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Autore: ONLYKORINE    30/12/2020    2 recensioni
Lisa torna a Springfield dopo la laurea in veterinaria, non è contentissima, perché non le piace tanto la sua città. Avrebbe preferito passare l'estate, come tutte le altre, a Cambridge, dove ha frequentato il college.
Tornando a casa incontra vecchie conoscenti, nuovi amici, ex fidanzati e si rende conto di non aver un gran rapporto con i suoi fratelli. Per fortuna sarà solo un'estate.
(LisaxNelson)
Prometto di cambiare la trama con una migliore. Prometto prometto.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bart Simpson, Lisa Simpson, Nelson Muntz, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Confidenze fra estranei

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“Aspetta, ti aiuto.”
Nelson le fu subito accanto e l’aiutò ad alzarsi, porgendole una mano, esattamente come aveva fatto il primo giorno che lei era tornata a Springfield.
“Grazie” disse, imbarazzata, stringendogli la mano e dopo, una volta in piedi, facendo finta di togliersi della polvere dai jeans.

 

Nelson guardò Bart che, sdraiato per terra, rideva. Si passò una mano fra i capelli e sospirò. “Ci sono i tuoi in casa?” chiese a Lisa, guardandola.
Lei scosse la testa. “Sono sola”.
Ok. Il ragazzo si chinò e prese un braccio di Bart portandoselo sulla spalla e tirandoselo sulla schiena. “Fammi strada” disse, rivolto al Lisa.

 

Lisa osservò stupita Nelson che si caricava addosso Bart e rimase imbambolata a guardarlo. Quando lui le chiese di indirizzarlo scrollò le spalle e annuì, entrando in casa e salendo le scale meccanicamente davanti a loro.
“Lisa… Lisa…” la chiamava suo fratello.
“Bart, ma cosa hai combinato? Perché hai bevuto così tanto?”
“Oh, Lisa, non mi hai visto? Nelson mi ha dato un pugno, ho tutta la faccia nera…”
“Cosa?” Lisa si girò di colpo e per poco Nelson non le finì addosso. “Cosa gli hai fatto?”
“Non è andata proprio così…” si giustificò lui.
La risata roca e biascicosa di Bart tranquillizzò un po’ Lisa, che cercò di vedere con i propri occhi il danno.
“Facciamo che lo metto sul letto e lo guardi lì? È un po’ pesante…” Lisa divenne rossa, annuì alle parole di Nelson e aprì la porta della stanza di Bart, facendogli cenno di entrare.

 

Nelson raggiunse il letto e ci lasciò cadere, forse un po’ troppo pesantemente, un Bart ridacchiante e ciarliero.
“Cosa avete combinato?” Il tono di rimprovero di Lisa lo fece imbarazzare, ma poi si riprese quasi subito.
“Non abbiamo combinato niente. Bart voleva far colpo sulla cameriera e ha continuato a ordinare da bere…”
“E perché non lo hai fermato?” Lei aveva ancora quel tono.
“Perché non sono la sua balia, forse? È grande abbastanza” disse, alzando le spalle.
Ma Nelson si sentì in colpa quando Lisa guardò il fratello con occhi preoccupati.
“Ma starà bene?” Quando lei si morse il labbro, Nelson dovette fare un passo indietro e togliere lo sguardo.
“Certo. Vero, Bart, che starai bene?” gli chiese, toccandogli un piede con la punta della scarpa. Per tutta risposta, lui scalciò le scarpe e si mise su un fianco, blaterando di metodi per la buonanotte.
Quando Bart frugò nel comodino, vide Lisa trasalire e se ne stupì.
“Sì, starò bene dopo che avrò fumato qualcosa per addormentarmi… Ehi, ma dov’è il mio spliff? Non lo trovo… Cavolo, pensavo di averlo lasciato qui… Ehi, Nelson me ne rolli uno?”
“Te sei fuori… Non ti rollo niente!”
“Allora devo cercare dov’è…” disse Bart, cercando di mettersi seduto per alzarsi.
“Adesso è il caso che tu dorma…”
“No, voglio trovare il mio…”
“Bart, mettiti giù, non c’è più la tua… canna…” La voce di Lisa era quasi un sussurro, mentre si avvicinava al fratello e cercava di spingerlo a sdraiarsi.
Bart la guardò in viso e si lasciò cadere mentre rideva. “Oddio, me l’hai fumata tu? Grande sorellina! Allora non sei noiosa…”
Nelson vide chiaramente Lisa bloccarsi e rimarci male per le parole del fratello.
“Bart, fai meno l’imbecille, dai. Mettiti giù e smettila di parlare” intervenne lui, spostando la ragazza e pigiando una mano sul petto di Bart. Lui annuì e non fece resistenza.
“Ok… Finché non si ferma la stanza, rimango sdraiato.”
“Ecco, bravo…” Nelson vide Lisa avviarsi verso il corridoio e, una volta che lei ebbe varcato la soglia della stanza, si chinò su Bart. “E smettila di dire certe cose a tua sorella, c’è rimasta male, idiota”. Gli diede un pugno su una spalla ma cercò di non fargli male.
Si alzò, ma prima che riuscisse a rimettersi dritto, Bart gli afferrò un braccio con un gesto preciso, come se fosse diventato sobrio tutto d’un tratto.
“Ti piace Lisa?” Scosse il capo.
“Sei stato stronzo.”
“Lei ci odia. Odia tutto di Springfield. Forse odia anche te.”
“Me ne farò una ragione.”
Bart lo guardò con l’ultimo barlume di lucidità e poi chiuse gli occhi sospirando.

