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Autore: EleWar    26/12/2020    14 recensioni
Kaori sta partendo senza Ryo, per una vacanza con Reika e Miki ma........ c'è sempre un ma. Perché le cose non sono mai come sembrano, e se c'è di mezzo un famoso ladro, tutto si complica.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Miki, Reika Nogami, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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B*U*O*N*  N*A*T*A*L*E* ovunque e comunque!!!!  
I tempi sono quelli che sono, ma vi auguro lo stesso di poter trovare un po’ di serenità, in questi giorni di festa, nonostante tutto ^_^
Qui invece ci stiamo inesorabilmente avvicinando alla fine della storia e dell’avventura; è ancora presto per i saluti finali, ma vorrei lo stesso potervi far capire quanto io vi sia grata, per l’affetto e l’entusiasmo che avete messo nel leggere e commentare questa mia storiella senza pretese. GRAZIE <3
Ma ora via, che Kaori & C. vi aspettano!
Vi abbraccio
Eleonora

Ps: abbiate pazienza, prima o poi rispondo a tutte le vostre fighissime recensioni :D




Cap. 16 La situazione precipita
 
 
Non appena Kaori sbucò fuori dal bagno intimando alla donna di fermarsi, l’altra sobbalzò spaventata e sorpresa, ma grande fu lo stupore della sweeper, quando riconobbe nella ladra l’inserviente che lei e Ryo avevano sorpreso nel loro alloggio.
Un secondo dopo la donna stava già scappando a perdifiato, fuori sul corridoio, spingendo il carrello a più non posso; Kaori, ripresasi dallo shock, le corse dietro urlando:
 
“Fermati! Fermati, ho detto!!!”
 
Ovviamente erano parole gridate al vento, perché la finta inserviente non aveva nessuna intenzione di farsi prendere da Kaori che, tra l’altro, era impossibilitata a correrle dietro come avrebbe voluto, intralciata dai tacchi che affondavano nella morbida moquette, e soprattutto dal tubino del vestito, così fasciante che le impediva i movimenti.
 
In quella corsa rocambolesca e indiavolata, ad un certo punto Kaori, sempre correndo, togliendosi un sandalo alla volta, e al solito grido di: “Fermati, fermati” glieli lanciò dietro sperando di colpirla, ma quella li schivò abilmente.
Quindi infilò la mano nel sacco della biancheria e riprese lo zaino, se lo mise in spalla, e spinse il carrello mettendolo di traverso, a sbarrare la strada all’avanzata della sua avversaria.
 
Kaori, lanciata a tutta velocità, non riuscì a fermarsi in tempo e vi andò a sbattere, facendolo cadere di lato, con lei sopra.
Si rialzò più in fretta che poté, e notando che il vestito si era strappato lungo la cucitura laterale della gonna, con un gesto secco tirò i due lembi della stoffa e allargò lo spacco:
 
“Ohh, finalmente! Ora ragioniamo!” esclamò con sollievo, quanto sentì le gambe ormai libere di muoversi agevolmente.
 
A quel punto, scalza e senza più impedimenti, riguadagnò terreno, tanto da raggiungere la fuggitiva che sfrecciava agilmente per i corridoi, e per le scale della nave.
 
Kaori stava quasi per acciuffarla quando, con orrore, vide spuntare il lucido metallo di una pistola di piccolo calibro, nascosta chissà dove e pronta a sparare.
 
