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Autore: Baudelaire    28/12/2020    4 recensioni
Questa storia è liberamente ispirata alla saga di Harry Potter, ma al femminile.
Ho voluto cimentarmi, a modo mio, su questo tema.
Rebecca Bonner è una Strega Bianca e la sua vita sta per cambiare per sempre...
La stella di Amtara diCristina è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angela Garrett


Capitolo 9
“ANGELA”
 
“Ehm … Rebecca, lo stai rovesciando dappertutto.” Barbara fissò la macchia scura che si stava allargando sulla tovaglia.
Rebecca, resasi conto del disastro, imprecò. Si stava versando il tè, soprappensiero e, inavvertitamente, lo aveva fatto fuoriuscire dalla tazza. Afferrò un tovagliolo di carta e cominciò a tamponare la tovaglia.
“Si può sapere che ti succede?” – domandò Brenda, esasperata. Il suo panino imburrato era diventato una poltiglia appiccicosa.
“Scusa.” – mormorò Rebecca.
“E’ dal giorno della Premonizione che sei strana.”
“Chissà come mai.” – commentò Barbara.
Rebecca sospirò, depressa.
Era la verità. Da quel giorno non aveva più avuto un attimo di pace. Tutto quello che fino al giorno prima era importante, di colpo aveva perso ogni interesse per lei. Non le importava più un accidenti dei topi della Rudolf, di imparare le Lingue Demoniache, delle noiose lezioni di Cogitus. La sua mente tornava continuamente alle immagini della Premonizione che Brenda era stata costretta, suo malgrado, a descriverle fin nei minimi dettagli. Rebecca aveva sperato di captare qualche segnale, qualunque cosa che avrebbe potuto aiutarla a fare luce su quello che sarebbe successo. Ma Brenda non era stata in grado di aiutarla più di tanto. Il ricordo della Premonizione, con il passare dei giorni, diventava via via sempre più sbiadito e alla fine Rebecca dovette arrendersi all’evidenza: non ne avrebbe cavato un ragno dal buco.
“Te l’abbiamo già detto, non serve a niente torturarsi in questo modo.” – disse Barbara ragionevole. “Tanto non c’è niente che tu possa fare.”
“E’ proprio per questo che mi preoccupo.”
“Non riesco a seguire il tuo ragionamento.” – rispose Barbara con gli occhi ridotti a due fessure. “Illuminami.”
Rebecca sospirò. “Sono terrorizzata che possa accadere qualcosa a qualcuna di noi. E se Posimaar in persona decidesse di attaccare Amtara?”
Brenda corrugò la fronte. “Non ti sembra di galoppare un po’ troppo con la fantasia?”
“Con il Demone Supremo potrebbe accadere qualunque cosa.”
“Sì, ma non possiamo smettere di vivere per questo, ti pare? Sono giorni che a malapena tocchi cibo e stai trascurando un po’ troppo lo studio.”
“Quello mi pare il minore dei mali….” – mormorò Barbara, che tacque subito di fronte all’occhiataccia della sorella.
“Non riesco a smettere di pensarci.” – disse Rebecca in tono tetro.
“Lo so. Ma non hai considerato per un momento che magari accadrà tutto in modo molto più semplice di quanto ti aspetti?”
Rebecca inarcò un sopracciglio. “Cosa intendi?”
“Voglio dire che, probabilmente, quando accadrà, qualunque cosa sia, tu sarai pronta per affrontarla. Anche se adesso hai paura, e anche se probabilmente ne avrai anche in quel momento, riuscirai a fare quello che devi e tutto andrà per il meglio.”
Rebecca non rispose. Apprezzava infinitamente il tentativo di Brenda di farla sentire meglio, anche se dubitava che le cose sarebbero andate proprio così.
Ma l’amica aveva ragione. Non poteva continuare a torturarsi in quel modo.
“Vedrai che la festa di Halloween ti aiuterà a distrarti.” – disse Barbara.
“Tu dici? Non ho mai partecipato ad una festa di Halloween. Sarà divertente?”
