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Autore: Eevaa    27/12/2020    15 recensioni
Due appartamenti, cinque inquilini, nuove e improbabili amicizie che metteranno in discussione le grandi leggi del Mondo Magico.
Perché chi l'avrebbe detto che, quattro anni dopo la guerra, Grifondoro e Serpeverde si sarebbero trovati a stringere alleanza?
Un'altra serata stava per concludersi nella palazzina Augurey n.7. Una delle tante a metà tra un burrascoso passato e un futuro ancora tutto da raccontare.
Genere: Commedia, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro. 
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
 
 
 
- AUGUREY BUILDING N.7 -
A magic sitcom in Diagon Alley



CAPITOLO 2
La Palazzina Augurey


 
 

Era una giornata fredda di inizio settembre, quando una nuova coppia di vicini si era trasferita nella palazzina.
Harry, il quale era salito dalla scale con la sola intenzione di morire sul divano con una Burrobirra, non aveva fatto nemmeno caso alla sua coinquilina che - degna di un'anziana signora munita di giornale e tendine - si era appostata con la porta socchiusa in attesa di movimenti sospetti.
«Hermione?»
In un batter d'occhio venne preso per il bavero in un moto emotivo e poi trascinato dentro casa.
«Harry, sono arrivati i nuovi dirimpettai!» si entusiasmò lei in un gridolino silenzioso.
E quindi? Le avrebbe risposto di tutto punto, se solo lei non avesse avuto quegli occhi così colmi di gioia che Harry non ebbe proprio cuore di smorzare.
Vivevano in quella casa oramai da sei mesi e l'appartamento di fronte al loro era sempre stato disabitato. Non era forse meglio così? E se i vicini fossero stati dei rompiscatole?
«Oh. Li avete visti?» si limitò a chiedere Harry, nello sforzo di apparire interessato. Forse ci riuscì.
«No, ma sembrano essere giovani. Prima sono passato davanti alla porta e stavano ascoltando l'ultimo singolo delle Sorelle Stravagarie» intervenne Ron, sussurrando come se la questione fosse stata di segreto ministeriale.
Harry si domandò perché mai i maghi anziani non ascoltassero le Stravagarie, ma era più che intenzionato a lasciar cadere la questione e bersi quella tanto agognata Burrobirra.
«E se gli preparassimo un dolce e glielo portassimo come benvenuto?» propose Hermione, con un ampio sorriso.
«E se invece non facessimo niente e ci incontrassimo sulle scale per salutarci e basta?» controbatté Harry, non riuscendo proprio a frenare la lingua.
Negli ultimi mesi - se ne era reso conto - era diventato molto più acido e asociale di prima. L'accademia da Auror prima o poi l'avrebbe fatto diventare matto, se lo sentiva. E tutte quelle conferenze stampa alle quali aveva partecipato nell'ultimo anno e mezzo - dopo la guerra - gli avevano prosciugato tutte le buone intenzioni.
Senza contare che da quando Ginny l'aveva piantato - durante il recupero accademico dell'anno prima - la sua voglia di conoscere gente nuova era scemata drasticamente.
Forse era depresso.
«Oh, dai, amico, magari sono due belle ragazze-AHIA!» esordì Ron, preso per un orecchio da Hermione. «Tutte e due per Harry, ovviamente» aggiunse.
Harry non aveva ancora capito come mai, ma Ron si sentiva in qualche modo responsabile del fatto che sua sorella l'avesse lasciato. Aveva tentato di trovargli la ragazza in tutti i modi; una volta aveva persino cercato di appiopparlo alla cinquantenne divorziata del primo piano.
Forse era per quello che era depresso.

O forse lo era perché Hermione, alla fine della fiera, aveva davvero preparato quella torta e lo aveva costretto a presentarsi dai vicini con un sorriso finto quanto i denti della Cooman.
Il Golden Trio, così, si presentò di fronte all'appartamento 5b con uno strudel di mele e una buona dose di meravigliose intenzioni.
Un vero peccato che, quando i due dirimpettai in questione si accinsero ad aprire la porta, le meravigliose intenzioni si sfracellarono al suolo. Insieme allo strudel. E le loro mandibole.
Il vassoio della torta rimbalzò rumorosamente tre volte prima di lasciarsi cadere.
«Sai quanto costano queste scarpe, Granger?» domandò Malfoy, dopo un silenzio quasi assordante. Pansy, con il nasino arricciato, li guardava come se fossero tutti e tre cosparsi di sterco di Troll.
Hermione, con occhi fissi sui mocassini neri di Malfoy ricoperti di cannella e mele cotogne, non riuscì a proferire parola. Ron, rosso come un pomodoro, stava probabilmente valutando se evaporare o esplodere.
Se non altro, l'unico seriamente divertito dalla situazione era proprio Harry. Forse non era più depresso.
«Amore... è giunto il momento di cercare una nuova casa» disse Ron a denti stretti, prendendo la fidanzata per una mano.