La detonazione che seguì rimbombò per lo stretto passaggio stordendo Kaori, che perse l’equilibro rovinando a terra, mentre un’altra detonazione seguì la prima.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Dall’altra parte della nave, immerso in quell’atmosfera sfavillante e frivola, Ryo sentiva crescere dentro di sé l’inquietudine: Kaori era partita già da un po’ e ancora non era tornata.
I sospettati si godevano la serata e sembrava perfino che li stessero prendendo in giro, restandosene lì bellamente, quando avrebbero dovuto agire, accelerare i loro piani in vista del prossimo sbarco.
Che Ryo e il resto della banda avessero preso un abbaglio?
Forse non erano loro i ladri, i furfanti che si facevano passare sotto il nome di Camaleonte?
Ma i furti c’erano stati veramente, e i trasmettitori dei gioielli di Kaori e Miki portavano a loro, alle loro cabine.
E allora cos’era quella nota stonata che lo sweeper sentiva risuonare dentro di sé già da un po’?
Il compito di Kaori era relativamente semplice, controllare che la refurtiva fosse effettivamente nascosta dentro l’alloggio di uno di loro, e con il ricevente di Miki sarebbe stato un gioco da ragazzi; allora perché lui non era tranquillo?
Era oltremodo strana, tutta quell’apprensione che stava provando per la socia; era forse dovuta al fatto che, ora che stavano insieme, lui temeva maggiormente per la sua incolumità?
A dirla tutta era anche stanco di flirtare con la bella Momo, o di bere drink al bar in compagnia del capitano Musashi che, tra l’altro, si era rivelato un uomo piacevole e in gamba; rivoleva Kaori con lui, la voleva lì davanti, sorridente come quando si erano salutati.
 
Ad un certo punto Ryo sentì un dolore attraversargli il petto, e si lasciò sfuggire un:
 
Kaori!
 
Il capitano, che era accanto a lui, lo guardò interrogativamente, ma quando vide il viso dell’uomo trasfigurato dall’angoscia, seppe che era successo qualcosa di grave.
Ryo si voltò a fissarlo negli occhi e quasi gli ordinò:
 
“Pensi lei a tutto” e con quattro falcate uscì dalla sala.
 
Miki e Reika, vedendo andare via Ryo di gran carriera, si scambiarono un cenno d’intesa, e salutati i rispettivi compagni di serata, guadagnarono l’uscita, trattenendo vistosi sbadigli e simulando una noia e una stanchezza che erano ben lontane dal provare.
 
Anche loro si erano accorte della prolungata assenza di Kaori, e se Ryo aveva deciso di andare a cercarla c’era sicuramente un motivo.
Quei due erano uniti da un legame quasi sovrannaturale, si capivano anche senza parlare, solo con lo sguardo, e almeno un paio di volte si erano sentiti a distanza, in momenti di estremo pericolo, e questo gli aveva salvato la vita, spingendoli a fare la cosa giusta nel momento giusto.
La loro sintonia era proverbiale e faceva di loro la coppia di sweeper più in gamba del Giappone, quindi se l’uomo non era rimasto buono buono ad aspettare il ritorno della sua partner, significava solo una cosa.
 
Quando le ragazze furono sufficientemente lontane dalla sala, non vedendo più Ryo davanti a loro, si misero a correre per ritrovarlo.
Non gli importava di attirare l’attenzione di quei ricconi patetici: probabilmente la loro amica era in pericolo e dovevano correre da lei.
 
Ryo, più veloce, era già arrivato alla cabina dei Sora, la prima più vicino rispetto alla sala, e poco prima che entrasse Miki e Reika lo individuarono da lontano e lo raggiunsero, accelerando il passo.
 
Lo sweeper, impugnando la sua Phyton, con un calcio spalancò la porta socchiusa per poi gettarsi a terra e rotolare sul fianco, dietro ad una poltrona, ma la stanza era vuota e non percepiva presenza alcuna; si rimise velocemente in piedi, nell’attimo stesso in cui fecero capolino, ansanti, le due donne:
 
“Allora? Dov’è?” chiese Miki senza respiro, più per la preoccupazione che per la corsa a perdifiato.
 
“Non c’è” rispose laconico l’uomo.
 
