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Autore: Jane P Noire    26/12/2020    1 recensioni
Rowan Monroe ha sempre fatto di tutto per passare inosservata. Non vuole fare nulla che possa attirare l'attenzione sulle persone che l'hanno cresciuta, i Vigilanti, angeli caduti dal Paradiso e costretti a restare sulla Terra per proteggere la razza umana, e soprattutto su se stessa. La sua vera identità deve restare un segreto perché il sangue che le scorre nelle vene la rende una creatura pericolosa e imprevedibile.
Liam Sterling è l'ultimo ragazzo per cui dovrebbe provare attrazione per una serie infinita di ragioni: perché è un umano, perché a scuola è popolare, perché l'ha sempre ignorata, e soprattutto perché suo fratello è appena stato ucciso in maniera misteriosa e orribile da un demone. Ma quando lui la implorare di aiutarla a scoprire la verità e dare giustizia al fratello, Rowan accetta anche se è consapevole che questa scelta potrebbe essere la fine di tutto ciò per cui ha lavorato negli ultimi diciotto anni della sua vita.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ero stata già nella camera di Seth almeno un migliaio di volte prima di quella notte, ma per qualche strana ragione mi sembrava tutto infinitamente diverso.
Il letto era sempre nel centro della stanza e le lenzuola blu scuro erano come al solito perfettamente in ordine e lisce sul materasso. L’abat-jour sul comodino era accesa ed emanava come sempre quel bagliore giallognolo che faceva sembrare la mia pelle quella di una malata terminale, mentre si abbinava perfettamente con il colorito dorato della sua. La scrivania era immacolata e la libreria addossata lungo la parete opposta metteva in mostra i libri di demonologia e le vecchie copie della Bibbia organizzati e sistemati in ordine di grandezza. Era tutto pulito e organizzato, proprio come piaceva a lui, eppure a me sembrava tutto diverso.
Forse ero semplicemente io ad essere diversa.
Eravamo entrati dalla finestra che aveva lasciato aperto prima di uscire e andare a caccia. Mentre le sue ali e i suoi vestiti avevano gocciolato lungo il parquet, era corso alla porta e l’aveva chiusa con due giri della chiave. Aveva recuperato dei vestiti puliti dalla sua cassettiera e me li aveva offerti, consigliandomi di andare nel suo bagno privato ad asciugarmi e togliermi di dosso gli indumenti bagnati che mi si erano incollati alla pelle e mi facevano tremare forte.
Quando tornai nella stanza, con indosso i pantaloni di una sua vecchia tuta che mi stavano infinitamente larghi sulle gambe sottili e una maglietta grigia che era così grande che il mio busto e le mie braccia sparivano in essa, notai che anche lui si era cambiato e asciugato.
Mi attendeva seduto sul bordo del suo letto, con i gomiti poggiai sulle ginocchia e la testa fra le mani. Accorgendosi della mia presenza sulla soglia tra il bagno e la camera da letto, alzò la testa e mi inchiodò sul posto con i suoi occhi magnetici.
«Prima di tutto, voglio dirti alcune cose», annunciò, alzandosi in piedi. Troneggiava su di me, ma non in modo minaccioso.
Mi dondolai sui piedi. «Okay.»
«Quello che è successo nello studio di mio padre…»
«Non ne voglio parlare, Seth.»
Lui mi afferrò il mento con una mano e mi costrinse a guardarlo negli occhi. «Non sapevo cosa stava succedendo tra voi due. Se avessi saputo cosa vi siete detti quella sera e cosa quella conversazione ha scatenato dentro di te – perché lo so che il tuo unico pensiero è stato quello di darti la colpa – non me ne sarei stato lì, zitto e fermo come uno stoccafisso.»
Mi morsi il labbro per costringermi a non interromperlo.
«Ci sono rimasto di merda, Roe. Ecco perché non sapevo cosa dire.» Scosse la testa e serrò la mandibola. «Non avevo idea che tu pensassi queste cose su di te. O meglio, lo sapevo, ma non credevo che mio padre ti avesse fatto credere che tu avessi ragione.»
