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Autore: Il corsaro nero    01/01/2021    1 recensioni
La scuola di Hogwarts è famosa in tutta l'Inghilterra, soprattutto per le sue quattro Case, da cui sono usciti streghe e maghi famosi in tutto il mondo... ma ciò che molti non sanno, è che tra quelle mura, sono nascosti incredibili e affascinanti segreti che solo quattro prescelti hanno la possibilità e il dovere di conoscerli tutti... quattro prescelti legati in maniera indissolubile fin dalla nascita...
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Delphini Riddle, Harry Potter, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 39: Progetti e incontri notturni

 

Il bagliore verdastro dovuto all’acqua del lago che filtrava dalle finestre illuminava il dormitorio dove vi erano cinque letti con dentro delle ragazze che dormivano tranne una.

La giovane sdraiata sul letto coi capelli argentati legati in una coda di cavallo, osservava i pesci che si avvicinavano alla finestra, in attesa.

Una volta certa che tutte le altre fossero addormentate.

Scese lentamente dal letto e prese i suoi indumenti, correndo in bagno per cambiarsi.

Una volta pronta, fece per entrare in Sala Comune, ma vide un ragazzo dai capelli biondi dirigersi verso la porta che riconobbe immediatamente.

Quello era Abel Nott… ma cosa stava combinando? Evidentemente, stava raggiungendo il suo amichetto…

Una volta uscito, Delphini rimase un attimo ferma, in quanto non voleva correre il rischio che Abel tornasse e la vedesse in piedi, ma, una volta certa che era sparito, la ragazzina entrò in Sala Comune e, dopo essersi guardata intorno, sussurrò: “Asmodeus, sei qui?”

“Arrivo, arrivo…” fece una voce strisciante e, da sotto un divano di pelle, sbucò il serpente domestico della ragazzina, per poi avvicinarsi, strisciando a lei.

“Allora? C’è?” domandò Delphini, inginocchiandosi davanti ad Asmodeus, il quale negò con la testa e affermò, con un tono: “Ho cercato in quella maledetta Camera per ore, mentre tu ti divertivi alla festa, ma non ho trovato un fico secco che confermasse la tua teoria!”

“Povero serpente brontolone…” gli disse Delphini, con un sorrisetto divertito, mentre gli accarezzava la testa squamosa, dandogli un sacchetto pieno di carne “Ecco qua. Questo è un po’ di cibo della festa.”

Il serpente si mise subito a mangiare il cibo avidamente, mentre Delphini si avvicinava ad un muro di pietra in un angolo della Sala, la cui luce del camino non lo raggiungeva.

“Vuoi andare a controllare?” le domandò Asmodeus, guardandola, e la ragazzina ammise: “Certo. In fondo, un’occhiata in più non farà certo male…”

“Fa’ come vuoi… io me ne resto qui al calduccio!”

“Nessun problema.”

Una volta che fu davanti al muro, sussurrò, in serpentese: “Apriti.”

Immediatamente, si udì un rumore sordo e il muro cominciò a vibrare, mentre i mattoni si spostavano, mostrano un corridoio di pietra lungo e buio.

“Lumos.” Fece la giovane strega, tirando fuori la bacchetta, mentre alla sua estremità appariva una sfera di luce.

Delphini allungò la gamba per fare un passo, quando, alle sue spalle, sentì Asmodeus dire: “Aspetta, vengo con te.”

Voltandosi, Delphini osservò il serpente strisciare verso di lei velocemente e, una volta che fu di fianco a lei, gli domandò: “A cosa devo questo cambio d’idea improvviso?”

“Mi è venuto in mente che ci potrebbero essere dei topi nascosti nella galleria e ti ricordo che è da settimane che non ne mangio uno!”

“Ehi, non prendertela con me! E’ l’amichetta di Teddy che ha deciso di comprarsi un coniglio e io non voglio problemi con gli altri.”

“Ma dico, non poteva comprarsi uno stupido gatto, come tutti gli altri marmocchi del castello?”

