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Autore: Fragolina84    29/12/2020    0 recensioni
Ti prego, Dio. Fammele ritrovare vive. Sono tutto quello che ho: ti scongiuro, non lasciare che me le portino via. Non potrei sopravvivere.
Sequel de "Il sapore della libertà"
Nicole e Steve McGarrett sono diventati genitori e la piccola Evelyn è entrata a far parte delle loro vite. Sarà anche lei protagonista di questa nuova storia, in cui i McGarrett saranno chiamati a fare i conti con i loro incubi peggiori.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Steve McGarrett
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I miei Five-0'
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Evelyn e Nicole sono in salvo,
di nuovo tra le braccia di Steve.
É il momento di tirare le somme
di questa nuova avventura dei nostri eroi.
Spero vi sia piaciuta e che vorrete lasciarmi un commento.
Grazie a tutti coloro che sono arrivati sin qui!

 
Il mattino seguente erano tutti in ufficio.
Steve e Nicole non avevano nessuna intenzione di separarsi dalla bambina quindi l’avevano portata con loro. La piccola aveva dormito tutta la notte: forse era in grado di superare la cosa molto meglio di quanto avessero pensato. Lo stesso non si poteva dire di loro due che avevano dormito con la pistola sul comodino (cosa che non facevano mai da quando Evelyn era venuta al mondo) e si erano svegliati molte volte per controllare che fosse ancora in mezzo a loro due.
Steve la portò nel suo ufficio e la fece sedere sulla sua poltrona, mettendole davanti un album e i suoi pastelli colorati.
«Mamma e papà sono di là. Tu resta qui con Eddie e fa la brava, ok?»
Eddie si accoccolò sotto la scrivania e Steve era certo che non l’avrebbe persa di vista per un solo istante.
Lui e Nicole raggiunsero i colleghi.
Sui monitor davanti alla loro scrivania hi-tech campeggiava una foto di Jessica e Nicole sentì le viscere incendiarsi di rabbia.
«Allora, vediamo di fare il punto della situazione» iniziò Steve. «La signorina Jessica Bensen ha un fascicolo di tutto rispetto. Circa sei anni fa lei e il suo fidanzato storico, Cameron Saunders, si sono lasciati. Cameron è un avvocato, erede della Saunders&Sons, compagnia di facoltosi avvocati fondata dal nonno».
«L’ha presa bene, direi» commentò Danny.
«Benissimo» confermò Steve, sarcastico. «La Bensen si è beccata un’ingiunzione dal tribunale che avrebbe dovuto impedirle di avvicinarsi a Cameron e alla sua nuova compagna che, per inciso, era la migliore amica di Jessica».
«Il tribunale comunque non l’ha fermata» intervenne Kono, richiamando un secondo fascicolo sul monitor, «tanto che ha cercato di sfregiare la ragazza di Cameron».
«Non ci è riuscita per poco, ma tanto è bastato per farla finire in un ospedale psichiatrico, dove ha passato gli ultimi cinque anni».
«Beffando tutti, dato che è stata dimessa due mesi fa come perfettamente guarita» sottolineò Danny.
Il caso aveva voluto che si trovasse in spiaggia proprio la domenica mattina in cui c’erano anche Steve e Nicole e che, nell’inseguimento del ladro di portafogli, Steve l’avesse urtata e spinta a terra. Quando poi era tornato indietro per sincerarsi delle sue condizioni, aveva evidentemente fatto scattare qualcosa nella mente malata di Jessica.
«Perquisendo il suo appartamento abbiamo trovato cose interessanti» proseguì Chin, richiamando le immagini sui monitor.
Nicole si avvicinò per vedere meglio. Le immagini mostravano un’intera parete di una stanza del tutto tappezzata di foto di lei, Steve ed Evelyn. Nella maggior parte, sul viso di Nicole era stato tracciato un segno a croce con un pennarello rosso oppure era stato sfregiato con un taglierino.
