglia. Ero lì accanto al suo letto e all’improvviso la mia mente mi stava mostrando la sua sepoltura. Mia madre si accorse che non mi sentivo bene e mi accompagnò fuori. Dissi che avevo avuto un capogiro e che preferivo tornare a casa.  Non ne parlai mai con nessuno, ma ne fui sconvolta.”
La voce le si incrinò per l’emozione. Il professor Cogitus le si avvicinò e le appoggiò una mano sulla spalla.
“Poi cos’è successo?” – la incoraggiò.
“Poco tempo dopo il nonno ebbe delle complicazioni. Un mese dopo, la mia Premonizione si avverò.” – concluse Arianna con un filo di voce.
Rebecca la guardò. Probabilmente nessuno meglio di lei poteva capire quello che provava.
“So che molte Prescelte preferiscono non rivelare a nessuno le loro Premonizioni, proprio come è accaduto alla signorina Corner.” – disse Cogitus. “Questo è comprensibile, soprattutto se si tratta di eventi tragici riguardanti la propria famiglia. Di fronte alla malattia, perfino la Magia Bianca è del tutto impotente.”
Cogitus fece una pausa, poi si guardò intorno. “Qualcun’altra?” – domandò.
Con grande stupore di Rebecca, ci furono molte mani alzate. Evidentemente, il racconto di Arianna aveva contribuito a rompere il ghiaccio.
Durante la successiva mezz’ora altre cinque ragazze raccontarono la loro esperienza. Poi, il professor Cogitus le divise in gruppi e le invitò ad analizzare per iscritto le Premonizioni. Rebecca fu spedita in fondo all’aula insieme a Barbara, Arianna e Jennifer Watson, una ragazza con un cespuglio di ricci in testa.
Avevano appena cominciato a scrivere la Premonizione di Arianna, quando un grido riecheggiò per tutta la classe facendole sussultare.
Si voltarono.
Una ragazza si era accasciata al suolo, ma Rebecca non riuscì a vedere chi fosse perché le compagne si stavano radunando intorno a lei.
“Mi dispiace, mi è crollata addosso!” - farfugliò in preda al panico Melissa Gray, una ragazza con i capelli biondi e le lentiggini. “Io … ho sentito qualcosa di pesante, mi sono scansata e … e lei è caduta!”
“Brenda!” – gridò Barbara e Rebecca, avvicinandosi, scoprì inorridita che la ragazza a terra era proprio sua sorella.
“Largo! Fate largo!” – fece il professor Cogitus avvicinandosi e chinandosi su di lei.
Brenda era di un pallore mortale.
“Buon Dio figliola, ti senti bene?” – le chiese il professore.
Rebecca vide che l’amica aveva riaperto gli occhi e si guardava intorno smarrita.
“C-cos’è successo?” – farfugliò.
“Sei svenuta.” – le rispose Barbara, con una nota di panico nella voce.
Rebecca, accanto a lei, poteva percepire tutta la sua tensione.
“Sì, credo di aver avuto un capogiro.” – disse Brenda, tenendosi la testa tra le mani.
“Ora va meglio?” – chiese di nuovo Cogitus.
Brenda annuì debolmente.
“Te la senti di alzarti?” – chiese Rebecca.
“Sì.”
Cogitus, Rebecca e Barbara l’aiutarono a rimettersi in piedi.
“Forse dovresti andare in infermeria.” – suggerì l’insegnante.
“Posso accompagnarla, professore?” – chiese Barbara.
“Sì, certamente.”
Tutte si scansarono per farle passare.
Rebecca guardava Brenda con ansia mentre Barbara la sorreggeva con un braccio.
Le passarono davanti.
Era una sua impressione o Brenda stava volutamente evitando il suo sguardo?
Si strinse nelle spalle mentre uscivano dalla classe. Probabilmente Brenda era solo profondamente imbarazzata. Ciononostante Rebecca non riusciva a scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione che ci fosse qualcosa di molto strano nel suo comportamento.
“Una pozione calmante è quello che ti ci vuole, figliola.”
Rebecca si voltò. Cogitus stava parlando a Melissa, che era in preda ad una violenta agitazione.
“Su, coraggio, vieni con me. E voi potete andare. La lezione per oggi direi che è terminata.”
Rebecca seguì le compagne fuori dall’aula e corse in infermeria.