 

Lisa, dal corridoio, dove si era rifugiata quando Bart aveva detto quello che aveva fatto, osservò Nelson sospirare e raggiungerla subito dopo. Senza dire una parola percorsero a ritroso il tragitto di poco prima e, una volta fuori, lui disse: “Ti giuro che non ho fatto apposta, è stato un incidente in palestra”.
Lei annuì: di sicuro, se si fossero picchiati, Nelson non  avrebbe riaccompagnato a casa Bart e, sicuramente, non lo avrebbe messo a letto!
“Grazie per averlo riportato, allora.”
Si avviò verso la panchina artigianale di suo padre e si sedette. Mentre cercava quel che era rimasto della canna, lanciò qualche occhieta verso Nelson che era rimasto sul vialetto e la guardava con uno strano cipiglio.

 

Nelson la guardò sedersi e poi, quando lei si voltò verso di lui, si sentì in imbarazzo: forse lo stava invitando ad andarsene. Quando Lisa raccolse qualcosa da terra e rabbrividì, appoggiandosi al muro della casa, le chiese perché stesse fuori.
“Sto aspettando mia sorella. È uscita con dei tipi che non conosco e…” Nelson sorrise, mettendosi le mani in tasca.
“Capisco perfettamente” disse. Ellie lo aveva fatto preoccupare svariate volte e non aveva ancora smesso.
“Vero, anche tu hai una sorella…” La voce di Lisa era stanca, ma sorrise quando lo disse.
“E non sai quanto mi ha fatto dannare!”
“Aspetti con me?” Quando Lisa lo interruppe, Nelson non seppe cosa rispondere, così si voltò verso il carro attrezzi come per trarne ispirazione.
Poi, lentamente, annuì. “Va bene. Ma sposto il mostro” disse, indicando il mezzo.

 

Lisa osservò il ragazzo salire sul carro attrezzi e si chiese perché gli avesse domandato di rimanere con lei. Quando tornò, dopo pochi minuti, camminando sul marciapiede, pensò di aver fatto un errore madornale. Ma poi lui, senza dire niente, si sedette di fianco a lei sulla panchina e, quando la guardò, Lisa provò una sensazione bellissima.
Non dissero niente per qualche minuto, ma il loro silenzio era così pieno di serenità, che Lisa pensò che fosse un peccato infrangerlo.

 

Lei tirò fuori un accendino dalla tasca della felpa che indossava e accese una canna che era apparsa magicamente nella sua mano, secondo Nelson. “Allora ce l’avevi tu davvero!” esclamò Nelson, sorpreso: non lo avrebbe mai detto.
“Pensavi anche tu che fossi noiosa, eh?” disse, un po’ triste. “E invece vi sbagliate. Vi sbagliate tutti…” La sua voce si affievolì subito prima di aspirare un tiro e poi iniziò a tossire.

 

Lisa si diede della stupida: aveva fatto la grande, mostrando la canna e tutto il resto e poi aveva iniziato a tossire come una tredicenne! Sarebbe sembrata proprio quello che era: non noiosa, ma stupida. Lei aveva fumato forse due volte in tutta la sua vita, al college, con Kristen, e di sicuro, non era la grande esperta che voleva far credere.
Tossiva come se avesse un polmone in gola e dovesse sputarlo per sopravvivere. Nelson le tolse di mano la canna e le batté delicatamente la mano sulla schiena. Oddio.
Lisa smise di tossire e lui aveva ancora in mano la canna che, stranamente, non si era ancora spenta. “Non sei noiosa” disse, prima di fare un tiro anche lui. “Sei saputella, precisina, perfezionista e pignola. Ma non sei noiosa”.
Aveva ancora la mano sulla sua schiena. La mosse su e giù e Lisa ci mise un attimo di più a rendersi conto di cosa le aveva detto.

