Capitolo 39:
Progetti e incontri notturni
Il bagliore
verdastro dovuto all’acqua del lago che
filtrava dalle finestre illuminava il dormitorio dove vi erano cinque
letti con
dentro delle ragazze che dormivano tranne una.
La giovane
sdraiata sul letto coi capelli argentati
legati in una coda di cavallo, osservava i pesci che si avvicinavano
alla
finestra, in attesa.
Una volta
certa che tutte le altre fossero addormentate.
Scese
lentamente dal letto e prese i suoi indumenti,
correndo in bagno per cambiarsi.
Una volta
pronta, fece per entrare in Sala Comune, ma
vide un ragazzo dai capelli biondi dirigersi verso la porta che
riconobbe
immediatamente.
Quello era
Abel Nott… ma cosa stava combinando? Evidentemente,
stava raggiungendo il suo amichetto…
Una volta
uscito, Delphini rimase un attimo ferma, in
quanto non voleva correre il rischio che Abel tornasse e la vedesse in
piedi,
ma, una volta certa che era sparito, la ragazzina entrò in
Sala Comune e, dopo
essersi guardata intorno, sussurrò: “Asmodeus, sei
qui?”
“Arrivo,
arrivo…” fece una voce strisciante e, da sotto
un divano di pelle, sbucò il serpente domestico della
ragazzina, per poi
avvicinarsi, strisciando a lei.
“Allora?
C’è?” domandò Delphini,
inginocchiandosi davanti
ad Asmodeus, il quale negò con la testa e
affermò, con un tono: “Ho cercato in
quella maledetta Camera per ore, mentre tu ti divertivi alla festa, ma
non ho
trovato un fico secco che confermasse la tua teoria!”
“Povero
serpente brontolone…” gli disse Delphini, con un
sorrisetto divertito, mentre gli accarezzava la testa squamosa,
dandogli un
sacchetto pieno di carne “Ecco qua. Questo è un
po’ di cibo della festa.”
Il serpente
si mise subito a mangiare il cibo avidamente,
mentre Delphini si avvicinava ad un muro di pietra in un angolo della
Sala, la
cui luce del camino non lo raggiungeva.
“Vuoi
andare a controllare?” le domandò Asmodeus,
guardandola, e la ragazzina ammise: “Certo. In fondo,
un’occhiata in più non
farà certo male…”
“Fa’
come vuoi… io me ne resto qui al calduccio!”
“Nessun
problema.”
Una volta che
fu davanti al muro, sussurrò, in
serpentese: “Apriti.”
Immediatamente,
si udì un rumore sordo e il muro cominciò
a vibrare, mentre i mattoni si spostavano, mostrano un corridoio di
pietra
lungo e buio.
“Lumos.”
Fece la giovane strega, tirando fuori la
bacchetta, mentre alla sua estremità appariva una sfera di
luce.
Delphini
allungò la gamba per fare un passo, quando, alle
sue spalle, sentì Asmodeus dire: “Aspetta, vengo
con te.”
Voltandosi,
Delphini osservò il serpente strisciare verso
di lei velocemente e, una volta che fu di fianco a lei, gli
domandò: “A cosa
devo questo cambio d’idea improvviso?”
“Mi
è venuto in mente che ci potrebbero essere dei topi
nascosti nella galleria e ti ricordo che è da settimane che
non ne mangio uno!”
“Ehi,
non prendertela con me! E’ l’amichetta di Teddy che
ha deciso di comprarsi un coniglio e io non voglio problemi con gli
altri.”
“Ma
dico, non poteva comprarsi uno stupido gatto, come
tutti gli altri marmocchi del castello?”
“A
quanto pare, non erano abbastanza coccolosi…”
“E
tu come lo sai?”
“Perché
è quello che non farei io. Io sceglierei un
animale utile ed intelligente, proprio come te.”
“Grazie
per il complimento.”
I due
iniziarono a camminare e, dopo un po’, i due
giunsero davanti ad un muro di pietra, ma Delphini, senza mostrare
alcuna
titubanza, appoggiò entrambe le mani sul muro e le spinse,
rivelando un vano
che conduceva ad un’enorme stanza, con la grande statua di un
vecchio con la
barba lunga.
