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Autore: Alarnis    02/01/2021    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 Un uomo misterioso

Quello il tenore dei discorsi nella sua locanda.
“Deposto Ludovico, ci ritroveremo in miseria!” disse il mugnaio Adelberto avventando un grosso cosciotto untuoso e carnoso.
Tu non lo sembri si sorprese a pensare soddisfatto Augosto, mentre irrorava di brodo l’arrosto che girava sullo spiedo del grande camino che dominava la sala: l’unica stanza della sua locanda al piano terra; poche brande al piano di sopra, in un sottotetto stretto e malagevole, ma che fruttava bene con i forestieri.
“Era troppo giovane! Non mi sarei affidato a lui.” sentenziò il contadino Tolomeo, che ribadì “Altro che suo padre Iorio, che riposi in pace.”, facendo sporgere i denti o meglio quei pochi che restavano, la cui mancanza gli abbruttiva il volto.
“Gregorio non è interessato che a spremerci!” appuntò a sostegno di Adelberto il bonario Cataldo, che impigrito sopra uno sgabello, seduto a gambe incrociate, sembrava spazzare il pavimento strisciando gli zoccoli di legno. “Gli avessimo dato il tempo di dimostralo.” spezzò una lancia a favore del giovane, loro deposto signore.
Era ora di riportarli all’ordine “Basta chiacchiere! Bevete! Belinda veloce!” ordinò l’oste Augosto, chiamando la propria fantesca: una ragazzina scialba ma dinamica che aveva preso a servizio da poco. Non che fosse vecchio, anzi, ma poteva permettersi un aiuto e Belinda era la figlia di sua sorella Francesca, la levatrice. Francesca, vedova e spesso fuori casa, del resto gliel’aveva affidata, definendola una combina guai da tenere sott’occhio. E come non darle torto: la povera Francesca le aveva rimediato un lavoro al castello, ma la ragazzina era risultata troppo maldestra per mantenerlo. Ora, sperare nella bontà dei nuovi padroni era un’utopia.
“Troppo giovane. Troppo vecchio! Basta. Basta.” liquidò le loro ciarle in fretta: erano clienti abituali e amici da molti anni. Sono discorsi pericolosi rifletté prudente: non voleva trovarsi in mezzo a ritorsioni.
I soldati di Rocca Lisia non frequentavano la sua locanda, troppo fuori mano, lontana mezza giornata di cavallo, ma si diceva che il conte Gregorio fosse potente e si avvalesse di molti spioni dalle orecchie fini.
Gregorio, pupillo del capitano di ventura Guglielmo Montetardo, ne aveva ereditato il titolo e al seguito di re Bressano aveva consolidato la fortuna dei Montetardo. Era un guerriero crudele e senza pietà, del resto ora si ritrovava despota a Rocca Lisia, sconfitto il giovane Ludovico Chiarofosco. Una vittoria avvenuta di recente: qualche settimana appena.
“Non ho più stima per il conte di quanta non ne avessi di Ludovico.” volle l’ultima parola Adelberto, quasi fregandosene di sputare insolenze contro i due contendenti: quello il motivo per cui Augosto gli fiondò in faccia lo straccio con cui stava pulendo una broda rimasta sul tavolo “Sta’ zitto, prima che ci impicchino!”. Chi veniva dalla Rocca non mancava di sottolineare i particolari più raccapriccianti sulle punizioni inferte ai simpatizzanti del giovane Chiarofosco e a coloro che avevano appoggiato la sua resistenza e fuga. Tra questi: soldati e molti domestici del castello inflessibili nell’abiurare la propria fedeltà.
Adelberto divenne paonazzo ma tacque, limitandosi a indietreggiare col viso, asciugandosi con la manica veloce: alla vita ci teneva! Belinda portò un bicchiere di vino stemperandone il malumore; accompagnandolo con un bel sorriso lentigginoso.
Più che le chiacchiere, a Augosto insospettiva il silenzio negli avventori, soprattutto in quelli che non conosceva come abituali e di cui nulla sapeva, se non i soldi con cui avevano chiesto pasto e alloggio.
“Sei un uomo taciturno.” esordì senza mezze misure al bel giovane, bruno di capelli, che da troppo tempo fissava un bicchiere vuoto, senza essere sbronzo, nell’unico grande tavolone della sala. I suoi abiti narravano di viaggi e notti all’addiaccio: un tabarro di panno grosso e pesante, di colore scuro, lungo sopra il polpaccio, ancora allacciato sotto il mento, ma lasciato aperto a scoprire una camicia di lino grezzo color crema.
“Hai qualcosa da nascondere?” dichiarò la propria ostilità Augosto, interessando al forestiero anche Adelberto, Tolomeo e Cataldo che all’occorrenza avrebbero potuto dargli man forte in un parapiglia.
“Non sono affari tuoi!” sorrise il ragazzo; una punta di arroganza in un viso ben rasato. Occhi che sembravano lame: il colore dell’acciaio ben temprato, che sembravano rispondere. Chi non ha un segreto gelosamente serbato nel proprio animo?
Poffarbacco! Sei nella mia locanda! rifletté Augosto, chiarendo subito il concetto di chi comandasse. Si colpì al cuore con la punta dell’indice e alzato il collo verso l’alto come un gallo cedrone, accompagnò la sua domanda in tono perentorio, rivolgendogli uno sguardo serio, “Sei giovane. Da dove vieni?”. Qui, le domande le faccio io!
“Da Raucelio.” rispose senza scomporsi il ragazzo, si e no, doveva avere meno di vent’anni.
Poffarbacco! ristette Augosto, Interessante! Lui a Raucelio non era mai stato. Era nato e vissuto in quella locanda da quando era al mondo.
“Caspita è lontanuccio!” rifletté Augosto, che grattandosi la fronte al centro valutò “Bhe! Bhe! Bhe! Sono terre del conte Gregorio.”. Ora, era quel conte che comandava.
Il ragazzo annuì, concedendogli vittoria.
“Un’ottima credenziale uomo misterioso!” lo battezzò ridendo amichevole e cautelandosi “Noi, qui, si parla di tante cose, ma mai contro persone stimate e titolate.”. Un’espressione complice e amichevole al ragazzo tanto per rilassare l’atmosfera. E se fosse una spia?
“Per me non fa differenza.” disse con freddezza il giovane, ma la stanchezza della sua voce sembrò tradirne l’animo.


NdA: sarei veramente felice di avere un parere su questa storia ^_^
Ci conto! Ciao.
 
   
 
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