 


 

La Palazzina Auguery numero 7 era situata nel nuovo quartiere ristrutturato di Diagon Alley, nella terza traversa dopo il Paiolo Magico. Il nome derivava dal semplice fatto che i colori dei mattoni della facciata tendessero al verde spento della famosa Fenice Irlandese.
Cinque piani e una piccola terrazza insaccata nel tetto. Il terzo piano era vuoto da mesi e, ogni volta che qualcuno tentava di trasferirsi, se la dava a gambe dopo tre giorni. Colpa del Poiltergeist. I ragazzi del quinto piano l'avevano soprannominato Gazza: la somiglianza era letale. Nessun acchiappa-fantasmi era riuscito a mandarlo via.
Al piano terra c'era un grosso negozio di scope da corsa e articoli per il Quidditch. Al primo piano c'era il magazzino del negozio e la lavanderia. Al secondo piano il proprietario in un appartamento, la ex moglie nell'altro. Si erano separati da anni ma gestivano comunque il negozio insieme. Litigavano ogni santo giorno e non avevano la minima idea di cosa fosse un Muffilato. Al quinto piano, nell'appartamento dei Grifoni (così lo chiamavano) viveva il Trio delle Meraviglie; in quello delle Serpi, invece, Draco e Pansy.
Al quarto piano c'erano due studentesse francesi in Erasmus da Beauxbatons, solo per quell'anno. Nell'altro appartamento una famiglia con un bambino di quattro anni capriccioso e insopportabile: Leston.

«Giuro, oggi gli faccio una Pastoia Total-body» ringhiò Draco uscendo dalla propria stanza, dopo aver aperto la porta sul soggiorno con un calcio. Signor Perfezione già di primo mattino, con i pantaloni del pigiama in seta nera e una maglietta aderente dello stesso colore. Pansy proprio non capiva come fosse possibile che i capelli del suo amico stessero così in ordine persino appena sveglio.
Il piccolo Leston, quel mattino di novembre, aveva deciso di iniziare a frignare perché - apparentemente - i suoi genitori non avevano alcuna intenzione di comprargli uno Zouwu addomesticato. E grazie al cielo, pensò Draco. Quei due incompetenti non erano in grado di addomesticare un poppante, figurarsi uno Zouwu.
«Oh, vedrai che ora la smette. È solo un moccioso» mugugnò Pansy, intenta a sorseggiare il suo caffè amaro e bollente. Con suo disappunto il rossetto rosso si stampò sulla tazza. Alla faccia del waterproof.
«Sì, smetterà quando lo pietrificherò. Questa è incapacità genitoriale, santissimo Merlino!» grugnì Draco, gesticolando. Le urla di Leston rimbombavano in tutto l'appartamento. Sfortuna vera, quella che vivessero in quello sotto al loro e i muri fossero fatti di cartapesta.
«E noi ne sappiamo qualcosa di incapacità genitoriale» fece l'occhiolino Pansy. I suoi genitori, quando lei aveva deciso di prendere le distanze dalle ideologie anti-Babbane dopo la guerra, le avevano intimato di andarsene di casa.
«Sì, ma quando mi azzardavo a fare tutti questi capricci, mio padre prendeva a bastonate sugli stinchi e sai cosa? Sarei quasi pronto a dire che avesse ragione» soffiò Draco esasperato, dopo l'ennesimo urlo a squarciagola del bambino.
Pansy sgranò gli occhi e poi contò con le dita fino a cinque.
«... ti sei già pentito di averlo detto?» gli chiese, infine.
Draco storse il naso. Non c'era universo nel quale suo padre potesse aver ragione su qualcosa. Non dopo che i rapporti tra loro si erano fatti freddi come il circolo polare artico.
«Uhmph... sì» confessò quindi in uno sbuffo. Pansy sorrise.
Poi, d'improvviso, nuovi rumori di vetri infranti e altre urla provenienti dal piano di sotto. Draco divenne rosso come un pomodoro. «'Fanculo. Ne ho abbastanza!» proferì, dirigendosi poi a passi lunghi fuori di casa.

