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Autore: Happy_Pumpkin    02/01/2021    3 recensioni
avrebbe conosciuto il suo soulmate, un giorno, nutrendosi nel frattempo di amori momentanei mischiati a flebili speranze che forse, ma proprio forse, quel cliente portato all’aeroporto sarebbe stato... lui, nessun altro che lui, quello giusto insomma.
Naruto Uzumaki guida un taxi in una Metropoli immensa, alla ricerca del suo Soulmate che sembra però essere destinato a non incontrare mai, in un'esistenza imprevedibile intervallata da irrinunciabili routine. Finché, un giorno, da' un passaggio a un uomo che gli cambierà per sempre quell'esistenza, rivoluzionandogliela a sua volta.
SasuNaru ! Soulmate!Au
[Secret Sancta 2020] [Buon Natale Angelica!]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Naruto amava andare al pub: era un posto comodo per vedersi con amici e amiche, l’ideale per chiacchierare senza fatica, magari alzando la voce con tanto di risate scroscianti quand’era un po’ più esaltato, o brillo, il cibo era semplice ma buono e le birre quell’accompagnamento alcolico non eccessivo che scandiva perfettamente le serate.

Per tutta quella serie di ragioni ormai da anni era diventata un’abitudine trovarsi al pub con i suoi amici di una vita; ciascuno di essi aveva i propri impegni tra famiglia e lavoro, dunque rispetto a un tempo sembrava un’impresa titanica combinare in modo che ci fossero tutti, ma con un po’ di forza di volontà e qualche piccolo sacrificio erano stati in grado di mantenere una frequenza regolare di uscite.

E quindi stasera ci presenti il tipo con cui stai bombando.”

Naruto fu in procinto di sputare la birra. Sollevò lo sguardo incrociando quello di uno dei suddetti amici di una vita, pentendosi di aver pensato anche solo lontanamente che sarebbero stati civili con un perfetto sconosciuto, e scosse appena la testa, simulando un sorriso:

Kiba, no, non ci sto bombando. Cazzo, l’ho conosciuto oggi e non so manco quanti anni abbia, come posso averci fatto qualcosa di più che portarlo a rischiare di farsi uccidere?”

L’altro gli fece la linguaccia prendendolo in giro mentre si girava una sigaretta. Avevano da poco finito di mangiare, c’erano ancora delle patatine nelle ciotole portate come contorno, alcuni erano al secondo o terzo giro di birra e l’atmosfera era giocosa, serena, di quelle che promettevano una serata forse non esuberante ma comunque vitale, capace di far provare gratitudine per avere amici del genere e... pentire allo stesso tempo di non ringraziarli mai abbastanza per esserci.

Proprio perché li conosceva da tempo, Naruto aveva raccontato loro cosa gli era capitato quel giorno, della sparatoria e tutto il resto, generando commenti ilari misti ad esclamazioni di stupore. Per quanto ormai tristemente si fossero abituati a sentire di numerosi episodi violenti perpetrati nel tempo dal clima di rivolta di quegli anni, per fortuna ancora riuscivano a provare sgomento di fronte alla realizzazione che la disperazione umana pareva non avere mai fine. Disperazione e violenza che proveniva in realtà da chiunque, indiscriminatamente: da opponenti alla monarchia, ma anche da filomonarchici che credevano il re Sargon sarebbe sopravvissuto a quel travagliato periodo, o semplicemente da chi si accorpava ai primi per far valere la propria ferma opposizione a regole che privilegiavano chi aveva avuto la fortuna di incontrare il soulmate, trovando assurdo che quel legame rappresentasse la stabilità agognata dal sistema e per questo meritevole di essere premiata. Come se la gente avesse scelta sull’incontrare o meno il soulmate, o fossero tutti entusiasti all’idea di poterlo conoscere.

I commenti deviarono però presto su altri argomenti, sfiorando solo per un istante la politica per poi vertere su altre tematiche più piacevoli, come gli ultimi videogiochi usciti, o anche se fosse il caso di andare al cinema a vedere qualche pellicola particolarmente ignorante fatta di sparatorie e inseguimenti, quasi per distrarsi dalla violenza vera con quella esagerata e roboante proiettata su di uno schermo gigante:

No, non ce la posso fare a vedere il… cos’è, il tredicesimo Shoot & Pray?” borbottò Shikamaru, roteando gli occhi verso il soffitto, per poi sbadigliare. Il bambino avuto da qualche mese con la sua compagna Temari gli regalava splendide ore di esperienza paterna condite da assenza di sonno miste a urla disperate per le coliche; un mix non male per uno che fino a qualche anno prima sosteneva di non volere figli, nemmeno sotto tortura, e che ora invece, nemmeno viste le condizioni di schiavitù genitoriali, avrebbe mai pensato di rinunciare all’amore della sua vita, oltre a Temari ovviamente.

Ma dai – lo incoraggiò Naruto, assieme a Kiba – Shoot & Pray non invecchia mai: un agente segreto tra le fila del vaticano che argina le cospirazioni di… in questo capitolo credo siano templari, forse alieni templari, non si è capito bene dal trailer ma sembrano stare a bordo di piramidi volanti.”

Non sono piramidi, sono Ziggurat. Gli sceneggiatori di Shoot & Pray sono sempre sorprendentemente accurati per queste cose” si inserì una voce nuova nella conversazione. Così, all’improvviso, come se ne avesse sempre fatto parte.

Il tavolo di amici si zittì, immobilizzandosi, eccetto Choji che finì di masticare l’abbondante manciata di patatine.

Si voltarono per vedere sostare in piedi un tizio dall’aria un po’ pallida, i capelli neri disordinati che a tratti gli andavano sugli occhi e un cappotto forse più largo della sua taglia lasciato sbottonato; nonostante quella generale casualità nel vestirsi, una sciarpa calda era avvolta accuratamente attorno al collo, coprendoglielo come i guanti indossati sulle mani.

Senza volerlo, Naruto si trovò a sorridere, fu come un moto istantaneo, di quelli incontrollati:

Sasuke! Grande, ce l’hai fatta!”

Che frase del cazzo da dire, sembrava così banale dopo quello che avevano visto assieme.