 

La ragazza lo guardò con un’occhiataccia. Nelson pensò che gli avrebbe detto di andarsene. Appoggiò la mano sulla panchina, pronto ad alzarsi e diede un altro tiro alla canna: se doveva andarsene subito, tanto valeva approfittare della situazione.
“Nient’altro?”
Nelson trattenne una risata. “No. Nient’altro”.
“Sicuro di non esserti scordato niente?”
Lui annuì, dopo aver fatto finta di pensare e sorrise: si stava divertendo. “Sicuro”.
Vide chiaramente quanto lei cercasse di non dire ciò che stava pensando. “Puoi dire anche tu quello che pensi di me. Mi sa che ormai siamo in confidenza: offendimi pure” concesse, divertito.

 

“No.”
La risposta di Lisa lo stupì, lei lo capì benissimo. Si allungò verso di lui, si riprese la canna e ci riprovò: tossì solo una volta e riuscì a inspirare il fumo senza morire soffocata. Lo prese come un traguardo e sorrise, guardando quella piccola ciminiera di veleno. “Ci sono riuscita”.
Quello che non disse era che non sapeva cosa pensasse di lui, non aveva ancora le idee chiare. Tornare dopo quattro anni e trovarselo davanti aveva scombussolato la sua mente.
Si ricordava benissimo quando lo incontrava per le vie di Springfield gli anni passati, soprattutto quando erano al liceo: Nelson girava con gente che a lei piaceva poco e la guardava sempre facendola sentire insicura. A volte l’aveva presa in giro, incontrandola da Apu o da qualche altra parte, a volte lei si nascondeva per non essere vista e lo guardava quando era con gli altri. Forse una di quelle volte che lo aveva visto con delle ragazze, c’era in mezzo anche Ellie.

 

“Cos’è la storia del polo nord?” Nelson si decise a chiedere quando lei non parlò più.
“È un lavoro che ho trovato.”
Il ragazzo annuì come se fosse una cosa normale, per lui, andare a lavorare al polo nord.
“Te lo ha trovato l’università? Per… quello che hai studiato? Cosa hai…”
“Veterinaria.”
Nelson annuì ancora, come se dovesse dimostrare di essere d’accordo.
“Quindi vai per studiare gli orsi…” Nelson cercò di pensare velocemente: al polo nord c’erano gli orsi polari o i pinguini? Perché confondeva sempre le cose? E perché ci teneva così tanto a dire la cosa giusta?
“No”. Il tono risoluto di Lisa lo mise al suo posto.
“Oh, ho sbagliato? I pinguini, allora.”
“No. Non hai sbagliato: è giusto, ci sono gli orsi polari. Io però vado in Groenlandia e sarò in una stazione per l’osservazione metereologica.”
Nelson si stupì. “E cosa ci vai a fare?” Lei alzò le spalle.
“Francamente poco, da quel che ho capito. Saremo in tre. Bastava avere la laurea e ti prendevano, ma non ci voleva andare nessuno. Infatti è pagato molto bene…”
“Lo fai per pagare il prestito universitario?” le chiese lui.

 

Lisa si sorprese della sua domanda. Gli aveva detto del prestito la sera che erano andati al diner e lui se lo ricordava ancora. Si sentì le guance in fiamme a scoprire che la cosa le faceva un enorme piacere.
“Voglio pagarmi un corso extra per curare le specie selvatiche dell’Africa e dell’Asia… Ma non posso aprire un altro prestito, né chiedere i soldi ai miei genitori.”
“Africa e Asia? Quindi è vero che odi Springfield e vuoi andartene.”
“Beh, non mi sembra che Springfield sia così bella!”
“Ma c’è la tua famiglia. I tuoi genitori, i tuoi fratelli…”
Lisa alzò le spalle.