 

L'appartamento dei Grifoni era situato a una distanza di cinque salti e un ruzzolone con i pantaloni alle ginocchia. Draco li aveva misurati una sera nel tentativo di scappare e nascondersi da un cannibale di bacchette.
Senza bussare, aprì la porta del 5a e si gettò a pesce sul grosso divano centrale del soggiorno.
Ron, seduto al tavolo, abbassò con un gesto secco la Gazzetta del Profeta del mattino e lo osservò.
«Prego, Malfoy, vuoi entrare?» domandò, cinico, dopo una manciata di secondi.
«Grazie, Weasel» rispose Draco, sistemandosi con le braccia dietro la testa e i piedi nudi sul tavolino.
Ron alzò gli occhi al cielo.
«Fammi indovinare. Leston?» intervenne Hermione, intenta a sistemarsi sui fianchi quel tailleur bordeaux che la faceva tanto somigliare a una bottiglia di Barbera invecchiato.
Draco storse il naso. Ma al Ministero non ce li avevano gli occhi?
«Non riesco a dormire con il casino che fa! E se non mi riposo la mia pelle si riempirà prematuramente di orribili rughe» spiegò Draco.
Si portò poi un cuscino color panna dietro la testa per stare più comodo.
«Ma tu non dovresti andare al lavoro?» domandò Harry, uscendo dal bagno di tutta fretta.
Draco arricciò di nuovo il naso perché era evidente che no, al Ministero non ce li avessero gli occhi. Davvero l'avrebbero fatto entrare con quei capelli? Se li avesse lasciati crescere ancora un po' avrebbe potuto fare il cosplayer di Hagrid alla prossima fiera dei fumetti magici.
«Harry, lui non ce l'ha un lavoro» sbuffò Ron.
«Sì che ho un lavoro» ribatté Draco, indignato.
«E sentiamo, dove lavori?»
Draco si sporse oltre il divano e guardò il trio con una certa ovvietà.
«Oh, suvvia!» disse poi, con un distratto gesto della mano.
«Vedete? Risponde sempre così» bofonchiò Ron.
Nessuno dei membri del Trio delle Meraviglie aveva mai, mai capito che ambito lavorasse Malfoy. Ron, per il primo periodo, si era convinto che facesse parte di una società illegale di vendita di organi. Così, senza un perché. O meglio: perché era Draco Malfoy.
«Non puoi restare qui, stiamo uscendo tutti e tre» lo avvertì Harry, dopo che lui e i coinquilini si furono vestiti per affrontare le prodezze di una lunga giornata lavorativa.
«Per lavorare» aggiunse Ron, in accusa.
«Oh, Potter, cosa temi? Che ti rubi il quadro del vecchio bacucco?» sbottò Draco.
Silente, nel ritratto appeso alla parete della scrivania, ridacchiò sotto i baffi.
«Ci rinuncio» soffiò Harry, amareggiato, «ciao, Malfoy» aggiunse, seguendo i suoi amici fuori dalla porta e sbattendosela alle spalle.
Draco, soddisfatto, si accomodò meglio sul divano color pervinca.
Non era la prima e non sarebbe stata l'ultima volta che si appropriava dell'appartamento dei Grifoni per sfuggire alle insopportabili urla di quel moccioso petulante.
Che poi quello, più che un appartamento, era un rave party di chincaglierie.
A differenza di quello delle Serpi - sempre impeccabile, ordinato e con un mobilio molto più di classe - quello dei Grifoni era la rappresentazione su larga scala dei capelli di Potter.
Arruffato era il termine più appropriato per definirlo. Le cose lì dentro sparivano, venivano fagocitate e sputate fuori indietro dopo mesi.
Se non altro, se qualcuno aveva bisogno di un particolare libro di testo, sicuramente lì dentro c'era. Da qualche parte e inghiottito nel vuoto cosmico, ma c'era.
Le pareti erano rivestite da scaffali e librerie colme di tomi, oltre che di riconoscimenti accademici e lavorativi della ragazza di casa. I colori oro e rosso spiccavano più di tutti e, giusto per togliere un ulteriore tocco di classe, vi erano poster dei Cannoni di Chudley, bandierine dei Griffindor Q.T, maglie firmate dai giocatori e altro merchandising delle squadre preferite dal trio.
L'emblema del cattivo gusto, insomma. Ciò che però Draco apprezzava di quell'appartamento, però, era che in frigo avrebbe sempre potuto trovare della birra Babbana ghiacciata. Anche se per arrivare al frigorifero sarebbe dovuto inciampare in qualche libro.

