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Autore: Placebogirl_Black Stones    31/12/2020    2 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 23: Felicità fugace
 
 
Quella sera, dopo la prima parte del processo, si erano riuniti tutti nel suo appartamento, malgrado lo spazio non fosse progettato per contenere tutte quelle persone. Utilizzando le tecniche culinarie apprese da Yukiko, aveva preparato una cena apparentemente semplice ma che aveva lasciato tutti sorpresi. Terminata la cena, si erano riuniti in salotto, disposti in cerchio, per discutere del processo. Avevano toccato anche altri argomenti, ma era difficile conversare delle proprie vite come se nulla fosse quando le loro menti erano proiettate su un unico obiettivo.
 
- Sei stata grandiosa oggi, ormai abbiamo la vittoria in pugno!- Masumi si complimentò con Shiho.
- Sono d’accordo, con le testimonianze del giovane detective e quelle della Signora Akai non possiamo non vincere- la appoggiò Camel.
 
La giovane scienziata però non disse nulla, il suo volto era teso e l’espressione seria: c’era sicuramente qualcosa che la preoccupava, forse anche più di una. Stava rischiando grosso con quella confessione e più di ogni altra cosa aveva paura. Glielo poteva leggere in faccia: Shiho aveva paura. Già, ma di cosa? Di solito interpretare le persone solo guardandole gli riusciva bene, ma quella ragazzina era sempre stata un enigma, proprio come lui appariva agli occhi degli altri. Forse doveva essere una caratteristica di famiglia.
 
- Cosa c’è che non va Shiho? Sei forse preoccupata perché ora che hai rivelato di essere l’ideatrice del farmaco temi che la gente ti guarderà come se fossi un diavolo?- le chiese Shinichi, che come lui doveva essersi accorto del suo malumore.
- Ti sbagli, non mi importa nulla di cosa penserà la gente. Finito il processo me ne tornerò in Giappone e non rivedrò mai più le facce di nessuno dei giurati, perciò possono pensare quello che vogliono. Quello che mi preoccupa è Jodie- rispose, accennando alla portafinestra che dava sul piccolo balcone dove al momento si trovava la bionda agente dell’FBI.
 
Jodie era uscita qualche minuto prima, dicendo che voleva prendere una boccata d’aria. Probabilmente il fatto che continuassero a parlare del processo non la aiutava a rilassarsi un attimo, avevano esagerato e non avevano tenuto conto della sua suscettibilità.
Si girarono tutti a guardarla, ma di lei vedevano solo la schiena. Gli stava dando le spalle, appoggiata con i gomiti sulla ringhiera del balcone.
 
- Vado a fumare una sigaretta- disse, anche se era chiaro a tutti il reale motivo per cui stava uscendo in balcone.
 
Aprì l’anta della portafinestra e la richiuse subito dopo alle sue spalle, non volendo rendere partecipi gli altri della sua conversazione con Jodie. Questo fece sì che anche lui non potesse sentire i commenti che ne conseguirono.
 
…………………………
 
- Secondo voi Jodie ha paura di perdere il processo?- chiese Masumi.
- Ovvio- le rispose Shiho.
- Ma perché? Le prove che abbiamo portato sono schiaccianti-
- Anche con delle prove valide è comunque difficile convincere la gente che una storia incredibile come la nostra possa essere vera. Per chi non ha vissuto sulla propria pelle questa esperienza, la storia del farmaco che ringiovanisce può sembrare solo la trama di un romanzo di fantascienza- spiegò Yusaku, la cui perspicacia andava sempre oltre quella di tutti.
- Se sarà necessario sono disposta anche a ripetere l’esperimento davanti a tutti finché non ci crederanno- affermò convinta la scienziata.
- Ti vedo piuttosto agguerrita- le sorrise Shinichi.
- Jodie ha troppo da perdere, quindi sono disposta a giocare tutte le carte che ho in mano-
 
Guardarono tutti in direzione del balcone, dove adesso oltre alla schiena di Jodie vedevano anche quella di Shuichi al suo fianco.
 