“Se le fate non verranno a rompere i cocomeri, sicuramente sì.”
“Potresti moderare il linguaggio, per cortesia?” – disse Brenda acida.
Era stata la Collins in persona a dare l’annuncio a tutta la scuola.
Rebecca aveva scoperto che, da vive, le fate avevano sempre celebrato Halloween con un grande banchetto. Ma da quando il loro castello era diventata la scuola che ospitava le Prescelte, inspiegabilmente, le padrone di casa avevano vietato qualunque celebrazione.
“E perché mai?” – aveva chiesto Rebecca alle gemelle.
Barbara si era stretta nelle spalle. “Secondo me perché non possono più rimpinzarsi come suini.”
Rebecca era scoppiata a ridere, ma era subito tornata seria vedendo l’espressione di Barbara.
“Stai scherzando, vero?”
“Quelle cretine sono invidiose di qualunque cosa. Non possono più mangiare nulla, quindi invidiano gli umani che possono mangiare. Non sono più padrone a casa loro, quindi detestano le Prescelte. Il loro cervello funziona così.”
“Ma è ridicolo.”
“E’ roba da fate.”
La preside aveva dovuto impiegare tutte le sue armi di persuasione con le fate per raggiungere un accordo: avrebbero permesso la celebrazione della festa di Halloween a condizione che la stessa si fosse svolta nei sotterranei, in modo tale da non disturbare il loro riposo.
Rebecca trovava la cosa semplicemente ridicola, considerato il fatto che i fantasmi non dormivano mai. Ma, dopotutto, aveva spiegato la Collins, i sotterranei erano il luogo perfetto per quel tipo di festa.
“Per fortuna la festa di Natale la faranno in Sala da Pranzo.” – commentò Barbara con aria sognante. “Un banchetto luculliano tutto per noi, prima di partire.”
A quelle parole Rebecca ebbe un sussulto. A dire la verità non aveva ancora pensato alle vacanze di Natale, sia perché mancavano ancora due mesi, sia perché aveva avuto altro a cui pensare negli ultimi tempi.
Sarebbe tornata a Villa Bunkie Beach, da sola. Non era un pensiero molto confortante, ma l’alternativa era restare ad Amtara e non aveva alcuna intenzione di ritrovarsi a condividere il pranzo di Natale con la Rudolf…
“Mi raccomando, prepara le valigie un po’ in anticipo, così non dimenticherai niente.” – disse Barbara in tono pratico.
Rebecca la fissò con aria stralunata. “Come dici?”
“Per la partenza. Verrai a stare da noi, ovviamente.”
“Io…. Cosa?”
“Mica vorrai stare a scuola?”
“No… io…”
“E non puoi certo tornare a casa tua a passare il Natale da sola.”
“Ma…. Quando lo avete deciso?”
Le gemelle si scambiarono un’occhiata.
Fu Brenda a parlare. “Ne abbiamo parlato con mamma e papà. Pensavamo ti avrebbe fatto piacere. Naturalmente loro sono felicissimi di ospitarti.”
“Mamma non vede l’ora di conoscerti!” – aggiunse Barbara raggiante.
Rebecca era confusa. Perché non gliene avevano parlato?
Le ragazze dovettero accorgersi del suo disagio, perché l’entusiasmo sui loro volti svanì.
“Non sei contenta?” – fece Barbara delusa.
“No no! Niente affatto! E’ solo che… non ne sapevo niente.”
“Lo so, hai ragione, scusa ma…. Il fatto è che ci sembrava la cosa più naturale del mondo. Voglio dire, non era nemmeno da discutere, no? Uno non può mica passare il Natale da solo.”
“Avevi altri programmi?” – fece Brenda. “Perché se è così noi possiamo…”
“No, nessun programma.” – la interruppe Rebecca. “A dire la verità non ci avevo ancora pensato. Mancano più di due mesi.”
“E’ vero” – disse Barbara “ma abbiamo raccontato di te a mamma e papà e anche a loro è sembrato naturale ospitarti da noi. E poi ci divertiremo un sacco e non vedo l’ora di farti vedere casa nostra!”