 


 

Se le urla del moccioso si erano placate, fu uno strillo ben più acuto a disturbare nuovamente il riposo di bellezza del principe Malfoy, quella fredda mattina di novembre.
Egli aprì gli occhi di scatto, in un moto di irritazione mista a preoccupazione. Avrebbe saputo captare e riconoscere i decibel fastidiosi di Pansy anche se rinchiusa in una stanza insonorizzata. Stanza che aveva ponderato bene di costruire, per alleviarsi dalle risate giulive della coinquilina durante le lunghe telefonate con la sua amica Millicent.
Draco si alzò dal divano di scatto e compì una serie di lunghe falcate in direzione dell'uscita. Quando però si trovò di fronte alla porta del proprio appartamento, la trovò tragicamente chiusa a chiave.
Bussò quattro volte.
«Pansy?» nessuna risposta. Bussò altre quattro volte «Pansy?» altre quattro «Pansy?»
Nessun movimento parve provenire dall'appartamento delle Serpi, e in quel momento Draco realizzò di essere rimasto chiuso fuori da casa propria. Niente Alohomora, ovvio: le porte degli appartamenti erano ben protette da quel tipo di incantesimi banali. Era necessaria la chiave magica per accedervi.
Alzò gli occhi al cielo così forte da sentire male ai bulbi oculari ma, proprio quando fu sull'orlo di mettersi a inveire contro i fondatori, Draco udì dei passi concitati e sbuffi provenire dalle scale.
Nessuno nella Palazzina Augurey - a parte in situazioni di estrema necessità - utilizzava l'ascensore, da quando Gazza se ne era appropriato.
Quando Pansy apparve, aveva tutta l'aria di essersi appena unita a una setta di assassini seriali con l'insano gusto per lo splatter. Stretto nel pugno della mano sinistra, il suo vestito rosa preferito era macchiato di tempera colore rosso carminio. Non sarebbe bastato un Gratta e Netta, con quelle tempere magiche dei Tiri Vispi. Sulle pieghe della gonna, le impronte evidenti delle manine di un infante. E c'era un solo infante, in quell'edificio.

Gli occhi di lei, dardeggianti, si scontrarono con quelli di Draco. Non fece neanche in tempo a porre domande.
«IO LO AMMAZZO!» ruggì Pansy, con le guance scarlatte e la bocca digrignata a livelli disumani di sadismo. O, per meglio dire, a Livello Granger di quando Weasley le aveva accidentalmente buttato la tesina nei rifiuti.
Draco sogghignò con una certa soddisfazione. Dov'era finito il "è solo un moccioso" di poche ore prima?
«Ma non mi dire...» strascicò, cinico, prima che i suoi occhi grigi si posassero sul cesto della lavanderia tenuto a mezz'aria con un Wingardium Leviosa. Solo in quel momento Draco realizzò che si fosse davvero compiuto un crimine. Un crimine contro l'umanità e il buon gusto. «Quella è la mia giacca di Just Thestrals?» squittì, costernato.
Pansy si lasciò sfuggire un'occhiata tanto furiosa quanto eloquente.
«NO!» esplose quindi Draco, raggiungendo anch'egli il Livello Granger. «Questo è TROPPO!»
Senza bisogno di accordarsi, entrambi scesero le scale a passo di marcia, inviperiti come in poche altre occasioni.
Bussarono concitatamente all'appartamento 4b, Draco con le mani ai fianchi, Pansy con in mano la prova del delitto.
L'aprirsi della porta dell'appartamento rivelò loro un uomo calvo dall'aspetto scorbutico, più largo che alto e con un'invidiabile collezione di menti sul collo. Li salutò con quello che parve un grugnito. Dietro di lui, il piccolo Leston si stava sgranocchiando una Cioccorana. Sul divano si poteva intravedere la platinata madre intenta a smaltarsi le unghie dei piedi callosi con una lacca color arancione. Draco trattenne a malapena un conato di vomito.
«Salve, signor Ulrich,» si introdusse Pansy, «ci spiace disturbarla» - sbuffo di Draco - «ma vede, ci tenevamo a informarla che suo figlio sta andando in giro a imbrattare il palazzo con le tempere» concluse la ragazza, mostrando l'orrendo crimine perpetrato ai danni del prezioso abito.
L'uomo storse la bocca con l'aria di chi non riesce a quantificare la vastità del cavolo che gliene frega poi, con una scrollata di spalle, si rivolse al bambino con sguardo truce.
«Leston, è vero?» domandò il signor Ulrich in un altro grugnito che lo fece sembrare un suino. Ia-ia-ooh, intonò mentalmente Draco.
Il moccioso, di tutta risposta, annuì e poi scoppiò in una fragorosa risata. Sua madre non proferì verbo e continuò a laccarsi le unghie mentre il padre, poco convinto, strinse le labbra in un'espressione di lieve disappunto.
«Non farlo più» sbuffò, piatto, poco convincente e con una flemma degna del professor Rüf. Il bambino continuò a ridere e il signor Ulrich, con un ulteriore grugnito, si congedò dai due ragazzi e chiuse loro la porta in faccia.
Draco e Pansy, allibiti, si guardarono come se quella conversazione non potesse essere avvenuta veramente.
«Gente del genere dovrebbe essere sottoposta alla vasectomia obbligatoria» convenne infine Malfoy, sconsolato.
Costernati e con le pive nel sacco fecero per tornare nel proprio appartamento, quando udirono la porta del 4b aprirsi di nuovo. Il faccione rotondo del piccolo Leston ne sbucò fuori e, insieme a lui, anche un minuscolo dito medio e un'impertinente linguaccia.
Non si sa per quale grazia o forza divina Pansy riuscì a trattenere Draco dall'estrarre la propria bacchetta e affatturare il moccioso.
I quattro fondatori, però, vennero chiamati in causa più e più volte.

