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Autore: lapacechenonho    29/12/2020    4 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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30- 014: Things you said too quietly (Le cose che hai detto troppo a bassa voce).
 
La Tana era un miscuglio di voci quel giorno, erano tutti piuttosto eccitati perché Percy aveva comunicato a tutti che si sarebbe sposato con Audrey, seppur felici, erano tutti un po’ sbigottiti dalla velocità della scelta. L’aveva presentata a casa appena un anno prima, anche se Ginny sospettava stessero insieme da molto più tempo. Molly singhiozzava abbracciando i due fidanzati, Percy aveva una macchia delle lacrime della madre sulla camicia, Audrey cercava di consolarla leggermente in imbarazzo. Fratelli e cognati, invece, erano seduti in salotto a parlottare sull’organizzazione di quel nuovo evento.
«Caspita, un altro matrimonio!» esclamò Ron.
«Speriamo vada meglio del primo» commentò George con un po’ di amarezza nella voce. Salvo qualche pazzo ancora in giro, i Mangiamorte erano quasi tutti ad Azkaban, quindi un attacco da parte loro per il momento era escluso. Le persone nella sala si scambiarono occhiate veloci leggermente tese.
«Quando è successo che siamo cresciuti così tanto?» domandò retorico Bill con la figlia in braccio. Stava giocando con Hermione che le faceva le smorfie facendola ridere e strillare divertita. Harry era seduto accanto a lei, piuttosto silenzioso. Era strano, di solito parlava tranquillamente con la sua famiglia. Aveva superato l’imbarazzo iniziale in cui si sentiva in colpa con ogni singolo membro della sua famiglia.
«Non lo so» ammise Ginny, che nonostante i suoi vent’anni si sentiva ancora piccola.
La foto appesa al muro di lei a cinque anni, le ricordava che erano già passati quindici anni da quando era stata scattata, ma lei ricordava il momento come se fosse accaduto ieri. Ricordava che stava giocando con Ron a rincorrersi in giardino, poi quando erano rientrati, Charlie li aveva fermati e aveva scattato quella foto. Quando era stata sviluppata era piaciuta sia alla mamma che al papà e avevano deciso di metterla in salone. Ginny a stento credeva di essere la stessa persona in foto.
«Almeno Harry non dovrà bere la Pozione Polisucco per partecipare al matrimonio» scherzò Hermione tra una smorfia e l’altra alla nipote. Risero tutti, anche Harry che però sembrava ancora assorto in chissà quali ragionamenti mentali. Probabilmente qualcosa di lavoro. Gli mancava poco alla fine dell’Accademia e aveva sempre la testa focalizzata sullo studio. In certi momenti sembrava Hermione.
«Adesso posso fare davvero lo zio ubriaco!» esclamò George d’un tratto battendo le mani, come se avesse avuto un’idea geniale. Ricevette due occhiate piuttosto eloquenti da parte di Angelina ed Audrey ma le ignorò. «Potrei essere il degno erede di zio Bilius!» continuò incurante. Stavano ridendo tutti, compresa Fleur, che ormai era ben integrata nella famiglia.
«Per fortuna non l’hai fatto al mio» aggiunse ancora divertita dal cognato.
«Grazie per avermi reso zio e avermi permesso di diventare lo zio ubriaco ai matrimoni, ma chére» rispose George con un leggero inchino.
Il pomeriggio proseguì così tra ipotesi e complimenti, battute e uno strato di serenità che avvolgeva la Tana ogni volta che c’era qualcosa da festeggiare.
C’era qualcosa che non tornava a Ginny però e cioè il suo fidanzato ed il suo mutismo selettivo. Non aveva spiaccicato una parola quando erano tutti insieme e quando erano solo loro due le aveva dato l’impressione di essere sull’attenti, come se avesse paura di sbilanciarsi, o di dire qualcosa. Sospirò leggermente delusa: era convinta che la loro relazione fosse molto più avanti, ma evidentemente non era così.
«Andiamo da me?» le chiese. Aveva guardato velocemente Hermione che aveva ricambiato lo sguardo decisa. Non sapeva cosa significasse ma Ginny sentì l’ansia morderle lo stomaco.
«Ok» rispose alzandosi dal divano che li aveva accolti per tutto il pomeriggio.
Comparvero sulla soglia del numero 12 di Grimmauld Place, il fatto che la casa fosse ancora nascosta agli occhi dei Babbani era una benedizione per loro, perché potevano smaterializzarsi come volevano senza il terrore di dover cancellare la memoria a qualcuno.
Ad esclusione del quadro della signora Black all’inizio del corridoio d’ingresso, la casa era quella di sempre, accogliente e calda. Ginny aveva insegnato ad Harry un incantesimo riscaldante e da quel momento Harry lo lanciava in casa prima di uscire, così da trovarla calda quando tornava a casa. Impercettibilmente fu una cosa che rilassò Ginny. La morsa allo stomaco ora era meno potente.
Fecero quello che fecero di solito: appesero i mantelli all’entrata, Harry posò le chiavi, e poi si diressero verso la cucina per una cena veloce; erano ancora pieni dal pranzo.
«Cosa vuoi per cena?» borbottò lei iniziando a cercare negli armadietti qualcosa che le desse un’idea per la cena. Harry era seduto al tavolo ma era irrequieto.
«Ho bisogno di dirti una cosa, altrimenti diventerò pazzo» disse. Ginny si girò, la morsa allo stomaco ritornò a stringere ancora più forte di prima. Camminare fino alla sedia fu un’impresa, tanto si sentiva le gambe pesanti dall’ansia. Spinse indietro la sedia e si sedette di fronte ad Harry. Aveva il volto pallido. Sentì qualcosa uscire dalle sue labbra, ma l’unica cosa che capì fu “insieme”.
«Tu e Teddy avete fatto una torta insieme?» ipotizzò, ma le sembrava piuttosto improbabile che fosse quello che volesse dirle.
Harry sospirò e si schiarì la voce. «I discorsi dei tuoi fratelli, oggi…è da un po’ che ci penso…» Ginny sgranò gli occhi pensando a quello che le aveva detto Harry qualche tempo prima mentre pensava che lei stesse ancora dormendo. Sentì il cuore balzarle in gola e la paura pervaderla. Aveva solo vent’anni, non poteva sposarsi. «…be’…ecco…mi chiedevo se volessi venire a vivere con me» concluse.
Il peso sul petto di Ginny si fece più leggero. Sorrise sollevata e d’impulso di avvicinò a lui sedendoglisi a cavalcioni in braccio. Iniziò a baciarlo con foga ed Harry ricambiò subito. «È un sì?» chiese ansante e con gli occhiali appannati. Ginny ridacchiò e annuì.
«Ed è anche un grazie per non avermi chiesto di sposarti» aggiunse.
«Tu non vuoi sposarti?» domandò leggermente allarmato. Ginny giocherellò con i suoi capelli neri perennemente scompigliati.
«Non ora. Non subito. Siamo ancora troppo giovani e non c’è nessuna guerra a metterci fretta» gli disse. Harry sembrò ancora titubante ma Ginny lo baciò prima che continuasse. «Al momento mi piacerebbe fare altro» sussurrò al suo orecchio scoccandogli un’occhiata malandrina e facendo evanescere la sua maglietta.
 
