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Autore: Roxanne Potter    28/12/2020    4 recensioni
[Questa storia partecipa al contest puzzle indetto da Anatra.Valeria sul forum di EFP]
[Wolfstar]
Remus Lupin ha paura di non riuscire a piangere davvero perché una parte di lui - o forse la sua stessa essenza - non è veramente umana.
È un pensiero che ha rivelato a voce alta solo a Sirius, ricevendo in risposta uno sguardo contrariato e un brusco; -Smettila con queste cazzate, Rem. Non permetterti mai più di dire una cosa del genere. Tu sei umano quanto tutti noi, forse più di tutti noi.
Quelle parole, per Remus, valgono quanto un ti amo.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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A dodici anni, Remus Lupin si guarda allo specchio e si sente sporco, indegno di definirsi umano. Le cicatrici ancora fresche sul suo pallido viso e sulle sue braccia esili sono il marchio di un'innocenza rubata, di un morbo onnipresente e del disgusto che prova verso se stesso.
Eppure i suoi occhi rimangono sempre asciutti, spogli di lacrime. La vita ha costretto Remus a crescere troppo in fretta, convincendolo che piangere significherebbe ammettere di essere deboli – lui si vede già come un giovane uomo che non può abbandonarsi a tali fragilità – e ammettere di esseri umani – lui umano non si sente affatto, non con quel mostro che si annida al di sotto della sua carne e che non merita neanche la consolazione del pianto.


A diciannove anni, di tanto in tanto Remus piange; dopotutto non c'è molto da fare quando la guerra continua a mietere vittime, quando ogni giorno porta con sé il nome di un membro dell'Ordine della Fenice scomparso o caduto in battaglia.
Eppure non si abbandona mai a un vero e proprio pianto; si limita a lasciarsi scivolare le lacrime sulle guance per qualche secondo prima di sfregarsi le nocche sulle palpebre e ingoiare il dolore, quel dolore silenzioso e messo a tacere che gli brucia le ossa come una febbre per la quale non esiste cura.
A volte, Remus non può fare a meno di chiedersi cosa proverebbe ad esplodere e riversare fuori tutti i suoi mali attraverso le urla e i singhiozzi, come faceva da piccolo quando si risvegliava da un incubo.

Forse non riesco a piangere davvero perché non sono davvero umano.
È un pensiero che ha rivelato a voce alta solo a Sirius, ricevendo in risposta uno sguardo contrariato e un brusco; -Smettila con queste cazzate, Rem. Non permetterti mai più di dire una cosa del genere. Tu sei umano quanto tutti noi, forse più di tutti noi.
Quelle parole, per Remus, valgono quanto un ti amo.
Il suo modo di ringraziare Sirius è afferrarlo per la vita e tirarlo a sé, fino a ricadere entrambi sul letto dalle coperte sfatte e annegare in un bacio famelico in cui le loro labbra tremano all'unisono.
Quando Remus affonda il viso nell'incavo del collo di Sirius, il profumo della sua pelle gli fa perdere la testa. Più che innamorato, si definirebbe assuefatto da lui; assuefatto dal modo in cui le dita del ragazzo danzano sul suo corpo, da quei capelli d'onice in cui ama affondare le mani, da quei lineamenti arroganti e quegli occhi languidi che sembrano divorarlo solo con lo sguardo.
In quelle notti che sono tutte loro, notti in cui ringraziano di essere ancora vivi e di potersi ancora stringere l'uno all'altro, Remus e Sirius si abbandonano al loro istinto animale e al bisogno di lacerarsi, mordersi, graffiarsi la schiena a sangue, urlare – urlano senza ritegno persino quando passano la notte insieme al Quartier Generale dell'Ordine della Fenice, al punto che James li prende spesso in giro durante la colazione – Vedete, se mettete insieme due bestie in calore come questi due il risultato non può che essere un'accoppiata esplosiva! – facendo ridere Lily, Sirius e Peter e facendo arrossire Remus.

Eppure, nel momento in cui il fuoco liquido dell'orgasmo si dilegua lasciandoli sudati e affannati tra le coperte, la passione si spegne come braci morenti al suolo e Remus sente l'istinto animale lasciare spazio alla tenerezza che gli strazia lo stomaco.
Ama osservare Sirius che dorme disteso accanto a lui, con il viso illuminato dalla luce di una lampada o dai raggi del sole di mezzogiorno che filtrano attraverso le persiane. Ama poggiare un bacio tra i suoi capelli scarmigliati, ama sfiorare lentamente i suoi zigomi e le sue tempie cercando di imprimere in quel tocco tutti i sentimenti che strepitano dentro di lui e che è così difficile far trapelare attraverso le parole.
Ama il modo in cui il braccio di Sirius si stringe intorno alla sua vita mentre dormono insieme. Ama quei baci roventi che gli ricoprono il collo e che sembrano letteralmente bruciargli la pelle nella loro intensità, come un incendio che devasta tutto ciò che trova sul suo cammino, come un terremoto che lo sconquassa fino alle viscere e lo ingloba nell'estasi tanto decantata dai poeti; l'estasi dell'amore, il miracolo della pelle contro la pelle.

Quando Sirius è al suo fianco, Remus sente di poter dimenticare l'odio verso se stesso e la diversità che ha creduto potesse condannarlo a un'esistenza di solitudine.
Quando Sirius è al suo fianco, Remus sente di potersi definire almeno in parte umano.