Ma Sasuke sembrò non lamentarsene, accennò infatti una specie di sorriso su quella ferita che si trovava al posto delle labbra, scrollò le spalle e annuì: “Mi sono liberato un po’ prima. Se hai tempo ti do tutti i contatti per carrozzeria e lavaggio, ho già organizzato: devi solo portare il taxi, faranno tutto in giornata per non farti perdere tempo.”

Aveva parlato con fare pratico, organizzato, mentre si toglieva del tutto il cappotto e in un ultimo gesto quasi inconsapevole si ravvivava i capelli.

Inebetito, Naruto rimase a fissarlo senza dire nulla, poi annuì, intimamente quasi deluso, come aspettandosi, anzi, desiderando, che le cose sarebbero state più lente, un’eterna lotta con il carrozziere pigro e quindi la possibilità di sentirsi con Sasuke per molto più tempo. Quel giornalista era decisamente troppo bravo e, ancora una volta, troppo incapace di tenersi i problemi un po’ più a lungo, Naruto compreso.

Ok, grazie, ma non c’era fretta” lo tranquillizzò infine, sentendo le sue stesse parole suonargli tremendamente stupide.

Infatti non tardò ad arrivare Sasuke con il sopracciglio sollevato che, prendendo una sedia mentre gli altri fingevano di mangiare con interesse qualche patatina residua, replicò ironico: “Non c’era fretta? Mi sembra poco rassicurante per dei passeggeri girare in un taxi con buchi di proiettile e senza parabrezza.”

Giusto, giusto. Perché Sasuke doveva avere così tanta ragione? Dannazione.

Già, però ammettilo: fossimo stati in Shoot & Pray avrebbero fatto la fila per salirci sopra” ribatté Uzumaki, scherzoso.

Fu allora che Sasuke finalmente sorrise d’istinto e sembrò sciogliere la patina di ghiaccio fatta d’insospettabile timidezza di cui in realtà era rivestito. Annuì e confermò: “Decisamente, ci risalirei io per primo. Comunque vi consiglio il nuovo film, decisamente all’altezza delle aspettative, tante o poche che siano. Non il migliore della serie ma… beh, quei templari sanno il fatto loro.”

Prima ancora che Naruto potesse esprimere la sua meraviglia e la sua felicità – oltre a quel senso di viscerale emozione all’idea che qualcuno, un perfetto estraneo, gli parlasse con altrettanto affetto di qualcosa che lo faceva stare bene, persino se si trattava un film idiota di sparatorie e scazzottate – però intervenne Kiba che commentò ammirato: “L’hai già visto? Sapevo che meritava, sentito Shikamaru?”

L’altro fece una specie di smorfia ma si mostrò incuriosito. Sasuke minimizzò: “Sì, una mia collega giornalista mi ha regalato dei biglietti per l’anteprima. A conoscervi prima vi avrei invitato. Da appassionato ad appassionato.”

Lanciò un’occhiata a Naruto, poi afferrò il menù, senza aggiungere altro. Aveva un’espressione seria ma non arrabbiata, bensì di quelle da persona riflessiva.

Kiba mimò un fischio, il taxista allora gli lanciò un’occhiata fulminante e si chiese una volta di più per quale stupido motivo avesse accettato di far incontrare il pacchetto completo del suo caotico universo con quello controllato – era davvero controllato? si chiese – di Sasuke. A quel punto schioccò le dita e ricordò le norme della civile educazione:

Ragazzi, vi presento Sasuke Uchiha, Sasuke, i ragazzi: Kiba, Shikamaru, Choji.”

Questi salutarono e come sempre senza filtri Kiba commentò: “Piacere, Sasuke. Se già ti interessi di certi film e casi umani come Naruto non puoi essere una cattiva persona, quindi benvenuto nel club.”

Il giornalista assottigliò gli occhi, quasi stesse elaborando l’intera affermazione, dunque Naruto si affrettò nell’ordine a tirare un calcio sotto il tavolo a Kiba, poi a correggere il tiro: “Ma che simpatico! Già, meno male che almeno hai la simpatia a compensare tutto il resto, eh Kiba? tornò a rivolgersi al suo ex-passeggero vertendo la conversazione su argomenti meno compromettenti – Comunque Sasuke quando vuoi ordiniamo, un altro giro di birra lo faccio volentieri.”

Fu solo a quel punto che, facendo finta di nulla, il giornalista si tolse anche i guanti, come rendendosi conto all’ultimo di averli ancora addosso. Lo fece dopo aver appoggiato il menù, infilandoli ancora appallottolati nella tasca della giacca appesa alla sedia, per poi strofinarsi appena i palmi nudi, quasi avesse ancora freddo. Inevitabilmente lo sguardo di Naruto cadde sulla macchia nera del palmo, ma lo deviò subito, in attesa di una riscontro alla propria proposta. Eppure era sicuro che anche agli altri non fosse sfuggito quel dettaglio: si trattava a malapena di uno spiraglio tra pelle e tessuto che però colpiva come un faro luminoso, tanto sarebbe bastato agli amici per capire che il nuovo arrivato davanti a loro non avrebbe mai potuto trovare in Naruto un soulmate e viceversa.

Il taxista sospirò, chiedendosi se Sasuke l’avesse notato a sua volta, o se gli importasse. Poi lo vide guardarlo dritto negli occhi e accennare un sorriso quando confermò:

Ordiniamo. Dimmi che prendi, vado al bancone. Io ho scelto, voi volete qualcosa?” domandò abbracciando gli altri con lo sguardo. Kiba prese la sigaretta rimasta in sospeso e scosse la testa, ringraziandolo dicendo che aveva bisogno di nicotina – lo guardò negli occhi a sua volta, ignorando la macchia nera – Shikamaru rifiutò con gentilezza, invece Choji si unì volentieri al giro con un’altra media.

Prima che Sasuke parlasse l’atmosfera era quasi ingabbiata, come sospesa in un’ansiosa attesa che qualcuno potesse fare o dire qualcosa: di sbagliato, o di clamorosamente perfetto, qualsiasi cosa sarebbe andata bene pur di districarsi da quell’impressione scomoda di aver visto troppo; ora invece quella stessa atmosfera era più leggera e tutti ringraziarono che Sasuke fosse stato così accorto da ignorare buona parte del mondo attorno a sé, pronto a riconsiderarlo al momento più opportuno.