Nicole tornò alla scrivania e ne evidenziò due, ingrandendole.
«Ricordo quei momenti. Quella era la mattina in cui ho portato i cupcakes. Ricordo di aver provato la sensazione di essere osservata» spiegò. «E qui invece eravamo nel parcheggio dell’Hilton, la sera che abbiamo festeggiato lo smantellamento dell’organizzazione di Iroha. Stessa cosa».
Anche in quell’occasione aveva avuto la strana sensazione che qualcuno si nascondesse nell’ombra, ma non avrebbe mai pensato che la cosa sarebbe potuta arrivare a quei livelli.
«Nella sua mente malata, Jessica ha pensato che io potessi sostituire Cameron» disse Steve. «Secondo lei c’era un solo ostacolo: tu» concluse, rivolto a Nicole. «Probabilmente il giorno che è venuta qui con le malasadas e tu l’hai trattata con durezza le ha fatto perdere del tutto la testa».
«Beh, direi che c’era un motivo, se quella donna non mi piaceva» commentò. «Ma come ha organizzato il rapimento e tutto il resto?» chiese poi e Kono richiamò altri file sui monitor.
«Jessica era l’unica erede di Brent Bensen, famoso magnate dell’acciaio». Sui monitor apparvero i rendiconti finanziari di Jessica e Nicole sbiancò quando vide la quantità di cifre che componevano il numero in basso a destra. «Tutti questi soldi erano vincolati a fondi fiduciari a cui la Bensen ha riavuto pieno accesso dopo essere stata dimessa dall’ospedale psichiatrico».
«Quindi ha pagato qualcuno per fare il lavoro sporco» dedusse Nicole.
«Esattamente» confermò Steve. «Abbiamo trovato diversi versamenti che sono stati fatti passare per un bel numero di conti offshore per un totale di settecentocinquantamila dollari».
Nicole si voltò a guardare Evelyn attraverso le pareti di vetro dell’ufficio di Steve. Non poteva credere che qualcuno potesse architettare una cosa del genere. Era un piano diabolico e perverso.
Evelyn alzò gli occhi e le sorrise, salutandola con la mano. Nicole sorrise a sua volta e sventolò la mano in risposta. Poi tornò a guardare i colleghi.
«Ha assoldato una compagnia di mercenari malesi che per quella cifra hanno accettato di rapire vostra figlia e poi di attirare te in trappola» spiegò Chin.
«Dove sono quei figli di puttana?» domandò lei.
«Tornati in Malesia» disse Steve e la fermò prima che potesse replicare. «Abbiamo già contattato le forze dell’ordine malesi e fornito le prove di quanto abbiamo scoperto. L’operazione per smantellare la loro rete è in corso in queste ore».
«Quando i mercenari hanno smesso di occuparsi della faccenda da professionisti quali erano» riassunse Danny, «Jessica deve aver pensato che doveva rompere gli indugi. Di certo non aveva il fegato per ucciderti, ma le sarebbe bastato attendere qualche giorno, lasciandoti senza mangiare e senza bere, perché le cose finissero in ben altro modo».
«Ma evidentemente aveva fretta di concludere o forse non sapeva più come gestire Evelyn che sicuramente continuava a chiedere di noi».
Steve spiegò che l’aveva chiamato con la scusa di avere informazioni su Evelyn ma che qualcuno avrebbe potuto accorgersi che lei stava collaborando e prendersela con lei. Così era andato a Diamond Head ed era stato tramortito con il teaser.
«Quando mi sono risvegliato ci ho messo poco a capire che Jessica era pazza e che avrei dovuto cercare raccogliere più informazioni possibili prima di affrontarla».
Il diversivo che Evelyn gli aveva involontariamente fornito era stato provvidenziale.
«Credo di non aver mai avuto tanta paura come quando ha puntato la pistola alla testa di Evelyn».
«Ha fatto COSA?» domandò Nicole, spalancando gli occhi e stringendo i pugni.