“Vuoi
rifare lo stesso percorso che tu e i tuoi amici
avete fatto l’anno scorso?” domandò
Asmodeus, avvicinandosi ad una colonna
della sala, ma Delphini rispose, alzando lo sguardo in aria, come se
stesse
cercando di studiare il soffitto a volta sopra la sua testa, in cerca
di qualche
indizio: “No… rischiamo di perdere troppo tempo
prezioso… il mio istinto mi
dice che se c’è qualche passaggio è
qui, da qualche parte…”
“E
secondo te, dove sarebbe? Se qui ci fosse qualche
passaggio, te ne saresti accorta…”
“O,
forse, proprio perché era sotto i miei occhi non me
ne sono accorta… un modo astuto per confondere il tuo nemico
è fare qualcosa
che lui non si aspetterebbe mai… di norma, un passaggio
segreto dev’essere in un
punto in cui non passa mai nessuno, ben nascosto… forse,
Salazar Slytherin ha
fatto tutto il contrario! Ha messo il passaggio in un punto ben
visibile, che
poteva finire sotto gli occhi di tutti…”
Immediatamente,
Delphini sgranò gli occhi e, d’istinto, si
voltò verso l’enorme statua del fondatore.
“…E
una statua così grande del fondatore di questo posto
finisce di certo sotto gli occhi di tutti…”
concluse la ragazzina,
avvicinandosi ad essa, seguita da Asmodeus, il quale, dopo aver
osservato un
attimo la statua, domandò: “Dove sarà
il passaggio? Sai come aprirlo?”
“Credo
che sia ad apertura vocale, come il passaggio in
Sala Comune e nel bagno di Mirtilla Malcontenta… ma
necessita del serpentese.”
Meditò la giovane, per poi sussurrare:
“Apriti.”
Inaspettatamente,
non accade niente.
“Deve
aver usato una parola d’ordine diversa per
confondere le acque…” commentò Asmodeus
e Delphini, sedendosi sul piede
gigantesco della statua, si mise a riflettere: “Quale
potrebbe essere?”
“Ricordati
che non sappiamo se il passaggio segreto sia
legato proprio alla statua… né tantomeno che la
tua idea sia corretta…”
“Io
sento che ho ragione e che la statua sia il filo
conduttore di tutto! Ma quale sarà la parola che possa
spostare questa dannata
statua e rivelare il passaggio…”
Non appena
ebbe pronunciato, Delphini ebbe
un’illuminazione.
In un lampo,
scese giù dalla statua con un balzo e si
allontanò, esclamando: “Ho capito! Ora so qual
è la parola d’ordine!
Allontanati, Asmodeus!”
Non appena
lei e il serpente furono abbastanza lontani,
Delphini si girò verso la statua e sibilò:
“Spostati.”
Subito, il
terreno di pietra cominciò a tremare e la
statua di Salazar Slytherin, la quale stava tremando tutta, si
spostò
lentamente di lato, rivelando un’apertura verso il basso.
Delphini si
avvicinò all’apertura e, allungando la
bacchetta con davanti un fascio di luce, come se fosse una torcia,
cominciò a
controllare cosa nascondeva.
La luce della
bacchetta rivelò che l’apertura sembrava un
pozzo senza fondo, da cui partiva una scala a chiocciola verso il
basso, anche
se non si riusciva a vedere la fine, dato che c’era
così tanto buio da non
vedere il fondo.
Incuriosita,
Delphini prese un sassolino per terra e lo
gettò nel passaggio.
Dovette
aspettare più di un minuto, prima di sentire un
tonfo.
“Allora,
cosa facciamo, adesso? Scendiamo?” domandò
Asmodeus, ma la giovane negò con la testa: “Meglio
di no, sono già le due di
notte, è ora di andare a dormire. Entreremo domani notte,
mentre, durante il
giorno, ne approfitteremo per prepararci quando li troveremo, in modo
da evitare
di lasciarci le penne.”
“Credi
d’incontrarli?”
“E
perché no? La squama che ha trovato Oliver l’anno
scorso, me lo ha confermato.”