 

Nelson avrebbe dato un occhio della testa per poter rivedere sua madre, nonostante tutto. E aveva sacrificato l’università per Ellie, la sua sorellastra. E ora stava curando Trevor che dopo il primo infarto aveva problemi seri. Per un attimo si innervosì: le persone che avevano così tanto non se ne accorgevano mai.
“Sei mai andato fuori da Springfield, Nelson?” Ora il tono di Lisa non gli piaceva più: sembrava accondiscendente, come quando parli a un bambino stupido cercando di farlo ragionare. Lei doveva pensare che lui fosse un povero provincialotto. Si stupì del fatto che fosse più deluso che offeso dalla cosa.
“Certo che sono andato fuori da Springfield. Non conosco solo le mura di casa mia. Ho visto anche altri posti. Mio padre mi ha anche portato in Europa. È solo che mi piace stare qui. A casa.”
Nelson si alzò.

Lisa capì di averlo offeso e si vergognò di come avesse posto la domanda. “Non intendevo…”
“Veramente immagino proprio che tu lo intendessi. Ma posso capire, sai? Probabilmente lo avrei pensato anch’io. Devo essere molto diverso da quei ragazzi che escono dall’università e indossano camicie e cravatte.”
Quando sentì il suo tono rassegnato, Lisa si sentì una stupida. “No, scusami, non dovevo…” Allungò una mano verso di lui e gli afferrò il braccio, la parte più vicina a lei.

 

Nelson abbassò lo sguardo sulla mano della ragazza e vide le sue piccole dita stringergli il braccio poco più su del polso. Il suo contatto era una carezza lieve e capì che lei era veramente dispiaciuta perché la sua mano tremava un pochino mentre cercava di trattenerlo dall’andarsene. Quando spostò lo  sguardo su di lei, Lisa lo guardò negli occhi e Nelson non riuscì a dire più niente. Si risedette e lei fece un piccolo sorriso.
“Ti va una birra?” gli chiese, ma il ragazzo scosse la testa. “Una coca?” insistette.

 

Lisa sperò che dal suo tono non si capisse la voglia che aveva di rimediare all’errore e rimase ad aspettare con ansia la sua risposta. Quando lui annuì, sorrise e si alzò per andare in casa.
Cercò di fare il più presto possibile e quando tornò, dopo pochi minuti, con due lattine, Lisa si stupì che non se ne fosse andato lo stesso.

 

Nelson voleva andarsene, ma non gli piaceva l’idea di farlo quando lei era in casa. Gli sembrava di nascondersi e invece non doveva più farlo. E non voleva.
Quando lei tornò fuori, gli porse la lattina e si risedette, aprendo la sua e bevendo un lungo sorso.
“Quando mia madre è morta, mio padre mi portò via per un po’. Sai, lui non aveva problemi di soldi e mi chiese se volessi vivere con lui. Per un po’ ci andai. Lui viaggiava un sacco e io non sapevo cosa fare della mia vita. Ma non mi piaceva neanche la sua. Sono stato in posti diversi, ho conosciuto do… persone diverse…” Nelson si interruppe e un po’ si vergognò quando aveva voluto censurare la parte sulle donne. “La sua era una vita fantastica: viaggi, culture, cibi totalmente diversi. Ma io sono tornato qui. A Springfield. E sai perché?”

 

Lisa ascoltò Nelson parlare e gli rispose annuendo con il capo: stava capendo. “Sei tornato per Ellie?”
Il ragazzo si avvicinò la lattina alle labbra e guardò verso la strada. Anche mentre parlava non aveva mai guardato verso di lei. Quando finì di bere si passò la lingua sulle labbra e disse: “Sì, proprio per Ellie. Per Ellie e Trevor. Se mio padre e mia madre erano la famiglia che mi è capitata, Ellie è la sorella che mi sono scelto…” Bevette ancora.
“È una cosa molto bella quella che hai detto, Nelson” sussurrò. Lui si voltò verso di lei, ma non disse niente. “E lo sfasciacarrozze?”
“Me lo ha lasciato mio padre l’anno scorso, quando è morto.”
“E chi ti ha insegnato ad aggiustare le auto?” gli chiese Lisa, ancor prima di pensare la frase.
“Trevor. Aveva un’auto degli anni ’60 in garage, l’abbiamo ristrutturata insieme. Ho imparato da lui tutto quello che so.”
La ragazza sorrise e lui non disse più niente. Passarono pochi minuti di silenzio e poi Lisa, memore di ciò che le aveva detto Milhouse, disse: “Tu sai che è stata fatta una petizione…”, ma si interruppe quando vide passare davanti a casa proprio la macchina di Milhouse con il ragazzo che guardava verso di loro. “Ma cosa cav…”
La macchina sportiva sbandò, quasi finendo sull’altro marciapiede.

