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Autore: NyxTNeko    27/12/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Nelle vicinanze di Tolone, 17 gennaio 1794

Dopo una settimana trascorsa a godersi il meritato riposo, Napoleone, assieme ai suoi aiutanti di campo, che ne avevano approfittato, considerando quel breve soggiorno a Marsiglia una veloce vacanza, si erano rimessi nuovamente in marcia per raggiungere l'Armée d'Italie e il quartier generale a Nizza.

Per i fratelli e la madre la decisione di ripartire subitamente non fu facile da accettare, soprattutto perché avrebbero dovuto provare nuovamente ansia nei confronti di Napoleone, il quale non aveva alcuna paura del suo destino. Specialmente adesso che aveva scelto il prossimo bersaglio da colpire, così come aveva realizzato a Tolone. Per la gloria e per placare la sua ambizione avrebbe compiuto questo ed altro. L'assedio gli aveva fatto comprendere che la carriera militare era davvero perfetta per lui, seppur fosse il primo della famiglia Buonaparte ad essere un ufficiale, a dimostrazione che era giunto il momento della svolta definitiva.

In Francia il futuro della sua stirpe sarebbe stato differente, forse la fuga dalla Corsica non fu un male, forse il destino aveva stabilito che quel legame non era indispensabile per il loro bene e la loro sopravvivenza. Sapeva che era un ragionamento terribile, cinico, crudele, ma la vita era così, era dura, e poneva gli uomini a compiere delle scelte, il più delle volte infelici e disumane. Il dolore lo aveva reso più maturo, anche più sensibile, gli aveva aperto gli occhi e gli aveva mostrato il mondo.

Fino a poco prima di giungere sul continente il suo universo era stata la sua isola. Il resto era lontano, fuori dalla sua realtà, e perciò lo aveva scalfito senza colpirlo. Si era illuso di poter essere protetto dalla sua terra per sempre, al pari del suo piccolo rifugio scolpito nella roccia, una modesta grotta, in cui fantasticava senza preoccupazioni, senza conseguenze. Ma non era stato così. Adesso il Fato lo stava conducendo verso strade apparentemente note, in fondo c'era già stato a Nizza. Ne sarebbe uscito diverso, era certo di questo.

Il giovane corso si ridestò un attimo dal flusso dei suoi pensieri, come se fosse stato colpito da un fulmine, guardandosi intorno. I suoi uomini erano accanto a lui, allo scopo di proteggerlo, avrebbero sacrificato persino le loro vite.

- È successo qualcosa? - si sbilanciò Junot accorgendosi della sua espressione leggermente confusa. Diede un colpetto al cavallo e gli si affiancò, osservando il profilo aquilino del comandante con apprensione. Lo stesso fecero tacitamente gli altri due.

Napoleone sorrise nel vederli tanto inquieti per lui. Pur sapendo che oramai ci tenevano alla sua persona, ogni volta si stupiva dell'affetto che provavano nei suoi confronti - La vostra devozione è ammirevole, ma anche stavolta non stavo facendo altro che pensare - riferì abbassando lievemente la testa. Il vento gelido gli scompigliava le lunghe ciocche e gli arrossava le guance scavate.

Quelli ridacchiarono di gusto, conoscendo bene il suo carattere particolare, dopodiché lo videro voltarsi nella direzione della collina, sfocata, che emergeva in lontananza. La riconobbe, avevano trascorso quasi tre mesi, lungo le sue pendici, aspettando che entrassero nuovamente in città. Tolone era stata liberata, ma non aveva ancora trovato il suo equilibrio, ci sarebbe voluto del tempo, sperando che ci fosse stato davvero. "I nemici ce lo concederanno? Ne dubito fortemente, credo proprio che dovremo fare in modo di prendercelo, anche con la forza se è necessario" rifletteva. Avvistò poi la torretta e la fortezza, da cui avevano ammirato il porto sgombro dai nemici.