«Lui… ha paura di me. Come tutti gli altri.»
«No, Rowan, lui ha paura per te. Sa cosa ti farebbe – cosa farebbe a quella che sei adesso – se dovessi fare del male a qualcuno.»
Feci una smorfia. «Questo non cambia molto le cose, Seth. Lui comunque non crede che io abbia la possibilità di sconfiggere la maledizione. Lui non si fida di me.»
«Ma io sì.» Le sue dita scivolarono dal mio mento alla mia spalla. Strinse il tessuto della maglietta fra le dita e il suo calore si propagò fino alla punta delle mie dita. «Io non ho alcun dubbio che riuscirai a dimostrarti degna della grazia e che vincerai la maledizione dei Nephilim. Conosco la tua anima, Roe, e so quanto tu sia buona – anche se ti sforzi tanto di fingere il contrario.»
«Seth, io…»
«E cosa più importante di tutte, io non credo che tu sia un mostro. Detesto che tu usi quella parola nei tuoi confronti.»
Sollevai gli occhi sul suo viso. Sembrava sincero, e Dio solo sapeva quanto io volevo credere alle sue parole. «Ma allora perché? Perché cerchi sempre di tenermi lontana da tutto, se non pensi che sia perché il mio potere mi trasformerà in un gigante?»
«Cristo, è una domanda seria?»
«Sì, Seth, è una domanda seria. Rispondimi.»
«Perché ti voglio bene, Rowan. Perché sei la mia sorellina e, se dovesse succederti qualcosa di male, io ne morirei.» Mi venne incontro e posò entrambe le mani sulle mie spalle. «Senti, lo so che sei molto forte e so che sei perfettamente capace di prenderti cura di te stessa. Lo so davvero. So anche che se mai dovessimo batterci sul serio, tu mi faresti il culo in meno di un minuto.»
Piegai le labbra in un sorriso serafico. «Datti un po’ più di credito. Sei uno dei migliori Vigilanti dello Stato.»
«Ma non sono forte come te», replicò. E io non aggiunse niente, perché era la verità. «Il punto è che anche se so tutte queste cose, ogni volta che ti guardo, vedo la bambina con le trecce e gli occhi troppo grandi per il suo visetto che piangeva tutte le notti e che io consolavo, che sorrideva solamente quando si trovava di fronte ai biscotti al cioccolato, che si scusava ogni volta che si faceva male come se fosse colpa sua se il suo sangue è una calamita per i demoni. E non posso fare a meno di voler proteggere quella bambina.»
Abbassai lo sguardo sui miei piedi nudi. «Eravamo entrambi dei bambini, Seth. Ma poi siamo cresciuti.»
«Lo so. Per questo voglio anche chiederti scusa.» Mi scostò dietro l’orecchio una ciocca di capelli che era fuoriuscita dal disordinato e umido chignon che avevo sulla nuca. «Non avrei dovuto tenerti chiusa in casa come se fossi una bambola di porcellana che rischia di rompersi al primo colpo. Avrei dovuto permetterti di respirare e uscire, e dimostrare a tutti questi stronzi – incluso mio padre – che non sanno un cazzo di te e che tu sei abbastanza forte da fare il culo ai demoni come tutti noi, senza trasformarti in un gigante.»
«Lo credi davvero?»
«Lo credo davvero.» Le sue dita indugiavano ancora sulla mai guancia, e mi accarezzarono la gota con le nocche. «Adesso dimmi cosa cazzo ti sta succedendo, perché mi stai mettendo una paura del diavolo.»
E io glielo dissi.
