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Autore: _Gin___    29/12/2020    3 recensioni
“Avete onorato il contratto, piccola di Artemide. Concedo a Thorn un titolo nobiliare e lo affranco dalla sua condizione di bastardo. Di conseguenza sarà sottoposto a un altro processo, stavolta nelle dovute forme. Aprite la porta.”
"What if...?" che parte dalla fine de "Gli Scomparsi di Chiardiluna"
Dopo l'incontro con il Mille Facce, Thorn decide di fidarsi di Ofelia e rinuncia al suo piano di fuga.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao! Chiedo scusa per il ritardo, le feste hanno fatto rallentare un po' la mia scrittura.
Spero che il capitolo vi piaccia!
Vi ringrazio per i commenti che ho ricevuto, sono sempre molto apprezzati :)
A presto
S.





CAPITOLO 3


“VUOI ESSERE RIPUDIATA?!” Ofelia, seduta sul divano, fece una smorfia in risposta all’urlo della madre. Forse rivelare a tutti la decisione di annullare il matrimonio non era stata una delle sue idee migliori. “Sai cosa significa? Cosa dovrai affrontare?” continuò ad urlare Sophie in piedi in mezzo al salotto. Lampadari, tavolini, sedie, bicchieri… Tutto ciò che si trovava nella stanza rispose all’animismo della donna, tremando come nel mezzo di un terremoto. “Eravamo disposti a riportarti a casa, ma hai voluto inseguire quell’uomo e sposarlo di nascosto in prigione! E ora vuoi annullare il matrimonio! SEI IMPAZZITA?”

Ofelia sospirò osservando il resto delle persone radunate nella stanza. Berenilde era seduta di fianco alla zia Roseline, dall’altra parte della stanza. La donna era rimasta inizialmente pietrificata dall’annuncio di Ofelia, ma ora la osservava con uno sguardo affilato. Vittoria, sorridente tra le sue braccia, non sembrava affatto spaventata da tutte quelle urla e rumori mentre cercava di attirare l’attenzione della zia Roseline agitando una manina. “Perché?” chiese Berenilde dubbiosa.
“Oh non ha importanza il perché!” La Relatrice sfoggiava un grande sorriso soddisfatto, seduta su una delle poltrone. “Era ora che metteste fine a questa assurda vicenda. Le Decane sono stanche di tenervi d’occhio, dopo l’annullamento del matrimonio tornerete finalmente su Anima!”
Ofelia si maledisse nuovamente per non aver tenuto la bocca chiusa e scosse la testa. “Non tornerò su Anima”, disse scatenando l’ennesima reazione di sua madre.
“Non tornerai a casa?!” Hector e le sue sorelline, seduti per terra, osservavano intimoriti la scena, con lo sguardo che rimbalzava velocemente tra Ofelia e la madre. Le frange del tappeto battevano sul pavimento ritmicamente. “Cosa hai intenzione di fare? Se quell’uomo ti ripudia non potrai rimanere al Polo! Né prendere un altro marito! Farai nascere tensioni tra la nostra Arca e il Polo!” Agata annuiva a ogni parola della madre, osservando Ofelia con gli occhi spalancati.
Ofelia ne aveva fin sopra i capelli di tensioni interfamiliari, Spiriti, Decane, Dio… Come era riuscito Thorn a sopportare quel fardello per tutta la vita? “Vi chiedo solo di avere fiducia in me…”
“Vostra madre ha ragione”, la interruppe Berenilde. “Se mio nipote vi ripudia non potrete rimanere qui.”
Archibald, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, sospirò. “Il nostro caro Intendente potrebbe semplicemente dichiarare invalido il contratto di matrimonio.” Era disteso sul pavimento, con le braccia incrociate dietro la testa, gli occhi erano coperti dal cappello appoggiato sulla fronte. Sembrava terribilmente annoiato.
Tutte le teste si rivolsero verso di lui. “Sulla base di cosa?” domandò Berenilde seccata.