Il cavallo scosse la testa e mosse le zampe, come se riconoscesse anch'esso quel posto, nitrì debolmente. Napoleone gli accarezzò la criniera bionda delicatamente, per calmarlo un po', era molto più giovane del precedente destriero che aveva cavalcato e che era morto sotto i piedi, non poteva dimenticare la sua triste fine. Il Destino lo stava realmente proteggendo? "E se la risposta è affermativa, perché? Cosa vuole da me?" si domandava spesso, senza avere una risposta. Sapeva di possedere grandi capacità e un'intelligenza fuori dal comune, però non riusciva a capire fin dove lo avrebbero portato, Quale percorso aveva tracciato questo Dio imperscrutabile ed eterno che regolava le vite di ogni individuo?

- Chissà come sarà occupata la vostra testa cappelluta, generale - ridacchiò Muiron, vedendolo talmente preso dai suoi stessi pensieri da non accorgersi della chioma fluente e spettinata che gli copriva il volto. Aveva inteso che più era taciturno, più il suo cervello era tenuto impegnato da qualcosa, cosa non lo poteva prevedere. Nessuno riusciva a scavare a fondo nello sguardo di quel giovane uomo. Era semmai il contrario, riusciva a comprendere l'essenza dell'individuo che aveva di fronte, alla prima occhiata.

I suoi colleghi scoppiarono a ridere bonariamente, quella risata risuonò nelle orecchie di Buonaparte e gli risvegliò brutti ricordi, le prese in giro, gli scherzi. L'ombra scese sullo scarno viso, mostrando una permalosità che stonava con il momento gioviale, burlesco. I tre se ne accorsero e si guardarono con aria interrogativa, facendo spallucce - Non...volevamo offendervi... generale - disse Marmont, poggiando la mano sul petto, a nome di tutti - Volevamo rallegrare l'atmosfera...

- Scusatemi... - effuse Napoleone rendendosi conto di aver travisato il senso di quella allegria. L'ombra era sparita e al suo posto era tornata a brillare quella luce intensa nelle sue iridi grigie. Allargò le labbra in un lieve sorriso e li guardò, alcuni ciuffi scomposti sulla fronte gli davano un'aria buffa e disordinata - Forse dovrei imparare a pensare meno - rise, allungò le braccia verso i suoi colleghi per tirare loro i lobi. Ciò stava a dimostrare che era di buon umore. Chissà se ci sarebbe riuscito davvero a diminuire il flusso della sua costante riflessione, gli pareva impossibile sentire il silenzio risuonare nella sua mente, sempre chiassosa e impetuosa. "Anche Giuseppe mi aveva detto una cosa simile, qualche giorno fa".

Marsiglia, 7 gennaio

Attenendosi alla datazione del calendario gregoriano, i fratelli e la madre Letizia, la quale ci teneva particolarmente a queste ricorrenze, avevano organizzato una festicciola intima per il compleanno del capofamiglia, che aveva compiuto, quel giorno, ventisei anni - Adesso posso chiamarvi vecchio mio, Giuseppe - ridacchiò Luciano, mentre sorseggiava, impeccabile nel suo abito stretto e scuro dall'ottima foggia, dello champagne che era riuscito a recuperare grazie alle sue amicizie giacobine.

- Non hai ancora imparato a tenere a freno la lingua eh? - rispose Giuseppe, con un sorrisetto sornione, anch'egli agghindato di tutto punto, ci teneva a fare una bella figura, essendo il festeggiato - Potresti avere dei guai, se non ti controlli!

- Vi prego - fece ancora Luciano dandosi un colpetto sul viso - Non fatemi la predica almeno oggi, era per ridere, e poi dite a Nabulio di essere meno permaloso - stava afferrando l'altro bicchiere, tra le risate generali degli aiutanti di campo del fratello, già ambientati nel clima di festa. Ci voleva proprio per mettere da parte gli orrori della guerra, della rivoluzione.

La madre lo bloccò, occhieggiandolo severamente - Basta bere per oggi, mi sembri già ubriaco - sospirò lungamente la donna, che neanche in quell'occasione si lasciava andare, manteneva integra la sua dignità di donna sposata e vedova - Tale e quale alla buon'anima di tuo padre!

A Napoleone, seduto su una poltroncina in un angolo, giocherellando con il bicchiere mezzo pieno di champagne, scappò un sorrisino divertito. Come al solito la madre non aveva esitato nel rimproverare uno dei suoi figli, perfino in presenza di estranei. "Chissà che idea si saranno fatti i miei compagni di noi" puntò gli occhi sui colleghi che assistevano, con ilarità, il povero Luciano, chinantosi in prossimità della donna, mentre riceveva scaloppine sulla testa, soffocando a stento le risate.