L’entusiasmo di Barbara era alle stelle e Rebecca sorrise.
Non era una cattiva idea, dopotutto. Barbara aveva ragione, che razza di Natale avrebbe passato da sola a Villa Bunkie Beach? Si sentì profondamente grata di aver trovato due persone come loro. Era come avere di nuovo una famiglia.
“Siete sicure che non sarà un disturbo per i vostri genitori?”
“Ma quale disturbo!” – fece Barbara dandole una pacca sul braccio.
“Beh, allora…. D’accordo!”
 
Quando la professoressa Rudolf giudicò che tutte le allieve avevano ormai imparato a padroneggiare dignitosamente la Contromaledizione della Follia, passò all’argomento successivo: La Maledizione Accecante.
La formula era “Conflagro Oculus”. Quando l’insegnante la utilizzò per la prima volta davanti a loro, tutte sussultarono inorridite. Rebecca vide addirittura Angela alzarsi in piedi e fare un balzo all’indietro.
Gli occhi del topo presero immediatamente fuoco.
“Aquatio Oculus!” – gridò la Rudolf.
Un potente getto d’acqua si riversò dagli occhi dell’animale. Il fuoco si estinse subito, lasciando nell’aria un lieve odore di bruciato.
Rebecca osservava impietrita il rivolo d’acqua che gocciolava dalla cattedra. Il topo era tutto bagnato ma, come sempre, non sembrava avere minimamente risentito degli effetti della Maledizione.
“Dovete sempre ricordare che la tempestività è fondamentale.” – disse la Rudolf, riponendo il topo nella gabbia. “E’ l’unica cosa che vi salverà la vita.”
Cominciarono le esercitazioni.
La prima fu Debora Lamington che se la cavò alla grande. Veloce come un fulmine, scagliò la Contromaledizione non appena vide il fuoco e due rivoli d’acqua presero a zampillare dagli occhi dell’animale. Rebecca non potè fare a meno di notare che non erano minimamente paragonabili alla cascata d’acqua della Rudolf, tuttavia il risultato fu lo stesso. Il topo reagì come se nulla fosse accaduto.
“Ottimo lavoro Lamington!” – cinguettò l’insegnante.
Poi fu la volta di Angela.
Rebecca aveva notato che negli ultimi tempi la ragazza era sempre molto nervosa durante le lezioni della Rudolf. Era stata l’unica a non aver raggiunto la sufficienza nella relazione sulla Maledizione della Follia e aveva impiegato più tempo del dovuto ad imparare la Contromaledizione. La Rudolf, senza alcun tatto, l’aveva redarguita davanti a tutta la classe.
“Hai intenzione di imparare la formula, Garrett, o dovrò darti ripetizioni private?”
Angela era arrossita di fronte alla risatine glaciali delle compagne.
Rebecca avrebbe tanto voluto tirare un pugno alla Rudolf. Come riusciva ad essere tanto detestabile?
Rebecca non fu affatto sorpresa di vederla tremare dinanzi alla cattedra, quando la Rudolf la chiamò. Non avrebbe retto ad un’altra umiliazione e a quel punto Rebecca dubitava che la ragazza avrebbe azzeccato la formula al primo colpo. Come avrebbe reagito stavolta? Se la Rudolf l’avesse canzonata nuovamente di fronte a tutte, dubitava che Angela avrebbe retto il colpo stavolta.
Pregò mentalmente che tutto andasse bene.
La Rudolf scagliò la Maledizione ma questa volta Angela non si fece trovare impreparata.
Aquatio Oculus!” – gridò.
Rebecca fu certa che stavolta la ragazza avesse fatto centro al primo colpo. La formula era esatta.
Ma qualcosa andò storto e Rebecca ne ebbe la certezza nel momento esatto in cui un’inondazione in piena regola scaturì dagli occhi dell’animale, riversando potenti getti d’acqua ovunque. Nel giro di pochi istanti, tutta l’aula era allagata.
Tutte urlarono, in preda al panico. Alcune salirono in piedi sulle sedie, per non essere investite dall’acqua. Altre, coi vestiti già zuppi, corsero in fondo all’aula, sperando di riuscire ad aprire la porta per correre fuori.