“Io
non ne sarei così sicuro…”
“Sei
solo nervoso al pensiero d’incontrarne anche solo
uno.”
“Ovvio!
Lo sai cosa significano per noi serpenti? Sono
creature leggendarie a cui dobbiamo assoluto rispetto! In un certo
senso, si
tratta dei nostri sovrani…”
“Ho
capito, ho capito, non preoccuparti… ci parlerò
io,
se li becco.”
“Guarda
che non riuscirai a domarli solo col serpentese!
Sono creature molto indipendenti e orgogliose. Faranno molto prima ad
ucciderti…”
“Non
dubito… ma il fatto d’incontrare per la prima
volta
da decenni una che parla la loro lingua li sorprenderà per
un po’ e a quel
punto ne approfitterò per parlargli.”
“Sei
fin troppo sicura di te… fa come vuoi, ma se ci
lasci le penne, poi non lagnarti con me.”
“Sta
tranquillo…”
Delphini si
girò di nuovo verso la statua e ordinò:
“Torna come prima.”
Immediatamente,
la statua, sempre tremando, tornò a
coprire il passaggio, con una precisione perfetta.
Il ragazzino
coi capelli rossi, il casco da pilota
babbano e con un gigantesco uovo tra le braccia, stava camminando per i
corridoi in punta di piedi, sperando di non essere beccato da Gazza e
dalla sua
stupida palla di pelo, tanto per fare dei nomi a caso…
Se proprio
doveva essere sincero, stava cascando dal
sonno, ma doveva trovare un posto caldo per l’uovo che aveva
trovato, in modo
che potesse schiudersi.
Era proprio
curioso di quale creatura ci fosse al suo
interno… con un po’ di fortuna, sarebbe stato un
drago, una fenice,
un’acromantula o una chimera, ma non gli sarebbe dispiaciuto
un uccello magico
come un diricawl… se fosse stato un uovo di gallina, avrebbe
potuto farlo
covare da un rospo, in modo da far nascere un basilisco…
peccato che era
evidente che quello che aveva tra le mani non era un uovo di gallina,
dato che
era troppo grosso e sembrava più fatto di
granito… ma, magari, era proprio un
uovo di basilisco!
Oh, non
vedeva l’ora che si schiudesse… ma, intanto,
doveva trovare un luogo caldo dove metterlo…
Mentre
pensava, il ragazzino non si accorse di un’armatura
proprio davanti a lui finché non ci andò a
sbattere, facendola cadere e
generando un gran baccano.
“Accidenti!”
borbottò Gal, controllando immediatamente il
suo uovo, tirando quasi subito un sospiro di sollievo: “Phew,
meno male… è
ancora tutto intero… che spavento…”
Non appena
ebbe finito di parlare, sentì dei passi venire
verso di lui e un fin troppo familiare miagolio.
“Porca
miseria, è Gazza con la sua stupida gatta!”
sibilò, nervoso, il ragazzino e, proprio in quel momento, a
confermare la sua
teoria, sentì la voce di Gazza che, con un ghigno,
sussurrava: “Annusa,
ciccina, annusa… lo troveremo quel furbetto che si diverte a
violare il
coprifuoco… e dopo useremo le catene del mio ufficio, che ne
dici?”
Anche se era
il discendente di Godric Gryffondor e fosse,
per natura, un ragazzo molto coraggioso, non aveva alcuna intenzione di
provare
le catene di Gazza!
Pertanto,
sempre facendo attenzione a non far cadere il
suo prezioso uovo, Gal cominciò a correre come un matto per
i corridoi del
castello, sperando che l’uovo tra le sue braccia non gli
scivolasse,
rompendosi.
Dopo tutta la
fatica che aveva fatto per portarselo a
scuola di nascosto…
Mentre
cercava di scappare, Gal notò di trovarsi in un
corridoio che non aveva mai visto prima, ma, in quel momento, aveva
decisamente
altri pensieri per la testa…
Ad un tratto,
notò una piccola porticina chiusa e, senza
perdere tempo, lanciò l’incantesimo di apertura ed
entrò dentro, con l’uovo tra
le braccia, per poi chiudere a chiave la porta.