 


 

Pansy e Draco vivevano all'appartamento 5b da poco più di tre anni, mentre il Trio delle Meraviglie occupava il 5a da sei mesi prima di loro. Ma, se da un lato il tempo sembrava essere volato, dall'altro avevano vissuto così tante bizzarre avventure che sembrava essere passata una vita.
La guerra era terminata da quattro anni e mezzo e quasi non sembrava vero che potessero viversi una giovinezza normale fatta di studi, primi lavori, conquiste, avventure e disastri amorosi, serate al pub e spensieratezza. Beh, a parte le responsabilità implicite nel dover vivere per conto proprio come l'affitto, le bollette, la spesa, le bollette, la lavanderia, le bollette, le rate di studio e, in aggiunta, anche le bollette.
Harry era riuscito a passare al primo colpo il test d'ingresso per il tirocinio da Auror - che aveva brillantemente superato con il massimo dei risultati - e attualmente stava affrontando il corso di specializzazione in Maledizioni Oscure.
Hermione, invece, stava scalando posizioni al Ministero e, se tutto fosse andato come sperava, presto avrebbe ricoperto una posizione di prestigio nell'Ufficio della Cooperazione Magica. L'obiettivo da lì a dieci anni sarebbe stato candidarsi come Viceministra e infine Ministra della Magia.
Ron aveva inizialmente scelto di lasciar perdere gli studi per aiutare suo fratello George con il negozio a Diagon Alley ma, con il grande successo dei Tiri Vispi Weasley, aveva scelto di riprendere a studiare Magi-Marketing da non frequentante all'accademia universitaria. Giusto per capirci di più ed essere preparato sugli affari.
Pansy era riuscita a trovare un buon posto nella boutique di Madama McClan, nel frattempo cercava di farsi strada nel mondo della moda realizzando stili e outfit per il Settimanale delle Streghe. Il suo grande sogno era quello di diventare una stilista influente.
Mentre Draco... suvvia!

Dopo la Guerra, i Malfoy erano stati scagionati a causa del loro ultimo cambio di rotta, grazie alla testimonianza a favore di Draco e Narcissa - che erano stati d'aiuto al Trio durante la guerra. Lucius, però, non era riuscito a sfuggire agli arresti domiciliari per tre anni, con tanto di una pesante Traccia per i successivi dieci.
Draco aveva frequentato - insieme a tutta la classe 1980 - i sei mesi per il recupero dei M.A.G.O a Hogwarts. Dopo il diploma, conseguito nel dicembre del '98, aveva affrontato un lungo periodo di ansia e depressione. Si era ritrovato ad affrontare i mostri del proprio passato da un giorno all'altro e, per molti mesi, si era maledetto per non essersi fatto bocciare così da dover frequentare la scuola ancora per un poco.
I traumi e le reminiscenze della guerra erano riaffiorati non appena aveva messo piede a Villa Malfoy. Aveva trascorso otto mesi chiuso in se stesso ma poi, da un giorno all'altro, era saltato fuori dal suo buco e si era presentato davanti all'appartamento di Pansy con le valigie.