- Pensate che sia il caso di andare tutti quanti a dire una parola di conforto all’agente Jodie?- ruppe il silenzio Yukiko.
- Che nessuno si muova- la fermò all’istante Shiho, con tono quasi minatorio.
 
Si girarono tutti a guardarla increduli: nessuno si sarebbe mai aspettato una simile reazione a una domanda piena di buon cuore come quella di Yukiko.
 
- Lasciateli soli, guai a voi se li interrompete- aggiunse.
- Ancora con questa storia?!- si ribellò Shinichi, l’unico che aveva compreso la motivazione di tanto impeto - Ma la smetti di voler combinare matrimoni?!-
- Zitto tu- lo mise a tacere, guardandolo minacciosa e facendogli gelare il sangue nelle vene.
- Non sapevo ci fosse del tenero fra l’agente Akai e l’agente Jodie- si sorprese Yukiko, i cui occhi dicevano chiaramente che voleva saperne di più sull’argomento.
- Jodie è la ragazza di Shu-nii- affermò con certezza Masumi, la cui convinzione andava oltre ogni limite.
- Ma tu guarda che figlio che mi ritrovo, ha una ragazza e non la presenta nemmeno alla sua famiglia. E dire che di momenti opportuni per farlo ne ha avuti…- si lamentò Mary a braccia conserte.
- Non le ha detto nulla perché non sono fidanzati- precisò Shinichi.
- Non ancora, ma presto succederà qualcosa fra loro quindi nessuno deve intromettersi- ribadì Shiho.
 
………………………….
 
Quando uscì sul balcone la trovò che fissava dritto davanti a sé, ma non riuscì a capire se stesse ammirando lo scorcio della New York notturna con le sue luci e i suoi grattacieli illuminati o se fosse sovrappensiero e non vedesse nulla di tutto ciò. Trovò una risposta al suo dubbio quando l’affiancò e la vide sussultare leggermente, colta alla sprovvista. Non si era accorta che fosse uscito anche lui, segno che la sua testa era altrove.
Si accese una sigaretta e appoggiò anche lui i gomiti alla ringhiera, fissando il panorama.
 
- Perché te ne stai qui fuori tutta sola? Quelle persone sono venute per te, sarebbe carino che le degnassi della tua presenza- espirò il fumo, che si dissolse nell’aria umida della notte.
- Avevo bisogno di prendere aria…perdonami- abbassò la testa, dispiaciuta.
- Jodie?- la chiamò, continuando però a non guardarla in faccia.
- Sì?-
- Stai tranquilla, andrà tutto bene. Vermouth pagherà per ciò che ha fatto-
- Hai organizzato tutto questo per me?-gli sorrise - Hai chiamato tutte queste persone dal Giappone solo per aiutare me?-
- Ho promesso a me stesso di mandare all’inferno tutti quelli dell’Organizzazione, quindi lo faccio anche per me stesso e per la mia famiglia-
 
Si voltò finalmente a guardarla e la vide annuire e sorridere. Era bella, terribilmente bella illuminata solo dalle luci artificiali della Grande Mela, con le guance rese più colorite dal fresco clima notturno. Si meritava di sorridere sempre così, di essere felice. Meritava il meglio dalla vita, perché nella vita aveva sempre dato il meglio di se stessa agli altri.
 
- A proposito della tua famiglia- lo riportò alla realtà - Ho avuto l’impressione che tua madre mi guardasse insistentemente per tutto il tempo, forse anche un po’ male devo dire. Magari è stato solo il frutto della mia immaginazione, però mi è sembrato di non piacerle molto- storse le labbra in segno di dispiacere.
- Non preoccuparti, non sei tu. Mia madre guarda male tutti, a volte ho l’impressione che non le piacciano le persone in generale- spense la sigaretta, ormai ridotta a un mozzicone.
- Oh, adesso per qualche motivo ho molte meno domande sul tuo atteggiamento- ironizzò, punzecchiandogli la spalla con l’indice e ottenendo in cambio uno di quei suoi sorrisi che somigliavano a smorfie - Comunque avete gli stessi occhi, vi somigliate molto. Devo dire che anche Shiho le somiglia a guardarle bene-
 
Probabilmente Jodie si aspettava una sua risposta a quell’affermazione, che però non arrivò. Restò in silenzio, guardando dritto davanti a sé, fino a quando non si accorse con la coda dell’occhio che il sorriso era scomparso dalle labbra di Jodie e che aveva chinato il capo come fanno i cani quando il padrone li sgrida per aver fatto qualcosa che non dovevano. Si rese conto di aver sbagliato a non replicare.
 