Rimase un
attimo in silenzio, accostando l’orecchio alla
porta, ascoltando i passi pesanti di Gazza, seguiti da quelli svelti di
Mrs
Purr, avvicinarsi sempre di più.
Il ragazzino
sentì il suo cuore battere più velocemente
del solito, come se volesse uscirgli dal petto, mentre il custode si
avvicinava
sempre di più al suo nascondiglio e, proprio in
quell’istante, i passi si
fermarono proprio davanti alla sua porta e Gal, terrorizzato, trattenne
il
respiro, ansioso.
Passò
un minuto, poi un altro, un altro ancora… proprio
quando Gal stava per uscire dalla stanza pur di farla finita con quella
situazione snervante, sentì i passi di Gazza allontanarsi
sempre di più.
Una volta che
il silenzio ritornò a regnare
incontrastato, Gal fece un sospiro di sollievo, scoprendo con sorpresa
che,
mentre aspettava che Gazza se ne andava, aveva trattenuto il respiro
senza
nemmeno rendersene conto, e si mise a guardarsi intorno.
Si trattava
di una stanza di pietra piuttosto piccola, ma
molto calda e, soprattutto, completamente vuota, fatta eccezione per
una
piccola torcia che illuminava l’intera stanza e di un quadro
attaccato alla
parete che mostrava un uomo addormentato e appoggiato ad una vecchia
quercia in
un prato verde e rigoglioso con un cappello parecchio brutto e vecchio,
il
quale era messo sul viso, in modo da impedire alla luce di colpirlo e
di
svegliarlo.
A confermare
il fatto che il tizio del ritratto fosse
profondamente addormentato, fu il fatto che da esso proveniva il suono
di
qualcuno che russava parecchio forte.
Gal
appoggiò l’uovo per terra e si avvicinò
al ritratto,
per poi cominciare a toccare con l’indice la cornice,
sussurrando: “Mi scusi…”
Per tutta
risposta, il soggetto continuò a ronfare
tranquillamente, come se non avesse sentito niente.
Vedendo che
era impossibile svegliarlo, Gal fece per
uscire, quando il suo stomaco cominciò a brontolare.
Anche se
aveva mangiato parecchio durante il banchetto,
aveva consumato molte energie a vagare per i corridoi e a sfuggire da
Gazza…
“Uffa,
che fame… vediamo se in tasca ho ancora qualcosa
dei dolci che ho preso sul treno… magari mi aiutano a
digerire…” meditò il
giovane, infilandosi una mano in tasca, e, proprio in quel momento, una
voce
alle sue spalle esclamò, entusiasta: “Dolci?! Ne
voglio uno anch’io!”
A causa dello
spavento, Gal sobbalzò e, girandosi di
scatto, puntò verso il tizio della voce, puntandosi, senza
rendersene bene
conto, una bacchetta di liquirizia.
Con sorpresa,
si accorse che chi aveva parlato era l’uomo
che stava dormendo nel ritratto.
Si era
rimesso il cappello sulla testa e Gal notò che
aveva i folti capelli rossi, proprio come la sua barba, e che aveva un
grande
sorriso sul volto, mostrando una serie di denti storti, i quali
venivano
mostrati con assoluto orgoglio.
Vedendo che
Gal si era spaventato, l’uomo del ritratto si
scusò immediatamente: “Oh, mi dispiace,
scusami… non volevo proprio
spaventarti… e pensare che Sal mi aveva persino avvisato di
non farlo, perché
avrei spaventato qualcuno…”
“Sal?”
ripeté, incredulo, il rosso e l’altro
annuì: “Sì,
è il mio migliore amico. Veramente il suo nome completo
sarebbe un altro, ma è
troppo lungo e difficile, perciò finisce sempre che lo
confondo e lo faccio arrabbiare.
Così lo chiamo Sal, molto più pratico e facile da
ricordare, perché devo solo
pensare al sale e ho trovato il nome giusto. Però non
è che gli piaccia tanto…
quando lo chiamo così, si arrabbia anche più di
prima.”