Inorridita, Rebecca capì che se non fossero subito uscite di lì, presto il livello dell’acqua avrebbe raggiunto un livello allarmante. Sarebbe stato davvero ridicolo morire affogate per colpa di Angela Garrett….
“La porta è bloccata, non si apre!” – gridò Jennifer Watson.
Rebecca si voltò e vide che stava cercando di aprirla, aiutata dal alcune compagne. Evidentemente la pressione dell’acqua era troppo forte.
Corse ad aiutarle, ma era tutto inutile. La maniglia era bloccata.
L’acqua le arrivava ormai alla vita.
Rebecca si guardò intorno, alla disperata ricerca di qualcosa che potesse aiutarla a sbloccare la porta, quando qualcuno la spinse via bruscamente.
“SPOSTATEVI TUTTE QUANTE!”
Era la Rudolf.
Aperio!” – urlò.
Rebecca trattenne il fiato, sicura che la porta si sarebbe aperta.
Ma non accadde nulla.
Aperio!” – gridò di nuovo la Rudolf.
La porta non si apriva.
“Dannazione!” – imprecò l’insegnante.
L’acqua salì ancora e Rebecca udì un gemito strozzato.
Era Barbara, che si ritrovò sollevata dall’acqua e ora annaspava a fatica cercando di tenersi a galla.
Presto tutte furono costrette ad imitarla.
Ancora pochi minuti e sarebbero state perdute.
Rebecca si teneva a galla, accanto a Brenda e Barbara. Poco distante, Angela faceva lo stesso, una maschera di puro terrore.
Poi vide la Rudolf nuotare verso la porta.
“Imbibo!” La sentì gridare.
Rebecca pregò che la porta si aprisse, o sarebbe stata la fine. La Rudolf era un’insegnante, avrebbe sicuramente trovato un Incantesimo che avrebbe funzionato, prima che morissero tutte annegate!
La porta rimase chiusa ma Rebecca avvertì che il livello dell’acqua, lentamente, cominciava ad abbassarsi. Infatti, di lì a poco, i suoi piedi toccarono di nuovo terra, fino a che l’acqua non scomparve del tutto.
Non aveva idea di quale Incantesimo si fosse servita la Rudolf, ma in quel momento avrebbe voluto correre ad abbracciarla.
Erano salve.
Stremate, molte Streghe si accasciarono a terra, tossendo e cercando di riprendere fiato.
Alcune piangevano.
“State bene?” – chiese alle gemelle.
“Sì.” – rispose Barbara.
“Siamo vive.” – rispose Brenda. “Grazie all’Incantesimo Assorbente della Rudolf.” Si girò a guardare l’insegnante, che girava per l’aula per controllare che tutte stessero bene.
“Conosci quell’Incantesimo?” – le chiese Rebecca.
“Devo averlo letto in qualche libro.”
“Credevo avesse cercato di nuovo di aprire la porta.” – disse Rebecca.
“Qualcosa non ha funzionato con quell’Incantesimo. Non so perché.” – rispose Brenda.
Rebecca sospirò. “Per fortuna l’altro sì.”
“Cosa credete che accadrà ad Angela?” – chiese Barbara, indicando la compagna che ora sedeva in un angolo, profondamente depressa. “Secondo me in questo momento non desidera altro che il pavimento si spalanchi sotto di lei per inghiottirla in un solo boccone. Qualunque cosa, piuttosto che dover affrontare l’ira funesta della Rudolf.”
Rebecca lanciò un’occhiata ad Angela, provando un moto di pena per lei. Poteva immaginare come dovesse sentirsi. Stavolta l’aveva fatta davvero grossa.
Barbara aveva ragione, qualunque cosa sarebbe stato meglio che dover affrontare la Rudolf…
La ragazza, bianca come un cencio, i capelli neri appiccicati intorno al viso, sollevò gli occhi e cominciò a tremare quando vide la Rudolf avanzare verso di lei.
