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Autore: pampa98    29/12/2020    1 recensioni
[Storia partecipante a "La challenge delle quattro stagioni - Progetto "Un anno di..." indetta da rhys89 sul forum di EFP]
Raccolta di 12 one-shot che aggiornerò una volta al mese con protagonisti Jaime e Brienne.
#1. Il patto. What-if? Jaime e Brienne si incontrano per la prima volta durante la visita di Re Robert a Grande Inverno.
#2. Life in Winterfell I. Brienne e Jaime affrontano la loro prima notte insieme.
#3. Life in Winterfell II. Jaime e Brienne riflettono sul modo particolare in cui si sono conosciuti e innamorati.
#4. Life in Winterfell III. Una versione alternativa dell'addio tra Jaime e Brienne nella 8x04.
#5. Finestra sul passato. Brienne e Tyrion parlano di Jaime.
#6. L'occasione di ricominciare. What if? Jaime è vivo e torna ad Approdo del Re, dove conosce sua figlia.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Cersei Lannister, Hyle Hunt, Jaime Lannister, Tyrion Lannister
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prompt: Time travel --> Per colpa di un incantesimo/pozione/altro X si ritrova a viaggiare nel tempo (da solo o in compagnia).


IN ANOTHER LIFE





Sentiva delle voci intorno a sé e l’aria fredda della sera gli colpiva il volto. Le palpebre erano attaccate agli occhi e Jaime fece fatica ad aprirle per osservare il paesaggio circostante.
Non era nei sotterranei della Fortezza Rossa – non era nemmeno ad Approdo del Re. Davanti a lui vi erano delle sbarre e le torce sparse lungo la strada illuminavano quello che aveva tutta l’aria di essere un accampamento. Sbatté le palpebre, confuso. Era certo che fosse pomeriggio: Tyrion gli aveva permesso di raggiungere Cersei e insieme avevano cercato di fuggire, senza successo. Il passaggio che conduceva alla spiaggia era crollato e, poco dopo, le intere fondamenta del palazzo li avevano sommersi.
Erano morti.
Lui era morto.
Eppure aveva ancora un corpo, sentiva l’ambiente intorno a sé; respirava. Allora forse non era morto. Forse era solo svenuto, oppure lui e Cersei erano riusciti a ripararsi – anche se era quasi certo di essere rimasto immobile, con sua sorella in lacrime stretta tra le braccia. Forse qualcuno li aveva trovati e ricondotti fuori, incatenati in attesa che la regina dei draghi li giudicasse. Se era così, Cersei doveva essere vicino a lui.
Voltò la testa per guardarsi intorno e si rese conto che i suoi movimenti erano estremamente limitati: delle catene lo tenevano ancorato a un palo, con la mani legate dietro la schiena. Sentì il polso destro leggero, segno che probabilmente lo avevano privato dalla sua mano d’oro – anche se sembrava che l’avessero sostituita con qualcos’altro.
Superato lo smarrimento iniziale, Jaime notò un nauseante odore intorno a sé. “Merda” pensò. Sperò che non fosse la sua: non poteva essere lì da più di qualche ora e sarebbe stato imbarazzante essersi defecato nei pantaloni. Ricordò un tempo in cui, alla fine, era stato costretto a farlo; mesi di prigionia in una gabbia, senza possibilità di muoversi, non gli avevano lasciato altra scelta. “Questo posto somiglia all’accampamento di Robb Stark.”
Non lo aveva pensato quando lo aveva visitato, la prima volta. Forse perché era stato scortato dentro una tenda e non in mezzo al fango; perché non c’era la puzza di sterco e sudore che aleggiava in quel momento intorno a lui; perché a pattugliare la zona c’erano gli Immacolati e non i soldati del Nord. I soldati di Robb Stark.
Quello non era l’accampamento di Daenerys Targaryen, fuori dalle mura di Approdo del Re; la capitale era miglia più a sud. Il suo corpo era indolenzito per la posizione scomoda in cui si trovava e, cercando di ruotare il capo per alleviare parte del fastidio, si rese conto che lunghe ciocche di capelli sporchi gli cadevano lungo il volto. La sua mano sinistra stava sfiorando qualcosa – carne viva, forte: la sua gemella, perduta anni prima ma che, in quell’universo, era ancora al suo posto.
