14#
— Solo; 15# — Freddo
Personaggi:
Karma, Fyodor Dostoevskij
Canzoni: Stratosphere ~ Starset
Numero parole: 893
Ho attirato i
tuoi occhi,
rapace
E ora non posso cauterizzare
la ferita aperta che hai
inflitto
… Tu mi riempi i polmoni,
e sottrai l’aria.
«La
tua anima è in
pace, fanciullo smarrito? La purificazione ti ha portato a casa?
Dimmelo,
voglio sapere ogni cosa.»
La città che sorge alle
sue spalle, imperlata dalle lacrime del mattino e quieta come mai
l’ha udita —
ora che motivo c’è di urlare, chi soffre
più? Anche le voci che ha conosciuto
hanno perso forza e sono precipitate insieme alle lacrime —,
è più distante dall’oceano
rispetto alla corrispettiva reale; è per questo, si dice
Karma, che non ha
ancora trovato la voglia di ritornare a camminare in quel grembo di
pietre e
ombra.
No, non ha paura, non di
lei; ma prima di quel viaggio, ha bisogno di percorrere per intero la
lunga
spiaggia sulla quale si è risvegliato dopo la fine,
la stessa che allora
ha guardato da dietro una finestra, nei giorni immobili e nel buio
sussurrante.
I piedi affondano
dolcemente nella sabbia dorata e le piante sentono tutto il calore che
i
granelli hanno raccolto dal sole, le vibrazioni delle onde che portano
la
schiuma a riva e subito tornano a giocare al largo; ora che non ha
bisogno di
mangiare né dormire, può passare tutte le ore che
vuole a inseguirle, avanti e
indietro e sempre più in là, fino a quando la
luce si tramuta nella carezza
degli abissi.
I giorni volano sulle ali
della libertà finalmente giunta e disfano la tela delle
paure, anche se è solo
— così com’è stato in vita;
eppure, questa volta ha scelto lui di non avere nessuno
dal quale fuggire o con il quale scambiare unicamente silenzio.
Quando si è per proprio
conto, niente può ferire o tormentare, non esiste pericolo
di sentirsi spezzare
dal vuoto; e se la memoria rimarrà distante, se non
incontrerà i volti dei
vecchi compagni e la traccia di ciò che è stato,
non potrà che essere un bene.
È questo che il giorno
protegge, il giovane e la sua calma; perché nella notte lui
giunge,
portato dalle stesse ali del buio, e Karma non può chiamare
i sogni come scudo,
ora che non esistono più.
Perché non accade sempre,
ma a volte il corpo è pervaso da un fantasma che brucia e
congela al medesimo
tempo, immobilizza e allontana il canto dell’oceano,
trasporta tutto il mondo
dentro al sospiro dell’inverno; perché
è quello il momento in cui le stelle si
spengono a una a una e la notte s’ammanta di un velo rosso,
mentre nel cielo e
proprio accanto a lui appaiono due occhi viola, arrivati attraverso
porte che
né mortali né anime possono attraversare
— ma lui non è come gli altri.
Questi
lo scrutano e rifulgono del sorriso che si apre non appena Karma gli
rivolge
attenzione, e nell’assenza continua a parlare solamente una
voce calma: Ho
visto quello che emani e ho stretto la mano per prenderne un pezzo con
me. Ti
ho tolto dalla corruzione, emendato dalla colpa.
Il ragazzino non riesce
mai a rispondere con ciò che prova veramente: ma il freddo
sembra comprendere
le parole non dette, così come il giovane che lo conduce
ovunque. Quanti ha
reso come lui, e chi torna a visitare con la stessa
curiosità? Il mondo respira
già nelle ombre che lui ha promesso, o qualcuno ha trovato
il coraggio di
contrastare il suo cammino?
Perché
non torni in
città?
«…
Ognuno ha luoghi che
non può e deve raggiungere. Considerala
un’espiazione.»
Il suo assassino
assottiglia gli occhi quando risponde così, ma resta quieto;
e Karma non
replica, tuttavia lancia uno sguardo alla Yokohama che attende le anime
dei
suoi abitanti, per poi farsi più vicino alle onde.
Dostoevskij è un vento
niveo che spira sul collo di chiunque lo abbia chiamato, e il rosso non
fa
eccezione: non si sfugge all’abbraccio del buco nero nemmeno
quando questi ti
ha ormai schiacciato, e se all’inizio Karma ha trovato una
sorta di pace nell’andarsene
per mano di un’anima tanto singolare, ora rivederlo sotto
ogni luna,
all’interno della sua stessa ombra come un riflesso
rovesciato e annerito, gli
instilla anche il timore di cosa potrebbe succedere se si recasse in
città. Se
le ferite guariscono, le cicatrici rimangono: non può
portare la mano del
demone in mezzo a chi ha vissuto troppo e ora ha bisogno di pace, su
coloro che
sono innocenti… è una questione e una compagnia
solamente sua.
Ed ecco che la solitudine
ritorna a essere la realtà che più si adatta a
lui, per proteggerlo e
proteggere, anche in questa notte popolata da voci: qualcuno,
più di uno, si
sta avvicinando alla spiaggia riempiendola di risate e richiami,
facendo
tremare l’aria.
Per un solo istante,
l’impulso caldo di andare incontro ai nuovi arrivati e unirsi
a loro, anche se
per un unico attimo, è talmente forte che il ragazzino prova
la sensazione
di un brivido; ma la sua ombra e l’altro
lo afferrano per i polsi e lo tengono
ben stretto al luogo in cui si trova, ricordandogli il suo posto.
Rimarrà indietro un’altra
volta, distante da ciò che anche lui meriterebbe almeno in
parte: non è stato
un eroe in vita, ma qualcosa ora può fare.
E non si dica che i
giovani non sanno prendersi le proprie responsabilità, o
sapere come soffre un
uomo.
ANGOLO
DI MANTO
Salve
**
Ok, questa storia è stata pensata per essere angst ed
è venuta anche più
ombrosa del previsto, allegria!
E nonostante io sia tra quelle povere anime che vorrebbero vedere Karma
vivo e magari come aiutante di Fyodor perché
sì, sono consapevole del
fatto che, per quanto ne sappiamo su Dostoevskij, non ci sono motivi
per pensare che
sarebbe potuta andare diversamente *piange forte*; invece, è
per me più verosimile che
il ragazzino se lo riveda intorno spesso anche dopo la morte.
La shot è il riflesso della precedente, dove là
era un morto che andava
a trovare un vivo, ma è anche legata a una che
verrà successivamente, e qui
entreranno in scena personaggi ben diversi… il mio cuoricino
già freme *^*
Un abbraccio,
Manto