Vi trovò due Streghe del secondo anno, che conosceva di vista, che si erano ferite alla mano durante una lezione di Protezione (perché la cosa non la stupiva?) a causa di una Contromaledizione pronunciata male.
Un’altra Strega aveva avuto la brillante idea di sperimentare su di sé un Incantesimo Allungante per Capelli. L’esperimento aveva funzionato fin troppo bene, a giudicare dalla folta chioma che ricopriva il letto, ricadendo in folte e lunghissime ciocche dappertutto. La ragazza piangeva.
Rebecca fermò l’infermiera Anderson, che si stava dirigendo a passo spedito verso il letto con un paio di enormi forbici in mano.
“Mi scusi, dove posso trovare Brenda Lansbury?” – domandò.
“Chi?”.
“Brenda Lansbury. E’ una Strega del primo anno. L’hanno appena portata qui.”
“No.”
“Prego?”
“Non hanno portato qui nessuno.”
La Anderson la fissò, perplessa e Rebecca la ringraziò, affrettandosi ad uscire.
Perché Barbara non l’aveva portata in infermeria? Forse Brenda non aveva voluto. Forse aveva solo bisogno di riposare e Barbara l’aveva accompagnata in camera loro.
Quando Rebecca giunse sull’uscio fece per aprire la porta ma si arrestò di colpo.
All’interno le due sorelle stavano parlando.
“Pensi che dovrei dirle la verità?” Era la voce di Brenda.
“Sì.” – rispose Barbara. “E’ una cosa che la riguarda.”
“Hai ragione. Ma secondo te cosa significa?”
“Non ne ho idea, ma se hai avuto una Premonizione su di lei, significa che è in pericolo, o che lo sarà molto presto.”
“Ma potrei essermi sbagliata.”
“Brenda, sai meglio di me che le Premonizioni non mentono mai. Dobbiamo dirglielo.”
Poi ci fu qualche attimo di silenzio.
“E’ nostra amica.” – disse Barbara. “Se fosse successo a lei tu vorresti che facesse lo stesso con te.”
Rebecca udì Brenda sospirare. “Sì, lo so.”
Era chiaro che stavano parlando di lei. Brenda si era sentita male perché aveva avuto una Premonizione su di lei durante la lezione di Cogitus.
Rebecca ci aveva visto giusto, Brenda aveva deliberatamente evitato il suo sguardo. Ormai la conosceva troppo bene per lasciarsi ingannare tanto facilmente.
Cosa aveva visto Brenda su di lei di tanto terribile da indurla a tenerle nascosta la Premonizione? Non erano forse amiche, come aveva detto Barbara?
Se Brenda aveva dei dubbi, doveva trattarsi di qualcosa di grave, non c’era altra spiegazione.
Qualcosa che riguardava il suo Potere, forse? A quel pensiero Rebecca inorridì. Era possibile che Brenda l’avesse vista Spostarsi? Con un sospirò, abbassò lo sguardo verso il polso destro, che teneva sempre fasciato con la polsiera. La sollevò quel tanto che bastava per vedere la piccola stella blu perfettamente disegnata sulla pelle.
Come si sarebbe giustificata? Cos’avrebbe raccontato? Era forse già arrivato il momento di rivelare alle due amiche il segreto del suo Potere? Avrebbe preferito non doverlo fare.
Pregando in cuor suo che non fosse così, bussò piano alla porta.
Doveva affrontare la questione. Se Brenda non era pronta a farlo, lo avrebbe fatto lei.
“Ragazze, siete qui?”
“Rebecca!” Udì gridare Barbara.
“Posso entrare?”
“Ma sì, certo.”
Rebecca entrò.
Erano sedute sul letto. Barbara sembrava tranquilla mentre Brenda evitava nuovamente il suo sguardo tormentandosi le unghie, nervosa.
Rebecca decise di ignorarla, rivolgendosi direttamente a Barbara.
“Vi ho cercato in infermeria.” – le disse, con un lieve tono accusatorio.
“Oh! Già, scusa, il fatto è che Brenda stava meglio e non ha voluto andarci.” Ora era Barbara quella in imbarazzo.
“Ti senti meglio, quindi?” – chiese Rebecca a Brenda, che stavolta fu costretta ad alzare il viso su di lei.
“Sì, meglio, grazie.” Abbozzò un lieve sorriso.
“Cosa ti è successo?”
