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Autore: Jane P Noire    02/01/2021    1 recensioni
Rowan Monroe ha sempre fatto di tutto per passare inosservata. Non vuole fare nulla che possa attirare l'attenzione sulle persone che l'hanno cresciuta, i Vigilanti, angeli caduti dal Paradiso e costretti a restare sulla Terra per proteggere la razza umana, e soprattutto su se stessa. La sua vera identità deve restare un segreto perché il sangue che le scorre nelle vene la rende una creatura pericolosa e imprevedibile.
Liam Sterling è l'ultimo ragazzo per cui dovrebbe provare attrazione per una serie infinita di ragioni: perché è un umano, perché a scuola è popolare, perché l'ha sempre ignorata, e soprattutto perché suo fratello è appena stato ucciso in maniera misteriosa e orribile da un demone. Ma quando lui la implorare di aiutarla a scoprire la verità e dare giustizia al fratello, Rowan accetta anche se è consapevole che questa scelta potrebbe essere la fine di tutto ciò per cui ha lavorato negli ultimi diciotto anni della sua vita.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.25.
 
 
 
 
 
Quella tenuta da combattimento mi calzava a pennello.
I pantaloni mi fasciavano perfettamente le gambe dai muscoli sottili e affilati, mentre la canottiera termica mi avvolgeva il petto come una seconda pelle. Solo la giacca aveva le maniche un po’ troppo lunghe per le mie braccia esili, ma dopo averle arrotolate un paio di volte sui polsi avevo notato che riuscivo a muovermi senza alcun impaccio o impedimento. Allora avevo infilato i miei anfibi comodi e allargati per tutte le volte che li avevo indossati, e come sempre vi avevo nascosto dentro un paio di pugnali dalla lama benedetta.
Dal momento che io ero troppo bassa e la spada cinese jian era perfetta tra le mie mani ma troppo lunga per tenerla lungo il fianco, l’avevo assicurata saldamente alla mia schiena.
Quando Seth aveva infilato la seconda spada alla cintura delle armi che aveva legato in vita, aveva ruotato le spalle prima in avanti e poi indietro, lasciando che le ali si schiudessero dietro la sua schiena in tutta la loro ampiezza.
Mi ero alzata il cappuccio sulla testa e avevo teso le mani verso di lui, pronta per uscire dalla finestra allo stesso modo in cui eravamo entrati qualche ora prima. Detestavamo fare le cose di nascosto, ma non potevamo rischiare di attirare l’attenzione di Beatrice o uno dei suoi Vigilanti.
Seth mi aveva avvolto i fianchi con le braccia, mentre io mi aggrappavo al suo busto intrecciando le braccia attorno al suo collo e stringendo le dita al tessuto della sua giacca. Poi eravamo volati via.
Ora ci trovavamo sul tetto dell’edificio di fronte alla chiesa dell’Ordine dei Figli di Dio.
Non so di preciso cosa mi aspettassi di trovare, ma di certo non era quello che mi ero immaginata quando pensavo ad una chiesa di uomini fanatici e folli, capaci di impugnare un’arma e uccidere qualsiasi creatura. Credevo che mi sarei trovata di fronte ad un edificio in stile gotico come la Cattedrale di Notre Dame, o un esempio di architettura classica come gli antichi templi greci e romani.
Invece quella che avevo davanti agli occhi non sembrava molto diversa da tutte le altre chiese cattoliche della città. Semplice e quasi anonima, si incastonava perfettamente in quella via del quartiere di Portsmouth tra due edifici in mattoni rossi e marroni. Un rosone gigantesco era il protagonista principale della facciata insieme ad un imponente porta di legno di ciliegio le cui ante in quel momento erano state spalancate per accogliere i fedeli. Dietro quella che da fuori potevo solo supporre essere la navata principale, era collegato un piccolo edificio un po’ bruttino, di un intonaco arancione e ocra, squadrato e tozzo, nel quale sapevo erano collocati gli uffici parrocchiali e gli alloggi per i membri dell’Ordine.
Seth teneva una mano ferma sulla cintura, vicinissimi all’elsa del suo dao, mentre i suoi occhi scaglionavano attentamente la strada opposta attraverso le gocce di pioggia.
Io, invece, ero troppo elettrizzata e nervosa e non riuscivo proprio a starmene ferma. Avevo cominciato a camminare avanti e indietro sul cornicione del tetto.