«Farò in modo che il giudice non lo dimentichi» assicurò Steve. Poi proseguì: «Ho recuperato la mia pistola, ma ho capito che era vicina ad un gesto eclatante: avrebbe ucciso la bambina e poi se stessa e dovevo fare qualcosa».
Steve sospirò, ricordando quei momenti di tensione.
«Spero di non doverlo mai più rifare, perché sparare in direzione di mia figlia è decisamente la cosa più difficile che ho fatto in vita mia».
Il resto era storia nota più o meno a tutti. Quando finalmente Jessica aveva confessato che teneva Nicole nel seminterrato, era corso di sotto e l’aveva trovata priva di sensi.
«C’era un caldo terribile in quel posto» confermò Nicole.
«Te la senti di colmare i vuoti?» propose Steve.
Nicole raccontò della telefonata che aveva ricevuto e della corsa all’impianto abbandonato dove era stata anche lei messa KO da un teaser.
«Mi sono risvegliata in quel seminterrato soffocante e ho ricevuta la visita di Jessica. Ha farfugliato qualcosa circa il fatto che avrei dovuto farmi da parte e lasciare che lei vivesse la sua vita con Steve, crescendo nostra figlia come se fosse sua. Quando l’ho accusata di essere pazza, ha preso la pistola e mi ha minacciata».
Steve picchiò il pugno contro il piano della scrivania e Nicole proseguì.
«Se mi avesse piantato una pallottola in pancia, non avrei avuto alcuna possibilità di sopravvivere. Nessuno sapeva dove fossi e sarei morta in quel buco dimenticato. Sono riuscita a calmarla abbastanza da farla allontanare».
Aveva cercato in tutti i modi di liberarsi – e i segni sui polsi lo facevano ben capire – ma non c’era stato verso e alla fine, senza acqua né viveri, aveva ceduto.
Tutti tacquero, pensando a cosa sarebbe potuto succedere se Jessica non si fosse fatta prendere dalla fretta e non avesse chiamato Steve.
«Che ne sarà di lei?» chiese Nicole con voce dura.
«Con la lista di accuse a suo carico e i suoi problemi psichiatrici, non dovremo preoccuparci di Jessica Bensen per molti anni».
«Non so se è abbastanza per ciò che ha fatto» mormorò la donna.
Steve le cinse le spalle con il braccio e l’attirò a sé, baciandole i capelli.
«Ciò che conta è che siate tutte e due sane e salve» sussurrò.
 
Steve e Nicole presero ferie per i tre giorni successivi. Avevano bisogno di una pausa, di godersi la bambina e di riprendersi dall’esperienza vissuta.
Prenotarono qualche giorno di vacanza in un bellissimo residence a Maui dove trascorsero dei giorni meravigliosi. A Evelyn non pareva vero di poter avere i suoi genitori a sua completa disposizione per tutto quel tempo ed entrambi la coccolarono e vezzeggiarono, nel tentativo di farle dimenticare al più presto quello che aveva vissuto. Per fortuna Jessica l’aveva trattata bene e la piccola non sembrava davvero aver riportato gravi ferite interiori.
Tornare alla normalità non fu facilissimo. Il rapimento di Evelyn aveva aperto loro gli occhi sulla possibilità che qualcuno prendesse di mira la piccola per ritorsione o per ottenere qualcosa da loro e questo non li faceva stare sicuramente tranquilli.Non potevano farci comunque molto ed era qualcosa con cui dovevano imparare a convivere.
Una volta tornati a Oahu, Steve e Nicole invitarono gli amici a casa per una grigliata.
Portarono fuori il tavolo, sistemandolo sul prato ed Evelyn diede una mano a Nicole per apparecchiarlo, mentre Steve preparava il barbecue. Poi lui e la bambina andarono dal macellaio a comprare bistecche e hamburger.