Tutte fissavano la scena. Non si sarebbero perse lo spettacolo per nulla al mondo.
Rebecca guardava la Rudolf. Mai prima d’ora l’aveva vista così arrabbiata. Respirava affannosamente, poteva chiaramente intuirlo da come il suo petto si alzava e si abbassava velocemente. Gli occhi lanciavano fiamme.
“Angela Garrett.” – mormorò con voce apparentemente pacata. “Come diavolo hai fatto a scatenare tutto questo? Razza di incosciente che non sei altro!” Il tono di voce aumentò, mentre Rebecca vide Angela farsi piccola piccola.
“Per colpa tua siamo quasi morte.”
Angela scoppiò in lacrime. “Io…. M-mi dispiace…. Io …. Non so come….”
“Oh no, mia cara! NO! Non te la caverai così. Non stavolta.”
Poi l’insegnante, scura in volto, si rivolse alle altre. “Andate, voi. Dovete togliervi quei vestiti di dosso o vi prenderete un accidente.”
Un po’ deluse, le Streghe uscirono.
Rebecca e le gemelle esitarono. Avevano una voglia matta di sapere come sarebbe finita.
Senza accorgersene, furono le uniche allieve rimaste.
La Rudolf le guardò come si guarda un insetto da schiacciare. “Che ci fate voi ancora lì?” – tuonò.
Le ragazze non se lo fecero ripetere due volte e uscirono leste dalla classe.
“Non so cosa darei per essere una mosca e poter entrare là dentro.” – disse Barbara, fissando la porta chiusa.
“Per fortuna non lo sei.” – disse Brenda. “Dai, su, saliamo in camera.”
Barbara sospirò, seguendo la sorella. “Non vedo l’ora di farmi una doccia bollente.” – disse rabbrividendo.
“Voi cominciate ad andare.” – disse Rebecca. “Vi raggiungo.”
Brenda inarcò un sopracciglio. “Che intenzioni hai?”
“Aspetterò Angela.”
“E perché?” – fece Barbara, sgranando gli occhi.
“Voglio parlare con lei.”
“Per dirle cosa?” – domandò Brenda, con aria sospetta.
Rebecca si strinse nelle spalle, senza rispondere.
“La Rudolf non sarà contenta di trovarti qui fuori. E poi non puoi tenerti i vestiti bagnati addosso.”
“Non importa. E poi sono certa che usciranno presto.”
Brenda si mise di fronte a lei, con uno strano cipiglio in volto. “Rebecca, che intenzioni hai?”
Rebecca sostenne il suo sguardo. “Te lo dirò dopo, ok? Ora andate.”
Per nulla convinta, Brenda si allontanò insieme a Barbara.
Rebecca ne aveva in mente una delle sue, ma stavolta non aveva alcuna intenzione di discutere con lei, soprattutto perché aveva un disperato bisogno di togliersi quei vestiti di dosso. Era certa che la Rudolf non avrebbe gradito di trovarla lì. Cosa c’era di tanto importante di cui parlare con Angela che non avesse potuto aspettare?
 
Rebecca, allontanandosi un po’ dalla porta dell’aula, aspettò.
Rabbrividì. Anche lei aveva un disperato bisogno di una doccia calda e di abiti asciutti e puliti. Ma c’era qualcosa di più importante, ora, che non poteva aspettare.
Passarono i minuti. Cosa diavolo stava succedendo là dentro? Perché non si sbrigavano?
L’umidità cominciava a penetrarle nelle ossa. Di questo passo le sarebbe venuto un febbrone da cavallo.
Alcune Streghe le passarono accanto, lanciandole un’occhiata divertita.
Rebecca si costrinse ad ignorare le loro risatine.
Cominciava a fare freddo, o era una sua impressione? Scossa dai brividi, represse l’impulso di andarsene per raggiungere il confortevole calore della sua stanza, dove probabilmente le gemelle si erano già cambiate.
Finalmente la porta si aprì.
La Rudolf si bloccò sulla soglia, decisamente sorpresa di trovarla lì.
Angela, dietro di lei, fissava Rebecca con aria sgomenta.