Seth si tolse il cappuccio dalla testa e si passò una mano fra i boccoli biondissimi. «Potresti smetterla di camminare così vicina al bordo?»
«Perché?»
«Mi stai rendendo nervoso. Devo ricordati che non hai le ali e se dovessi cadere ti faresti tanto male?»
Sbirciai di sotto. Erano almeno venti piani di altezza, quelli che dividevano me dal marciapiede sottostante. “Farmi tanto male” sarebbe stato l’eufemismo dell’anno. Sapevo saltare da grandi altezze, ma questo era troppo persino per me.
Continuai a fare avanti e indietro, stringendomi nelle spalle. «Non riesco a stare ferma.»
«Me ne sono accorto.»
Saltai giù dal cornicione e gli andai incontro. «Dimmi ancora una volta qual è il tuo piano? Perché, fattelo dire, non mi sembra un granché. È domenica e saranno tutti lì.»
«Proprio perché è domenica è un buon piano.»
Arricciai la punta del naso. «Non ti seguo.»
«La domenica mattina c’è la messa, Rowan. Qualsiasi fanatico religioso che si rispetti non salterebbe la messa domenicale per nessun motivo.» Mi lanciò un’occhiata sbieca. «E mentre loro saranno dentro a fare le loro preghiere da ipocrita, noi entreremo al piano superiore dell’edificio indisturbati.»
«Per fare che cosa, esattamente?»
«Per trovare delle prove del loro coinvolgimento.» Si voltò verso di me e posò le mani sulle mie spalle. «Seguimi un attimo, okay? Se abbiamo le prove che loro sono i responsabili, o che sono collegati al responsabile, le porteremo a mio padre e a quel punto lui e il resto della legione saranno troppo occupati a chiudere questa faccenda per farti domande scomode.»
«E se l’Ordine non c’entra proprio niente?»
«Ci penseremo dopo.»
«Giusto.» Inspirai profondamente. «Una cosa alla volta.»
Seth fece scivolare una mano sulla mia nuca, dove i capelli erano legati in una treccia bagnata che si era appiccicata alla pelle, e mi costrinse ad incollare la fronte alla sua. Da quella vicinanza i suoi occhi erano diventati un solo occhio dorato e sfocato, ma non distolsi lo sguardo. «Ti fidi di me?»
«Certo.» Mi morsi il labbro. «Ma sai che se entriamo dentro e troviamo resistenza, io non posso ucciderli.»
Fece un sorrisetto sbilenco. «Andiamo, Roe, tu sei una stracazzutissima Nephilim: so che sei più che capace di occuparti di qualcuno senza ucciderlo.»
«Sì che ne sono capace, ma così è più difficile…»
Con un colpetto sulla fronte e una stretta attorno ai miei capelli, Seth mi lasciò andare. Adesso che riuscivo a metterlo a fuoco nonostante la pioggia fitta e le nuvole nere che oscuravano il cielo, mi accorsi della tensione che gli irrigidiva i lineamenti del viso dietro il sorriso.
Lo affiancai e guardai di sotto. La gente aveva cominciato a raccogliersi davanti alla porta di ingresso della chiesa. Mi sembrava assurdo che fra le teste di quelle persone devote ci potessero essere anche quelle di essere umani capaci di far fuori un Vigilanti e un demone, capaci di far fuori me.
«Allora, cosa pensi di trovare?»
«Sì, Biondino, illuminaci», esclamò una voce profonda e morbida come velluto che proveniva dalle nostre spalle. Una voce calda e derisoria che conoscevo molto bene, che riusciva sempre a farmi sorridere e irritare allo stesso tempo. «Cosa pensi di trovare?»
Mi voltai verso con uno scatto.
Hawke era nella sua forma demoniaca, con le ali dalle piume nere e lucide completamente spigate oltre le sue spalle muscolose e con la pelle rosso fuoco che spuntava da sotto le maniche corte della maglietta che indossava. Mi rivolse un ghigno diabolico e agitò la punta degli artigli in un saluto con la mano.
Spalancai la bocca e la pioggia mi entrò dentro.
Un secondo dopo, Seth estrasse la spada dalla custodia e la rivolse con un gesto fluido del polso contro la gola di Hawke, che tornò immediatamente in forma umana e sollevò le braccia sopra la testa.