“A quanto pare, non erano abbastanza coccolosi…”

“E tu come lo sai?”

“Perché è quello che non farei io. Io sceglierei un animale utile ed intelligente, proprio come te.”

“Grazie per il complimento.”

I due iniziarono a camminare e, dopo un po’, i due giunsero davanti ad un muro di pietra, ma Delphini, senza mostrare alcuna titubanza, appoggiò entrambe le mani sul muro e le spinse, rivelando un vano che conduceva ad un’enorme stanza, con la grande statua di un vecchio con la barba lunga.

“Vuoi rifare lo stesso percorso che tu e i tuoi amici avete fatto l’anno scorso?” domandò Asmodeus, avvicinandosi ad una colonna della sala, ma Delphini rispose, alzando lo sguardo in aria, come se stesse cercando di studiare il soffitto a volta sopra la sua testa, in cerca di qualche indizio: “No… rischiamo di perdere troppo tempo prezioso… il mio istinto mi dice che se c’è qualche passaggio è qui, da qualche parte…”

“E secondo te, dove sarebbe? Se qui ci fosse qualche passaggio, te ne saresti accorta…”

“O, forse, proprio perché era sotto i miei occhi non me ne sono accorta… un modo astuto per confondere il tuo nemico è fare qualcosa che lui non si aspetterebbe mai… di norma, un passaggio segreto dev’essere in un punto in cui non passa mai nessuno, ben nascosto… forse, Salazar Slytherin ha fatto tutto il contrario! Ha messo il passaggio in un punto ben visibile, che poteva finire sotto gli occhi di tutti…”

Immediatamente, Delphini sgranò gli occhi e, d’istinto, si voltò verso l’enorme statua del fondatore.

“…E una statua così grande del fondatore di questo posto finisce di certo sotto gli occhi di tutti…” concluse la ragazzina, avvicinandosi ad essa, seguita da Asmodeus, il quale, dopo aver osservato un attimo la statua, domandò: “Dove sarà il passaggio? Sai come aprirlo?”

“Credo che sia ad apertura vocale, come il passaggio in Sala Comune e nel bagno di Mirtilla Malcontenta… ma necessita del serpentese.” Meditò la giovane, per poi sussurrare: “Apriti.”

Inaspettatamente, non accade niente.

“Deve aver usato una parola d’ordine diversa per confondere le acque…” commentò Asmodeus e Delphini, sedendosi sul piede gigantesco della statua, si mise a riflettere: “Quale potrebbe essere?”

“Ricordati che non sappiamo se il passaggio segreto sia legato proprio alla statua… né tantomeno che la tua idea sia corretta…”

“Io sento che ho ragione e che la statua sia il filo conduttore di tutto! Ma quale sarà la parola che possa spostare questa dannata statua e rivelare il passaggio…”

Non appena ebbe pronunciato, Delphini ebbe un’illuminazione.

In un lampo, scese giù dalla statua con un balzo e si allontanò, esclamando: “Ho capito! Ora so qual è la parola d’ordine! Allontanati, Asmodeus!”

Non appena lei e il serpente furono abbastanza lontani, Delphini si girò verso la statua e sibilò: “Spostati.”

Subito, il terreno di pietra cominciò a tremare e la statua di Salazar Slytherin, la quale stava tremando tutta, si spostò lentamente di lato, rivelando un’apertura verso il basso.

Delphini si avvicinò all’apertura e, allungando la bacchetta con davanti un fascio di luce, come se fosse una torcia, cominciò a controllare cosa nascondeva.

La luce della bacchetta rivelò che l’apertura sembrava un pozzo senza fondo, da cui partiva una scala a chiocciola verso il basso, anche se non si riusciva a vedere la fine, dato che c’era così tanto buio da non vedere il fondo.

Incuriosita, Delphini prese un sassolino per terra e lo gettò nel passaggio.

Dovette aspettare più di un minuto, prima di sentire un tonfo.