Senza mai fermarmi se non per fare brevi pause per inumidirmi la bocca e riprendere fiato, gli raccontai tutte quelle cose che gli avevo omesso e tutti quei dettagli sull’indagine che anche lui stava conducendo e che erano di vitale importanza. Parlai di Hawke e di quanto fosse diventato importante per me; del sangue di demone che scorreva nelle vene di Adeline e che le aveva donato straordinarie capacità; dell’altruismo e la determinazione di Liam che mi avevano fatto innamorare di lui. Gli riferii anche ciò che avevamo scoperto grazie alla non poi così generosa collaborazione delle streghe e delle teorie di Hawke sul coinvolgimento dell’Ordine dei Figli di Dio.
Non seppi come, ci ritrovammo sdraiati sul suo materasso immacolato, con le spalle che si toccavano e le schiene incollate alla tastiera del letto.
Quando finalmente finii di parlare, Seth rimase in silenzio per quelle che mi sembrarono ore intere. Io lo osservavo attraverso le ciglia ancora umide di lacrime e pioggia.
Alla fine si voltò verso di me e tese una mano. «Fammi vedere la ferita sulla tua schiena», ordinò.
«Che cosa?» Spalancai le labbra e sgranai gli occhi. «Questa è la prima cosa che vuoi sapere dopo tutto quello che ti ho appena detto? Nessun commento sulla mia strana relazione con un demone di alto rango, o imprecazioni nello scoprire che la mia migliore amica è una strega, o rimproveri perché mi sono innamorata di un umano?»
«Sto ancora elaborando tutte queste informazioni. Quindi, sì, la cosa che mi preme sapere in questo momento è in che condizione è la tua ferita, per essere certo che stia guarendo correttamente e che quell’umano non abbia fatto un pasticcio.»
«Seth…»
«Voltati e fammi vedere», disse.
Mi morsi un labbro e gli diedi le spalle. Lui mi afferrò i lembi della larga t-shirt che indossavo e la sollevò per scovare il punto della mia schiena in cui l’artiglio dell’arpia mi aveva graffiato.
Io non sentivo più dolore, ma Seth decise comunque di volerci passare sopra un generoso strato di crema a base di arnica e altre erbe medicinali di cui ignoravo il nome. Rabbrividì al primo tocco perché l’impasto era freddo e puzzava da morire.
Trattenni il respiro, e poi non riuscii più a restare in silenzio: «Seth, devi parlare con Elias, e lo sai anche tu.»
«Non posso.»
«Sì, che puoi.» Voltai appena la testa per poterlo guardare in faccia, ma lui mi tenne ferma e continuò a medicare la mia ferita. Sbuffai e mi limitai ad osservarlo da dietro la mia spalla. «Non importa quale sarà la mia punizione, purché lui mandi qualcuno ad indagare sull’Ordine. Magari ci stiamo sbagliando e loro non c’entrano niente, ma non possiamo escluderlo a prescindere.»
«Rowan, non capisci.» Sospirò e mi abbassò nuovamente la maglietta.
Anche se la pomata aveva cominciato a provocarmi un bruciore sulla lesione, lo ignorai e mi voltai. «Cosa non capisco?»
«Beatrice è in città. È arrivata ieri sera, dopo che te ne sei andata.»
«Porca merda.»
Porca merda davvero.
Beatrice era il leader della legione di Seattle, ed era spietata. Persino i demoni conoscevano il suo nome e i suoi metodi crudeli per ottenere informazioni e risultati.
Tutte le case dei Vigilanti avevano un bunker sotterraneo o una cantina dove tenere i prigionieri, o evocare i demoni più pericolosi. Ma giravano voci sugli orribili strumenti di cui non osavo nemmeno ripetere il nome in quella di Seattle. Il solo pensiero di ciò che quella donna combinava là sotto mi faceva venire la pelle d’oca e la nausea. Sì, i demoni non erano proprio delle belle personcine e io pe prima mi ero allenata tutta la vita per imparare ad ucciderli e rispedirli nelle profondità dell’Inferno. Ma la tortura? Era davvero troppo, persino contro i demoni.