- Scusami Shu, ho parlato senza pensare…-si scusò lei al posto suo, anche se non ne aveva alcun motivo - Non sei ancora riuscito a superare del tutto questa faccenda, non è così?-
- Ci sto provando, ma è dura- ammise.
- Non potevi saperlo Shu, non avevi alcun indizio per poter anche solo supporre che foste cugini. Non essere così duro con te stesso- lo fissò seria, anche se i suoi occhi tradivano il dispiacere per la sua situazione e forse anche il dolore di dover affrontare con lui il discorso Akemi.
- Mi sentivo già abbastanza in colpa prima, ora che so che era mia cugina mi sento anche peggio-
 
Non sapeva perché si stava esponendo così tanto, non era da lui. Avrebbe dovuto tenersi dentro i suoi sentimenti, come faceva sempre, specie considerando che stava parlando della sua ex (che ancora occupava uno spazio nel suo cuore) con la donna che aveva lasciato per mettersi con lei. Eppure sentiva che Jodie era l’unica persona con cui poteva parlare apertamente di quella cosa, l’unica che lo avrebbe supportato e capito. Forse era l’atmosfera romantica data dalle luci della città, o forse era solo il fatto che lui quella biondina tutto pepe non l’aveva mai davvero dimenticata. Tuttavia non era giusto parlarle di Akemi come se nulla fosse, non dopo averla scaricata per lei.
 
- Devi smetterla di incolparti Shu- continuò lei, come se volesse affrontare in tutti i modi quel discorso - Anche Shiho ti ha perdonato, perciò ora devi essere tu a perdonare te stesso-
 
Gli posò una mano sulla spalla, costringendolo a guardarla negli occhi, cosa che aveva cercato di non fare troppo fino a quel momento.
 
- Sei fortunato, hai una bellissima famiglia- gli sorrise - Dovresti godertela-
 
Nonostante quel tentativo di sorridere, i suoi occhi tradivano la tristezza con cui aveva pronunciato quelle parole. In quel momento capì quanto Jodie lo invidiasse: lui aveva riottenuto un padre che lei invece non avrebbe riavuto indietro nemmeno se avessero vinto quel processo. Forse era questo a farle male più di ogni altra cosa, la consapevolezza che anche facendo giustizia non avrebbe riavuto ciò che le mancava di più al mondo. Era quello che aveva provato lui quando aveva ucciso Gin. La vendetta non aveva cancellato il dolore per la perdita di Akemi, né tantomeno i suoi sensi di colpa. L’unico modo che avevano per accettare ciò che non potevano cambiare era imparare a conviverci.
Istintivamente, le posò una mano sulla schiena e la fece scorrere su e giù accarezzandola delicatamente. Jodie non disse nulla, lo fissò sorpresa con quei suoi occhioni colore del cielo, arrossì e si portò una mano semichiusa sul petto, come se stesse cercando di frenare i battiti improvvisamente accelerati del suo cuore.
 
- Forza, adesso rientriamo che fa freddo. Ti faccio conoscere meglio la mia famiglia, così capirai che mia madre odia tutti- cercò di farla tornare di buon umore.
- Grazie Shu- gli regalò l’ennesimo sorriso - Ti posso chiedere un favore?-
- Certo-
- Domani mattina, prima di andare in tribunale, mi passeresti a prendere tu? Vorrei che mi accompagnassi in un posto-
- D’accordo- accettò, senza chiedere ulteriori dettagli nonostante la curiosità che si era accesa in lui.
 