“Anch’io
ho lo stesso problema con una ragazza di
Serpeverde… ha un nome che è impossibile,
perciò uso un soprannome molto
carino, ma a lei non piace per niente e, anzi, mi da’
dell’idiota.”
“Idiota?
Ma che significa?”
“Si
tratta di un insulto che lei adopera fin troppo
spesso… significa stupido o babbeo.”
“Non
conosco il termine ‘stupido’, ma se equivale a
‘babbeo’, ho bene in chiaro cosa
significa.”
“Sal
ti chiama spesso così?”
“Fin
da quando ha ripreso a parlare e finché non è
morto,
tutte le volte che lo vedevo, mi diceva sempre che ero un babbeo e un
fuori di
zucca, assieme a tutti gli insulti che gli venivano in
mente… e anche prima, me
lo scriveva sempre…”
“E’
identico a Delphi… letteralmente.”
“Se
è di Serpeverde, non mi meraviglio… Sal ha sempre
preferito gli studenti che possiedono un bel carattere, proprio come
lui…”
“Senti,
ma tu… sei Godric Gryffindor?”
“Certo,
perché?”
Gal lo
fissò a bocca aperta, sorpreso.
Quello che
aveva davanti ai suoi occhi, era il suo
antenato, Godric Gryffindor… uno dei fondatori di Hogwarts e
il suo antenato…
ma come doveva approcciarsi con lui? Non voleva di certo sembrare un
imbroglione…
“Senta,
signore…” incominciò il rosso, ma
Godric lo
bloccò, allungando la mano davanti a lui per fermarlo:
“Non chiamarmi signore,
figliolo. Se proprio devi usare un nome per parlare con me, usa Godric,
anche
se ne farei volentieri a meno…”
“Non
ti piace il nome Godric?”
“Sì,
non lo sopporto… è un nome così
ridicolo e
inutilmente pomposo… se solo avessi un
soprannome… lo renderebbe molto più
digeribile…”
“Oh,
lo so… anch’io ho avuto lo stesso problema,
identico.”
“Davvero?”
“Sì,
i miei mi hanno chiamato Galahad, in onore di uno
dei cavalieri della Tavola Rotonda, ma al giorno d’oggi,
questo nome è così ridicolo
e imbarazzante…”
“Non
me ne parlare, figliolo… ero l’unico in tutta la
terra ancora vivo con un nome simile… era il nome di mio
padre, di mio nonno e
tutta la compagnia bella… io non l’ho mai amato
quel nome… l’unica che lo
trovava carino era Helga, ma lei riusciva a sopportare tutto, anche
quel brutto
carattere di Sal… quand’è nato Lionel,
la prima cosa che ho fatto, è stata
quella di dargli un altro nome! Non avrei potuto condannare mio figlio
alla
stessa tortura… però sospetto che non gli
piacesse tanto, perché si faceva
sempre chiamare Nel con gli amici e anche quando è diventato
cavaliere, assieme
a Cadogan…”
“Io,
come soprannome per sopportare il mio nome, ho
scelto Gal.”
“Gal?
E’ carino, i miei complimenti.”
“Se
vuole, posso trovare anche per lei un soprannome…”
“Lo
faresti davvero? Grazie, mi salveresti la vita, dico
sul serio!”
“Figurati,
Godric. Proverò a cercartene uno. Non sarà il
massimo, ma…”
“Oh,
credimi, Gal… per me, qualunque nome è meglio di
Godric!”
“Però,
mi tolga una curiosità… ha detto che suo figlio
si
chiamava Lionel?”
“Sì.”
“Che
buffo… lo sa che ha lo stesso nome di uno dei
cavalieri della Tavola Rotonda?”
“Lo
so benissimo, quello era mio figlio.”
Sentendo
quelle parole, Gal sgranò gli occhi, senza
parole.
Il figlio del
suo antenato era stato uno dei cavalieri
della Tavola Rotonda?!
Non ci poteva
credere… aveva proprio degli antenati
valorosi ed eroici!
“Ah,
il mio caro figliolo… uno dei cavalieri di re
Artù…
coraggioso, leale, valoroso… un vero Grifondoro! Ero
così fiero ed orgoglioso
di lui… peccato che aveva preso troppo da
me…”
“In
che senso, Godric?”