«Lo ricorderò sempre il terrore quando hai detto che non volevi sposarti» disse Harry facendo finta di rabbrividire. «Per un nano secondo ho pensato che forse stare insieme non fosse la nostra strada, che desideravamo cose diverse…»
«Be’ l’attimo dopo hai dimostrato tutt’altro» ricordò con sguardo furbo.
«Una volta eri più pudica» commentò il marito sottecchi. Ginny alzò le spalle con aria innocente.
«Forse è stato il momento più bello della nostra vita» disse cambiando argomento. Per quanto avere dei figli e una famiglia con Harry, ricordava con un po’ di difficoltà altri momenti in cui era stata così felice insieme a lui. In parte era dovuto al fatto che la guerra era finita da poco e ad entrambi sembrava piuttosto strano avere un futuro senza minacce davanti a loro. L’altra parte era dovuto al fatto che stava vivendo il suo sogno ricorrente di quando aveva dodici anni. Non sapeva quasi niente sull’amore, eppure non pensava che molta altra gente fosse riuscita a mettersi con l’uomo che aveva desiderato di più nella vita.
«È vero. Anche il seguito della nostra vita è stato molto bello» convenne e Ginny non poté che annuire trovandosi d’accordo con le parole di Harry. D’istinto si girò guardando il marito negli occhi verdi che, per la cronaca, erano ancora gli occhi verdi e lucenti come quelli di un rospo in salamoia.
«Grazie di avermi baciata in Sala Comune dopo la partita di Quidditch» disse seria. Harry la guardò innamorato.
«Grazie a te per non esserti arresa» rispose.
Insieme cominciarono a perdersi in un altro nuovo ricordo della loro vita insieme.
   
 
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