Era chiaro che nessuna delle due si aspettasse di trovarla lì.
“Bonner, cosa ci fai qui?” – esclamò la Rudolf, squadrandola da capo a piedi. “Perché non ti sei ancora cambiata?”
“Ehm….professoressa…. io…. Vorrei scambiare due parole con Angela.”
La Rudolf inarcò un sopracciglio. “Non avete lezione?”
“C’è ancora tempo, professoressa. E’ questione di un minuto.”
La Rudolf non sembrava convinta, ma evidentemente il suo bisogno di cambio d’abito superava di gran lunga il desiderio di metterle i bastoni tra le ruote.
“Fate in fretta.” – replicò asciutta, avviandosi per il corridoio.
Quando furono sole Rebecca notò che Angela evitava il suo sguardo.
“Vuoi sapere che punizione mi ha dato stavolta la Rudolf?” – le chiese senza preamboli. Non sembrava avesse molta voglia di parlare e il suo tono era acido.
Rebecca represse l’istinto di prenderla a schiaffi. Non era per quello che era rimasta e la indispettiva un po’ che pensasse questo di lei.
“Veramente no. Volevo solo sapere come stai.”
Angela la guardò. “Tu come pensi che stia?” Il suo tono non era cambiato.
Rebecca decise di riprovarci.
“Senti, l’altra volta non c’è stato modo di parlare, ma volevo dirti che mi è dispiaciuto per la punizione sulla Maledizione della Follia.”
“Beh, non è stata una grande mossa la tua.” – replicò Angela. “Ma nemmeno io me la sono cavata troppo bene. Non sono molto brava con gli Incantesimi, come ti sarai accorta…”
“E io non sono molto brava in diplomazia, come ti sarai accorta….”
Angela abbozzò un mezzo sorriso.
Rebecca la imitò, lieta che finalmente fosse riuscita a sciogliere un po’ il ghiaccio.
“Non ti piace la Rudolf, eh?” – fece Angela.
“Perché a te sì?”
Angela rise. “No, davvero. Però oggi l’ho fatta veramente grossa…”
“Abbiamo rischiato la pelle, sì.” – convenne Rebecca. “Ci hai dato del filo da torcere.”
“Mi dispiace.”
Rebecca non rispose. In realtà, moriva dalla voglia di sapere cosa le avesse detto la Rudolf là dentro. Quando erano uscite, l’insegnante sembrava aver perso tutto il suo livore e anche Angela appariva decisamente più serena. Possibile che avessero risolto tutto in così breve tempo?
Ma non voleva passare per la compagna ficcanaso. Non era questo il suo intento e non era certo di questo che Angela aveva bisogno.
“Sai, avrei voluto aiutarti nella stesura della relazione, l’altra volta. Ti vedevo sempre in biblioteca e avevo pensato di offrirti il mio aiuto…. Solo che poi…. Sono a malapena riuscita a finire la mia appena in tempo…”
“25 pagine, vero?”
Rebecca annuì. “Non è stata una passeggiata.”
Angela sospirò. “Neanche per me. Comunque ormai è andata.” – replicò, ripensando all’insufficienza presa. Poi alzò gli occhi su di lei e Rebecca vi lesse un moto di gratitudine. “Però ti ringrazio per le tue parole, sei davvero gentile, Rebecca.”
“Beh, possiamo studiare insieme qualche volta, se ti va. Sai, io in genere lo faccio con Brenda e Barbara, ma sono certa che anche a loro non dispiacerebbe.”
Angela sorrise. “Sì, è una buona idea.”
Rebecca pensò che doveva essere la prima volta che qualcuno offrisse il suo aiuto ad Angela, che stava sempre per conto suo e aveva stretto amicizia con poche Prescelte.
“Quando c’è bel tempo andiamo giù al fiume.” – proseguì Rebecca. “Sai, è bello fare i compiti all’aperto.”
 
Qualche minuto dopo, Rebecca era in camera. Si era appena fatta una doccia calda che l’aveva rimessa al mondo e si stava vestendo.