Il giornalista annuì, annotò mentalmente anche la rossa media di Naruto, infine si alzò senza attendere oltre, annunciando a Kiba che nell’attesa avrebbe fumato una sigaretta una a sua volta. L’altro sembrò esserne contento, prendendo il cappotto mentre decideva di anticiparlo fuori, invece Naruto lo guardò allontanarsi, ritrovandosi a sorridere instupidito: di tutte le cose, non avrebbe mai pensato che Uchiha fumasse. Né che guardasse film action piuttosto trash a dire il vero, ma l’aveva sorpreso anche in quello. Si erano salvati la vita a vicenda, questo era vero, però doveva comunque tenere a mente che erano lo stesso perfetti estranei, legati da un’esperienza tanto viscerale e improbabile, ma pur sempre terribilmente sconosciuti l’uno all’altro.

Certo che è un tipo piuttosto sicuro di sé – commentò Shikamaru una volta che furono rimasti solo loro tre al tavolo – insomma, si vede che non è socievole ma sa cosa dire. Immagino tu abbia notato che è un Macchiato.”

Impossibile non vederlo, persino per Naruto” bonfochiò Choji, pulendosi poi la bocca dopo aver mangiato le ultime briciole.

Grazie tante eh, Choji – sospirò il taxista, preso in causa – sentite, lo so, so benissimo quello che Sasuke è o non è. E allora? Ci siamo conosciuti, tutto qui, mica uno è obbligato ad avere a che fare solo con un soulmate, no?”

Enfatizzò con punta di disprezzo, anche se non avrebbe voluto, soprattutto non nel rivolgersi a Shikamaru, unico tra tutti loro ad aver trovato un soulmate, per quanto Choji fosse in una relazione stabile e Kiba si rifiutasse che divenisse tale, dopo che il suo compagno l’aveva lasciato trovando a sua volta un soulmate. D’altronde l’esistenza di tutti era un costante provarci, almeno finché durava, come se ci fosse un minuscolo meccanismo a tempo che decretava presto o tardi la fine di qualcosa: di una relazione, di un amore, di un interessamento, di loro stessi.

No, non è obbligatorio” convenne Shikamaru calmo, soprassedendo lo scatto di rabbia dell’altro.

Pochi istanti dopo arrivò il cameriere con le ordinazioni e in breve giunsero sia Kiba che Sasuke; questi aveva il naso arrossato per il freddo e nel suo respiro emanò un leggero odore di neve e tabacco. Naruto pensò che avrebbe potuto risucchiargli l’aria per poter percepire ancora l’ondata di profumi che caratterizzava quell’uomo, coi suoi cappotti larghi e le mani nascoste nei tasconi quasi ci si fossero tuffate.

Avevo giusto sete!” esclamò Kiba sedendosi di peso. Sasuke si rimise al suo posto dopo essersi tolto il giaccone e Naruto gli accennò un sorriso che inaspettatamente l’altro ricambiò. Sentì che avrebbe potuto baciarlo, accarezzarlo per scoprirgli meglio il volto dai ciuffi neri che gli ricadevano ribelli sulla fronte, chiedergli tra una coccola e l’altra di parlargli ancora, di qualsiasi cosa, senza smettere però di guardarlo, come se davvero gli importasse di lui, sì, solo di lui e nessun altro in quel piccolo pub affollato.

“Te ne dovevo una” disse all’improvviso Uchiha passandogli la birra. Per un istante Naruto la guardò, poi annuì e la prese: “Se fosse più di una non mi dispiacerebbe.”

Basta che rimani. Ancora, solo un altro po’, fa che non finisca così.

Brindarono, facendo tintinnare i loro bicchieri: una goccia scivolò lungo il vetro freddo, poi la schiuma sulle labbra, come un bacio.

*


Fuori dal locale aveva ripreso a nevicare. Naruto e Kiba ridevano a crepapelle per qualche battuta, mentre Shikamaru già chiamava un taxi e Choji mandava un messaggio alla sua ragazza avvisandola che stava per rientrare. La strada era silenziosa, le auto stesse sembravano muoversi a rallentatore, pattinatori meccanici in una notte invernale.

Guardando il gruppetto, Sasuke si accese una sigaretta e rifletté sul da farsi, agitando appena i piedi per scaldarseli e affrettandosi a mettere la mano libera in tasca, con ancora l’accendino stretto tra le dita.

Naruto era un tipo a posto, convenne mentre si chiedeva se sarebbe stato tanto terribile ritrovarsi da solo dopo una serata come quella: simpatico, forse troppo, troppo, esagitato, entusiasta, carico di racconti e aneddoti, un uomo di spettacolo – a pensarci bene era troppo in generale, non credeva di riuscire a processarlo, o inscatolarlo nella sua pretesa di una vita anonima, organizzata, semplice, ciò di cui aveva bisogno per ricordarsi che di non essere solo il proprio lavoro, bensì che c’era altro nelle mura silenziose del piccolo appartamento a cui rientrava. O rischiava di non rientrarci affatto e si era ripromesso di non essere così, di non finire pieno di rancore come sua madre.

I suoi amici erano allo stesso modo simpatici, alcuni più contenuti, altri meno, anche se aveva avuto l’impressione che fosse scattato qualcosa in loro quando gli avevano scorso i palmi delle mani; con ogni probabilità Naruto non era un Macchiato, a giudicare dalla loro reazione mista a dispiacere e disappunto, e il fatto che sperassero così palesemente in qualcos’altro significava che forse quel ragazzo che ora rideva come un matto a una battuta stupida era più solo di quanto Sasuke avrebbe mai potuto immaginare. E si chiese come fosse possibile, come accidenti fosse possibile che un tipo così gentile, sorridente e vitale – cazzo, gli sarebbe bastata anche una goccia di quel modo scintillante di porsi – potesse non aver trovato ancora nessuno, fosse stato anche il più idiota degli idioti.

Lo vide poi ridere ancora e scuotere la testa: “Un taxista che è costretto a chiamare un taxi, non s’è mai visto” lanciò un’occhiata scherzosa a Sasuke, il quale rimase ancora qualche istante silenzioso, con la sigaretta mezza consumata che ondeggiava tra le labbra.

Sentì il peso delle chiavi della macchina in tasca, tra il portafoglio e lo scontrino della birra offerta.

Pochi minuti dopo arrivò il taxi, quello chiamato da Shikamaru che a quanto pareva era destinato a riportare un po’ tutti a casa.