“Beh,
secondo Sal, io avrei una… ‘tendenza a fare
sciocchezze’… e, purtroppo, ne ho trasmessa tanta,
troppa, a mio figlio… così
alla fine, si è fatto cacciare dalla Tavola Rotonda, con
grande dispiacere di
Cadogan e Merlino… ma il mio ragazzo si è
disperato? Nossignore! Da vero
Grifondoro, come il suo vecchio, si è messo a girare per il
mondo in cerca di
avventure! Questa sua decisione mi ha reso molto più
orgoglioso di quando è
stato ammesso in quella corte! Peccato che Sal e Merlino non la
pensavano allo
stesso modo… ma, sai, ragazzo… tra Serpeverde ci
si intende…”
“Merlino
era un Serpeverde?!”
“Certo
che lo era, ragazzo! E uno dei migliori! Era anche
il secondo studente preferito di Sal… lui aveva occhio per
gli studenti
migliori…”
“E
chi era il primo?”
“Il
piccolo Henry… lo trovammo quando aveva solo sette
anni, povero piccolo… era il garzone di un vasaio, che lo
aveva preso a
lavorare nella sua bottega dopo che i genitori erano morti per
un’epidemia… ma
quel lurido e spregevole individuo, lo maltrattava e picchiava in
continuazione, approfittando del fatto che avesse una cattiva vista e
che
attorno a lui succedessero cose strane per via della magia…
glielo abbiamo
tolto subito e lo abbiamo portato qui. Rowena gli ha creato un paio di
occhiali
per poter vedere e Sal lo ha subito preso sotto la sua ala protettiva
e, in
poco tempo, quel piccolino è diventato la sua
ombra… nessuno di noi ne è
rimasto sorpreso quando Sal l’ha messo a Serpeverde, anche se
aveva i genitori
senza magia…”
“Cosa?
Davvero? E come lo sapevate?”
“Ce
lo disse Henry. Era sorpreso di scoprirsi un mago,
dato che i suoi genitori non avevamo mai fatto un solo
incantesimo… Fino a quel
momento, Sal non aveva mai messo il figlio di due senza magia a
Serpeverde, ma
con Henry fece volentieri un’eccezione…
c’era così legato… inoltre, erano
entrambi abili a pozioni… passavano i pomeriggi a
chiacchierare e a preparare
pozioni…”
“Ma
pensa te, non lo sapevo…”
“Eh,
c’è tanto da imparare,
figliolo…”
Non appena
ebbe finito di dire quelle parole, Godric
osservò a fondo Gal e domandò, incredulo:
“Ma noi due ci conosciamo? Mi sembri
familiare…”
“Diciamo
che noi due siamo parenti…”
“Veramente?
Sei un cugino della moglie di Lionel?”
“Ehm…
no. Veramente, io sarei il suo discendente.”
“Il
mio discendente?”
“Sì…
l’anno scorso ho evocato quel suo incanto, ‘Il
soffio del drago’ dalla sua spada.”
Fu come se
Godric avesse appena scoperto che i suoi amici
avevano fatto una festa a sorpresa per lui.
Rimase un
attimo in silenzio, poi sulla sua faccia si
stampò un largo e grande sorriso che mostravano tutti i suoi
denti storti.
“Sei
un mio discendente?! Non riesco a crederci! Questa
sì che è una notizia meravigliosa! Già
prima mi piacevi molto, figliolo, ma
adesso… comunque, hai proprio ragione, assomigli davvero
molto a Lionel, te lo
giuro.”
“Anche
mio padre doveva assomigliargli, perché mamma mi
ha raccontato che assomiglio molto a papà, molto
più di Lancy!”
“Oh,
questa è davvero una notte fantastica! Non solo ho
un po’ di compagnia dopo tanti anni, ma ho persino conosciuto
un mio
discendente! Dobbiamo assolutamente fare un banchetto!”