 

«Ciao, Pans» la salutò con un mezzo sorriso e lo sguardo nascosto da un ciuffo ribelle di capelli biondi.
Lei si portò una mano alla bocca per nascondere lo stupore. Il suo amico sembrava quasi il fantasma di se stesso. Pallido, magro, eppure sempre affascinante e vestito in modo impeccabile nel suo completo nero damascato. Forse avrebbero dovuto lavorare su qualcosa di più colorato.
«Oh, tesoro... te ne sei andato davvero, alla fine. Non sai quanto sono sollevata!» soffiò lei in un sorriso mesto, prendendolo poi per un braccio per trascinarlo nell'appartamento. «Vieni, entra!»
Pansy viveva oramai da qualche mese ai sobborghi di una piccola Comunità Magica di Londra a fianco del Millenium Bridge. Un monolocale molto stretto, ma nemmeno così malmesso.
Si era dovuta accontentare, da quando aveva scelto di rinunciare agli agi della famiglia. Non era più riuscita a sopportare i soprusi di un padre conservatore che le tarpava le ali in quanto donna libera e felice di esserlo.
In quegli otto mesi che avevano seguito il diploma di dicembre, lei e Draco erano rimasti in contatto ogni settimana via gufo. Si erano visti solo una volta a inizio primavera, e lei aveva insistito fino alla follia per convincerlo a lasciare Villa Malfoy.
Ma Draco non era stato pronto. Era troppo depresso e non era sicuro che un ulteriore cambiamento avrebbe fatto bene alla propria salute mentale. Non era stato certo di voler lasciare la propria famiglia, per quanto ci fossero troppe, troppe cose che non andassero. Soprattutto con suo padre, il quale non sembrava poi davvero così pentito delle posizioni prese durante la guerra.
Quindi piano piano aveva iniziato a comprendere, a ragionare, a riprendersi e affrontare la depressione in modo diverso. Fino alla goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
«Allora... com'è andata?» domandò lei, facendolo accomodare sul divano biposto incastrato in qualche modo tra la cucina e la porta del bagno.
«Benissimo. Mio padre mi ha detto "o la sposi o quella è la porta"» spiegò Draco, cinico, imitando alla perfezione la voce spocchiosa del padre. Mento all'insù, un sopracciglio alzato e il naso arricciato.
Lucius era convinto che fosse giunto il tempo di iniziare a pensare a una nuova generazione di Malfoy e, per fare ciò, si era avvalso della "modernissima" proposta di matrimonio combinato. Con una famiglia di nobili purosangue, naturalmente.
Astoria Greengrass non era nemmeno una persona così antipatica a Draco, anzi. Si era trovato davvero bene durante i loro incontri conoscitivi obbligati ma, beh, era evidente per entrambi che il problema non fosse lei. E la ragazza aveva persino capito! Si era addirittura proposta - per quieto vivere delle loro famiglie - di essere una moglie di copertura.
Ma quello Draco non era riuscito ad accettarlo. Per lui, certo, ma anche per lei. Non erano nell'ottocento, e non esisteva che li obbligassero ancora a fare qualcosa del genere.
«La porta è stata una decisione saggia» convenne Pansy, carezzandogli amorevolmente un braccio come solo una sorella avrebbe potuto fare.
«Oh sì, gliel'ho sbattuta in faccia urlando "e comunque sono gay". Penso che sia morto» considerò Draco, convinto.
«Ma speriamo!»
«Pansy!» la redarguì, lasciandosi però sfuggire un sorrisetto beffardo. Rimpianse di non essersi guardato indietro, al maniero, ed essersi perso la reazione di suo padre al coming out.
Già se lo immaginava, con il naso così arricciato da sembrare incartapecorito.
«Scherzavo, tesoro, sono solo contenta che tu te ne sia andato da quel posto orribile» lo rassicurò. Non si era augurata mai veramente la morte di suo padre, o del padre di Draco, o di nessuno.
Non si poteva dire lo stesso del signor Parkinson, il quale l'aveva ricoperta di umiliazione per mesi e l'ultima frase che le aveva detto era stata "preferirei una figlia morta, piuttosto che una figlia sgualdrina". Quindi capiva Draco, lo comprendeva appieno. Per questo gli aveva detto che casa sua sarebbe stata aperta sempre, per lui.
«Già, una vera fortuna che ho messo da parte un po' di Galeoni in un mio conto privato, perché a quanto ne so mi potrebbe anche togliere dall'eredità» asserì Draco, sconsolato.
«Tua madre non lo permetterebbe mai, lo sai».
Draco sorrise avvilito. Sua madre era forse il motivo per il quale aveva desistito così tanto ad andarsene. Ma no, era giunto a un punto di rottura troppo grande, troppo radicale.
Pansy sospirò, poi si alzò per ordinare due pizze con Deliverowl.
«Dai, adesso sistemati sul divano. Domani iniziamo a cercare un appartamento più grande, ok?».