Naruto aprì la portiera e chiese rivolgendosi a Sasuke: “Dai, immagino tu non abbia la macchina. Dove devi andare?”

Il diretto interessato aprì la bocca, mentre gli altri stavano già entrando, poi la richiuse, fece una breve corsa e appoggiò a sua volta le mani sulla portiera del taxi, proponendo a Naruto: “Ti porto io. Fammi fare almeno quest’ultimo favore – vide gli occhi dell’altro sgranarsi e cercare di dire qualcosa, dunque si abbassò comunicando agli altri nell’abitacolo – qualcun altro vuole venire con me? La mia macchina fa schifo, è un rottame, ma vi può portare.”

Cos’è, ti vergognavi a darci un passaggio?” scherzò Kiba, ridendo allegro.

Sì” ammise invece serio Sasuke. Anche se non era propriamente quello, ma era felice di averci ripensato.

Tranquillo, noi ci arrangiamo. Però è sacrosanto che Naruto non debba andare dalla concorrenza” intervenne Shikamaru e Kiba annuì con qualche presa in giro diretta nei confronti dell’amico appiedato.

Questi scosse la testa: “Ma no Sasuke, non… – sospirò, chi voleva prendere in giro? Ovvio che sarebbe andato anche in monopattino con Sasuke pur di guadagnare un altro istante in più in sua compagnia – ok sì, va bene, se non è un disturbo.”

Non te l’avrei proposto fosse stato così” replicò l’altro, quasi asciutto, trovando stupide formalità simili.

Si salutarono con gli altri e, una volta rimasto solo con Naruto, Sasuke direzionò il ragazzo dove aveva parcheggiato, spiegandogli quasi per prepararlo alla visione non proprio idilliaca della sua macchina: “Considera che la chiamo Scassone. Perché è un pezzo di ferro con le sospensioni irrigidite e la struttura che, mah, cigola in maniera misteriosa quando sterzo a sinistra. Non ho ancora capito bene perché. Però dopo più di dieci anni di onorato servizio non mi ha ancora lasciato a piedi, dunque è comunque affidabile.”

E non hai mai pensato, chessò, di portare Scassone dal meccanico, come hai fatto col mio taxi?” propose con fare casuale Naruto, camminandogli accanto.

Non ci penso nemmeno, non ne vale il tempo e la uso poco, visto che prendo quella aziendale per le trasferte; sono sicuro che se vado dal meccanico rischia di mandarla a rottamare.”

Sembrò risentito.

Capisco che è vecchia, ma mica te la distrugge. Ci sei tanto affezionato?” domandò il taxista con maggiore dolcezza.

Sasuke spostò lo sguardo verso di lui, poi tornò a guardare davanti a sé. Tirò fuori le chiavi e, quando tolse l’allarme, una macchina poco più avanti si illuminò delle quattro frecce per poi tornare a confondersi con il buio del quartiere.

Era l’auto di mia madre e mio padre. Ci portavano ovunque, a me e mio fratello: in gita il weekend, a scuola, dagli amici.”

Non aggiunse altro, chiudendo all’improvviso il discorso. Naruto fece per dire qualcosa, ma fu distratto dall’imponente vetustà di Scassone che spiccò nella penombra rispetto alle altre auto per la sua vernice color canna di fucile saltata in alcuni punti, le gomme probabilmente lisce, una portiera di colore diverso e l’antenna mancante.

Non male Scassone” commentò con un fischio.

Si difende” annuì Sasuke, dando poi una leggera spallata alla portiera del passeggero per aprirla, spiegando “la maniglia ogni tanto si blocca, bisogna conoscere il trucco per farla scattare.”

Capisco” rispose Naruto attento, divertito e deliziato allo stesso tempo.

Si sedettero ai rispettivi posti, con le portiere che cigolarono una volta richiuse, e lo investì un piacevole odore vanigliato: la macchina era infatti pulita, si vedeva che Sasuke a modo suo se ne prendeva cura, anche se i sedili sul retro avevano un paio di borse contenenti fascicoli e forse bozze di articoli o documenti.

Dove ti accompagno?”

Abito nel quartiere di Barley, una ventina di minuti da qui. Alla ventesima di Miles Standford Street. Sai come arrivarci?” domandò dopo un istante.

Assolutamente no. Ma confido che tu sappia come fare” replicò asciutto l’altro, mettendo in moto.

Dopo un paio di avvii e borbottii di motore affaticati, finalmente Scassone si accese. E Naruto fu felice di poter indirizzare Sasuke ovunque egli gli avesse chiesto.

Lungo la strada chiacchierarono. Furono venti minuti intensi, fatti di ingorde chiacchiere che fluivano incontrollate da entrambi, naturali com’era naturale svoltare a un’indicazione, mentre i loro passati si mischiavano, divenendo ricordi e narrazioni, semaforo dopo semaforo, con l’auto che scivolava sulla strada e i loro sguardi si incrociavano chiedendosi perché, dannazione, perché la vita non poteva essere più semplice e loro capaci di cancellare uno il marchio dell’altro, per sempre, colmando il vuoto di non potersi avere.

Arrivarono sotto casa di Naruto, un piccolo appartamento al quarto piano di un edificio non recente ma ben tenuto, in cui gli inquilini cambiavano spesso ma quei pochi orgogliosi reduci rimasti si conoscevano tra loro. Naruto era uno di questi, abitudinario nel trovarsi una casa da poter definire una tana esattamente com’era abitudinario nel prendere il caffè la mattina, lo spezzone di ordinarietà nella propria vita imprevedibile.

Sasuke spense il motore e nella strada ci fu il silenzio. La neve aveva smesso di cadere, lasciando una piacevole distesa bianca che rendeva ogni angolo uguale all’altro, un bosco incantato fatto di mattoni e cemento.

Naruto lo guardò. Avrebbe voluto confessargli che si era trovato bene e no, non se lo aspettava, non voleva aspettarsi proprio un bel niente dannazione, invece quell’uomo seduto accanto a sé lo aveva fregato clamorosamente, su tutta la linea. Si tenne però per sé quel pensiero e gli propose invece, parlando troppo veloce, al punto da mangiarsi le parole:

Ti va di venire su da me? Cavoli, ehi, sembra proprio una proposta pessima d’abbordaggio, di quelle di categoria zeta, ma davvero è giusto per un caffè, la cena era pesante e…”

Sì.”