“Oh, i casi sono due”, spiegò l’uomo alzando una mano e contandoli sulle dita. “Caso uno: il contratto può essere invalidato se la Cerimonia del Dono non è avvenuta o se, incredibilmente, non ci sono stati scambi di poteri.” Ofelia si mordicchiò i guanti, consapevole che quel caso non potesse essere applicato. Thorn era diventato un Attraversaspecchi. “Caso numero due”, Archibald si mise a sedere con un rapido movimento e si tolse il cappello dagli occhi, sorridendole maliziosamente. “Il matrimonio non è stato consumato.”
Ofelia arrossì violentemente.
“Mi pare ovvio che non sia stato consumato!” sbottò Sophie portando le mani sui fianchi e voltandosi verso l’ex-Ambasciatore. “Si sono sposati meno di 24 ore fa, in una prigione!”
Archibald alzò le spalle, mentre il suo sorriso si allargava. “Non sappiamo cos’abbiano combinato nell’ufficio dell’Intendente… La signora Thorn è stata via parecchio”, aggiunse rivolgendosi di nuovo a lei.
Ofelia sperava di essere inghiottita dal pavimento. I suoi occhiali avevano raggiunto una gradazione di bordeaux quasi violacea e tutti gli occhi nella stanza erano fissi su di lei. Pensavano davvero che fosse corsa da Thorn per quello? Si erano solamente parlati!
Ma la sua mente, traditrice, la riportò agli ultimi secondi del loro incontro, allo sguardo di Thorn, a quell’istante in cui aveva pensato che l’avrebbe baciata. Cosa sarebbe successo se l’avesse baciata?

“Mamma…” la voce di Domitilla, confusa, spezzò il silenzio. “Cosa vuol dire ‘consumato’?”
“Che hanno dormito insieme!” rispose rapidamente il fratello, seduto sul pavimento vicino a lei, con un sorriso soddisfatto.
“HECTOR!”
Ofelia si coprì il viso con le mani e si lasciò sprofondare sul divano, mentre la madre riprendeva il fratello minore. Perché non era rimasta semplicemente zitta?
“Se non è stato consumato, potete semplicemente annullare il matrimonio.” Concordò Berenilde, ma la sua voce, così come la sua espressione, si era fatta più dura. “Tuttavia, continuo a non comprenderne il motivo.”
L’Animista annuì lentamente. Capiva le loro perplessità, dopotutto aveva insistito per sposare Thorn in cella ad ogni costo e ora stava combattendo per annullare quello stesso matrimonio. “Voglio poter testimoniare al processo, voglio che la mia testimonianza possa essere ritenuta valida. Non possiamo rischiare che Thorn finisca nuovamente in prigione!”
La freddezza nell’espressione di Berenilde si sciolse e nel viso della donna apparve un sorriso. “Nessuno ve lo impedisce”, disse dolcemente, alzandosi in piedi. Vittoria, tra le sue braccia, aveva chiuso gli occhi. “Nessuna legge del Polo vieta a un coniuge o ad un parente di prendere parte a un processo.”
Confusione e dolore attraversarono Ofelia. Nessuna legge del Polo. Thorn conosceva perfettamente tutte le leggi del Polo e non dimenticava mai nulla, eppure non gliene aveva parlato. Ofelia aveva pensato che l’annullamento fosse necessario, motivo per cui non si era opposta. Ma Thorn sapeva, sicuramente. Eppure, aveva insistito per annullare il matrimonio, anche dopo che lei gli aveva assicurato che sarebbe rimasta al Polo. Stava escogitando un nuovo piano? Voleva allontanarla? L’idea di essere sposato con lei, senza un Libro da leggere, era davvero così terribile?
Archibald ridacchiò. “Il nostro Intendente dovrebbe essere al corrente di queste regole, non pensate?” Chiese ironico, facendo montare l’irritazione di Ofelia. “Fossi in voi, se volete tenervelo stretto, cercherei di consumare in fretta”, continuò l’ex Ambasciatore sistemandosi il cappello in testa ed alzandosi dal pavimento, posizionandosi di fronte a lei. “L’Intendente ora non è più un bastardo… Non è particolarmente affascinante, ma un nobile, nonché ultimo discendente dei Draghi e degli Storiografi, avrà sicuramente la fila di donne fuori dalla porta.”