“Allora, cosa facciamo, adesso? Scendiamo?” domandò Asmodeus, ma la giovane negò con la testa: “Meglio di no, sono già le due di notte, è ora di andare a dormire. Entreremo domani notte, mentre, durante il giorno, ne approfitteremo per prepararci quando li troveremo, in modo da evitare di lasciarci le penne.”

“Credi d’incontrarli?”

“E perché no? La squama che ha trovato Oliver l’anno scorso, me lo ha confermato.”

“Io non ne sarei così sicuro…”

“Sei solo nervoso al pensiero d’incontrarne anche solo uno.”

“Ovvio! Lo sai cosa significano per noi serpenti? Sono creature leggendarie a cui dobbiamo assoluto rispetto! In un certo senso, si tratta dei nostri sovrani…”

“Ho capito, ho capito, non preoccuparti… ci parlerò io, se li becco.”

“Guarda che non riuscirai a domarli solo col serpentese! Sono creature molto indipendenti e orgogliose. Faranno molto prima ad ucciderti…”

“Non dubito… ma il fatto d’incontrare per la prima volta da decenni una che parla la loro lingua li sorprenderà per un po’ e a quel punto ne approfitterò per parlargli.”

“Sei fin troppo sicura di te… fa come vuoi, ma se ci lasci le penne, poi non lagnarti con me.”

“Sta tranquillo…”

Delphini si girò di nuovo verso la statua e ordinò: “Torna come prima.”

Immediatamente, la statua, sempre tremando, tornò a coprire il passaggio, con una precisione perfetta.

 

Il ragazzino coi capelli rossi, il casco da pilota babbano e con un gigantesco uovo tra le braccia, stava camminando per i corridoi in punta di piedi, sperando di non essere beccato da Gazza e dalla sua stupida palla di pelo, tanto per fare dei nomi a caso…

Se proprio doveva essere sincero, stava cascando dal sonno, ma doveva trovare un posto caldo per l’uovo che aveva trovato, in modo che potesse schiudersi.

Era proprio curioso di quale creatura ci fosse al suo interno… con un po’ di fortuna, sarebbe stato un drago, una fenice, un’acromantula o una chimera, ma non gli sarebbe dispiaciuto un uccello magico come un diricawl… se fosse stato un uovo di gallina, avrebbe potuto farlo covare da un rospo, in modo da far nascere un basilisco… peccato che era evidente che quello che aveva tra le mani non era un uovo di gallina, dato che era troppo grosso e sembrava più fatto di granito… ma, magari, era proprio un uovo di basilisco!

Oh, non vedeva l’ora che si schiudesse… ma, intanto, doveva trovare un luogo caldo dove metterlo…

Mentre pensava, il ragazzino non si accorse di un’armatura proprio davanti a lui finché non ci andò a sbattere, facendola cadere e generando un gran baccano.

“Accidenti!” borbottò Gal, controllando immediatamente il suo uovo, tirando quasi subito un sospiro di sollievo: “Phew, meno male… è ancora tutto intero… che spavento…”

Non appena ebbe finito di parlare, sentì dei passi venire verso di lui e un fin troppo familiare miagolio.

“Porca miseria, è Gazza con la sua stupida gatta!” sibilò, nervoso, il ragazzino e, proprio in quel momento, a confermare la sua teoria, sentì la voce di Gazza che, con un ghigno, sussurrava: “Annusa, ciccina, annusa… lo troveremo quel furbetto che si diverte a violare il coprifuoco… e dopo useremo le catene del mio ufficio, che ne dici?”

Anche se era il discendente di Godric Gryffondor e fosse, per natura, un ragazzo molto coraggioso, non aveva alcuna intenzione di provare le catene di Gazza!

Pertanto, sempre facendo attenzione a non far cadere il suo prezioso uovo, Gal cominciò a correre come un matto per i corridoi del castello, sperando che l’uovo tra le sue braccia non gli scivolasse, rompendosi.