Poi a Reika cadde l’occhio ai piedi del letto, per terra, dove seminascosto dal copriletto, occhieggiava un lembo del libro di Miki; si precipitò a raccoglierlo e lo aprì con foga, e Miki e Ryo le si fecero intorno per guardare anche loro.
Le tre spie lampeggiavano ancora: una, la sua, era fissa nel riquadro che rappresentava la cabina dei Sora, quelle di Miki e Kaori, insieme, si spostavano velocemente in quel labirinto che era la nave, e sembravano dirigersi all’esterno.
A tutti fu chiaro che Kaori doveva essere insieme ai gioielli, visto che aveva lasciato il portatile lì di cui, evidentemente, non aveva più bisogno, e l’unico modo per ritrovarla era seguire il segnale pulsante delle trasmittenti.
 
Non fu necessario parlare, i tre si precipitarono fuori e ripresero a correre fino a quando, ad un certo punto, trovarono un sandalo abbandonato e poi, poco più avanti, anche l’altro.
Tutti li riconobbero come quelli di Kaori, e mentre un senso crescente di urgenza si impossessava di loro, accelerarono la corsa sulle tracce della sweeper, con la testa piena d’interrogativi e con un vago sentore di pericolo a spronarli.
Svoltato un angolo s’imbatterono nel carrello rovesciato, attorniato da un paio di signore che, anziché rialzarlo, continuavano a scuotere la testa lamentandosi che la servitù non era più quella di un tempo, che era uno scandalo e via discorrendo. Ryo e le ragazze le degnarono appena e, scavalcatolo, proseguirono la corsa.
 
Ma fatti pochi passi, Ryo si fermò di colpo: nell’aria c’era l’inconfondibile odore di polvere da sparo, e per terra giacevano almeno un paio di bossoli di piccolo calibro.
Ma quando trovò tracce di sangue sulla carta da parati, si sentì morire: una voce dentro di sé gli urlava che quello era il sangue di Kaori, e che era stata ferita.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
La fuggitiva e Kaori erano ormai uscite all’esterno, e ancora si rincorrevano fra le grandi ciminiere della nave, e poi giù, fra scale e scalette.
La ladra aveva sparato tutti i suoi colpi di pistola contro la ragazza, che li aveva abilmente schivati al riparo di anfratti o sporgenze metalliche; li aveva contati ad uno ad uno, ed ora poteva permettersi di correrle dietro senza paura di essere nuovamente ferita.
Eh sì, perché quando la ladra aveva estratto la pistola e fatto fuoco la prima volta contro Kaori, questa, presa alla sprovvista, per evitare la pallottola, era caduta a terra, dove era stata raggiunta di striscio al braccio dal secondo sparo.
Quella pazza criminale non si era fatta scrupolo di sparare alla sweeper mentre ruzzolava sulla moquette del corridoio, e Kaori si era salvata per un pelo da un colpo mortale, grazie ai suoi ottimi riflessi che l’avevano spinta a buttarsi di lato all’ultimo momento.
Ora la sua ferita sanguinava copiosamente, ma la rossa non era intenzionata a mollare la preda, e nulla l’avrebbe più fermata, anche se dovette ammettere che la ladra era ben allenata, se era capace di tenere quel ritmo così a lungo.
Kaori dal canto suo riusciva ancora a starle dietro, ma il sangue perso la stava rapidamente indebolendo.
 
Dopo una discesa precipitosa lungo la stretta scaletta metallica, che le espose improvvisamente al vento carico di pioggia che infuriava sull’oceano, increspando l’acqua in cavalloni sempre più alti, giunsero finalmente ad un parapetto a cui era assicurato un rampino d’acciaio, da cui partiva una corda che spariva lungo la murata.
 
La ladra terminò la sua corsa quasi sbattendo sui tubi della ringhiera, e riprese fiato approfittando del brevissimo vantaggio sull’inseguitrice.
Si sporse e urlò nel vento, che quasi le rubò la voce:
 
“Ehi, Megane? Ci sei?”
 