In un istante, Ofelia percepì una strana sensazione sulla superficie della sua pelle, come un formicolio, e Archibald si ritrovò per terra. Tutte le teste si voltarono nella sua direzione, confuse e allarmate, mentre Ofelia scattava in piedi, spaventata. Riconosceva quel potere, l’aveva visto in azione, ne era stata vittima lei stessa.  
L’uomo la guardò sbalordito, prima di scoppiare a ridere, con la testa piegata all’indietro. La solita noia che albergava nel suo sguardo sembrava scomparsa. “Gelosia e Artigli vi si addicono, signora Thorn.”
 
 

Ofelia camminava avanti e indietro nel salotto della dimora di Berenilde, davanti allo specchio.
“Sono cose che succedono a tutti”, la tranquillizzò per l’ennesima volta Berenilde, cullando Vittoria tra le braccia, con un sorriso. Erano rimaste solamente loro in salotto. Dopo l’incidente, a cui tutti avevano assistito, la sua famiglia si era ritirata in una delle stanze per gli ospiti, con la scusa di dover riposare, e Archibald era tornato a corte ridacchiando. Ofelia sbuffò. “Non è nulla di grave, non capisco perché vi affanniate tanto.”
“Devo parlarne con vostro nipote” mormorò Ofelia. Erano trascorse solamente un paio d’ore da quando era tornata dall’Intendenza, ma sentiva già la necessità di attraversare la superficie riflettente e vedere Thorn. Doveva parlargli dell’incidente.
“E non vi basta attraversare quello specchio per farlo?” Berenilde alzò gli occhi al cielo. “Ah, ditegli che se non torna a casa entro stasera andrò io stessa a prenderlo all’Intendenza. Ho diritto ad avere una spiegazione! E dovrebbe stare a letto a riposare, non chiuso in ufficio!” Dietro al tono spazientito della donna Ofelia riusciva a scorgere una nota di preoccupazione.
Sì, teoricamente le bastava attraversare lo specchio per parlare con Thorn, e lui stesso le aveva detto che poteva andare nel suo ufficio per parlargli. Ma era passato pochissimo tempo dal loro incontro. Era ancora arrabbiato? Avrebbe cercato di rispedirla su Anima? Anche lei era ancora scossa da ciò che era successo. Thorn era stato freddo e inflessibile durante il loro incontro, ma non gelido come quando l’aveva lasciata in corridoio mentre lo medicavano. E alla fine… Ofelia sospirò. Alla fine, quando gli aveva dato l’orologio, aveva riconosciuto negli occhi di Thorn lo stesso ardore che aveva visto quando erano usciti da quella cella.
“Ofelia, non dormite sul pavimento”.
Anche il suo tono di voce era cambiato in quel momento, facendo nascere uno strano fuoco nel suo stomaco. Aveva intuito fosse stato lui a spostarla dal corridoio in cui si era addormentata mentre lo aspettava, ma ora si chiedeva come fosse riuscito a prenderla in braccio. Si morse il labbro pensierosa.
Però le aveva mentito, aveva insistito per annullare il matrimonio nonostante non fosse necessario in realtà. Si sentiva terribilmente confusa e frustrata. Thorn aveva cercato di diminuire la distanza tra loro per mesi e ora che finalmente Ofelia gli si era avvicinata, lui sembrava determinato ad allontanarla di nuovo.
Ad aggravare la situazione, si era aggiunto l’incidente di poco prima. Aveva percepito, per un solo istante, gli Artigli, prima di sferrare un attacco involontario ad Archibald. L’ex-Ambasciatore e Berenilde avevano trovato il tutto estremamente divertente, ma lei era spaventata. Non capiva cosa avesse fatto scattare il suo nuovo potere, non sapeva come controllarlo, e aveva visto la paura negli occhi della sua famiglia.
“Ofelia, siete sua moglie, avete il diritto di interrompere qualsiasi cosa stia combinando.” L’Animista evitò di ricordarle che non era sicura di essere ancora sua moglie e annuì. Doveva parlargli.
