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Autore: lapacechenonho    02/01/2021    3 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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32- 031: Things you said when you asked me to marry you (Le cose che hai detto quando mi chiedesti di sposarti). 
 
Dopo aver scelto la casa e aver dato la caparra, rimaneva una cosa da fare: il trasloco. Sebbene la magia avesse aiutato molto a posizionare i vari oggetti all’interno della casa, Harry e Ginny sentivano di essere ancora in alto mare. Harry non aveva ancora ben deciso cosa farne della casa a Grimmauld Place, ne avevano parlato insieme ma non erano arrivati ad una conclusione. Era invendibile e inabitabile. Al momento ospitava Ron, che aveva deciso di andare a vivere da solo, dato che lo stipendio da commesso di George non gli avrebbe permesso di pagare l’affitto di una casa, Harry gli aveva ceduto la sua.
La villetta a due piani a Godric’s Hollow era ancora piena di scatoloni, al momento le uniche cose che avevano acquistato erano stati un letto e un camino da mettere nel salotto per poter usare la Metropolvere. Il tavolo in cucina aveva riservato ai nuovi abitanti della casa una piccola sorpresa: non appena avevano appoggiato uno scatolone piuttosto pesante, si era spezzata una gamba. Beth aveva omesso che c’era questo piccolo rischio in quanto era piuttosto vecchio. Avevano provato a ripararlo con un Reparo ma appena provavano ad appoggiare qualcosa sopra questo si rompeva di nuovo. Perciò adesso si trovavano anche senza tavolo. Avevano impilato due scatoloni uno sopra l’altro creando un tavolo di fortuna in attesa che arrivasse quello nuovo. «Be’, almeno abbiamo le sedie» aveva commentato Ginny con tono esasperato.
Il trasloco ed il Campionato di Quidditch la stavano sfiancando, per non parlare del fatto che Hermione ultimamente era così allegra che voleva portarla per forza in giro a fare shopping nella Londra Babbana. Spesso l’aveva visto fermarsi a delle vetrine di abiti da sposa e si era convinta che lei e Ron fossero sul punto di fare il grande passo.
Anche Harry sembrava piuttosto provato dal periodo intenso. Erano contenti di fare quel pezzo di strada in più, ma dovevano ammettere che era piuttosto faticoso. «Gli Auror anziani vi mettono ancora sotto col lavoro?» chiese una sera mentre cenavano sul solito tavolo improvvisato. Non era la soluzione più comoda ma era qualcosa su cui appoggiare i piatti. E solo quelli visto che non c’era spazio per altro. Le brocche di acqua e succo di zucca erano poggiate a terra, le posate e i bicchieri entravano per miracolo in quel quadrato minuscolo. Harry annuì guardandola distrattamente, concentrandosi sul suo pasticcio di carne.
«I tuoi allenamenti?» s’interessò lui prima di prendere una forchettata abbondante di cena. Ginny odiava quando era nervoso e iniziava ad impersonare Ron mangiando pure le posate.
«Pesanti. Gwenog non ne fa passare una» ammise. Vedendo che il fidanzato non dava segno di volersi calmare e rilassare, Ginny decise di affrontarlo con le cattive. «Harry James Potter» cominciò. Era appoggiata allo schienale della sedia, mani e gambe incrociate, gli occhi quasi ridotti a due fessure, la cena ormai abbandonata nel piatto. Lo vide deglutire a vuoto. «Dimmi cosa ti succede».
«Niente, tesoro, perché?» blaterò. Dal tono di intuiva che manco lui ci credeva.
«Non chiamarmi tesoro, ti prego!» esclamò alzando gli occhi al cielo. Andavano bene tutti i nomignoli ma tesoro non lo sopportava e mai lo avrebbe fatto. Le dava l’impressione di una caramella troppo zuccherata, di quelle che mordi e senti subito male ai denti tanto sono dolci.
«Non ho niente Ginny, sul serio» ripeté riprendendosi. A Ginny ancora non dava l’idea di essersi rilassato, decise di non arrendersi e di continuare a cercare di avere una risposta. Sciolse la posizione rigida che aveva assunto e cercò di mettere in campo tutta la bontà che c’era in lei.
«Harry, ti conosco. Tra un po’ dov’è che mangi anche il piatto per quanto sei nervoso» tentò. Harry sospirò abbandonandosi anche lui sullo schienale della sedia.
«Oggi ho fatto una cosa…» cominciò. Come un flash, nella testa di Ginny comparirono le immagini di lui seduto di fronte alla Magiavvocatessa bionda con Keacher che li serviva la cena. Un brivido di paura salì lungo la schiena ma rimase lucida e lasciare che il suo fidanzato finisse il racconto. «…una cosa bella!» si affrettò ad aggiungere. Ginny lo incoraggiò a continuare ma lui sembrava aver perso le parole. Come se si fosse preparato un discorso e all’improvviso lo avesse dimenticato.
«Quindi?» lo incalzò Ginny con fare impaziente.
«Sono andato in gioielleria» rispose solamente.
Gli occhi di Ginny brillarono. Sapeva di averci visto giusto su Ron ed Hermione! «Lo sapevo!» esclamò battendo un pugno sulla mano (non poteva batterla sugli scatoli, altrimenti anche il loro tavolo di fortuna sarebbe crollato).
«Cosa?» domandò con voce stridula Harry. Sembrava sconvolto da quell’affermazione.
«Che Hemione e Ron si vogliono sposare» rispose con una scrollata di spalle «Ultimamente Hermione si ferma a guardare le vetrine di abiti da sposa». Guardando Harry, Ginny aveva l’impressione che Harry stesse combattendo una guerra interiore. Non sapeva esattamente cosa, ma c’era qualcosa che lo turbava ed era qualcosa di molto più grande dei suoi amici che si sposavano. Buttò fuori l’aria e la guardò con fare risoluto. «È vero» iniziò. «Ron ed Hermione stanno iniziando a parlare di matrimonio ma c’è altro». Ginny lo guardò interessata. «Stiamo insieme da tre anni, viviamo insieme da un po’, abbiamo un lavoro stabile, ci amiamo…» si interruppe guardando ovunque tranne il volto di Ginny che sorrideva furba avendo capito le intenzioni del fidanzato.
«Harry Potter, per caso mi stai chiedendo di sposarti?» chiese con un tono canzonatorio ma allo stesso tempo emozionato.
Non troppo tempo prima gli avrebbe risposto che era ancora troppo giovane per diventare una moglie e forse una madre, ma c’era qualcosa in lei adesso, qualcosa che la spingeva a dire di sì. Qualcosa che l’aveva convinta a fare il passo successivo, non le bastava più vivere insieme a lui e starci insieme, voleva giurare davanti a tutti di volerlo accanto a lui per il resto della sua vita. Harry annuì. «Ma se non sei pronta possiamo aspettare, voglio dire, possiamo sposarci anche fra dieci anni o mai…» aggiunse frettolosamente. Ginny aveva un sorriso enorme sul viso, lo guardò innamorata.
«Lo voglio, Harry. Voglio sposarti e stare con te per il resto della mia vita» rispose. Ora anche Harry sorrideva. Si guardavano negli occhi contenti ed emozionati, Harry ad un certo punto si adombrò.
«Non ho l’anello» mormorò. Si alzò e si avvicinò al ragazzo carezzandogli la guancia dolcemente.
«Non mi importa, Harry» gli disse dolcemente. «Ci sei tu e abbiamo deciso di sposarci. Non mi importa di un anello. È già abbastanza romantico così» aggiunse baciandolo.
«Davanti ad un pasticcio di carne appoggiati su degli scatoloni» commentò Harry ridendo sulle sue labbra.
In quel momento Ginny ebbe la consapevolezza che a lei bastava stare con lui, sentire le sue braccia attorno al suo corpo, udire la sua risata, per toccare il cielo con un dito.
 