«Calma, Biondino. Vengo in pace.»
Richiusi le labbra e feci subito un paio di passi in avanti per avvolgere le dita attorno al polso di Seth e costringerlo ad allontanare la lama benedetta dalla pelle delicata della gola del mio amico.
«Seth, fermati!»
Seth spostò gli occhi sui miei, interrogativo. «Che fai?»
«Non fargli del male. Lui è il demone di cui ti ho parlato», spiegai.
I muscoli della sua mascella guizzarono di colpo quando la serrò violentemente. Abbassò la spada e fece un passo indietro, ma notai che non aveva smesso di stringere l’elsa tra le dita; la sua presa era così forte da farsi sbiancare le nocche.
Hawke piegò la testa di lato, guardandomi con i suoi pozzi neri. «Gli hai parlato di me, splendore?»
Ignorai il suo solito tono derisorio che mi faceva innervosire e mi concentrai sul punto. «Non eri con Adeline a mangiare tacos? Lei dov’è adesso?»
«A casa mia, con Liam.»
A sentirlo nominare, sentii una fitta al cuore. Cercai di ignorarla, invano. «Stanno bene tutti e due?»
«Sì, splendore, stanno bene. Cosa che non posso dire di te, visto che hai un aspetto davvero di merda.» Mi accarezzò la pelle blu e violacea che mi cerchiava gli occhi. «Hai dormito?»
Seth sbuffò.
Io voltai appena la testa per guardarlo oltre la spalla. «Potresti darci qualche secondo?»
Lui grugnì qualcosa di incomprensibile. «Vado…» agitò la spada verso il cornicione dal lato opposto del tetto, «a controllare la strada.» Si allontanò lentamente e senza staccare lo sguardo dalla mano di Hawke che ancora mi accarezzava la gota. Con la coda dell’occhio, notai anche che non aveva smesso di stringere le dita affusolate attorno all’elsa.
Hawke lanciò un’occhiata alle mie spalle, poi tornò a guardarmi. «Sta sentendo ogni cosa che diciamo, vero?»
Annuii. «È probabile, ma gli ho detto tutto quindi non c’è niente che diremo che lui non sa già.»
Lui fece un cenno del mento. «Allora, hai dormito? E non mentirmi.»
«Non proprio», confessai, stringendomi le braccia attorno al busto. Seth mi aveva consigliato di riposare, prima di uscire. E sebbene io fossi stanca come non lo ero mai stata in tutta la mia vita, non ero riuscita a chiudere occhio.
«Si vede», commentò Hawke con una smorfia. Eppure nella sua voce non c’era nemmeno l’ombra del suo solito tono scherzoso.
Alzai le ciglia e lo guardai dritto in faccia. Sembrava davvero preoccupato. «Come mi hai trovata?»
«Il tuo odore…»
Mi allarmai. «Sanguino ancora?»
«No, no.» Scosse la testa e agitò i riccioli neri sulla fronte. Le sue dita scivolarono dalle mie occhiaie al mio zigomo, poi con il pollice seguì il profilo della mia mascella. «Ma profumi di caprifoglio. Riconoscerei quel profumo ovunque.»
Seth sbuffò ancora più forte alle nostre spalle.
E questo mi riportò alla realtà. Irrigidii le spalle e feci un passo indietro, facendo in modo che la sua mano ricadesse nello spazio lasciato vuoto tra i nostri corpi. «Non saresti dovuto venire fin qui.»
Hawke si passò una mano fra i riccioli neri e delle gocce di pioggia gli ricaddero sulle spalle e sugli zigomi.  «Rowan, che cazzo succede?»
Sollevai il mento. «Succede che mancano poche settimane all’arrivo degli Arcangeli, Hawke. Il tempo del cazzeggio è finito. Io e Seth risolveremo questa cosa nel modo giusto.»
Lui mi osservò a lungo; poi scosse la testa con aria delusa. «Sono un demone, Rowan. So quando menti. E tu lo stai facendo proprio ora. Sento letteralmente la puzza delle tue bugie.»
Sapevo che mentire in presenza di Hawke sarebbe stato inutile, ma volevo provarci comunque dal momento che la verità non lo avrebbe mai convinto a lasciarmi.