A ventuno anni, Remus ha occhi vestiti di anedonia che fissano assenti il ritaglio di una pagina di giornale. La sua mente annebbiata fa fatica ad afferrare il significato di quelle parole, a ricostruirne il senso logico – dodici Babbani morti nell'esplosione... Peter Minus... solo un dito... Black... Azkaban...
Con gesti lenti e meccanici, Remus attraversa la stanza, poggia il giornale sulla scrivania, rimesta le braci del fuoco scoppiettante nel camino con un attizzatoio, poi va a sedersi sul bordo del letto e rimane lì con lo sguardo perso nel vuoto.
Passa qualche minuto prima che la sua mente inizi pian piano a risvegliarsi; prima arrivano lievi punte di spillo, poi lame roventi che gli squarciano la nuca e lo costringono a piegarsi in avanti, i pugni chiusi e gli occhi serrati, il viso contorto dal dolore.
James.
James è andato, perduto per sempre. Perduta la vena canzonatoria della sua voce, perduti gli occhiali squadrati che gli scivolavano sul naso, perdute le lacrime silenziose che gli hanno bagnato il viso quando è nato Harry.
James, che quando ha scoperto della sua natura di lupo mannaro lo ha abbracciato in un impeto di affetto fraterno – l'affetto di cui Remus, fino a quel momento, non si era mai accorto di aver bisogno.

Lily.
La sua risata cristallina non esiste più – non esisterà mai più. Persi i suoi occhi di smeraldo, perite le braci dei suoi capelli.
Lily, che elargiva sorrisi gentili a tutti e che poco prima dei M.A.G.O. si era offerta di dare ripetizioni a un Peter in piena crisi di nervi.
Peter... Peter, le cui gote andavano a fuoco quando un professore gli faceva un complimento e i cui occhi azzurri brillavano quando James, Sirius o Remus gli scompigliavano affettuosamente i capelli.
Peter, così puro, così apparentemente fragile. Peter, che si è dimostrato più coraggioso di tutti loro.

Peter, il cui unico peccato è stata l'innocenza.
Se ne sono andati, se ne sono tutti andati. Tutte le persone che hanno infuso colore alle sue giornate e reso la sua vita degna di essere vissuta, tutte le persone senza le quali forse Remus sarebbe arrivato a contemplare l'ipotesi di affondarsi una lama nella carne e morire con il sangue coagulato sulle braccia.
Spariti come cenere al vento, come se non fossero mai esistiti. Di loro rimarranno solo i ricordi – ma cosa te ne fai dei ricordi quando tutto ciò di cui hai bisogno è che le persone che hai amato continuino ad essere carne, ossa e sangue, suono di passi che si avvicinano, voce e profumo che riempiono la stanza?

Sirius.
Come conciliare il ricordo di quel giovane brusco, impetuoso ma dall'animo nobile con l'immagine del pazzo che ha venduto James e Lily a Voldemort e ha ridotto a pezzi Peter?
Per un po' Remus fatica a razionalizzare quell'atroce verità. La sua mente vacilla, inciampa su sentieri infidi, s'impiglia tra rovi spinosi, come se sangue nero defluisse dalle sue sinapsi riempiendogli le orecchie d'un rombo cupo.
Quando viene trafitto dalla consapevolezza di aver amato un assassino, la bile gli contorce lo stomaco e gli risale su per la gola. Non ricorda di essersi mai sentito così empio in vita sua, come se la vera anima da diavolo di Sirius Black – un'anima sporca come il suo nome, come le mani da traditore alle quali Remus si è affidato senza remori – avesse annerito e marcito la sua stessa epidermide.
Forse ho amato un mostro perché io stesso sono un mostro. Forse le nostre anime si sono in qualche modo riconosciute. Forse...
Nonostante la stanza sia riscaldata del fuoco, Remus inizia a tremare violentemente. Tremano la sua gola, tremano le sue gambe, tremano le sue mani che torturano i lembi del corpiletto. Tremano i suoi lombi, tremano le sue ciglia, tremano le sue pupille – e finalmente Remus scoppia a piangere.
Un pianto vero, catartico, in cui Remus si lascia cadere in ginocchio con la vista annebbiata dalle lacrime e le spalle scosse da singhiozzi convulsi, intervellati da brevi urla intrise del dolore di chi ha perso tutto, di chi è morto senza morire.
Piange, Remus, piange senza vergognarsi di non essere abbastanza uomo. Ed è allora che capisce; a renderlo umano non è l'amore che ha creduto di aver condiviso con Sirius, ma il dolore unito al senso di colpa per essersi fidato della persona sbagliata – perché un vero mostro non può provare un tale dolore e un tale senso di colpa.
Quando le lacrime si seccheranno i suoi occhi torneranno a rivestirsi di anedonia – ma ora la sua gola brucia, le sue labbra sono invase da un sapore salato, le sue unghie spezzate lacerano il pavimento e Remus non si è mai sentito più umano e più degno della consolazione del pianto.


*

NdA
Pacchetti del contest

1 PERSONAGGIO = Remus Lupin
2 AVVERTIMENTI/SOTTOGENERI = Romantico
3 PROMPT = Pianto

All'inizio pensavo di scrivere una storia più breve, dai toni sempre tristi ma un po' più leggeri, invece mi è uscita questa roba. Credo di esserci andata pesante con l'Angst. (Ultimamente ne sto facendo incetta, dovrei distaccarmene e darmi al genere Fluff)
Mi sono divertita parecchio a scriverla, anche perché non avevo mai trattato il tema della solitudine di Remus dopo la morte di Lily e James e il presunto tradimento di Sirius.
Piccola precisazione; mi sono concessa la licenza di mettere insieme Remus, Sirius e gli altri personaggi in questo quartier generale, da me immaginato come una casa dove le persone, per questioni legate alle missioni e alle riunioni dell'Ordine della Fenice, potevano fermarsi a dormire per qualche notte. (Insomma, un po' come Grimmuald Place)
Spero che abbiate apprezzato la storia, ringrazio chiunque lascerà una recensione :)
   
 
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