Dopo tutta la fatica che aveva fatto per portarselo a scuola di nascosto…

Mentre cercava di scappare, Gal notò di trovarsi in un corridoio che non aveva mai visto prima, ma, in quel momento, aveva decisamente altri pensieri per la testa…

Ad un tratto, notò una piccola porticina chiusa e, senza perdere tempo, lanciò l’incantesimo di apertura ed entrò dentro, con l’uovo tra le braccia, per poi chiudere a chiave la porta.

Rimase un attimo in silenzio, accostando l’orecchio alla porta, ascoltando i passi pesanti di Gazza, seguiti da quelli svelti di Mrs Purr, avvicinarsi sempre di più.

Il ragazzino sentì il suo cuore battere più velocemente del solito, come se volesse uscirgli dal petto, mentre il custode si avvicinava sempre di più al suo nascondiglio e, proprio in quell’istante, i passi si fermarono proprio davanti alla sua porta e Gal, terrorizzato, trattenne il respiro, ansioso.

Passò un minuto, poi un altro, un altro ancora… proprio quando Gal stava per uscire dalla stanza pur di farla finita con quella situazione snervante, sentì i passi di Gazza allontanarsi sempre di più.

Una volta che il silenzio ritornò a regnare incontrastato, Gal fece un sospiro di sollievo, scoprendo con sorpresa che, mentre aspettava che Gazza se ne andava, aveva trattenuto il respiro senza nemmeno rendersene conto, e si mise a guardarsi intorno.

Si trattava di una stanza di pietra piuttosto piccola, ma molto calda e, soprattutto, completamente vuota, fatta eccezione per una piccola torcia che illuminava l’intera stanza e di un quadro attaccato alla parete che mostrava un uomo addormentato e appoggiato ad una vecchia quercia in un prato verde e rigoglioso con un cappello parecchio brutto e vecchio, il quale era messo sul viso, in modo da impedire alla luce di colpirlo e di svegliarlo.

A confermare il fatto che il tizio del ritratto fosse profondamente addormentato, fu il fatto che da esso proveniva il suono di qualcuno che russava parecchio forte.

Gal appoggiò l’uovo per terra e si avvicinò al ritratto, per poi cominciare a toccare con l’indice la cornice, sussurrando: “Mi scusi…”

Per tutta risposta, il soggetto continuò a ronfare tranquillamente, come se non avesse sentito niente.

Vedendo che era impossibile svegliarlo, Gal fece per uscire, quando il suo stomaco cominciò a brontolare.

Anche se aveva mangiato parecchio durante il banchetto, aveva consumato molte energie a vagare per i corridoi e a sfuggire da Gazza…

“Uffa, che fame… vediamo se in tasca ho ancora qualcosa dei dolci che ho preso sul treno… magari mi aiutano a digerire…” meditò il giovane, infilandosi una mano in tasca, e, proprio in quel momento, una voce alle sue spalle esclamò, entusiasta: “Dolci?! Ne voglio uno anch’io!”

A causa dello spavento, Gal sobbalzò e, girandosi di scatto, puntò verso il tizio della voce, puntandosi, senza rendersene bene conto, una bacchetta di liquirizia.

Con sorpresa, si accorse che chi aveva parlato era l’uomo che stava dormendo nel ritratto.

Si era rimesso il cappello sulla testa e Gal notò che aveva i folti capelli rossi, proprio come la sua barba, e che aveva un grande sorriso sul volto, mostrando una serie di denti storti, i quali venivano mostrati con assoluto orgoglio.

Vedendo che Gal si era spaventato, l’uomo del ritratto si scusò immediatamente: “Oh, mi dispiace, scusami… non volevo proprio spaventarti… e pensare che Sal mi aveva persino avvisato di non farlo, perché avrei spaventato qualcuno…”

“Sal?” ripeté, incredulo, il rosso e l’altro annuì: “Sì, è il mio migliore amico. Veramente il suo nome completo sarebbe un altro, ma è troppo lungo e difficile, perciò finisce sempre che lo confondo e lo faccio arrabbiare. Così lo chiamo Sal, molto più pratico e facile da ricordare, perché devo solo pensare al sale e ho trovato il nome giusto. Però non è che gli piaccia tanto… quando lo chiamo così, si arrabbia anche più di prima.”