«Ti prego, Hawke…»
«Mi preghi di fare cosa, Rowan?» Le sue pupille si assottigliarono mentre mi fulminava con lo sguardo. Stava perdendo la calma, e il suo aspetto demoniaco stava risalendo sulla superficie. «Diversamente da quello che dici tu, dovevo venire qui perché il tuo adorato Fossette mi ha chiamato in preda ad una crisi isterica dicendo che te ne eri andata nel cuore della notte come se avessi avuto un razzo su per il culo e che non rispondevi più al telefono.»
In effetti era andata proprio così. Era fuggita via da lui come se la casa avesse cominciato ad andare a fuoco. E, Dio, ero stata una stronza di prima categoria.
Chiusi gli occhi, mentre il senso di colpa tornava a schiacciarmi il petto e impedire all’ossigeno di entrarmi nei polmoni. Il ricordo dello sguardo ferito che aveva animato gli occhi color caramello di Liam mi provocò una fitta di dolore al centro del petto, togliendomi del tutto il respiro.
Ma cos’altro avrei potuto fare per tenerlo al sicuro? Forse non era un gran piano, forse non ci avevo riflettuto abbastanza bene e forse mi ero lasciata sopraffare dalla paura di perderlo, ma stare lontana da lui ancora mi sembrava l’unica soluzione possibile.
Hawke proseguì: «Ma che cazzo succede? Io e te siamo una squadra – che tu voglia ammetterlo oppure no, lo siamo da molto prima dell’inizio di questo casino – e poi di punto in bianco decidi che non lo siamo più. Sinceramente, splendore, non mi frega un cazzo se non vuoi più avere niente a che fare con Liam o Adeline. Ma non puoi fare una cosa del genere a me!»
Per impedirmi di fare qualcosa di stupido, ad esempio abbracciarlo come avevo fatto nell’ascensore la sera prima, aggrappai le dita attorno alla cinghia che teneva legata la jian dietro la mia schiena.
Inspirai a fondo, ignorando l’acqua che mi grondava addosso e che entrava in bocca ogni volta che l’aprivo per parlare. «Va’ a casa, Hawke.»
«Dici sul serio, cazzo?»
«Sì. Dico sul serio.» Sostenni il suo sguardo nero e profondo.
Lui scosse la testa e piegò le labbra in una smorfia. «Io non so cosa è cambiato in una sola notte, ma so che non può essere tutta colpa dei miei sentimenti per te o delle prestazioni sessuali di Liam. Quindi non me ne vado. Non ti lascio da sola ad affrontare quegli stronzi, Rowan. Sento la puzza di vischio fin da qui. Quella roba può ucciderti.»
«Io non sono sola.» Feci un cenno della testa verso Seth, che ancora fingeva di perlustrare la zona. «Non sono così incosciente da affrontarli da sola.»
Lui mi lanciò un’occhiata che mi spezzò il fiato.
Come cavolo avevo fatto a non accorgermi prima del modo in cui mi fissava, dell’intensità con cui mi accarezzava il profilo con gli occhi? Il senso di colpa aumentò.
Sospirò. «Come accidenti devo fare con te, Rowan?»
«Che intendi dire?»
«Tu davvero non ti rendi conto di cosa significa essere innamorati per un demone.» Mi afferrò entrambe le spalle e mi scosse. «Io non posso vivere senza di te. Brucerei tutto il fottuto mondo se significasse salvarti la vita.»
Il respiro mi si mozzò nella gola, mentre le mie mani si serravano ancora di più attorno alla cinghia sul mio petto. Un peso insopportabile mi oppresse il centro del petto e sentivo le lacrime salirmi agli occhi.
«Hawke, so che passiamo gran parte del tempo a bisticciare, ma nemmeno io non voglio perderti», confessai. Ne ero stata certa nel momento in cui Seth mi aveva chiesto di consegnarli il vero di nome di Hawke e io, anche se non sapevo quale fosse, mi ero rifiutata categoricamente. Non avrei mai potuto permettere che lo usassero contro di lui e non avrei mai potuto sopportare che gli fosse fatto del male.
I suoi occhi neri sembravano essere diventati grandi come due palle da golf. La presa sulle mi spalle allentò fino a scomparire del tutto. Indietreggiò come se lo avessi colpito con uno dei miei calci rotanti e si passò una mano fra i capelli.