 

Così, il sei settembre del 1999, erano giunti alla Palazzina Augurey n.7 e la loro vita era cambiata drasticamente di conseguenza, insieme a quella di Harry, Hermione e Ron.
Certo, i primi mesi erano stati scombussolati, ci avevano messo molto a ingranare, conciliare le loro differenze caratteriali. Avevano già imparato a coesistere pacificamente durante i sei mesi di recupero dei M.A.G.O a Hogwarts, ma Grifondoro e Serpeverde non erano mai stati amici, né alleati.
Non erano mancate le litigate e le divergenze, tuttavia avevano presto imparato a gettarsi il passato alle spalle.
Quando si parlava di Quidditch, però, il rischio rimaneva tutt'oggi quello di arrivare alle mani.
Era chiaro a tutti che alcune dinamiche non sarebbero mai cambiate, nemmeno dopo quei tre anni di improbabile semi-convivenza: Ron e Draco non sarebbero mai riusciti a concludere una discussione senza sfottersi a vicenda, Hermione e Pansy avevano interessi così differenti che a volte i loro discorsi più che botta e risposta sembravano monologhi, Draco e Harry non avevano mai imparato a chiamarsi per nome.
Harry era sempre sulle nuvole, Hermione dedicava se stessa allo studio compulsivo, Ron mangiava come un tritarifiuti, Pansy si innamorava almeno quattro volte a settimana e Draco passava più tempo davanti allo specchio che al lavoro.
Tutto nella norma.

 


 