Come?”

Sì – ripeté Sasuke, quella volta girandosi verso di lui, togliendo le mani dal volante – ci sto. Salgo da te.”

Lo disse con il cuore in gola. E la paura ancestrale di star sbagliando, di essere stato presuntuoso a credere fino a quella sera di non aver bisogno di nessuno, soulmate o essere umano che fosse.

Poi lo vide sorridere, gli occhi illuminarsi, e allora Uchiha sigillò le labbra per non sospirare, ma anche per tenersi per sé, nascosto, privato, un sorriso immenso all’idea di quella che poteva essere la felicità per una persona, per Naruto, il quale era contento semplicemente perché uno come lui, un anaffettivo di merda come Sasuke, avesse accettato di salire.

Ok, wow, fantastico! Cerco le chiavi.”

In un tintinnio metallico le prese dalla tasca interna del giaccone e ispezionò quella giusta per aprire forse il portoncino. Silenzioso, Sasuke lo osservò, per poi scendere entrambi quando il proprietario di casa ebbe trovato ciò che cercava.

Il rumore ovattato delle scarpe sul terreno innevato era piacevole ma poco rassicurante, dava l’idea di qualcosa di fragile che poteva rompersi con un peso troppo forte, quasi al di sotto ci fosse ghiaccio e una distesa d’acqua al posto dell’asfalto rattoppato di una città.

Senza parlare, entrarono nell’androne che sapeva di disinfettante e cavoli, l’odore del cibo che aleggiava simile a un ricordo sbiadito incapace di andar via. L’ascensore non funzionava, dunque salirono le scale a piedi, ansimando appena mentre i corpi freddi si scaldavano.

Sasuke avrebbe potuto distinguere l’appartamento di Naruto anche senza indicazioni o targhette: l’unica porta con un cartonato decorativo che ricordava una ghirlanda era infatti la sua, per non parlare di una serie di ombrelli a quanto pareva dimenticati da tempo immemore nel portaombrelli nell’angolo e un tappeto con scritto whellcome con tanto di fiamme stilizzate.

Con un altro giro di chiavi, Naruto fece scattare la serratura ma, prima di aprire, avvisò: “Non spaventarti del disordine. È tutto normale, fidati.”

Sasuke inarcò un sopracciglio; non sapeva che Naruto avrebbe voluto mangiarglielo quel sopracciglio. E baciare Sasuke lì, sul pianerottolo, per poi trascinarlo dentro e farci l’amore.

Non vengo per vedere casa tua” gli rispose un po’ troppo secco. Avrebbe voluto essere simpatico, con la battuta giusta come i suoi amici, ma gli uscì solo una frase stronza.

Oh beh, mi fa piacere” scherzò comunque l’altro, ridacchiando.

Aprì allora la porta e rivelò una stanza piuttosto ampia con un angolo cottura, un divano dotato di poggiapiedi su cui vi era una coperta, oltre a vari cuscini colorati, e una televisione con accanto la consolle, poco distante dalla quale troneggiava una pila piuttosto corposa di videogiochi.

Le narici di Sasuke furono investite da un profumo di cannella e arancia, come quello del taxi, misto a quello di cibo, forse uno spuntino consumato alla veloce prima di uscire di casa. C’erano libri in giro, qualche fumetto, un piatto sporco sul tavolo appoggiato contro il muro, ma nulla del disordine terribile paventato dal ragazzo.

Non è affatto disordinato” commentò infatti, con le mani in tasca nel cappotto, senza muovere un passo.

Cerco di non far esplodere l’appartamento, anche se gli altri e i miei dicono che conservo anche troppe cose. Ne finirò inondato un giorno. Dammi la giacca, dai, lancia via qualche cuscino e siediti. L’offerta del caffè è ancora più che valida.”

Allora Sasuke si tolse la giacca, muovendosi quasi con cautela, come se il ghiaccio della strada li avesse inseguiti sino a lì. Si guardò un po’ attorno, contemplando nel passaggio qualche foto di Naruto bambino – gli venne da sorridere nel vederlo ridere con le guance gonfie da criceto, abbracciando un uomo e una donna che dovevano essere i suoi genitori – o altre con amici e amiche, dove cambiavano o rimanevano le stesse persone, in varie fasi della sua vita. C’erano poi ancora altri libri, blu ray di film che Sasuke stesso adorava, come Shoot & Pray che faceva bella mostra di sé addirittura con edizioni speciali.

Si distrasse solo quando Naruto gli chiese conferma che volesse lo zucchero. Annuì e si sedette sul divano, intercettando un pupazzo a forma di volpe che posò accanto per poi prendere la tazza di caffè fumante offerta dall’altro.

Questi gli si sedette accanto e per qualche istante entrambi rimasero in silenzio, vicini, con la nuvola di vapore delle rispettive bevande che ondeggiava placida, involandosi verso il soffitto come se qualcuno tirasse un filo misterioso.

Sto davvero bene con te, Sasuke. Sei un bel tipo, di quelli convinti ma… come dire… modesti, che non devono apparire. Con poco riesci a dare così tanto.”

Bevve un sorso, poi strizzò gli occhi e scosse la testa, aggiungendo: “Che cose assurde che dico, cazzarola, scusa, non voglio metterti in imbarazzo.”

Uchiha non parlò. Strinse più forte la mano attorno alla ceramica e seppe, seppe perfettamente, che quello sarebbe stato un momento decisivo della sua vita, fondamentale forse. Fu felice ma allo stesso tempo terrorizzato di aver avuto il privilegio e l’acutezza di essersene reso conto.

All’improvviso, appoggiò il caffè per terra e gli disse, con lo sguardo attento, gli occhi scuri che non battevano ciglio: “Naruto, lo sai che io ho una macchia sul palmo, vero?”

Gliela mostrò, come uno schiaffo.

Il sorriso di Naruto si bloccò: “Sì… insomma, certo che lo so, l’ho notato.”

Inconsapevolmente si coprì l’avambraccio con una mano, sulla difensiva.

E so che tu non hai una macchia lì, né credo tu sia in generale un Macchiato.”

E allora? Ti ho invitato a prendere un caffè, mica a giurarci amore eterno!” esclamò l’altro, esasperato, solo per poi sigillare le labbra e scuotere la testa.