La corda era tesa, segno che un qualche tipo di peso era agganciato all’altro capo, ma il buio e le onde sempre più alte rendevano quasi impossibile vedere chi, o cosa, fosse aggrappato alla fune.
 
Urlò di nuovo, sempre più forte:
 
“Megane??? Ci sei?” mentre si portava le mani agli spallacci dello zaino, indecisa se toglierselo o meno.
 
Una voce smozzicata dal vento di tempesta urlò in risposta:
 
“Sì… getta… zaino… giù!”
 
La donna si sporse nuovamente: sapeva che il suo complice Megane era lì di sotto, ricoperto da una tuta in neoprene da sub, e che la stava aspettando.
Il loro piano era così congegnato: Megane si sarebbe avvicinato il più possibile alla nave con un fuori bordo, avrebbe trovato un appiglio a cui agganciare il rampino a cui sarebbe rimasto attaccato, mentre la nave avrebbe continuato la navigazione, facendosi di fatto trascinare in acqua; una volta recuperato il bottino, che la sua compagna Itachi gli avrebbe  gettato giù, lui avrebbe mollato la presa e, spinto dalla scia della nave, in seguito avrebbe raggiunto a nuoto il tender poco distante e avrebbe fatto rotta verso la riva.
Così, anche se gli altri fossero stati sospettati dei furti, e perquisiti, non avrebbero trovato la refurtiva, la quale sarebbe stata spartita una volta a terra.
Non era la prima volta che facevano una cosa del genere, ma stavolta sembrava andare tutto storto: primo perché la tempesta era in avvicinamento e le condizioni del mare stavano diventando alquanto difficili, e secondo perché Itachi era stata scoperta e rincorsa da quella rossa indiavolata.
 
Itachi si voltò di scatto, sentendo avvicinarsi Kaori, e anziché sfilarsi lo zaino, scavalcò il parapetto decisa a saltare di sotto.
 
La sweeper, che aveva capito l’intenzione della ladra, iniziò subito a gridare:
 
“No, no! Non farlo!”
 
“Vai via! Stai lontana da me!” rispose quella ormai dall’altra parte, con la schiena rivolta verso il vuoto.
 
“Ti prego, non gettarti!” insistette Kaori, che in quel momento pensava solo di salvare la ladra, e di certo non a recuperare la refurtiva “Se salti ora, morirai!” ingiunse la sweeper.
 
“E a te cosa importa? Tu vuoi i gioielli!” rispose sprezzante Itachi, con il viso e i capelli già bagnati dalle prime gocce d’acqua, e dagli spruzzi delle onde che arrivavano fin lassù.
 
“Ma cosa stai dicendo? Cosa vuoi che me ne importi… io ho paura per te” e così facendo avanzò di qualche passo.
 
“Non ti avvicinare!” intimò l’altra.
 
La tensione fra le due donne era palpabile: immobili si fissavano per la prima volta, i volti inondati di acqua, i capelli e i vestiti che si stavano inzuppando e aderivano al corpo; ansavano ancora per la corsa e il fiato si condensava in nuvolette di vapore, che il vento portava via in un istante.
La temperatura era scesa ma non ne erano minimamente consapevoli.
 
In quel mentre arrivarono Ryo e le ragazze, sul ponte sovrastante quello in cui si trovavano Kaori e Itachi, e si fermarono di colpo.
In un attimo compresero la situazione e inorridirono: se la donna si fosse buttata nelle fredde acque dell’oceano non avrebbe avuto scampo.
E quella pazza di Kaori sarebbe stata capace di saltare dietro di lei, pur di salvarla!
Dovevano fare qualcosa.
 
Ryo si rivolse alle donne:
 
“Reika, vai a dare l’allarme, metti in funzione quello antincendio, e tu Miki cerca di metterti in contatto con il capitano: che fermino la nave e si tengano pronti con le scialuppe di salvataggio. Fate presto! Al resto penserò io!”
 