Prese un profondo respiro per farsi coraggio e immerse la testa nello specchio.
Con suo immenso sollievo l’anta dell’armadio era aperta.
La fronte di Thorn si increspò vedendo la sua testa comparire dallo specchio e l’uomo le fece cenno di rimanere in silenzio, prima di alzare la cornetta del telefono. “Posticipate gli appuntamenti. Vi richiamerò io.” Ofelia sollevò le sopracciglia stupita uscendo dallo specchio. Era la prima volta che Thorn non imponeva un limite di tempo a un loro incontro se aveva degli impegni di lavoro.
“Non pensavo di rivedervi così presto.” Ammise l’Intendente, afferrando uno specchietto dal cassetto della scrivania e controllando i loro riflessi.
“Ho bisogno di parlarvi.”
Thorn appoggiò il mento sulle dita intrecciate delle sue mani e la guardò attentamente. Ofelia osservò i lividi violacei sul suo volto e si chiese dove trovasse la forza di lavorare in quelle condizioni. “Ditemi”, la incalzò.
Ofelia si mordicchiò i guanti per qualche istante. Doveva iniziare dal problema principale. “Ho ereditato i vostri Artigli” ammise in un sussurro.
Thorn si irrigidì. “Ne siete sicura? Li avete percepiti?”
“Li ho scatenati.” La voce di Ofelia si era fatta ancora più sottile. Non l’aveva rivelato a Berenilde, ma temeva il giudizio di Thorn. Sapeva quanto l’uomo odiasse la violenza e lei era stata stupida. Si era convinta di non aver ereditato alcun potere e aveva abbassato la guardia. Cosa sarebbe successo se avesse involontariamente colpito sua madre? O una delle sue sorelle? Un brivido la percorse.
Il volto di Thorn era diventato una maschera scura, ma si era alzato lentamente dalla sedia per avvicinarsi. “Contro chi li avete scatenati? State bene?”
“Archibald.”
Ofelia vide la mascella di Thorn contrarsi con forza e i suoi occhi emanare disprezzo. L’uomo si fermò in piedi davanti a lei, costringendola ad alzare lo sguardo, e le posò una mano sul braccio sano, poco sopra il gomito. “Ofelia, se quell’uomo ha osato anche solo sfiorarvi…”
“No, no” si affrettò a chiarire. Archibald si era già beccato un’artigliata da parte sua, non voleva sottoporlo anche all’ira di Thorn.
“Ne siete certa? Sono ancora vostro marito, se vi ha mancato di rispetto…”
“No.” Ofelia scosse la testa con forza, mentre il suo cervello registrava i dettagli. Il matrimonio non era ancora stato annullato. La mano di Thorn era rimasta sul suo braccio. “Ha lanciato le sue solite frecciatine, ma dopo il nostro incontro ero… nervosa. Una delle sue frasi mi ha punta nel vivo e gli artigli sono scattati prima ancora che potessi rendermene conto.”
Thorn la osservò in silenzio per qualche secondo. “Cosa vi ha detto? L’avete ferito? I vostri artigli sono particolarmente potenti?”
Istintivamente, Ofelia alzò il braccio, per mordicchiare il guanto, e Thorn rimosse con uno scatto la mano, guardando il suo arto quasi confuso. “Non penso di averlo ferito”, Ofelia sorvolò sulla prima domanda, sperando che Thorn non ci facesse caso, “inizialmente è rimasto sorpreso ma poi è scoppiato a ridere, prima di andarsene. Vostra zia dice che è stato un attacco abbastanza forte.”
Lo sguardo dell’uomo si indurì mentre si appoggiava alla scrivania dietro di sé. Sembrava improvvisamente furioso e Ofelia fu percorsa da un brivido.