Ne sono consapevole – rispose invece Sasuke, quella volta con tono più mite, quasi morbido – non cerco l’amore eterno. Non cerco nulla a dire il vero, ma... ti ho trovato lo stesso.”

Lo disse in un soffio e fu convinto di averci messo l’anima in quelle parole. Non sapeva quello che stava facendo, non poteva, o sarebbe stato più accorto nei propri sentimenti.

Naruto sentì il labbro tremare e quegli stessi sentimenti spingere alla base della gola, incastrandosi sotto l’epiglottide fino a bloccargli il respiro; doveva stare attento: se avesse osato rubare altra aria dalla stanza quel fragile meccanismo di controllo sarebbe scattato, portandolo a commuoversi.

Fu per questo che contenne il tremito mordendosi il labbro, per poi umettarselo e passarvi le dita sopra, socchiudendo gli occhi.

Sono Marchiato. E... dannazione, credo proprio di essere già follemente innamorato di te, Sasuke – li riaprì, scoprì che lui lo fissava, con occhi altrettanto sgranati – vero, praticamente non ci conosciamo, ma... mi piaci da morire: con i tuoi cappotti troppo grandi, le tue sciarpe, le mani che ci spariscono dentro e che vorrei stringere, con o senza inchiostro, il modo in cui fumi, al freddo, come se dovessi mangiartelo quel fumo mentre pensi e ripensi a chissà cosa, la tua correttezza così fastidiosamente precisa e... oh, i film, penso ai film stupidi che potremmo guardare assieme – si interruppe un istante, accennò un sorriso e con voce più flebile aggiunse – il tuo naso. Come si arrossa con il freddo.”

Di riflesso, Sasuke se lo toccò per poi mettere via la mano. Allora Naruto gliela prese, con delicatezza, e abbassò il capo mettendosela tra i propri capelli: “Non andartene. Non spaventarti per quello che ti ho detto: ci metto troppo di me, troppi sentimenti, ma non posso fare diversamente.”

Per qualche istante, coi propri capelli a ondeggiargli davanti agli occhi, Naruto pensò che la stanza fosse più buia, forse anche per via del corpo di Sasuke che lo sovrastava così come il suo silenzio, immenso rispetto al fluire rapido delle parole che aveva pronunciato.

Ma il giornalista non ritrasse la mano, anzi, la rilassò ed emise un breve sospiro. Fu allora che Uzumaki lo sentì abbassarsi in un frusciare di vestiti e, con il naso che oltre i capelli sfiorava il proprio, dirgli:

Io non sono spaventato, Naruto Uzumaki. Ma non sono nemmeno corretto: ho fatto tutto così in fretta, con la macchina, con il cercare di rivederti, perché – la voce gli tremò appena e Naruto sollevò lo sguardo, incrociando a pochi centimetri gli occhi chiari con quelli scuri dell’altro – avevo paura che se avessi fatto passare troppo tempo ti saresti dimenticato di me.”

Naruto quella sera scoprì una volta di più le fragilità di Sasuke, le sue insicurezze nascoste sotto un atteggiamento maturo e risoluto, ma anche il modo devoto, pieno in cui sapeva amare. Non il torrente esplosivo di Uzumaki, bensì l’abbraccio notturno nel letto, quando si è soli e al tempo stesso vicini, la protezione e l’amore senza pregiudizio né interferenze.

Mai – le sue labbra sfiorarono quelle di Sasuke – non potrei mai dimenticarmi di te.”

Lo baciò. Sentì quei sentimenti trattenuti scivolare finalmente lungo la gola ed esplodergli in petto, desiderando come non mai la compagnia di quell’uomo di fronte a sé, la sua presenza nella propria vita, rivederlo il giorno dopo e quello dopo ancora, sapere di trovarlo rientrando a casa, qualunque casa essa fosse, qualunque vita avessero: erano assieme e tanto gli bastava.

La mano di Sasuke passò tra i capelli dell’altro, glieli accarezzò e poi strinse, cercandolo per averlo più vicino, da una parte con quella paura viscerale che nulla era eterno, lo aveva visto coi suoi genitori, con l’egoismo della specie idiota e confusa che li caratterizzava, dall’altra con un’attrazione impossibile da imbrigliare, forse a causa dell’euforia vitale all’idea che poteva farlo, che poteva sentire ancora così tanto ed essere libero di provarci. D’altronde non doveva niente a nessuno, eccetto a se stesso e alla persona che aveva davanti, che gli aveva confessato con schiettezza semplice di amarlo, quasi a scatola chiusa, senza nemmeno sapere quanto Sasuke avesse visto in lui, quanto splendore accecante vi fosse in un uomo sì troppo carico di sentimenti, ma proprio per questo capace di detonare e far scoppiare la barriera di solitudine dietro la quale Sasuke stesso aveva creduto di poter restare per sempre.

Grazie” sussurrò, baciandolo ancora e venendo baciato. Non rivolse quel grazie solo a Naruto, ma anche al cosmo e ciò che lo animava.

Fecero l’amore, in un salotto che sapeva di Naruto, della sua vita, del toast mangiato, dei caffè di entrambi abbandonati accanto al divano, dell’incertezza curiosa per ciò che sarebbe accaduto prima di uscire la sera, con le luci soffuse della notte attorno e la sensazione splendida del calore altrui sulla pelle fredda, del respiro capace di far rabbrividire di piacere, dell’abbraccio prolungato che non chiede altro se non sperare che duri ancora un altro po’.

Sasuke vide la scritta sull’avambraccio di Naruto e capì quanto l’altro avesse dovuto attendere che una persona qualunque, chiunque, pronunciasse quelle parole per fargliele sparire per sempre. Una ripetuta e troppo frequente serie di illusioni.

Erano sdraiati per terra, sul tappeto che solleticava leggermente la pelle, con il lampadario spento sopra di loro e il poggiapiedi spostato di lato, quasi avessero conquistato qualcosa espandendosi coi loro corpi.

Il giornalista appoggiò la guancia sull’avambraccio scritto dell’uomo e rimanendo così, con una mano davanti a sé, lo fissò senza sbattere le palpebre: “Lo prendi senza zucchero, il caffè?”

Le prime parole pronunciate dopo aver fatto sesso. Erano nudi e così vicini, con i toraci che si alzavano e abbassavano lentamente, colline dentro le quali si celano vulcani.