Quando arrivarono gli ospiti, Steve indossava un grembiule e un berretto con la visiera all’indietro e stava badando alla carne sulla griglia. Accanto a lui, Eddie lo guardava sbavando tutto il suo entusiasmo sull’erba: di certo aspettava speranzoso che qualcosa cadesse dalla griglia direttamente nella sua bocca.
Evelyn saltellava in giro, pregando suo padre di darle la paletta di plastica per dimostrargli che anche lei sapeva girare un hamburger. Quando vide Danny gli corse incontro e lui la prese al volo e le schioccò un bacio sulla guancia.
«Ciao, piccola Rambo» la salutò. «Quanti hamburger ha già bruciato tuo padre?»
«Nemmeno uno, non mi chiamo mica Danny Williams» replicò Steve.
Nicole uscì dalla cucina portando in tavola ciotole di insalata di patate e vassoi di verdure grigliate.
«Ciao Melissa. Grace, sei bellissima stasera» la salutò Nicole. «Quel vestito ti sta d’incanto».
«No, è decisamente troppo corto» borbottò Danny. Poi si rivolse a Steve: «E tu non ridere: arriverà fin troppo presto il momento in cui anche tua figlia indosserà quella roba e poi mi dirai se è tanto divertente».
«Ciao Adam, sono felice che tu sia riuscito a venire» lo salutò Nicole. «Kono, ti spiace andare a prendere le salse in cucina?»
In breve arrivarono tutti: Kawika era passato a prendere Kamekona che gli aveva caricato la macchina con un bel po’ di piatti a base di gamberi: quando Steve aveva protestato che gamberi e hamburger non andavano molto d’accordo si era quasi offeso. Dopo di loro arrivarono Max e Mindy, seguiti da Chin e Malia che lasciarono i caschi accanto alla moto. Per l’occasione Nicole aveva invitato anche suo fratello Alex e Lisa e i due furono gli ultimi ad arrivare.
Gli hamburger e le bistecche erano finalmente pronti e sedettero al lungo tavolo. Cenarono mentre il sole tramontava, immergendosi a poco a poco nell’oceano.
Le bottiglie di birra furono fatte tintinnare le une contro le altre, le risate scrosciarono. Nicole si godeva i continui battibecchi tra Steve e Danny, felice di essere tra i suoi amici più cari.
Avevano finito da un bel po’ di cenare e stavano chiacchierando quando udirono gli scoppi dei fuochi d’artificio. Evelyn si illuminò, scivolò giù dalle gambe di Kono su cui era seduta e corse verso la spiaggia.
«I fuochi!» gridò, girandosi in direzione di Waikiki.
Tutti la seguirono: solo Nicole rimase seduta sulla panca. Guardò le persone ferme sulla spiaggia che indicavano verso la baia e ridevano felici e una sensazione di calore le si diffuse nel petto. Era fortunata, davvero fortunata.
Pensò a suoi genitori e a quelli di Steve. Era certa che fossero lassù da qualche parte e che in quel momento stessero guardando verso di loro. Li ringraziò in silenzio perché era convinta che vegliassero su di loro e li proteggessero.
Steve si guardò intorno, si accorse che non era lì e la cercò con lo sguardo. Si allontanò dal gruppo e la raggiunse, accosciandosi davanti a lei.
«Che c’è?» le chiese, posando le mani sulle sue cosce.
«Niente, ragionavo solo su quanto siamo fortunati» rispose, facendo un cenno verso il gruppo che rideva e scherzava sul bagnasciuga. Nicole si portò la mano al cuore: «Ohana» disse semplicemente.
Steve si tese e la baciò.
«Mamma, papà! Vi state perdendo tutti i fuochi» protestò Evelyn, correndo verso di loro.
«Hai ragione, zuccherino. Andiamo!»
Steve la sollevò, tenendola senza sforzo sull’avambraccio sinistro. Con il destro cinse le spalle di Nicole e insieme raggiunsero il gruppo, restando a guardare le scintille colorate dei fuochi d’artificio che si riflettevano nelle acque stranamente calme dell’oceano.
  
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