- Disgraziato, ridi pure, a tua madre - lo rimproverava Letizia, continuava a schiaffeggiarlo sulla schiena - Tu e Nabulio mi farete morire di crepacuore, screanzati!

- Ed io cosa c'entro ora? - s'intromise Napoleone con un tono fintamente offeso - Non ho fatto nulla di male adesso! - ripresero a ridere di gusto, a questi si unì il giovane stesso, il quale era rimasto fino a quel momento per fatti suoi, riservandosi il diritto di fare gli auguri al fratello maggiore. Com'era suo solito aveva assistito agli spettacoli e alle feste senza parteciparvi, perché non amava eccessivamente il caos e la confusione. Gradiva i luoghi appartati e solitari, in cui poteva leggere e immaginare mondi fantastici ed epoche lontane.

Tuttavia non poteva, né voleva sottrarsi al compleanno di Giuseppe, era da parecchio che non trascorreva del tempo in tranquillità. Amava il fratello, con lui aveva trascorso tanti anni sull'isola, avendo poi pochi anni di differenza era normale che vi fosse più affezionato rispetto agli altri, non che ci fosse una vera e propria preferenza. L'intera famiglia era il fulcro della sua vita.

Letizia sospirò nuovamente, si avvicinò a Napoleone e gli tirò le orecchie - Stammi bene a sentire, Nabulio - iniziò la donna, adocchiò il secondo figlio severamente - Sono stata mesi interi in ansia, con il terrore di perdere anche te, dopo Carlo!

- Mi fate male madre - si lamentò dolorante, constatando quanto sua madre fosse il vero capo, una donna con la testa d'uomo. Aveva tenuto a bada il padre, quando era in vita - Cercherò di non farvi stare più in agitazione - aggiunse poi Napoleone, augurandosi che alla fine sarebbe accaduto.

La donna, udendo il tono di voce serio e fermo, comprese che la sua intenzione era vera, sincera - Lo spero, Nabulio - e lasciò la presa. Il giovane si massaggiò l'orecchio infiammato, nascondendolo tra i capelli lunghi e lisci. I suoi compagni celavano l'ilarità con le mani. Sulle sue labbra si formò, per qualche istante, un ghigno carico d'ira, a dimostrazione che, nonostante i progressi e la carica, la madre mostrava ancora quell'atteggiamento oppressivo, che mal digeriva sin da bambino.

Era suo dovere trattenersi, aveva già suscitato le risa dei suoi compagni, involontariamente e non aveva intenzione di continuare a mostrarsi come un maschio succube di una femmina, anche se era sua madre. Il suo orgoglio di uomo non poteva essere calpestato in quel modo tanto brutale. Fece un profondo respiro e ritrovò la calma, doveva imparare a controllarsi, a non cedere alla rabbia - Anche se la vita militare non è affatto facile - completò Napoleone, dopo averci riflettuto - Ma ci proverò - inoltre non aveva idea di cosa gli avesse riservato il destino.

La famiglia aveva comunque bisogno di sicurezza, di stabilità, seppur si fossero comunque integrati all'ambiente francese, ad eccezione della madre, che continuava a ribadire il suo sangue corso e si rifiutava di apprendere la lingua. Una donna estremamente orgogliosa "Come me" rifletté infine. Napoleone rivolse l'attenzione al fratello maggiore, un proposito si era generato da quella constatazione e a grandi passi avanzò.

Giuseppe, dall'intensità dello sguardo, capì che  secondogenito voleva dirgli qualcosa, discutere con lui. Camminò velocemente fino a quando lo vide fermarsi di fronte a lui, silenzioso, ma daglu occhi eloquenti, ingoiò la saliva, si fece forza nell'affrontarlo, mentre l'immagine di Napoleone bambino si sovrapponeva a quella del giovane uomo apparso al suo cospetto. Gli anni erano passati, suo fratello, al contrario, non era cambiato, era rimasto il solito e caparbio corso.