Naruto impiegò un attimo a elaborare una domanda tanto improvvisa, capace di rompere il silenzio armonioso della stanza, poi sorrise e annuì: “Sì, da sempre – guardò Sasuke, la scritta marchiata sul proprio avambraccio coperta dalla guancia dell’altro, la cui pelle si era piegata appena, conferendo un leggero e splendido broncio sulle labbra sottili dell’uomo – mi è capitata una frase bella stupida, eh?”

Un po’ – poi lo vide sorridere, incapace di trattenersi, e correggersi – sì... cavolo, sì, è terribilmente stupida.”

Rotolò sul ventre, coprendosi il volto con le mani mentre rideva appena, la sua schiena leggermente incurvata che tracciava una linea armoniosa fino alle natiche perfette che Naruto avrebbe voluto stringere, incredulo di averlo già fatto quella notte. Rise a sua volta e si mise sul fianco, sfiorando con il naso i capelli scuri e sottili di Sasuke che, nel frattempo, lentamente aveva smesso di ridere, per spostare il volto così da guardare il compagno attraverso la ciocca scura caduta sugli occhi. Il suo respiro calmo scaldava la pelle dell’avambraccio di Naruto che per un attimo, invece, non respirò, contemplando l’uomo accanto a sé, su di sé. Con sé.

Abbiamo davvero fatto l’amore, io e te?” gli chiese lui invece. Scostò i capelli da davanti gli occhi di Sasuke. Non avvertì più il suo respiro sulla pelle. Lo percepì solo qualche istante dopo quando Uchiha confermò: “Sì.”

Non lo facevo da tanto” ammise, quella volta serio, senza distogliere lo sguardo.

Anche io. Come ti ho detto, non cercavo affatto.”

Al contrario di me, suppongo quindi di aver sbagliato un sacco di cose fino a ora” replicò Naruto. Per un attimo sorrise.

Sasuke spostò la mano da sotto la testa e la mise sul braccio di Uzumaki. Tacque ancora un istante poi gli sussurrò, piano, così piano che la penombra della stanza sembrò voler divorare l’unico suono umano a infrangere il silenzio: “Non voglio che tu sia ancora solo. Non lo meriti, non me ne capacito, capisci? Sei tutta la luce, la vita, che mancava nella mia esistenza: è assurdo che nessun altro abbia provato lo stesso.”

No… no – Naruto scosse appena la testa, con il cuore che gli martellava feroce in petto – no Sasuke io non posso più pensare di stare così, senza di te. Sto scoprendo adesso, in questo momento, di non riuscirci più.”

Forse suonò patetico, terribile, persino infantile caricare qualcuno di parole simili a oltre trent’anni, così, su di un tappeto nel buio di un minuscolo appartamento. Ma dopo quello che Sasuke gli aveva detto – Naruto non lo sapeva ma erano le parole più belle che egli avesse mai avuto modo di pronunciare in vita sua – decise che sarebbe stato meschino tacere.

Lentamente ma con un movimento fluido Uchiha allora si sollevò a sedere e spostò il volto verso il soffitto, con le mani appoggiate sulle cosce. Si portò infine dietro le orecchie una ciocca di capelli e abbassò lo sguardo su Naruto che, steso sul fianco, ancora non si era mosso ma lo osservava in attesa, con gli occhi azzurri così onesti, lucidi di commozione e vita.

Non mi interessa, né voglio trovare un soulmate. Se smetti di cercarlo possiamo stare assieme” decretò alla fine Sasuke.

Lo farò.”

Non ebbe un istante di esitazione. Uchiha non voleva suonare minaccioso, ma era consapevole di essere tremendamente piccolo e insignificante di fronte al destino: proprio per questo doveva lottare con tutte le sue forze se voleva avere una minima speranza di vittoria; accidenti, in realtà nemmeno capiva per quale ragione dovesse metterci tutto quell’impegno per un uomo che conosceva così poco. Forse perché in quel poco gli aveva dato tanto e a sua volta Sasuke sentiva di potergli offrire molto più che un paio di risposte secche o una notte d’amore.

I tuoi genitori sono soulmate?” domandò in risposta, lanciando un’occhiata alle foto scorte prima.

Sì. Mi hanno fatto sperare, capisci? – si massaggiò gli occhi, passandosi poi una mano tra i capelli – ah, accidenti, non so perché, ma ho la sensazione di apparire uno sciocco sognatore ai tuoi occhi.”

L’espressione di Sasuke mutò in qualcosa che sembrava tenerezza, nonostante le sopracciglia fossero ancora contratte, nell’espressione seria che metteva in ogni aspetto della sua vita: “Sognatore sì. Sciocco? No, non direi – si abbassò con la schiena, fino ad arrivare a pochi centimetri dal volto di Naruto – non voglio costringerti in nulla. Solo…”

Non mi cos…”

Solo non voglio lasciarti andare se trovassi il tuo soulmate.”

Parlò rapido, in un sussurro.

Potresti essere tu a trovare un soulmate – obiettò l’altro dopo un istante – non lo vorrei, per nulla, niente, al mondo. Ne avrei una paura fottuta.”

Sasuke sgranò gli occhi: “Anch’io. Anch’io ho paura di perderti per questo.”

Ed è stupido. Così stupido. Non ci conosciamo, potremmo ancora scappare da tutto questo. Ma… come? Come faccio ora ad andarmene e fingere che non esistiamo più l’uno per l’altro?

Allora Naruto, colmo d’amore e comprensione, abbracciò Sasuke, trascinandoselo giù con sé in una presa goffa e appunto innamorata; cominciò a baciarlo sulla testa, intrecciando le gambe alle sue mentre gli mormorava parole d’amore.

Non posso. Nono, nossignore, mai più senza. Mai – lo baciò sulla fronte e l’altro strizzò appena gli occhi ma non si divincolò – più – un nuovo bacio sulla guancia e Sasuke fece una mezza smorfia che era un sorriso, il volto arrossato da tutti quei baci – senza Sasuke. Mai.”

Strofinò il mento sul suo capo, affondando poi il volto tra i capelli, respirandoli.

Solo allora, in quella quiete d’amore, Sasuke fu capace di abbracciarlo a sua volta.

Credo di essermi innamorato. E di essere felice ma allo stesso tempo così spaventato: forse è questo il prezzo da pagare. E mi sta bene, destino, prendi tutto quello che ho.