“Vorrei… Vorrei mi insegnaste come controllarli”, mormorò, mentre la sciarpa si sistemava meglio intorno al suo collo e al braccio rotto, come per infonderle coraggio. “Vi avevo detto che io vi avrei insegnato a leggere, ma… Sì, insomma…”
Ancora in silenzio, Thorn estrasse l’orologio dal taschino e lo appoggiò sul tavolo, dove, sotto lo sguardo stupito di Ofelia, si aprì e si richiuse di scatto. “Potete insegnarmi a gestire il vostro Animismo”, disse afferrando un’agenda. “Posso dedicarvi dure ore al giorno, da mezzanotte alle due.”
Ofelia, con lo sguardo ancora fisso sull’orologio, annuì lentamente. Il fatto che Thorn avesse ereditato il suo Animismo, e lei i suoi Artigli, la faceva sentire strana, come se all’improvviso il loro legame si fosse fatto più profondo.
Non era una brutta sensazione.

“Possiamo iniziare stasera”, aggiunse Thorn tornando dietro alla scrivania. Aprì uno dei quaderni sul tavolo e prese una penna tra le mani. “Se non c’è altro, dovrei tornare al lavoro.”
Ofelia si riscosse dai suoi pensieri e fece un passo in avanti. “Volete ripudiarmi?”
La fronte di Thorn si aggrottò, muovendo la fasciatura, ma l’uomo rimase concentrato sui suoi appunti. “Certo che no.”
“Volete annullare il matrimonio perché non l’abbiamo consumato?” A quel punto, Thorn alzò lo sguardo di scatto verso di lei, e Ofelia si sentì arrossire. L’Intendente la fissò per diversi secondi, prima di chiudere il quaderno.
“Voglio annullare il matrimonio così che possiate tornare su Anima e dimenticarvi tutta questa faccenda”, disse lentamente. “Il fatto che non sia stato consumato rende tutta la procedura di annullamento più semplice.”
“Ma cosa penseranno di voi? Avevate già annullato le nozze e ora…”
“Ve lo ripeto”, la interruppe Thorn, riprendendo a lavorare, “essere ricoperto di ridicolo non è un problema. Non mi interessano i pettegolezzi della corte.”
“Nemmeno ora che siete un nobile?” Ofelia non riusciva a comprenderlo. Poteva immaginare i commenti terribili che sarebbero nati se il loro matrimonio fosse stato annullato, specialmente con quelle motivazioni.
L’angolo della bocca di Thorn si sollevò in un sorriso amaro. “Nel caso in cui non l’abbiate notato, il fatto che io ora sia un nobile non cambia nulla. La corte continua a detestarmi, i Miraggi mi vogliono morto. Il titolo nobiliare mi permette di avere un processo equo, ma agli occhi di tutti sono ancora un bastardo. Pensate possano interessarmi le dicerie? I sorrisi di scherno perché non mi sono imposto su di voi?” La sua voce si era fatta tagliente.
Ofelia deglutì e ripensò al contratto stipulato da Thorn con Faruk. Per mesi aveva creduto che il loro matrimonio fosse solo un modo, per Thorn, di essere riabilitato. Aveva poi compreso di essersi sbagliata, era venuta a conoscenza delle reali motivazioni di Thorn e di cosa quel contratto comportasse davvero, ma si era comunque aspettata che il loro matrimonio e il conseguente titolo nobiliare avrebbero messo fine alle ostilità degli abitanti del Polo nei confronti dell’Intendente, al disprezzo causato dal suo stato di bastardo. Anche le parole di Archibald le avevano fatto pensare che le condizioni di Thorn fossero cambiate, in meglio.
“Non avete la fila fuori dalla porta?”
Thorn rimase interdetto per qualche secondo, poi fece passare lo sguardo tra lei e la porta dell’ufficio, confuso. “Ho rimandato un paio di appuntamenti a causa vostra”, rispose perplesso, “tuttavia dubito che la gente si stia accalcando in sala d’attesa.”
Ofelia sentì un sorriso aprirsi sul viso e scosse debolmente la testa, mentre gli occhiali le si tingevano di rosa.
“Ad ogni modo”, riprese Thorn schiarendosi la voce, “il matrimonio verrà annullato perché, non avendo potuto voi avere scelta, non può essere considerato valido.”