Un secondo dopo le ragazze erano già sparite, e quando la sirena iniziò a suonare squarciando il silenzio della notte, sia Kaori che Itachi trasalirono: non c’era più tempo.
 
Anche Megane, che era quasi allo stremo delle forze quando riconobbe la sirena dell’antincendio, si sentì perduto: cosa avrebbe dovuto fare?
Mettersi in salvo lasciando la fune, e tornare a nuoto al motoscafo, abbandonando la compagna nelle mani della polizia, o fuggire con lei?
Non poteva lasciare che la prendessero, né che perdessero il malloppo.
Allora in un ultimo atto d’incoscienza le gridò:
 
“Avanti, salta!”
 
A quel richiamo Itachi si voltò di scatto, e quasi perse l’equilibrio e la presa; il terrore le si dipinse sul volto constatando che il mare si stava facendo sempre più minaccioso.
Anche lei fu presa dall’indecisione: saltare giù e ricongiungersi con il partner, rischiando sì di morire, ma portando con sé i gioielli che avevano rubato con tanta fatica, oppure restare a bordo, anche se questo le sarebbe costato la libertà, perché era ormai chiaro che quella donna che la stava fronteggiando era una poliziotta o un’investigatrice.
Immediatamente si ricordò di quella stessa mattina, quando era stata sorpresa a ripulire una cabina e un uomo possente, dagli occhi neri come la notte, le aveva puntato contro una vera pistola, e subito dopo era stato raggiunto da una giovane donna che le aveva detto che, in realtà, stavano solo scherzando.
Aveva creduto di morire dallo spavento, vedendo quell’arma micidiale e soprattutto lo sguardo assassino del tipo, ma poi la gentilezza della ragazza aveva stemperato l’atmosfera tesa che si era venuta a creare.
Non potevano sapere che lei era lì per rubare, ma anche loro sembrava volessero nasconderle… cosa?
La pistola non era finta, e quei due probabilmente non stavano giocando affatto: erano stati ad un passo dallo smascherarla, se l’era vista davvero brutta.
 
I poliziotti, questi idealisti!
Eccoli lì, gli eroi, si disse la ladra quasi sarcasticamente; lei aveva sparato alla ragazza per ferirla, per farle del male, ed ora era lì a pregarla di non gettarsi, di non rischiare la vita.
Eppure Itachi, al posto suo, avrebbe dato una bella spinta alla sua nemica, senza pensarci due volte.
Ma soprattutto… quella era davvero una donna poliziotto?
Perché quando si era trovata a faccia a faccia con l’uomo che sicuramente faceva coppia con lei, non le era sembrato un agente di polizia, anzi!
Ne aveva percepito il lato oscuro, che tentava di emergere e prendere il sopravvento, anche se alla fine l’oscurità era stata spazzata via proprio quando era entrata in scena la compagna che, sorridendo, aveva portato come un raggio di sole.
 
Ryo, intanto, mischiandosi con le ombre e scivolando a ridosso delle pareti metalliche, era arrivato così vicino alle due da vedere chiaramente il braccio sanguinante di Kaori, e fu sul punto di perdere la testa.
Il sangue stava ora scivolando giù fino alla mano, e gocciolava inesorabile sul rivestimento di legno levigato.
 
Se avesse dato retta al cuore, sarebbe saltato su quella donna che aveva fatto del male alla sua Kaori e gliel’avrebbe fatta pagare, e poi, senza perdere altro tempo, avrebbe preso la sua adorata socia per portarla in infermeria affinché fosse medicata.
Ma ancora una volta riuscì a mantenere il controllo.
 
Si avvicinò ulteriormente, e sentì la partner dire:
 
“Avanti, torna dentro, ormai è finita… non senti l’allarme? Presto saranno qui gli uomini dell’equipaggio, e per te e per il tuo complice non ci sarà più scampo.”
 