“Anch’io ho lo stesso problema con una ragazza di Serpeverde… ha un nome che è impossibile, perciò uso un soprannome molto carino, ma a lei non piace per niente e, anzi, mi da’ dell’idiota.”

“Idiota? Ma che significa?”

“Si tratta di un insulto che lei adopera fin troppo spesso… significa stupido o babbeo.”

“Non conosco il termine ‘stupido’, ma se equivale a ‘babbeo’, ho bene in chiaro cosa significa.”

“Sal ti chiama spesso così?”

“Fin da quando ha ripreso a parlare e finché non è morto, tutte le volte che lo vedevo, mi diceva sempre che ero un babbeo e un fuori di zucca, assieme a tutti gli insulti che gli venivano in mente… e anche prima, me lo scriveva sempre…”

“E’ identico a Delphi… letteralmente.”

“Se è di Serpeverde, non mi meraviglio… Sal ha sempre preferito gli studenti che possiedono un bel carattere, proprio come lui…”

“Senti, ma tu… sei Godric Gryffindor?”

“Certo, perché?”

Gal lo fissò a bocca aperta, sorpreso.

Quello che aveva davanti ai suoi occhi, era il suo antenato, Godric Gryffindor… uno dei fondatori di Hogwarts e il suo antenato… ma come doveva approcciarsi con lui? Non voleva di certo sembrare un imbroglione…

“Senta, signore…” incominciò il rosso, ma Godric lo bloccò, allungando la mano davanti a lui per fermarlo: “Non chiamarmi signore, figliolo. Se proprio devi usare un nome per parlare con me, usa Godric, anche se ne farei volentieri a meno…”

“Non ti piace il nome Godric?”

“Sì, non lo sopporto… è un nome così ridicolo e inutilmente pomposo… se solo avessi un soprannome… lo renderebbe molto più digeribile…”

“Oh, lo so… anch’io ho avuto lo stesso problema, identico.”

“Davvero?”

“Sì, i miei mi hanno chiamato Galahad, in onore di uno dei cavalieri della Tavola Rotonda, ma al giorno d’oggi, questo nome è così ridicolo e imbarazzante…”

“Non me ne parlare, figliolo… ero l’unico in tutta la terra ancora vivo con un nome simile… era il nome di mio padre, di mio nonno e tutta la compagnia bella… io non l’ho mai amato quel nome… l’unica che lo trovava carino era Helga, ma lei riusciva a sopportare tutto, anche quel brutto carattere di Sal… quand’è nato Lionel, la prima cosa che ho fatto, è stata quella di dargli un altro nome! Non avrei potuto condannare mio figlio alla stessa tortura… però sospetto che non gli piacesse tanto, perché si faceva sempre chiamare Nel con gli amici e anche quando è diventato cavaliere, assieme a Cadogan…”

“Io, come soprannome per sopportare il mio nome, ho scelto Gal.”

“Gal? E’ carino, i miei complimenti.”

“Se vuole, posso trovare anche per lei un soprannome…”

“Lo faresti davvero? Grazie, mi salveresti la vita, dico sul serio!”

“Figurati, Godric. Proverò a cercartene uno. Non sarà il massimo, ma…”

“Oh, credimi, Gal… per me, qualunque nome è meglio di Godric!”

“Però, mi tolga una curiosità… ha detto che suo figlio si chiamava Lionel?”

“Sì.”

“Che buffo… lo sa che ha lo stesso nome di uno dei cavalieri della Tavola Rotonda?”

“Lo so benissimo, quello era mio figlio.”

Sentendo quelle parole, Gal sgranò gli occhi, senza parole.

Il figlio del suo antenato era stato uno dei cavalieri della Tavola Rotonda?!