Brenda non rispose. Aveva le dita arrossate dalla foga con cui si tormentava le pellicine delle unghie.
Rebecca attese.
“Mi sono sentita male.”
“Sì, questo l’abbiamo visto tutte. Ma perché?”
Ci fu un’altra pausa.
Barbara si mise una mano sulla fronte, emettendo un lungo sospiro.
“Qualcuna di voi vuole dirmi cosa sta succedendo?” – insistette Rebecca con una punta di impazienza nella voce.
Barbara si voltò verso sua sorella. “Se non lo farai tu, lo farò io.” – disse in un tono che non ammetteva repliche.
Brenda, con le spalle al muro, capitolò.
“Siediti, Rebecca.”
Rebecca obbedì.
“Io…..ho avuto una Premonizione. Ecco perché mi sono sentita male.”
“Capisco. E ti succede ogni volta che ne hai una?”
Brenda scosse la testa. “Solo quando sono molto violente.”
Rebecca strinse gli occhi. “Quindi non è stata molto piacevole.”
“Direi di no.”
“E cosa riguardava questa Premonizione?” – chiese Rebecca.
Rebecca non distolse gli occhi da Brenda nemmeno per un secondo. Sapeva che le avrebbe detto la verità, qualunque essa fosse.
Brenda sollevò gli occhi in quelli azzurro cielo di Rebecca. Ripensò alle parole di Barbara.
Glielo doveva, erano amiche.
“Te. Riguardava te.”
Rebecca non sapeva se fosse stato più saggio fingere di non sapere nulla oppure ostentare una sicurezza che, in ogni caso, non possedeva. Optò per la prima opzione.
“Me.” – ripeté.
Brenda annuì.
“In che senso riguardava me?”
Di colpo Brenda smise di tormentarsi le unghie.
“Ti ho vista nella foresta. Eri in piedi, accanto ad un albero. Era buio. All’improvviso hai guardato la tua mano destra, ti sei toccata il polso e, di colpo, sei scomparsa.”
Rebecca impallidì.
Dunque era così, esattamente come aveva immaginato. Brenda, senza saperlo né volerlo, aveva scoperto il suo Potere.
“Poi ho sentito delle grida.” – continuò Brenda. “Voci di donne. Urlavano come pazze. E poi ….. e poi ho sentito un lamento …. Ma era strano, non sembrava la voce di un essere umano. Sembrava quasi un animale ferito…”
Rebecca era confusa. Perché Brenda aveva visto tutte quelle cose?
Che cosa ci faceva nel bosco, di notte?
Di chi erano quelle voci?
E soprattutto di quale animale stava parlando?
Un brivido di paura le percorse la schiena.
Le Premonizioni non sbagliavano mai. Tutte le Prescelte lo sapevano.
Era una scena del suo futuro, quanto imminente…. nessuno poteva saperlo.
La cosa certa, per il momento, era che, presto o tardi, Rebecca avrebbe utilizzato il suo Potere ad Amtara.
“Ti senti bene?” Stavolta fu Brenda a chiederlo a Rebecca. L’amica era sconvolta, era evidente.
Rebecca la guardò, senza rispondere. Avrebbe voluto chiederle cosa pensava di quello che aveva visto ma non ne ebbe il coraggio.
Quasi le avesse letto nel pensiero, fu Brenda a parlare. “Sai, ho pensato fosse un errore.”
Rebecca corrugò la fronte. “Come può essere un errore una Premonizione?” – chiese contro ogni buon senso.
“E’ quello che ho detto io.” – disse Barbara, scuotendo la testa.
“Per il semplice fatto che quello che ho visto non ha alcun senso. Come hai fatto a scomparire in quel modo? E quelle voci? Quel lamento? Cosa ci facevi nella foresta di notte?”
“Scusa, come fa a saperlo se non è ancora accaduto?” – fece Barbara, ragionevole.
Rebecca non disse nulla. Poteva rispondere solo alla prima domanda, ma non era sicura che fosse la cosa giusta da fare.
D’altra parte, Brenda e Barbara non erano stupide. Se le Premonizioni non mentivano mai, allora doveva essere chiaro anche per loro che quello che Brenda aveva visto apparteneva al futuro di Rebecca. E certamente Rebecca non avrebbe mai potuto inventarsi il potere di svanire nel nulla così, da un giorno all’altro.
Riflettendo su tutto questo, tacque.