Ma la donna fece di no con la testa; Kaori riprese:
 
“Senti? La nave sta rallentando, e là in fondo hanno già messo in acqua le scialuppe di salvataggio… prenderanno anche lui” riferendosi al complice; poi, addolcendo il tono “Dai vieni, non ti farò alcun male… ti prego.”
 
E così dicendo si era avvicinata ancora di più, ma Itachi, tirandosi istintivamente indietro, si sbilanciò, perdendo la presa sui tubi resi scivolosi dalla pioggia che ormai scrosciava violentemente.
Successe tutto in un istante.
Una mano e poi l’altra si staccarono dal metallo e la ladra cadde all’indietro.
Kaori, slanciandosi oltre il parapetto, riuscì ad afferrarla per un braccio, ma il peso della donna era tale che la fece scivolare ancora più in giù fino a che la sweeper si ritrovò a stringerne solo il polso.
Mentre questa penzolava pericolosamente nel vuoto, Kaori le gridò, tendendole la mano libera:
 
“Afferra la mia mano!” ma Itachi, in preda al panico, non l’ascoltava più e continuava a guardare di sotto, dove non riusciva a vedere niente, nemmeno il suo Megane.
 
“Ho detto afferra la mia manooo!” ripeté “Forza!” ordinò la sweeper.
 
Itachi alzò gli occhi a guardarla, con aria spaventata e stupita insieme:
 
“Perché lo fai?” le chiese allora la ladra.
 
“Perché no? Non sopporterei di vederti morire!”
 
Itachi, sempre più meravigliata, le disse:
 
“Ma io volevo ucciderti! Ti ho sparato!”
 
“Ed io ci sono abituata!” le rispose Kaori sorridendole.
 
Ryo, che nel momento in cui aveva visto Kaori lanciarsi sul parapetto, si era precipitato su di lei, l’afferrò per i fianchi affinché non finisse di sotto trascinata dal peso dell’altra.
E, come se non bastasse, il braccio con cui la socia reggeva la ladra era quello ferito, e ben presto non avrebbe più avuto la forza necessaria a sorreggerla.
Quando Kaori si sentì acchiappare da due possenti mani, capì subito che erano quelle di Ryo, e mentalmente tirò un sospiro di sollievo; ora sentiva il corpo dell’uomo premere sul suo e sporgersi a sua volta verso Itachi, e seppe che sarebbe andato tutto bene.
 
“Forza, aggrappati!” intimò quasi lo sweeper, e Itachi, colpita dalla forza e dal tono perentorio della sua voce, afferrò prima la mano tesa Ryo poi, aiutata da Kaori, si protese ancora di più verso i due, e quando l’uomo fu sicuro della presa, con uno strappo deciso la issò sul ponte.
 
Quindi Ryo si affacciò nuovamente per vedere il suo complice, che era già stato raggiunto dagli uomini dell’equipaggio, e preso in custodia.
 
In quel momento arrivarono di corsa Miki e Reika, e si precipitarono su Kaori la quale, guardando Itachi, le chiese con un sorriso:
 
“Non tenterai di fuggire ancora, vero?”
 
Ma poi la sweeper ebbe un capogiro, e Ryo fece giusto in tempo ad afferrarla prima che svenisse fra le sue braccia.
 
“Kaoriiii” urlarono quasi in coro le sue amiche raggiungendola.
 
Solo allora Ryo si ricordò che era gravemente ferita, e rivolgendosi alle ragazze disse:
 
“Presto, presto, portiamola via, ci serve un dottore” e prendendola fra le braccia corse su per la stretta scala metallica, seguito da Miki.
Reika era rimasta lì con Itachi, tenendola  sotto tiro con una pistola, e rivolgendole un sorriso sardonico l’interpellò dicendo:
 
“E così vi abbiamo preso, eh? Abbiamo preso il Camaleonte!”
 
Itachi si accasciò al suolo, inondato di acqua, e piegò la testa in segno di sconfitta.
 
   
 
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