Rientrarono entrambi in salotto e trovarono gli altri in un goffo tentativo di instaurare una conversazione che non stavano certamente facendo fino a poco prima. Probabilmente avevano passato tutto il tempo a spiarli, ma non gli importava. Era felice di quel breve momento passato da solo con lei, non doveva dare spiegazioni a nessuno.
Vide Jodie prendere posto di fianco a Shiho e sorriderle: voleva davvero molto bene a quella ragazzina. Era questo che faceva di Jodie una donna straordinaria, il fatto di riuscire ad amare anche la sorella di quella che avrebbe avuto tutto il diritto di considerare la sua rivale in amore. Ma Jodie non conosceva l’odio, tranne che quello per Vermouth.
Si sedette anche lui di fianco a loro, giusto in tempo per sentire la breve conversazione.
 
- Va tutto bene?- le chiese la ragazza.
- Certo, sono felice che tu sia qui-
 
 
………………………….
 
 
Il giorno seguente, come le aveva promesso, passò a prenderla sotto casa alle sette e mezza. Il processo sarebbe iniziato alle nove, dovunque Jodie volesse andare avrebbero fatto in tempo.
La trovò già fuori dal portone del palazzo, in piedi, con in mano un mazzo di gigli bianchi. Non gli fu chiaro sin da subito cosa ci facesse con dei fiori, finché un sospetto non si insinuò nella sua mente.
 
- Buongiorno Shu- lo salutò, mentre saliva in macchina e si allacciava la cintura, con il mazzo di gigli posato sulle gambe.
- Buongiorno. Allora, dove siamo diretti?- le chiese, ormai impaziente di sapere.
- Al cimitero di Green-Wood-
 
Quella risposta fu sufficiente per confermare la sua teoria: ormai era chiaro cosa intendesse fare.
 
 
Circa una ventina di minuti dopo arrivarono al cimitero. Parcheggiarono la macchina e poi si incamminarono a piedi in mezzo al manto erboso sul quale spiccavano come fiori gelidi le lapidi di pietra grigia. Non gli erano mai piaciuti i cimiteri, camminare in mezzo a migliaia di vite stroncate lo faceva sentire a disagio. Non era mai bello quando una vita cessava e lui lo sapeva bene, ne aveva viste fin troppe di morti negli ultimi anni.
 
- Se volevi un appuntamento con me senza dare nell’occhio potevi almeno scegliere un luogo più carino- cercò di sdrammatizzare.
- Pensavo ti piacesse il gusto del brivido- lo prese in giro.
 
Camminarono ancora per qualche secondo in silenzio fino a quando Jodie, che era sempre stata accanto a lui, non allungò il passo passandogli davanti e si fermò di fronte ad una lapide all’apparenza semplice ma di dimensioni più grandi rispetto a quelle standard. Rimase qualche passo dietro a lei e lesse l’incisione:
 
Ryan Lewis Starling
1957 - 1995
Beloved father and husband
FBI Special Agent

 
Sul lato sinistro nell’angolo in alto notò lo stemma che contraddistingueva l’FBI.
Jodie si inginocchiò e posò il mazzo di gigli ai piedi della lapide, sistemandolo con cura. Poi accarezzò la lapide sfiorandola con i polpastrelli e rimase così per un po’, in silenzio a fissare quella pietra fredda, come se stesse facendo una preghiera segreta nella speranza che la persona  a cui era destinata potesse sentirla.
Chiuse gli occhi e la attese per tutto il tempo necessario, rispettando quel momento tanto intimo quanto, in un certo senso, straziante. Dopo qualche minuto, non seppe decifrare quanti, la vide alzarsi e girare la testa indietro per guardarlo.
 