Le giornate alla Palazzina Augurey trascorrevano pacifiche e senza grossi problemi.
I problemi, di fatto, erano piccoli. Molto piccoli. Alti un metro e un tappo di sughero, con una faccia rotonda e gli occhi blu cobalto.
Draco non aveva mai amato troppo i bambini ma quello... quello non era un bambino. Era un cucciolo ibrido tra un Troll di Montagna e un Lepricano.
Leston, quel giorno, oltre ad aver imbrattato i panni stesi in lavanderia, si era dedicato a strappare la tappezzeria a peonie fuori dagli appartamenti, nel tardo pomeriggio. E, per quanto quella tappezzeria fosse di pessimo gusto, non era il caso di renderla ancora più retrò. Tuttalpiù che, con quelle unghiette fastidiose, stava facendo un gran rumore e Draco era rientrato a casa con una forte emicrania.
«Potresti smetterla?» domandò, aprendo la porta del 5b con sguardo omicida.
Di tutta risposta, Leston sbuffò un annoiato e strafottente «nah!»
Draco, per l'appunto, non aveva mai amato troppo i bambini. Non aveva idea di come comportarsi con loro, non aveva assolutamente mai avuto una conversazione decente con un infante e non era nella sua lista delle cose da fare.
Ma di una cosa era fermamente convinto: se quel porcello troppo cresciuto del signor Ulrich non aveva mai fatto niente per impartire un po' di educazione al moccioso, Draco non se ne sarebbe stato con le mani in mano.
Una vera fortuna che, in quel momento, l'ascensore stesse passando proprio di lì. Premette il bottone per fermarlo e, quando le porte si aprirono, prese di peso Leston e lo piazzò all'interno, proprio di fianco al Polteirgest. Gazza si esibì in una sadica e folle risata, e Draco sogghignò aspramente nel vedere la strafottenza di Leston scemare una volta per tutte.
Poi le porte si chiusero e se ne lavò platealmente le mani.
«Malfoy!» soffiò Harry, allibito, giunto proprio in quel momento sul pianerottolo dalle scale.
«Sì, Potter?» strascicò calmo Draco, con l'espressione paciosa e soddisfatta di chi si è appena gustato un prelibato piatto di tartine con mousse di vendetta.
«Dimmi che non hai appena buttato un bambino sull'ascensore con Gazza» disse Harry, con voce supplichevole.
Draco si pizzicò il mento per acuminare il pensiero.
«Oh, sono abbastanza certo che sia esattamente ciò che ho appena fatto».
Harry cacciò la testa all'indietro, incredulo.
«Ma sei pazzo?! Oh... che domande, certo che lo sei! Forza, andiamo a recuperarl-un momento...» si arrestò, mettendo a fuoco un oggetto sferico imbrattato di tempera rossa, incastrato nel cestino portaombrelli. Il suo cuore si fermò per un secondo. «Quella è la mia Pluffa firmata dai giocatori degli Arrows?»
Malfoy sogghignò, divertito. Leston aveva mietuto più vittime che il Vaiolo di Drago, quel giorno.
«Esattamente. Voi Grifoni avete il vizio di lasciare le porte aperte» lo redarguì Draco, cinico. Sapeva quanto quel fanatico di Potter ci tenesse a quella Pluffa.
E, infatti, il volto di Harry iniziò a contrarsi in così tanti spasmi involontari che Barty Crouch Jr sarebbe sembrato un sano di mente, in confronto.
«A ripensarci... lasciamolo lì con Gazza ancora un poco» decretò infine, livido in volto.
Il Poltergeist non si era mai rivelato poi così cattivo. Giusto un poco spaventoso.
Non era sicuro che quel metodo educativo fosse funzionale ma magari, a quel furfante, sarebbe servita da lezione.
«Birretta?» propose quindi Harry, sollevando le spalle e lanciando un incantesimo d'appello dentro al proprio appartamento. Due bottiglie saltarono fuori dal frigo e giunsero direttamente tra le sue mani. Con con nonchalance ne porse una al dirimpettaio.
«Potter, se solo non fossi un groviglio arruffato di problemi e cattivo gusto, ci proverei con te» asserì Draco, deliziato, poi insieme iniziarono a inerpicarsi per le scale in direzione della terrazza.
«Sì, me lo dici sempre» sbuffò Harry.
«Poi mi ricordo chi sei e mi caccio due dita in gola per averlo pensato».
«Mi dici sempre anche questo. Sul serio, sei ripetitivo, Malfoy».
«È solo un modo per farti capire che è ora di darti una sistemata ai capelli».
«Sì, sì».
«Non sei recettivo, Potter. Forza! Recepisci il mio messaggio».
Insieme sparirono dietro l'angolo delle scale, proprio quando l'ascensore si aprì con un sonoro ding. Il piccolo Leston, tutto sporco della sua tempera rossa da capo a piedi, se la diede a gambe in preda al terrore.
Da quel giorno non combinò più marachelle e non fece più pasticci. Per una settimana.

Certe dinamiche non sarebbero mai cambiate. Ma quella nuova, improbabile amicizia tra Potter e Malfoy era l'autentico miracolo della Palazzina Augurey.


 

Continua...

 
ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno miei cari e, anche se in ritardo, buon Natale!
Spero che, nel possibile, l'abbiate passato serenamente e in sicurezza.
Veniamo a questo capitolo un po' di passaggio, ma necessario per far capire qualcosa in più di come i nostri cinque inquilini si siano ritrovati lì. 
Recap temporale:
Maggio 1998: fine della Seconda Guerra Magica.
Dicembre 1998: Conseguimento del diploma.
Marzo1999: trasferimento dei Grifoni alla Palazzina Augurey
Settembre 1999: trasferimento delle Serpi alla Palazzina Augurey.
Novembre 2002: eventi attuali. 
Ovviamente poi approfondiremo il passato di questi tre anni di simil-convivenza, ma nel frattempo ci saranno nuove avventure bizzarre e fuori dal comune.
Dal prossimo capitolo entreremo nel vivo degli eventi, preparatevi :D
A presto e grazie davvero per tutto l'entusiasmo che mi avete manifestato. Grazie in particolar modo a Pally93, la beta-reader di questa storia <3
Eevaa
  
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