“Magari
domani… intendiamoci, l’idea di un bacchetto
m’interessa non poco, ma il fatto è che devo
trovare un nascondiglio per il mio
uovo…”
“Un
uovo? Non dirmi che sei in grado di deporne uno…”
“No,
l’ho trovato in una vecchia casa abbandonata, ma
voglio vedere cosa succede quando si schiuderà…
sono curioso di vedere se
uscirà un drago o, magari, una chimera!”
“Potresti
metterlo qui, Gal. In questa stanza non ci
viene mai nessuno e, poi, è collegata alla fornace delle
cucine, quindi il
calore sale qui e l’aria è molto calda, purtroppo,
ci vorrà un po’ più del
solito perché esso venga schiuso, ma il cucciolo
avrà abbastanza calore per
campare. Tutto quello che ci serve, adesso, è un
giaciglio.”
“Buona
idea… oh, se solo avessi delle coperte…”
“Perché
non le fai apparire con la magia?”
“Ah,
già, è vero! Dimenticavo che sono a scuola,
quindi
posso farla.”
“In
che senso non puoi fare magia se non sei a scuola?”
“I
minorenni non possono fare magie fuori dalla scuola
per legge. Non lo sapeva?”
“No.
Quando avevo la tua età, facevo magie in
continuazione ovunque, senza alcun problema… anche se Sal mi
diceva sempre di
non mostrare mai la magia davanti a coloro che ne erano
privi.”
“Come
mai? Temeva che uno di loro si facesse male per
errore?”
“No,
diceva che era più pericoloso per noi che per
loro…
e con tutto quello che ha vissuto, non mi meraviglia che lo
pensasse…”
“Perché,
che gli è successo?”
Inaspettatamente,
Godric fece una faccia nervosa, come se
avesse appena rivelato un tabù inconfessabile, ma, subito,
l’uomo rispose:
“Beh, è meglio lasciar perdere, in fondo non era
niente… forza, prepariamo il
giaciglio.”
Nel dire
quelle parole, Godric tirò la bacchetta, ma non
successe niente.
“Ehm,
temo che gli incantesimi non abbiano effetto dentro
i quadri…” gli ricordò Gal e Godric
fece un sospirò: “Ah, già,
dimenticavo…
questa roba non esisteva quand’ero un fanciullo della tua
età…”
Gal si tolse
la felpa che si era messo per riscaldarsi e
ci mise sopra l’uovo, cercando di coprirlo, per poi dire:
“Domani porterò più
coperte, non vedo l’ora di vedere cosa verrà
fuori… speriamo che sia una
creatura rara e molto pericolosa.”
“Hai
proprio un coraggio da leone, proprio come me!”
“Grazie,
dopotutto, sono il discendente della persona più
coraggiosa che sia mai esistita!”
“Ma,
veramente… non sono io la persona più coraggiosa
che
sia mai esistita.”
Sentendo
quelle parole, Gal sgranò gli occhi e domandò:
“Ma cosa dice? Tu sei il fondatore della Casa di Grifondoro,
l’emblema stesso
del coraggio… se c’è qualcuno che
merita quel titolo sei proprio tu, Godric!”
“Ti
ringrazio per i complimenti, Gal. In effetti, sono
molto coraggioso… ma sopra di me, c’è
un’altra persona, la persona più coraggiosa
che abbia mai conosciuto in vita mia. Io non sarò mai al suo
livello,
nonostante quello che pensa la gente.”
“Adesso
sono proprio curioso a mille… chi è?”
“Beh,
si tratta di…” cominciò Godric, ma,
proprio quando
stava per pronunciare il suo nome, si udirono le vecchie campane
suonarono tre
rintocchi.
“Oh,
cavolo! Sono le tre! Ho solo ancora quattro ore di
sonno!” esclamò Gal, precipitandosi verso la
porta, ma, prima di aprirla, si
girò verso il quadro e pregò Godric, il quale lo
fissava, basito: “La prego,
tenga d’occhio l’uovo, tornerò domani
con le coperte e il soprannome!
Buonanotte, Godric!”
Subito, il
giovane chiuse la porta, mentre il personaggio
del quadro faceva un sorriso divertito e commentava: “Ho un
discendente proprio
niente male… mi piace!”