Ginny fissò l’anulare sinistro dove c’era la fede e l’anello di fidanzamento. Harry glielo aveva regalato qualche giorno dopo, con tanto di cena servita da Kreacher. Ma Ginny preferiva ricordare di gran lunga quel momento passato a cenare su una scatola, con un piatto preparato di fretta per i troppi impegni di lavoro e una casa ancora da arredare. «Onestamente credevo avessi preferito l’altra proposta, quella ufficiale…» disse Harry sovrappensiero.
«Quella dove eri vestito come un pinguino e io con quei tacchi scomodissimi? No, grazie. Meglio la proposta in pigiama» rispose sicura. «È stata più intima e particolare» ammise. Anche Harry si trovò a dare ragione alla moglie da cui ancora adesso non riusciva a staccare gli occhi di dosso.
Era notte inoltrata e la casa era silenziosa, dall’esterno si sentiva solo il verso di qualche gufo o civetta di qualche mago loro vicino. Si scrutavano, riportando alla mente ricordi del passato che avevano segnato il loro percorso, fatta spesso di cadute ma tutte le volte si erano rialzati insieme. Era questo che, dopo tanti anni, permetteva alla coppia di vivere ogni giorno come se fosse il primo.
Il contorno della casa iniziò a sbiadirsi, a diventare più labile, e piano piano – senza fretta alcuna – si immersero in un nuovo ricordo.
   
 
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