Feci un passo verso di lui. «Hawke…»
«Aspetta un attimo», mi interruppe e alzò una mano. Io mi bloccai. Mi fissava con le labbra schiuse e gli occhi spalancati. «Che significa esattamente? Che sono il tuo amichetto demone super speciale?»
«Credevo avessi detto che anche se ero una stronza se dicevo che non volevo perdere la tua amicizia, nemmeno tu lo volevi.»
«Sì, l’ho detto, però…»
«Ma comunque, no, non era quello che intendevo.»
Lo guardai negli occhi e vidi che lui capiva cosa provavo, anche se nemmeno io ci riuscivo del tutto. Era un demone e poteva sentirlo dall’odore che emanavo, come una sorta di allarme per le emozioni violente e peccaminose. Sapevo bene che amare un demone era uno dei più gravi dei peccati… e io amavo Hawke. Forse non era il modo in cui voleva che io lo amassi, ma lo amavo comunque.
«E Liam? Non sei innamorata di lui?»
«Sì.»
«Quindi, quello che stai dicendo è che tu… Tu ci ami entrambi?»
Mi morsi il labbro. «Immagino di sì.»
Lui si passò si nuovo le dita fra i riccioli scuri, distogliendo lo sguardo. «Be’… cavolo! Questa proprio non me l’aspettavo.»
«Ascoltami», la mia voce era roca e appena udibile, «non abbiamo il tempo per fare questa conversazione. Ma dal momento che nessuna bugia funzionerà con te, ti sto dicendo la verità. Non so bene in che modo sono legata a te, ma so che non voglio rischiare di perderti. Ed è per questo che ti chiedo di andare via.»
«Non puoi dirmi che anche tu provi qualcosa per me e poi chiedermi di lasciarti», replicò. Fece una specie di risata. «Anzi, mi correggo: è ovvio che tu lo dica. Tu non fai mai una cosa che abbia senso.»
Feci un sorriso debole. «Hawke, nessuno di noi due può uccidere gli umani senza pagarne le conseguenze. Non voglio che a farlo sia tu.»
«Mi prendi per il culo? Stai cercando di proteggermi? Pensi davvero che mi freghi qualcosa di finire sulla lista nera del Triste Mietitore, o del Grande Capo?»
«No, ed è questo il punto.»
«Lascia che mi puniscano. Non mi importa.»
«Hawke, non si tratta solo di loro.» Deglutii a vuoto. «Beatrice è in città.»
Lui sbiancò. «Cazzo.»
«Se lei dovesse venire a sapere di noi…» Scossi la testa, disgustata al solo pensiero della crudeltà e la freddezza dell’anima di quella donna orribile. «La conosci, Hawke, e sai bene quanto può essere spietata. Per ottenere quello che vuole, ci farebbe a pezzi nel peggiore dei modi: userebbe me per arrivate a te, e te per arrivare a me.»
«Rowan?»
Mi voltai appena per incrociare lo sguardo con quello di Seth. «Che c’è?»
«La messa sta per iniziare. Dobbiamo entrare.»
«No, cazzo!» esclamò Hawke. «Io e te dobbiamo finire questa fottuta conversazione. Non mi lascerai così!»
Seth alzò gli occhi al cielo e mi porse una mano. «Abbiamo una finestra di una sola ora per fare quello che dobbiamo fare. Poi dovremmo aspettare un’altra settimana, e come sapete il tempo a nostra disposizione è parecchio limitato. Dobbiamo andare adesso
Annuii.
«Ti prego», mi supplicò Hawke.
Mi spinsi in avanti e avvolsi il suo collo con entrambe le braccia. Prima ancora che lui potesse ricambiare quel fugace e imbranato abbraccio, io mi allontanai.
«Va’ a casa, e non permettere a Liam e Adeline di venirmi a cercare.» Camminavo all’indietro, mentre mi avvicinavo al cornicione e senza mai staccare gli occhi dal viso di Hawke.
Lui scosse la testa, con la mascella tesa al massimo. «Non lo faranno mai. E nemmeno io.»
Quando gli fui abbastanza vicina, sentii Seth che mi avvolgeva la vita con un solo braccio e cominciava ad agitare le ali.
Strinsi le palpebre mentre fulminavo Hawke. «Non fare cazzate, ti prego.»
   
 
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