 

Nelson si alzò di nuovo. “Forse dovrei andare…” Ma Lisa lo guardò con uno sguardo così brutto che si bloccò.
“Non puoi aspettare che torni indietro?” gli chiese.
“Come?”
“Milhouse abita di là” disse, indicando con il braccio la direzione opposta a quella dove era andata l’auto del ragazzo. “Tornerà indietro e se mi vedrà da sola, si fermerà e…” Lisa sospirò e si passò una mano fra le ciocche di capelli.
Nelson però non si risedette. “Lisa, vai in casa se ti dà fastidio Miloser, io me ne vado” disse.
“Grazie, sei molto gentile” borbottò ancora, ironica. Nelson rise, ma non cambiò idea.
Possibile che lei non capisse? Se Milhouse fosse tornato veramente indietro e li avesse visti ancora lì, cosa avrebbe pensato? Un conto era dare fastidio allo sfigatello facendogli paura, un conto era tirare in ballo Lisa.
“Fidati, ti sto facendo un favore” disse.

 

Lisa alzò lo sguardo su di lui, senza capire le sue parole. Alzò un sopracciglio e, senza accorgersene, arricciò il naso. Si alzò in piedi, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa lui abbassò lo sguardo sulla lattina che ancora teneva in mano. “Potrebbe pensare che noi…”
Lisa sentì le guance arrossarsi. Non aveva pensato che far sedere Nelson in giardino avrebbe potuto dar adito a certe voci. Poi aggrottò la fronte. “Sei un amico di Bart. Lo hai appena portato a casa perché era ubriaco e stai aspettando con me mia sorella. Perché Milhouse dovrebbe pensare qualcosa di diverso?”
“Perché è un idiota” rispose lui, alzando le spalle, ma sorridendo. Rise anche Lisa. “Giusto.”
Fece due passi e gli prese la lattina dalle mani. “Vai pure a casa, Nelson. Non attenterò alla tua reputazione” disse la ragazza, ma prima di entrare in casa a gettare le lattine si voltò e, mentalmente, aggiunse: “Non stasera”. Appena lo pensò si scoprì a ridacchiare e le sembrò di essere tornata al liceo. Al primo anno, quando il liceo era ancora una cosa simpatica.

 

Il rumore di una frenata brusca fece alzare a Nelson lo sguardo, ma si scoprì sorpreso quando notò che non era Miloser: era un’auto grigia, decapottabile e, al volante, un ragazzino troppo giovane per essere l’idiota dai capelli blu.
Maggie, la sorella di Lisa e Bart, scese dal sedile posteriore, salutando i ragazzi seduti davanti e parlando di qualcosa che avrebbero dovuto fare l’indomani. Senza accorgersene, Nelson si alzò e si avvicinò all’auto: conosceva sia la macchina che l’autista.

 

Lisa sentì le gomme fischiare sull’asfalto fin dalla cucina e corse verso il salotto per guardar fuori dalla finestra e controllare se per caso Miloser, come lo aveva chiamato Nelson, fosse effettivamente tornato e si fosse fermato davanti a casa loro. Ma la macchina che vide non era quella del perdente e vide scendere sua sorella da un’auto decapottabile e abbastanza nuova.
Quando uscì per assicurarsi che Maggie stesse bene, la vide che osservava Nelson, che si era avvicinato al lato del volante e aveva appoggiato la mano sullo sportello, parlando con il ragazzo che guidava.
“Che succede?” chiese alla sorella, una volta fuori.
“È un amico tuo, lui?” le rispose Maggie, indicando Nelson.
“Perché?” Lisa non sapeva cosa rispondere. Era un suo amico? E se avesse detto di sì, Nelson se la sarebbe presa?
“Cosa sta dicendo a Cory?” Lisa alzò le spalle. Non sapeva chi fosse Cory, anche se immaginava che fosse il ragazzo al posto di guida. E non aveva la più pallida idea di cosa si stessero dicendo.
Le ragazze si avvicinarono all’auto, ma questa se ne andò e loro rimasero sul marciapiede, insieme a Nelson.
“Che hai detto a Cory?” chiese Maggie, un po’ sostenuta, al ragazzo.
“Niente. Cose nostre.”