Ofelia sollevò le sopracciglia. “Di cosa state parlando?”
“Siete stata costretta a sposarmi perché ero in pericolo di vita.”
“Costretta?!” Ofelia lo guardò sbalordita e irritata. Si era sentita davvero libera di prendere le sue decisioni solo dopo che Thorn aveva annullato le nozze e le aveva chiesto di andarsene dal Polo. “Ho scelto io di leggere il Libro di Faruk, ho scelto io di stipulare un nuovo contratto con lui e di sposarvi in prigione!”
Thorn si alzò in piedi, appoggiando le mani sulla scrivania. “Perché il vostro innato senso di giustizia non vi avrebbe permesso di agire diversamente!”
“Ho avuto una scelta! E ho deciso…”
“Non capisco quale sia il problema!” sbottò Thorn interrompendola. “È il modo più semplice per invalidare il nostro matrimonio!”
Ofelia sbuffò e si avvicinò alla scrivania, mentre la sua sciarpa si agitava. “Non voglio che annulliate il matrimonio!”
Fu il turno di Thorn di restare allibito. “Tre ore fa mi avete detto…”
“Tre ore fa non sapevo di poter testimoniare anche se sono vostra moglie!” Thorn afferrò al volo i documenti sul tavolo prima che Ofelia potesse farli volare in giro sbattendo la mano sulla scrivania e le lanciò un’occhiataccia. "Vi siete dimenticato di mettermi a conoscenza di questo dettaglio?"
“Non testimonierete”, disse lapidario. “Non mi interessa cosa vi ha detto l’Ambasciatore,…”
“È stata vostra zia.”
“…tornerete su Anima una volta invalidato il matrimonio.”
L’Animista prese un respiro profondo e strinse il pugno. “Ve l’ho già detto, non tornerò a casa. Prenderò parte al processo. E mi opporrò all’annullamento, è la vostra parola contro la mia dopotutto.”
Gli occhi di Thorn erano fissi sul suo volto, mentre rifletteva. La sua espressione era contrariata, ma allo stesso tempo sembrava combattuto, come se al suo interno si stesse svolgendo una guerra.
“Potrei ripudiarvi perché vi rifiutate di condividere il mio letto”, tentò, ma la sua voce era debole, insicura. Ofelia sospirò sollevata.
“Berenilde chiede che torniate a casa”, cercò di cambiare l’argomento del discorso, sperando che Thorn mollasse definitivamente la presa e accettasse le sue scelte.
Ma l’uomo non sembrava della stessa idea, osservandola con attenzione in silenzio. “Ofelia, perché volete continuare ad essere mia moglie?”
“Io…” iniziò, ma si interruppe. Ofelia non aveva idea del motivo che l’aveva spinta ad opporsi all’annullamento. Aveva sempre desiderato essere indipendente, ma il fatto di essere sposata con Thorn la tranquillizzava, invece che spaventarla. Si era abituata ad averlo al suo fianco. “Penso che non siate poi così male come marito." mormorò. "Inoltre, così non potrete escludermi dai vostri piani” aggiunse sorridendo, ma pronunciate a voce alta le parole sembravano sbagliate. Avevano un sapore amaro e Ofelia vide le sue lenti tingersi di uno strano colore grigiastro.
La mascella di Thorn si irrigidì e le sue labbra si strinsero. L’uomo fece un cenno secco con la testa e le indicò lo specchio.

“Devo tornare al lavoro”, annunciò freddo. “Dite a mia zia che passerò a trovarla dopo cena, devo parlare con l’Ambasciatore.” Ofelia annuì, augurandosi che Archibald non dovesse ricevere due attacchi in un solo giorno. “Se avete paura che i vostri Artigli si scatenino, mantenete le distanze dalla vostra famiglia. E non parlate con nessuno del nostro appuntamento per questa sera.” Thorn si risedette e aprì una serie di libri davanti a sé, prima di afferrare la cornetta del telefono.
Ofelia lo guardò per un’ultima volta, con uno spiacevole peso sullo stomaco, e si diresse verso l’armadio, attraversando lo specchio.
   
 
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