Non ci poteva credere… aveva proprio degli antenati valorosi ed eroici!

“Ah, il mio caro figliolo… uno dei cavalieri di re Artù… coraggioso, leale, valoroso… un vero Grifondoro! Ero così fiero ed orgoglioso di lui… peccato che aveva preso troppo da me…”

“In che senso, Godric?”

“Beh, secondo Sal, io avrei una… ‘tendenza a fare sciocchezze’… e, purtroppo, ne ho trasmessa tanta, troppa, a mio figlio… così alla fine, si è fatto cacciare dalla Tavola Rotonda, con grande dispiacere di Cadogan e Merlino… ma il mio ragazzo si è disperato? Nossignore! Da vero Grifondoro, come il suo vecchio, si è messo a girare per il mondo in cerca di avventure! Questa sua decisione mi ha reso molto più orgoglioso di quando è stato ammesso in quella corte! Peccato che Sal e Merlino non la pensavano allo stesso modo… ma, sai, ragazzo… tra Serpeverde ci si intende…”

“Merlino era un Serpeverde?!”

“Certo che lo era, ragazzo! E uno dei migliori! Era anche il secondo studente preferito di Sal… lui aveva occhio per gli studenti migliori…”

“E chi era il primo?”

“Il piccolo Henry… lo trovammo quando aveva solo sette anni, povero piccolo… era il garzone di un vasaio, che lo aveva preso a lavorare nella sua bottega dopo che i genitori erano morti per un’epidemia… ma quel lurido e spregevole individuo, lo maltrattava e picchiava in continuazione, approfittando del fatto che avesse una cattiva vista e che attorno a lui succedessero cose strane per via della magia… glielo abbiamo tolto subito e lo abbiamo portato qui. Rowena gli ha creato un paio di occhiali per poter vedere e Sal lo ha subito preso sotto la sua ala protettiva e, in poco tempo, quel piccolino è diventato la sua ombra… nessuno di noi ne è rimasto sorpreso quando Sal l’ha messo a Serpeverde, anche se aveva i genitori senza magia…”

“Cosa? Davvero? E come lo sapevate?”

“Ce lo disse Henry. Era sorpreso di scoprirsi un mago, dato che i suoi genitori non avevamo mai fatto un solo incantesimo… Fino a quel momento, Sal non aveva mai messo il figlio di due senza magia a Serpeverde, ma con Henry fece volentieri un’eccezione… c’era così legato… inoltre, erano entrambi abili a pozioni… passavano i pomeriggi a chiacchierare e a preparare pozioni…”

“Ma pensa te, non lo sapevo…”

“Eh, c’è tanto da imparare, figliolo…”

Non appena ebbe finito di dire quelle parole, Godric osservò a fondo Gal e domandò, incredulo: “Ma noi due ci conosciamo? Mi sembri familiare…”

“Diciamo che noi due siamo parenti…”

“Veramente? Sei un cugino della moglie di Lionel?”

“Ehm… no. Veramente, io sarei il suo discendente.”

“Il mio discendente?”

“Sì… l’anno scorso ho evocato quel suo incanto, ‘Il soffio del drago’ dalla sua spada.”

Fu come se Godric avesse appena scoperto che i suoi amici avevano fatto una festa a sorpresa per lui.

Rimase un attimo in silenzio, poi sulla sua faccia si stampò un largo e grande sorriso che mostravano tutti i suoi denti storti.

“Sei un mio discendente?! Non riesco a crederci! Questa sì che è una notizia meravigliosa! Già prima mi piacevi molto, figliolo, ma adesso… comunque, hai proprio ragione, assomigli davvero molto a Lionel, te lo giuro.”

“Anche mio padre doveva assomigliargli, perché mamma mi ha raccontato che assomiglio molto a papà, molto più di Lancy!”

“Oh, questa è davvero una notte fantastica! Non solo ho un po’ di compagnia dopo tanti anni, ma ho persino conosciuto un mio discendente! Dobbiamo assolutamente fare un banchetto!”