- Era da un po’ che non venivo, non ho avuto il coraggio di farlo dopo la sentenza del primo processo- ammise.
- Sai Jodie, una volta qualcuno mi ha detto “devi smetterla di incolparti”- sogghignò, facendo sorridere anche lei - Forse dovresti seguire anche tu questo consiglio-
- Forse hai ragione. Ma perché te ne stai lì? Vieni, avvicinati- gli fece segno con la mano di affiancarla - Ti ho chiesto di accompagnarmi qui perché ieri mi hai fatto conoscere la tua famiglia e volevo che anche tu conoscessi la mia-
 
Le vide fissare la lapide con una sorta di orgoglio negli occhi, per poi indirizzarsi direttamente alla persona che in quel momento si trovava sottoterra, a pochi centimetri dai loro piedi.
 
- Hai visto chi ho portato papà? È uno in gamba quasi quanto te- si girò per un attimo verso di lui, sorridendogli e facendo l’occhiolino, per poi tornare a fissare la tomba davanti a lei- È grazie a lui se oggi vinceremo il processo-
 
Si girò nuovamente verso di lui, guardandolo negli occhi, e questa volta rimase così a fissarlo, cercando nei suoi occhi o nelle sue parole la conferma di ciò che aveva appena detto. In quel momento stava riponendo tutte le sue speranze in lui, un fardello piuttosto grande che lui però aveva scelto di portare sulle spalle e ora non poteva e soprattutto non voleva tirarsi indietro. Aveva promesso di essere il suo eroe e lo sarebbe stato. Avrebbe onorato l’uomo che ora giaceva senza vita davanti, perché lo meritava e perché lo meritava anche Jodie.
Le sorrise e annuì, ma sentì che non era abbastanza: così allungò un braccio e le cinse le spalle, attirandola verso di sé senza dire nulla. Non c’era bisogno di parole, era certo che per Jodie quel gesto sarebbe valso più di qualsiasi frase ad effetto. Si stava prendendo un impegno con quella sorta di abbraccio, un impegno che andava oltre la promessa di vincere il processo.
La sentì appoggiare delicatamente la testa sulla sua spalla, ma non riuscì a vedere il rossore che era comparso sul suo volto. Restarono così per diversi minuti, istanti che parvero infiniti, mentre le foglie rosse dell’acero che si trovava poco distante da loro si librarono nell’aria, danzando leggiadre spinte da una folata di vento che era arrivata e se n’era andata subito dopo. Si godettero entrambi quel momento di felicità fugace, consapevoli che non sarebbe durato per sempre. Non era tempo di riposare, loro non erano morti. Erano vivi e dovevano vivere. E adesso era tempo di lottare per vivere.
A malincuore sciolse quell’abbraccio, augurandosi in cuor suo che in futuro potessero essercene altri. Almeno quelli, forse, se li era meritati nonostante i suoi errori.
 
-  Dobbiamo andare, è arrivato il momento- le disse, guardandola negli occhi.
 
Lei non disse nulla, annuì con espressione seria e si girò a salutare un’ultima volta suo padre.
Poi entrambi si incamminarono nuovamente verso la macchina, diretti al tribunale.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Questo capitolo è più breve rispetto ai soliti ma è ovviamente un capitolo di passaggio prima del capitolo dove avremo finalmente il processo e la sentenza finale. Ho voluto usare questo capitolo per far progredire un po’ il rapporto di Jodie e Shuichi, visto che sono pur sempre la coppia principale di questa storia.
Alcune precisazioni sul capitolo:
 
- il cimitero di Green Wood esiste davvero, non è di mia invenzione. Se volete maggiori informazioni vi lascio il link di Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Cimitero_di_Green-Wood
- le date di nascita e morte del padre di Jodie le ho scelte ipotizzando che il padre di Jodie sia morto a 38 anni, che  Jodie sia nata nel 1987 e che la storia attuale sia ambientata nel 2015/2016. In ogni caso è tutto frutto della mia invenzione, in quanto nel manga non ci sono date precise a riguardo.
 
Fatemi sapere cosa ne pensate, sto lavorando parecchio per questa storia tra ricerche varie e tentativi di rendere tutti i personaggi IC e mi piacerebbe sapere la vostra opinione.
Ne approfitto per augurare a tutti un felice anno nuovo e speriamo che lo sia davvero!
Baci ♥
   
 
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