*


Dopo essersi sciacquato alla buona e rivestito, Sasuke uscì dal bagno e trovò Naruto vestito in tuta che lo guardò un po’ sorpreso.

Uchiha mise le mani in tasca, scrutandolo con una certa perplessa esitazione: “Che c’è?”

Lo vide arrossire appena e passarsi una mano tra i capelli, per poi scrollare le spalle: “Beh, dai, insomma, credevo ti fermassi. Suppongo di aver pensato male, a giudicare da come ti sei vestito.”

Colto alla sprovvista, il giornalista si guardò poi tornò a fissare l’uomo e scosse la testa: “No, non è che sto – allargò le braccia, sollevando le spalle – fuggendo o cose così. Si tratta di Cerbero.”

Deviò un istante lo sguardo, le mani affondarono ancora di più nelle tasche quasi fossero calamitate ai pantaloni, ma il petto si gonfiò con orgogliosa fierezza. Si trattò della prima e storica volta in cui fu Naruto a sollevare un sopracciglio: “Cerbero?”

Sì – Sasuke schioccò la lingua, dandosi dell’idiota – scusa, non potevi saperlo. È il mio cane. Devo rientrare a casa, portarlo a fare i bisogni, queste cose qui. Non posso fermarmi stanotte, non mi ero organizzato per l’evenienza.”

Oh, io... Cerbero! – solo allora Naruto si lasciò andare a una risata liberatoria – Un cane! Capisco, cavoli, spero che non abbia patito troppo la tua assenza. Ehi, è un bel nome, cos’è, tipo un Dobermann da combattimento o robe simili?” sembrava scherzare ma era davvero meravigliato e incuriosito da un nome tanto eccentrico, specie per uno come Sasuke.

Questi lo capì perché stava cominciando a conoscere il suo interlocutore, dunque fu con maggiore accortezza del solito che smorzò l’entusiasmo divertito di quest’ultimo: “Nah, un incrocio tra un bassotto e non so cos’altro. So che è esagerato rispetto alla stazzaaggiunse sulla difensiva, abbassando un istante lo sguardo nonostante avesse mantenuto una certa aria di sfida.

Naruto sorrise con affetto: “Nulla è mai esagerato come un nome. E suona benissimo. Spero di poter conoscere Cerbero presto allora.”

Al giornalista venne da sorridere a sua volta, al punto che si abbandonò più facilmente all’ironia: “Combiniamo un’uscita con il mio coinquilino quattrozampe. Non so perché ma già sento che vi starete simpatici a prima vista.”

Ci conto!”

Si guardarono negli occhi, poi sorrisero, rimanendo qualche secondo in silenzio. Dopodiché Sasuke decise che era tempo di mettersi il cappotto e sebbene a malincuore andarsene, avvicinandosi alla soglia della porta dove venne accompagnato da Naruto con addosso tuta e ciabatte, ma l’aria di chi avrebbe indossato al volo il primo paio di scarpe a portata di mano per uscire. Sembrava esitante, quasi avesse voluto saltare in macchina assieme a lui. Ed era così: si sentiva il petto dilaniato all’idea di separarsi da Sasuke, come se standoci assieme quelle ore, nudi, a fare l’amore e a parlare di loro, lui gli avesse lanciato un incantesimo, portandogli via un pezzo di sé.

Allora in questi giorni…” iniziò Naruto.

Ma non riuscì a finire la frase: Sasuke lo abbracciò. Non si trattò di un abbraccio irruento, però in compenso Uchiha lo strinse, una seconda pelle attorno alla sua cassa toracica. Si racchiuse in un breve istante, ma sufficiente a Naruto per ricambiare, stringendo il compagno a sua volta fino a che fu quest’ultimo a togliersi, con il desiderio di guardare l’altro negli occhi quando gli propose: “Vediamoci presto. Domani vai a ritirare il taxi e ci organizziamo: ho un servizio nella città di Enkidu ma per la sera rientro.”

Okay, fantastico. Ehi, se hai bisogno per Cerbero dimmelo, servizio taxi lusso per i tuoi coinquilini” gli fece l’occhiolino.

C’è il figlio del vicino che fa il dog-sitter per tutti quelli del condominio a cui serve ma… se dovessi aver bisogno, perché no? Te lo farò sapere, il ragazzo non saprà che ogni tanto passo dalla concorrenza” lo disse con serietà, quasi stesse discutendo di affari sottobanco. Sorrisero poi entrambi con complicità.

Si baciarono infine per salutarsi con un certo imbarazzo iniziale, quasi indecisi su come approcciarsi o affrontare la faccenda. Per questo, sorrisero di più. E si sentirono ragazzini.

Avrebbero continuato a sentirsi ragazzini per tanti, tanti anni a seguire, stando assieme. I migliori della loro vita. Un amore iniziato per caso, semplice direbbero molti, ma proprio per questo solido.

Non potevano però ancora sapere come o quando le cose sarebbero cambiate, né se a quel cambiamento improvviso sarebbero sopravvissuti per ciò che erano; forse sarebbero mutati a loro volta, lasciandosi per sempre, o avrebbero compreso che per quanto infinitamente piccoli rispetto al destino potevano ancora avere un’occasione per lottare. E vincere.

Sproloqui di una zucca

Come forse avrete notato, all'interno del capitolo appaiono nomi come Enkidu e Sargon, li ho inseriti per sfizio, con riferimento il primo all'Epopea di Gilgamesh (Enkidu infatti era l'uomo selvaggio che accompagnò Gilgamesh mel suo viaggio, narrato nel racconto sumero), mentre Sargon  è Sargon II , re di Sumer e Akkad. Detto questo, c'è uno sviluppo bello importante tra Sasuke e Naruto che decidono di stare assieme nonostante le insicurezze e le rispettive vite, diverse ma per certi aspetti uguali. Spero di aver reso bene le loro emozioni e il modo in cui si sono avvicinati, nonché le vulnerabilità.
Avviso che dal prossimo capitolo ci sarà un salto temporale necessario perché gli eventi cambieranno ancora, inoltre verranno introdotti nuovi personaggi fondamentali.
Grazie per le recensioni al primo capitolo e a tutti coloro che hanno intrapreso la lettura: mi hanno reso davvero felicissima; che dire, spero che possa piacervi ancora, un abbraccio a tutti quanti e Buon Anno Nuovo!

   
 
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