 

La ragazzina lo stava guardando male. Aveva nello sguardo la determinazione di Lisa e un po’ dell’arroganza di Bart. Doveva essere un peperino.
“Cosa vuol dire cose vostre?”
Nelson scosse la testa e le spalle.
“Ma te lo scopi questo qui?” chiese la piccoletta rivolgendosi alla sorella.
Lisa divenne rossa sulle guance prima di esclamare: “Maggie!”, stupita da quello che aveva detto.
“Ehi, ragazzina!” la sgridò lui.
“Ehi, tu! Ma chi cazzo sei?”

 

Lisa fece un passo avanti e cercò di salvare la situazione, anche se nessuno dei due sembrava a disagio.
“Lui è Nelson, Maggie. Andava a scuola con Bart…” Maggie non poteva ricordarselo, ma alle elementari avevano parlato spesso di Nelson e della sua banda. E di solito non ne parlavano bene, in famiglia.
Sua sorella continuò a guardarlo male e sbuffò senza dire niente.

 

“Visto che tua sorella è tornata, vado a casa. Buonanotte.”
Nelson aveva ignorato la ragazzina, così come lei stava facendo nei suoi confronti e salutò direttamente Lisa.
“E dov’è che abiti tu?” chiese Maggie, guardandosi intorno. “Non hai una macchina, quindi sei venuto a piedi?”
Nelson ghignò: fondamentalmente lei gli piaceva, era sveglia. Non era una di quelle che avrebbe trovato in una macchina infangata a Pinehill che ridacchiava o piagnucolava, esattamente dove aveva trovato Cory Dowson la settimana prima. Nelson gli aveva solo detto che la prossima volta non avrebbe voluto trovarlo nella stessa situazione e in compagnia della sorella di Lisa.
“Ho il carro attrezzi lì dietro” disse, indicando con il pollice la strada alle sue spalle.
“Il carro attrezzi? Sei Nelson il fratello di Ellie Reed?”
Nelson si fece attento e strinse un po’ gli occhi.

 

Lisa sentì il tono di voce della sorella cambiare: sembrava quasi impressionata e il suo modo arrogante di parlare era svanito.
“Sì” rispose Nelson. Anche lui sembrava incuriosito dal cambio di atteggiamento.
“Allora dovresti essere un tipo a posto. Buonanotte”. Maggie si girò e si incamminò verso la porta di casa, alzando il braccio senza voltarsi quando augurò la buona notte.
Loro la guardarono entrare e poi Lisa disse, voltandosi verso Nelson: “Avevi ragione, hanno pensato male”.
“Lei non è un’idiota. Sono sicuro che capirà se glielo spiegherai.”
Lisa annuì alle sue parole, contenta del fatto che lui non se la fosse presa.

 

Nelson le fece un cenno con il capo e si girò per incamminarsi verso il carro attrezzi, quando notò per terra qualcosa che prima non c’era. Si chinò e raccolse quella che sembrava una catenina. Si tirò su, tenendola in mano e osservando il dondolio di un piccolo ciondolo a forma di plettro.
“Cos’è?” gli chiese Lisa avvicinandosi.
“Penso sia un ciondolo.”
“Un ciondolo a forma di plettro!” esclamò lei, avvicinandosi.
“Sarà di Maggie” le disse lui, porgendoglielo e notando che era nello stesso posto dove prima era la ragazzina.
“Oh, non ho visto chitarre in camera sua…”
“Potrebbe essere un regalo, allora.”
“Forse.”
“Tieni, portaglielo.”

 

Lisa si avvicinò e prese la catenina dalle mani di Nelson. Quando le loro dita si toccarono lei sentì un brivido percorrerle la pelle e si morse un labbro.
Anche lui dovette sentire qualcosa, perché la guardò in modo strano.

 

Nelson pensò per un attimo di fare un passo avanti e di stringere Lisa fra le braccia. Quando lei aveva preso il ciondolo, le sue dita lo avevano sfiorato e lui aveva sentito una carezza molto più intensa di quello che c’era stato veramente e gli era mancanto il respiro, come quando un colpo lo colpiva all’improvviso. Poi lei si era morsa il labbro inferiore e lui aveva iniziato a non ragionare più.
Per fortuna in quel momento il rumore di un’auto che strusciava contro il marciapiede li fece voltare e ruppe quel momento di incanto.
Nelson si girò e, per la prima volta in vita sua, ringraziò il cielo che Miloser non fosse un bravo pilota e che, per guardare cosa stessero facendo loro, fosse finito di nuovo contro il marciapiede.

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***Eccomi con un altro capitolo! Grazie a chi legge!

   
 
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