“Siamo in ritardo per Incantesimi?” – chiese alle gemelle mentre si infilava un morbido maglioncino color prugna.
“La Collins avrà avvisato la Cornell di quello che è successo.” – disse Brenda. “E comunque la lezione inizia tra un quarto d’ora.”
Rebecca andò in bagno ad asciugarsi i capelli, godendosi il calore del phon.
Brenda comparve sulla soglia, con le braccia incrociate.
I loro occhi si incontrarono attraverso lo specchio. Rebecca sapeva esattamente cosa volesse.
“Ho parlato con Angela.” – disse.
Brenda annuì. “E…?”
“E credo che qualche volta verrà a studiare con noi il pomeriggio.”
Brenda aggrottò la fronte. “Tutto qui?”
“Tutto qui.”
Barbara apparve accanto alla sorella. “Dai, sputa il rospo. Cosa le ha detto la Rudolf? Le farà pulire il pavimento con la lingua per l’eternità?”
Rebecca si strinse nelle spalle. “Non ne ho idea.”
Barbara inarcò un sopracciglio. “Che vuoi dire?”
“Voglio dire che non gliel’ho chiesto. E comunque non mi importa. Volevo solo farle capire che può contare su di me. Su di NOI.” – disse sottolineando l’ultima parola.
“E questo perché?” – domandò Barbara, con aria corrucciata.
Rebecca alzò gli occhi al cielo. “Perché è una ragazza sola. Le farà bene avere qualche amica.”
“Ti fa pena?” – fece Barbara senza troppi preamboli.
Rebecca s’indispettì. “La pena non è un sentimento che mi appartiene. Ho semplicemente voluto tenderle una mano. È un peccato, forse?”
“No, ma in fin dei conti non la conosci nemmeno. Se non fosse stato per le lezioni della Rudolf probabilmente non ti saresti nemmeno accorta di lei.”
Non c’era alcun dubbio sul fatto che Barbara non si facesse scrupoli sul dire sempre quello che pensava, anche se Rebecca a volte rimaneva un po’ spiazzata dalle sue esternazioni.
“Invece, grazie alla Rudolf, mi sono accorta di lei e voglio esserle amica. Non credo ci sia nulla di sbagliato in questo, no?” – rispose, un po’ spazientita.
Perché Barbara la faceva tanto lunga? D’altra parte erano sempre insieme, solo loro tre. Avrebbe fatto bene a tutte condividere il loro tempo con altre Prescelte, ogni tanto.
“Va bene, va bene, non ti scaldare. Dicevo così per dire.” – rispose Barbara sulla difensiva.
Poi un’espressione furba lampeggiò all’improvviso sul suo volto.
“Barbara, a cosa stai pensando?” – le domandò Brenda, sospettosa.
“Oh, beh… nulla di importante… pensavo solo che quando Angela si unirà a noi ci penserò io a chiederle cosa si sono dette lei e la Rudolf oggi…” – sghignazzò.
Rebecca e Brenda alzarono gli occhi al cielo, scambiandosi un’occhiata eloquente. Sapevano che l’avrebbe fatto e che alla fine l’avrebbe spuntata. La povera Angela non aveva idea di cosa l’aspettasse….
Poi uscirono in fretta per non arrivare in ritardo dalla Cornell.
 
Mancava ormai solo una settimana alla festa di Halloween e ad Amtara non si parlava d’altro. Tutte le Streghe erano eccitatissime e si scambiavano pareri e opinioni su cosa avrebbero indossato.
Rebecca, che non era per niente abituata alle feste e non si era mai travestita da nulla in vita sua, era un po’ in agitazione. Non aveva ancora deciso da cosa si sarebbe mascherata e un nodo le stringeva lo stomaco al pensiero di fare una figuraccia davanti a tutta la scuola.
Disperata, chiese aiuto alle gemelle.
“Credevo ci avessi già pensato!” – esclamò Barbara quando scoprì che Rebecca non aveva ancora il costume pronto.
“Ci penso da settimane, ma non ho la più pallida idea di cosa mettere!” – rispose Rebecca con voce acuta, sentendosi anche peggio.