E come se non bastasse, Beatrice mi odiava. Mi odiava sul serio. Era disgustata dalla mia sola esistenza e, ogni volta che veniva in visita per motivi di lavoro, io avevo preso l’abitudine di nascondermi nella mia camera per interi giorni pur di sfuggire a quel suo sguardo dorato e spaventoso.
«Perché è qui?» domandai con voce rauca.
«Hanno trovato una vittima con le stesse identiche ferite a Seattle, un paio di giorni fa. Lei è venuta qui con qualcuno dei suoi qui per confrontare le nostre indagini.»
«Porca merda.»
«Già. L’assassino si sta spostando anche nelle città vicino, e non è un buon segno.» Seth mi accarezzò la base della schiena. «Ma adesso capisci che se dovessi parlare con mio padre di… tutta questa roba, lui sarà costretto a riferirlo a Beatrice, perché è più alta in grado di lui, e lei…»
«Lo so.» Mi morsi il labbro, mentre il gelo della paura mi scivolava sotto le ossa. «Mi ucciderà, anche se questo dovesse scatenare l’ira di mio padre – cosa di cui dubito fortemente. Com’è che dice sempre? Meglio chiedere perdono, che il permesso.»
«Non le permetterò di avvicinarsi a te.»
Lo fissai negli occhi. «Ma che hai intenzione di fare, Seth? Non puoi tacere questo tipo di informazioni a tuo padre, o al resto della legione. Se l’Ordine è davvero coinvolto in questi omicidi, gli altri devono saperlo.» Scossi la testa, mentre il senso di colpa mi schiacciava il petto e mi impediva di respirare correttamente. Dio, che casino. «Non hai mai mentito così, nemmeno per me.»
«Lo so, ma non vedo un’altra soluzione.»
«Ma, Seth…»
«Senti, non piace nemmeno a me. Però non posso rischiare di perderti.» Si alzò in piedi e agganciò le mani ai fianchi. Quando inspirò, il petto si sollevò e si gonfiò sotto il leggero tessuto della t-shirt. «Per il momento, dobbiamo risolvere questo casino senza l’aiuto della legione.»
«Dobbiamo?» ripetei. Senza potessi controllarmi, le mie labbra si erano piegate di loro spontanea volontà in un sorriso. Era tutta la vita che speravo che mi coinvolgesse nei suoi piani e nelle sue missioni. «Nel senso di noi due insieme? Vuol dire che mi permettere di indagare con te?»
Alzò un sopracciglio e sollevò un angolo della bocca, assumendo un’espressione ironica. «Meglio che tu lo faccia con me, piuttosto che con un demone di alto rango, una strega e un umano.»
Mi ammutolii.
Sebbene la Scooby-gang – lo dovevo ammettere, quel nome cominciava a piacermi – fosse una squadra composta da persone a cui ero molto affezionata e insieme eravamo stati capaci di scoprire molto più di quanto era stata in grande l’intera legione di Vigilanti della città, Seth aveva ragione. Soprattutto se si fosse arrivato ad un inevitabile scontro.
Incrociai le braccia. «Okay. Qual è il piano?»
Seth lanciò un’occhiata alla sua sveglia, poi sospirò. «Dovresti dormire un po’, prima.»
«Non posso dormire!» Alzai gli occhi al cielo quando lui aprì la bocca per replicare: «Anche se volessi, non ci riuscirei dopo tutto quello che è successo questa notte.»
Lui sembrò sul punto di dire qualcosa. Poi sospirò e annuì con aria sconfitta.
Io gioì e saltellai sul posto, improvvisando una mini danza della felicità – sempre molto attenta a non muovere troppo la schiena per non rischiare di riaprire la ferita.
Seth fece un sorriso storto. «Dovremmo trovarti dei vestiti adatti. E recuperare le tue spade dall’armeria.»
Spalancai la bocca, arrestando di colpo la mia stupida danza della felicità. «Armi e… tenuta da combattimento? Perché?»
«È domenica, Roe.» Mi rivolse un ghigno serafico. «Andiamo in chiesa.»
   
 
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