Un sorriso comparve sul volto di Jaime Lannister, che prestò mutò in una risata folle. Non sapeva come, non sapeva perché, ma era tornato nel passato – nel momento peggiore della sua vita. Era quello ciò che aspettava gli umani dopo la morte? Un perpetuo rivivere i giorni più bui della loro esistenza terrena? O forse quelli che aveva odiato di più: la perdita della mano della spada e la sua successiva infezione erano stati ben più duri da sopportare di quella prigionia, eppure in quel momento li avrebbe bramati, solo perché non sarebbe stato solo. Solo perché avrebbe rivisto lei.
«Cosa c’è di tanto divertente, Sterminatore di Re?»
Jaime sollevò lo sguardo per incontrare gli occhi disgustati di Catelyn Stark, viva e torreggiante su di lui. Vederla aumentò la sua risata.
“Tu sei stata sgozzata al matrimonio di tuo fratello e io schiacciato come un topo dalla Fortezza Rossa: ecco cosa c’è di tanto divertente.”
Prese seriamente in considerazione l’idea di rispondere in quel modo, ma il suo umorismo e la sua voglia di ridere cessarono appena scorse la figura alle spalle della donna. Era strano vederla con l’armatura dorata donatale da Renly; si era abituato a vederla avvolta nel suo acciaio blu.
«Brienne.»
Quel nome baciò le sue labbra prima che potesse trattenersi. Catelyn aggrottò le sopracciglia, voltandosi verso la sua alleata.
«Lo conosci?» le chiese.
Brienne si fece avanti. Il suo aspetto era lo stesso di sempre e i suoi occhi blu restavano ancora lo spettacolo più straordinario che Jaime avesse mai visto; tuttavia la loro espressione era ben diversa da quella che gli aveva rivolto negli ultimi anni – opposta a quella che illuminava il suo volto durante le notti a Grande Inverno.
«Solo di fama» rispose, con un’evidente nota di disgusto nella voce. «Non ci siamo mai incontrati di persona.»
Un sorriso amaro comparve sul suo volto, mentre ricordava il livello di conoscenza che avevano raggiunto da quel momento fino a quando lui l’aveva abbandonata. Si chiese come avrebbe reagito se le avesse detto che, di lì a qualche mese, si sarebbe innamorata di lui.
“Mi prenderebbe per pazzo.”
Non avrebbe potuto biasimarla: nemmeno il Jaime di allora avrebbe creduto possibile di potersi innamorare di una creatura come Brienne di Tarth. Non avrebbe creduto possibile di poter scegliere qualcuna diversa da Cersei; e, infatti, non lo aveva fatto. Era tornato da sua sorella, sempre e comunque: non aveva scelta, non l’aveva mai avuta. Allora perché era lì? Doveva rivivere tutto da capo, lasciare che lui e Brienne si innamorassero per poi commettere di nuovo gli stessi errori?
Poteva evitare di commetterli?
Un calcio nelle gambe lo distolse dai suoi pensieri. Di solito Brienne lo colpiva per intimargli di tenere a freno la sua lingua davanti agli uomini del Nord e Jaime rispondeva con chiare allusioni a ciò che tale lingua avrebbe potuto fare, con tanto di dimostrazione pratica nei giorni migliori; tentare un approccio del genere in quel momento ne avrebbe solo causato l’amputazione. In quel momento si trovava in un’epoca in cui la loro complicità non esisteva e la cosa migliore da fare sarebbe stata essere l’uomo che era allora.
«Scusa se ho preferito tentare un nome – che a quanto pare si è rivelato esatto – piuttosto che chiamarti “bestia gigante”.»
Brienne arrossì per l’indignazione e l’imbarazzo e Jaime fu subito tentato di scusarsi per quelle parole orribili, ma si trattenne: il se stesso del passato non si sarebbe nemmeno accorto del disagio della ragazza.
«Ti avevo fatto una domanda, Sterminatore di Re» disse Catelyn Stark, «ma non sembravi aver sentito, per questo Lady Brienne ha attirato la tua attenzione.»
«Perdonami, Lady Stark. Questi mesi di solitudine devono aver influito negativamente sul mio udito e le mie buone maniere. Qual era la domanda?»
Catelyn storse la bocca, fissandolo con occhi che lo giudicavano un mostro.
«Involontariamente, hai già risposto. Non ho tempo da perdere, perciò vedi di capire bene ciò che ti dirò.»
«Sono tutto orecchie.»
«Brienne, la spada.»