Per la seconda volta nel giro di poco tempo, si ritrovò a chiedersi se fosse o meno il caso di dare fiducia alle due amiche. Non l’avrebbero mai tradita, di questo era sicura.
Sua madre le aveva detto di custodire gelosamente il suo segreto e non rivelarlo a nessuno. Ma sua madre non era lì. Se Banita avesse conosciuto le gemelle era certa che avrebbe fatto un’eccezione. Rebecca ormai si stava affezionando a loro come se fossero le sorelle che non aveva mai avuto.
“Ehm…. Rebecca…. Ti senti bene?”
Rebecca alzò gli occhi. Barbara e Brenda la fissavano, intimorite e incuriosite allo stesso tempo.
Era chiaro che dovevano avere intuito qualcosa dall’espressione del suo viso.
Si coprì il volto con una mano e si abbandonò sul letto, esausta.
All’improvviso, si sentì stanchissima.
Era in pericolo?
Per quale motivo avrebbe usato il suo Potere?
Chi erano le donne che urlavano? Forse Brenda e Barbara? Le avrebbe coinvolte in qualcosa di estremamente pericoloso?
Se così fosse, allora avevano tutto il diritto di conoscere la verità.
C’era di mezzo Posimaar?
Chi era l’animale che si lamentava nella foresta? Una belva feroce creata dal Demone, forse?
Queste e mille altre domande si affollavano nella sua mente, che sempre di più si stava lasciando prendere dal panico.
E poi, perché era stata proprio Brenda ad avere quella Premonizione? Sarebbe potuto accadere a chiunque altra. Perché proprio a una delle sue migliori amiche?
Rebecca sapeva che nulla succedeva per caso.
Brenda le aveva dimostrato la sua fiducia confessandole tutto. Avrebbe anche potuto tacere, dopotutto.
Sospirò, sfregandosi gli occhi. “C’è una cosa che non vi ho detto.” – disse.
Raccontò di come sua madre l’avesse messa a parte di questo segreto solo in punto di morte, di come si fosse esercitata per giorni interi, terrorizzata che qualcosa potesse andare storto. Raccontò di Harry White e del suo provvidenziale salvataggio. (“Oddio, che avresti fatto se non ti avesse trovata!” – aveva esclamato Barbara).
Raccontò del supermercato (“Avrei tanto voluto esserci!” – aveva commentato nuovamente Barbara, divertita) e, infine, di come si era ritrovata sull’ottovolante.
Barbara scoppiò a ridere.
“C’è poco da ridere, sai! Se c’è una cosa che detesto è l’alta velocità!”
“E’ proprio questa la parte più divertente!”
Raccontò tutto, di come si fosse sentita una perfetta idiota le prime volte che aveva sperimentato quel Potere e di come, man mano che i giorni passavano, avesse acquisito sempre più fiducia in se stessa, fino al punto di decidere di Spostarsi per arrivare ad Amtara.
“Ecco perché sei stata la prima ad arrivare!” – esclamò Barbara.
“Già, non volevo correre il rischio di ritrovarmi su qualche altro ottovolante…” – rispose Rebecca con un mezzo sorriso. “In realtà non sono arrivata proprio a scuola, ma nella foresta…”
“Davvero?”
“Sì, ma poi ho seguito il sentiero e sono arrivata comunque in anticipo.”
“Ma poi non l’hai più usato?” – le chiese Barbara. “Voglio dire…. il tuo Potere.”
Rebecca scosse la testa. “Come avrei potuto? Non sono mai stata da sola da quando ho messo piede qui.”
“Quindi…. Tua madre non voleva che ne parlassi proprio con nessuno.” – disse Brenda.
“Queste sono state le sue parole. Ma sono certa che si sarebbe fidata di voi se vi avesse conosciuto.”
Le gemelle non risposero, un po’ compiaciute da quelle parole.
“Ehm…. Ce la fai vedere?” – domandò Barbara con cautela.
Rebecca sapeva che si riferiva alla stella.
“La copro non questa polsiera per non dare troppo nell’occhio. Non è un simbolo comune. Ho preferito non suscitare troppa curiosità attorno a me.”
“Quindi non ti sei mai fatta male al polso, in realtà?” – le chiese Barbara inarcando un sopracciglio.
Rebecca sghignazzò. “No.”
“Mi pareva un tempo troppo lungo per una semplice slogatura.”
Rebecca  sollevò la polsiera e mostrò la voglia blu.