- Giuseppe - esordì Napoleone alzando la testa, i suoi lineamenti delicati celavano la durezza di quell'anima - Non pensi che sia arrivato il momento di mettere su famiglia? - domandò schiettamente. All'udire ciò tutti i presenti si fermarono e puntarono l'attenzione su loro due, incuriositi.

Il maggiore lo guardò interrogativo, sbatté le ciglia, le mani tremarono improvvisamente, Giuseppe fu colto da una paura viscerale che gli fece salire il cuore in gola - Co...come? Mettere... su famiglia? Ho solo ventisei anni... - si grattò il collo, imbarazzato.

- Non cercare di nasconderti dietro scuse assurde e infondate, Giuseppe! - replicò Napoleone aggrottando le sopracciglia, la voce era fredda e solenne - Nostro padre ne aveva diciannove quando ha ingravidato nostra madre per la prima volta, che ne aveva appena quattordici! - gli sussurrò infine.

Giuseppe aveva sperato che il fratello minore non toccasse quel tasto dolente, non tanto perché non volesse una moglie e dei figli, quanto per la ragione di non essere ancora pronto nell'assumersi una simile responsabilità. Erano approdati da poco in una terra straniera e si dovevano ambientare completamente. Luciano, che non si aspettava tale discorso, impallidì leggermente, senza tuttavia far trapelare l'agitazione. Non aveva rivelato a nessuno che stava frequentando la giovane figlia di un locandiere di ventidue anni.

- Hai ragione...ma perché...vuoi che sia io a farlo? - chiese Giuseppe ancora scosso, lo fissava spaesato, si era accomodato per non perdere l'equilibrio - Potresti pensarci tu, no?

- Sai che il mio mestiere è pericoloso, fratello - allacciò le mani dietro la schiena, appoggiandosi al muretto vicino alla poltroncina su cui si era seduto il fratello. Pronunciò quelle parole lentamente, quasi fosse una sofferenza immane proferirle - Per cui anche se dovessi trovarmi una moglie, la discendenza non è garantita...mentre tu, che sei il capofamiglia e inizi a frequentare la città di Marsiglia assiduamente, puoi, con molta più facilità di me, allacciare ottimi rapporti con le famiglie facoltose o anche ricche di Marsiglia

Giuseppe spalancò gli occhi, era incredibile come suo fratello riuscisse a sapere ogni cosa, nonostante la distanza. Era un vero capofamiglia, meritava di guidarli più di chiunque altro. Non gli restò che annuire ed obbedire - Hai ragione Nabulio - confermò Giuseppe sorridendo, era incorreggibile - In quanto primogenito è mio dovere portare avanti il cognome, farò quello che potrò e ti terrò aggiornato

Napoleone camminava attorno a lui - Bravo Giuseppe, vedo che hai anticipato il mio discorso - ricambiò, posò le mani sull, stringendole - Mi conosci bene

17 gennaio

- Stavo pensando al discorso sulla discendenza fatta con mio fratello - riferì ai suoi aiutanti di campo, che volevano sapere su cosa si era concentrata la sua mente - Lo avete sentito anche voi, quindi non potrei nasconderlo

- Avete fatto bene, generale - riferì spavaldo Junot, porgendogli la mano aperta - Per noi uomini d'armi è difficile restare con una sola donna, con tutte quelle che passano davanti e dentro le tende - insinuò malizioso. I restanti non riuscivano a trattenersi, Napoleone lacrimava addirittura, pur non volendo intendere questo. Era giusto rivolgere l'attenzione su qualcosa che non fosse solo ed esclusivamente la morte.

- Il generale intendeva che noi uomini di guerra, dai soldati agli ufficiali rischiamo la vita e non si ha spesso il tempo per avere e crescere la prole! - precisò Marmont, con l'indice puntava il collega che aveva parlato prima di lui.

- Lo avevo capito, amico, era solo per ridere, in un periodo come questo è l'unica cosa che ci è rimasta! - ringhiò Junot aggiustandosi il cappello. Sbuffò nervoso.

- Avanti su! - gridò imperioso Muiron, ridestandoli, non era il momento di litigare come bambini - O non arriveremo mai a Nizza di questo passo

- Hai ragione - confermò Napoleone e ripresero il cammino accelerando il galoppo, pronti ad affrontare il destino e la storia.

 

   
 
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