Jaime ascoltò gli ordini della donna e promise di riportargli le figlie, come aveva fatto anni prima in quello stesso momento. Forse avrebbe dovuto dirle che Arya non era più nella capitale da un pezzo – o che lei sarebbe morta ancora prima che lui e Brienne avessero incontrato Sansa. Rimase in silenzio, mentre Catelyn ordinava a Brienne di slegarlo. Di certo Jaime Lannister non era tornato nel passato per salvare gli Stark: che tenesse a bada gli ormoni di suo figlio e imparasse a fidarsi delle persone giuste; lui aveva un altro compito da portare a termine, per se stesso e, soprattutto, per Brienne.
Lei lo aiutò ad alzarsi, una volta tolte le catene, e Jaime si sgranchì le ossa.
«Ah, non sono più giovane come un tempo» mormorò.
«Fa’ silenzio.»
Jaime sorrise: all’inizio era stata dura conversare con lei – per lo più lui parlava e parlava finché lei non si stufava e lo colpiva per farlo stare in silenzio – ma il potere di innervosirla e risvegliare in lei delle emozioni lo aveva sempre avuto.
Brienne gli slegò le mani e Jaime, comportandosi per una volta da bravo prigioniero, le unì di fronte al suo corpo perché potesse legarle di nuovo. Avrebbe voluto vedere l’espressione stupita, e forse diffidente, per quella disponibilità, ma quando sentì la pelle della mano sinistra scontrarsi con altra pelle, i suoi occhi caddero istintivamente verso il basso. Aprì e chiuse il pugno della mano destra, sorpreso di poter compiere quel gesto banale; era strano sentire quella parte del corpo: per quanto ne avesse sentito la mancanza, alla fine si era abituato e aveva imparato a cavarsela dignitosamente con solo la mano sinistra.
«Perché ti stai fissando le mani?»
Jaime non si era nemmeno accorto che Brienne aveva finito di legarlo e lo stava fissando con un misto di curiosità e preoccupazione. Le sorrise: sperò in modo divertito, ma non sapeva quanto ancora sarebbe riuscito a fingere di non amarla.
«Non le ho viste per tanto tempo che non ricordavo più com’erano fatte» disse, raccontando una mezza verità.
Brienne annuì poco convinta, poi strattonò la corda che gli legava i polsi e lo condusse fuori dalla cella. Raggiunse Catelyn, che li stava aspettando vicino alla sua tenda, al riparo da occhi indiscreti, insieme a un cavallo. Porse le redini a Brienne e le bisbigliò qualcosa indicando la sella; Jaime sapeva che le stava dicendo di coprirgli il volto con una sacca.
«Ti affido le mie figlie, Brienne» le disse poi ad alta voce, accarezzandole dolcemente le braccia. Brienne annuì decisa e Jaime fu certo che fosse commossa: non era abituata ad avere qualcuno che confidava in lei.
Catelyn si voltò e gli passò accanto, fermandosi un ultimo momento per guardarlo dritto negli occhi.
«Hai promesso.»
Jaime fece un mezzo inchino.
«Le tue figlie saranno sane e salve, mia signora.»
Quella era, dopotutto, la verità.
La donna sembrò soddisfatta e se ne andò, lasciandoli da soli. Mentre parlava con lei, Brienne aveva preso il sacco e lui si scansò appena in tempo per evitare che riuscisse a infilarglielo. Quel gesto, tuttavia, fece sfoderare la spada alla ragazza, che lo fissò con occhi minacciosi.
«Non scappo, non scappo» disse subito Jaime, sollevando le mani in segno di resa. «Gradirei solo poter vedere la strada.»
«Be’, io gradirei che tu fossi un uomo d’onore, Sterminatore di Re, ma come vedi a volte ci dobbiamo accontentare.»
Jaime provò una fitta al petto per quelle parole, anche se non avrebbero dovuto sorprenderlo. La sua vera paura, però, fu un’altra: non era ancora riuscito a capire fino in fondo come era riuscito a trasformarsi in un uomo onorevole e onesto agli occhi di Brienne. Come avrebbe fatto a far sì che accadesse di nuovo?
«Se non ci diamo una mossa, ci troveranno» disse Brienne, «e tu tornerai legato a quel palo!»
“Fai tutto da capo”, disse una voce nella sua mente. “Finché non hai avuto rimpianti, ripercorri la vostra storia passo per passo.”
Jaime fece un passo avanti.
«Bene. Procedi pure, donzella.»
Arrossì e Jaime fu quasi felice che gli coprisse il volto, così da non dover nascondere il suo sorriso soddisfatto.
Aveva il potere di innervosirla. Aveva il potere di imbarazzarla.
Avrebbe avuto il potere di farla innamorare nuovamente di sé; e, quella volta, non si sarebbe mai tirato indietro.

 
   
 
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