“Perché, voi avete già scelto?” – domandò, incerta.
“Ma certo!”
Rebecca si mise una mano in faccia, scuotendo piano la testa. A quanto pareva era l’unica idiota che si era ridotta all’ultimo minuto prima di decidersi…
“Non ti preoccupare Rebecca, ho io la soluzione.” – intervenne Brenda in tono sbrigativo.
“Davvero?” – chiese Rebecca speranzosa.
“Ho un abito nero che dovrebbe essere più o meno della tua misura. Ora te lo tiro fuori così lo provi.”
“Voi da cosa vi vestite?”
“Io da Orco!” – tubò Barbara raggiante.
“E tu?”
Brenda non rispose, ma aprì il suo armadio cercando qualcosa. Rebecca pensò che stesse cercando l’abito nero di cui le aveva parlato, ma poi ebbe un sussulto quando ne uscì con una maschera lunga di pelo marrone.
“Ti vesti da orso?” – domandò Rebecca, inclinando la testa, perplessa.
“Ma no!” – fece Brenda, alzando gli occhi al cielo. “Guarda!”
E così dicendo le mostrò la testa del costume, i denti aguzzi spruzzati di rosso, la bocca grande dischiusa in un ghigno grottesco.
“Un lupo!” – esclamò Rebecca.
“Licantropo, per l’esattezza. Ti piace?”
Rebecca tentennò. “Come mai non avete scelto qualcosa di meno terrificante?”
“Perché è Halloween.” – rispose Barbara, con la voce di chi stava parlando ad un ritardato mentale. “Hai presente? Mostri, fantasmi, sangue, morte…. Quel genere di robe là. Ma se ti vuoi vestire da principessa fai pure…” – aggiunse sghignazzando.
“Spiritosa…”
Brenda tornò a rovistare nel suo armadio.
“Oh, eccolo qua!” – esclamò poi, uscendone con un lungo vestito nero tra le mani.
Poi lo appoggiò al petto di Rebecca, stringendo un po’ gli occhi. “Mmm… sì, la misura dovrebbe essere quella giusta. Perché non lo provi?”
Rebecca prese il vestito tra le mani. Non aveva nulla di speciale. Era nero, in velluto, con qualche fronzolo in tulle. Le ricordava vagamente l’abito che la Collins indossava il primo giorno di scuola. Represse un brivido.
“Ma che cosa rappresenta, esattamente?” – domandò in tono innocente, e augurandosi di non fare la figura dell’idiota. Non aveva proprio dimestichezza con quel genere di cose.
Brenda, di fronte a quella domanda, era allibita. “Ma come cosa rappresenta? Una Strega, no?”
Rebecca corrugò la fronte. “Ma io sono già una Strega…”
Barbara scoppiò a ridere.
“Una Strega del Medioevo…” – spiegò Brenda paziente, reprimendo l’istinto di prenderla a schiaffi.
A volte Rebecca si perdeva davvero in un bicchiere d’acqua…. “Dai, provalo.”
Rebecca, obbediente, si svestì e lo indossò.
Brenda aveva ragione, le calzava a pennello. Portavano la stessa taglia.
“Mancano scopa e cappello, ma li rimedieremo da qualche parte…” – mormorò Brenda scrutandola da capo a piedi. Poi aprì un cassetto e tirò fuori una cintura nera. “Tieni, metti anche questa.”
“Oh, stai una meraviglia!” – esclamò Barbara tutta felice.
Rebecca si avvicinò allo specchio. A stento si riconosceva. Il velluto nero risaltava il rosso fuoco dei capelli e accentuava ulteriormente il suo incarnato roseo. Le maniche un po’ troppo lunghe, notò con sollievo, ricoprivano i polsi.
“Così potrai toglierti la polsiera.” – puntualizzò Barbara. “Almeno per una sera.”
La cintura nera le fasciava come un guanto la vita sottile.
L’effetto finale non era poi così male, pensò Rebecca.
“Dici che può andare?” – chiese, voltandosi verso Brenda.
“Sei perfetta.”
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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