“Magari domani… intendiamoci, l’idea di un bacchetto m’interessa non poco, ma il fatto è che devo trovare un nascondiglio per il mio uovo…”

“Un uovo? Non dirmi che sei in grado di deporne uno…”

“No, l’ho trovato in una vecchia casa abbandonata, ma voglio vedere cosa succede quando si schiuderà… sono curioso di vedere se uscirà un drago o, magari, una chimera!”

“Potresti metterlo qui, Gal. In questa stanza non ci viene mai nessuno e, poi, è collegata alla fornace delle cucine, quindi il calore sale qui e l’aria è molto calda, purtroppo, ci vorrà un po’ più del solito perché esso venga schiuso, ma il cucciolo avrà abbastanza calore per campare. Tutto quello che ci serve, adesso, è un giaciglio.”

“Buona idea… oh, se solo avessi delle coperte…”

“Perché non le fai apparire con la magia?”

“Ah, già, è vero! Dimenticavo che sono a scuola, quindi posso farla.”

“In che senso non puoi fare magia se non sei a scuola?”

“I minorenni non possono fare magie fuori dalla scuola per legge. Non lo sapeva?”

“No. Quando avevo la tua età, facevo magie in continuazione ovunque, senza alcun problema… anche se Sal mi diceva sempre di non mostrare mai la magia davanti a coloro che ne erano privi.”

“Come mai? Temeva che uno di loro si facesse male per errore?”

“No, diceva che era più pericoloso per noi che per loro… e con tutto quello che ha vissuto, non mi meraviglia che lo pensasse…”

“Perché, che gli è successo?”

Inaspettatamente, Godric fece una faccia nervosa, come se avesse appena rivelato un tabù inconfessabile, ma, subito, l’uomo rispose: “Beh, è meglio lasciar perdere, in fondo non era niente… forza, prepariamo il giaciglio.”

Nel dire quelle parole, Godric tirò la bacchetta, ma non successe niente.

“Ehm, temo che gli incantesimi non abbiano effetto dentro i quadri…” gli ricordò Gal e Godric fece un sospirò: “Ah, già, dimenticavo… questa roba non esisteva quand’ero un fanciullo della tua età…”

Gal si tolse la felpa che si era messo per riscaldarsi e ci mise sopra l’uovo, cercando di coprirlo, per poi dire: “Domani porterò più coperte, non vedo l’ora di vedere cosa verrà fuori… speriamo che sia una creatura rara e molto pericolosa.”

“Hai proprio un coraggio da leone, proprio come me!”

“Grazie, dopotutto, sono il discendente della persona più coraggiosa che sia mai esistita!”

“Ma, veramente… non sono io la persona più coraggiosa che sia mai esistita.”

Sentendo quelle parole, Gal sgranò gli occhi e domandò: “Ma cosa dice? Tu sei il fondatore della Casa di Grifondoro, l’emblema stesso del coraggio… se c’è qualcuno che merita quel titolo sei proprio tu, Godric!”

“Ti ringrazio per i complimenti, Gal. In effetti, sono molto coraggioso… ma sopra di me, c’è un’altra persona, la persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto in vita mia. Io non sarò mai al suo livello, nonostante quello che pensa la gente.”

“Adesso sono proprio curioso a mille… chi è?”

“Beh, si tratta di…” cominciò Godric, ma, proprio quando stava per pronunciare il suo nome, si udirono le vecchie campane suonarono tre rintocchi.

“Oh, cavolo! Sono le tre! Ho solo ancora quattro ore di sonno!” esclamò Gal, precipitandosi verso la porta, ma, prima di aprirla, si girò verso il quadro e pregò Godric, il quale lo fissava, basito: “La prego, tenga d’occhio l’uovo, tornerò domani con le coperte e il soprannome! Buonanotte, Godric!”

Subito, il giovane chiuse la porta, mentre il personaggio del quadro faceva un sorriso divertito e commentava: “Ho un discendente proprio niente male… mi piace!”

   
 
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