“E’ piccola.” – disse Barbara.
“Ma fuori dal comune.” – aggiunse Brenda, osservandola. “Hai detto che tua madre ne aveva una uguale?”
Rebecca annuì. “Sì, ma non ha mai usato il suo Potere davanti a me. Anche se immagino funzionasse allo stesso modo.”
Brenda alzò gli occhi su di lei. “E’ un dono speciale, Rebecca. Qualcosa che appartiene solo a te. Credo che tua mamma abbia fatto bene a dirti di custodirlo con molta cura e di non farne parola con nessuno.”
“Non l’ho mai detto ad anima viva. Voi siete le prime a saperlo, e resterete le uniche. Dovete giurare che non ne farete mai parola con nessuno. Nemmeno con i vostri genitori.”
“Sai che puoi fidarti di noi.”
Rebecca annuì.
“Quindi, nella Premonizione di Brenda, ti trovavi nella foresta, probabilmente di notte, e ti sei Spostata.” – disse Barbara, pensierosa. “La domanda sorge spontanea: per quale accidenti di motivo?”
Rebecca la fissò. Nella foga del racconto, aveva quasi dimenticato la Premonizione.
Deglutì. Non aveva la più pallida idea di cosa significasse, ma era assolutamente sicura che non si trattasse di nulla di buono.
“Forse stavi andando a salvare qualcuno.” – buttò lì Brenda.
Rebecca sgranò gli occhi. “E chi mai dovrei salvare io? E da cosa poi?”
“Un Protetto?” – ipotizzò Barbara.
“Ma i Protetti non sono ad Amtara.” – protestò Rebecca. “E poi non verremo assegnate ad un Protetto prima dello scadere dei prossimi 3 anni.”
Brenda scosse piano la testa. “No, dev’essere qualcos’altro.” – mormorò.
“Qualcosa di grave, indubbiamente.” – disse Barbara. “Rebecca non userebbe mai il suo Potere se non in casi di estrema necessità. E poi non dimentichiamo le voci che hai sentito, Brenda. Qualcuno gridava. Forse Rebecca stava andando in loro soccorso. Magari nella foresta c’è qualche bestia feroce che ha attaccato queste persone.”
A Rebecca tremarono le gambe. Il pensiero che le parole di Barbara potessero nascondere un fondo di verità era a dir poco raccapricciante.
“Ehm, Barbara…. Non mi fai sentire molto tranquilla, sai…”
Barbara la guardò. “Sappi che di qualunque cosa si tratti noi non ti lasceremo mai sola.”
“Già, ma hai considerato per un attimo che le voci che tua sorella ha sentito potrebbero essere le vostre?”
Dall’espressione di Barbara capì che non aveva affatto considerato la cosa sotto quel punto di vista.
“Lo credi davvero?” – fece Brenda, allarmata.
Rebecca alzò le spalle. “Hai riconosciuto le voci?”
Brenda scosse la testa. “E come avrei potuto? Erano tante e troppo lontane.”
“Allora potrebbe essere chiunque. Incluse voi.”
“Stai cercando di farci paura?” – le chiese Barbara.
“No, ma ho paura di mettervi in pericolo a causa mia.”
Barbara e Brenda sgranarono gli occhi. “E come pensi sia possibile?”
“Non lo so. Non ne ho la più pallida idea.” – rispose Rebecca, impotente. “Ma è proprio il fatto di non sapere cosa accadrà a farmi più paura.”
Brenda sospirò. “Ascolta, io ti ho vista Spostarti per andare a salvare qualcuno. Di certo non eri tu la causa. E  come ha detto Barbara, qualunque cosa accada noi saremo insieme.”
Rebecca non rispose. Apprezzava le loro parole perché sapeva che erano sincere, ma non era affatto convinta che sarebbe andato tutto bene. Il fatto che le due amiche fossero dalla sua parte la confortava da una parte e la terrorizzava dall’altra. Non si sarebbe mai perdonata se fosse accaduto loro qualcosa per causa sua.
Ormai era chiaro che qualcosa di terribile sarebbe accaduto ad Amtara, anche se non sapeva né cosa né quando.
Come avrebbe potuto prepararsi a qualcosa di totalmente inaspettato? Si poteva combattere un nemico quando si conoscevano le sue mosse, i suoi piani. Come poteva difendersi da qualcosa che non aveva nè nome né forma?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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