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Autore: L_White_S    02/01/2021    0 recensioni
" Non sempre gli angeli nascono con le ali "
Quando i nazisti portano gli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz, il loro scopo non è solo quello di ucciderli…
Quando il re inglese attacca la Francia per riprendersi il trono, la guerra “dei cent’anni” diverrà il pretesto per celare le vere motivazioni del conflitto. Ma cosa hanno in comune questi avvenimenti storici?
Ice – il protagonista – è un ragazzo che si sveglia in un laboratorio ultratecnologico senza memoria. Gli esperimenti condotti lo hanno privato dei ricordi e solo dopo un accurato incidente, studiato – se vogliamo – inizia finalmente a trovare nel buio della sua mente quei flashback che faranno riaffiorare la verità, oltre che la luce.
La saga inizia con la ricerca delle origini di uno “dei dieci”, con un debutto fenomenale.
Si introdurranno domande che sorgeranno spontanee al lettore, quali la nascita del conflitto delle parti, sia di esseri
sovrannaturali che non, e di quanto possa un amore condizionare la vita…
Ice, durante il viaggio dettato dai ricordi, scoprirà una visione demoniaca che lo perseguiterà per tutto il tempo, manovrandolo come un burattino. Ma perché accade questo?
L’amore potrà riportarlo sulla retta via, perché la strada del male, è solo un bivio…
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO      2.3
 
 
 
 
 
   Un baccano micidiale aveva interrotto la calda serata dei numerosi clienti della casa, la fratellanza aveva messo a soqquadro ogni cosa, gli uomini erano stati allontanati a forza e le donne, il peggior dei mali, erano così libere di potersela prendere con Jenevieve: aveva rovinato tutto.
   La fratellanza a volte aveva delle idee alquanto singolari ma d’altronde, cosa potevano permettersi di fare? Toccare una fanciulla? Non sia mai! Il gentil sesso era letteralmente venerato, per quello preferivano tenersene alla larga; sapevano che al lungo andare una donna, anche la più fragile, li avrebbe comandati a bacchetta.
   Ecco perché tra le loro fila non ce n’era una.
   Il ritorno ai sotterranei invece non era stato uno dei più facili.
   Le strade si erano riempite di gentaglia, tutta attenta ad impicciarsi dell’accaduto, così come le guardie: trasportare quindi il corpo semi-cosciente di Ice era stata un’impresa epica.
   Era freddo come la pietra, chi lo sosteneva a malapena riusciva a stargli vicino, sembrava più morto che vivo, eppure non era successo nulla.
   A detta della prostituta.
   In poco tempo volarono settimane intere, forse anche qualche mese e Ice, ancora semicosciente, era sorvegliato ed accudito da quello che si era proclamato suo maestro: Alexandre.
   Nonostante i numerosi agganci, la mano manipolatrice della resistenza non era riuscita a trovare un solo medico in grado di rimediare al male che affliggeva il giovane, tanto che erano stati costretti a “rapire”, usando sempre le buone maniere, quella donna, Jenevieve, tentando invano di estorcerle una qualche confessione su ciò che era successo quella notte. Ma non c’era nulla da fare: si erano scambiati solo un innocente bacio.
   La rossa era stata persino scortata nei sotterranei per riportarla faccia a faccia col giovane, che con lo sguardo perso nel vuoto, non sembrava nemmeno ricordarsi di lei.
   Al contrario la ragazza era costantemente affascinata da lui, tantè che Alex decise di trattenerla a data da destinarsi finché la guarigione di Ice non fosse avvenuta; ormai comunque era stata bandita da quel bordello per aver rivelato il suo vero nome, ed in ogni caso non era mai andata a genio a tutte le altre intrattenitrici, era troppo bella per competere con loro.
   Nel frattempo la guerra contro le dominazioni andava avanti senza sosta, togliendo risorse sia all’una che all’altra fazione e da quando la rossa aveva messo piede nei sotterranei, era entrata a far parte a tutti gli effetti della resistenza, curava i feriti, aiutava i malati, cucinava persino per loro, lei che non aveva mai imparato da piccola, orfana che fu; ma a quegli uomini piacevano veramente le pietanze cucinategli, oppure le mentivano? In ogni caso la facevano sentire una vera regina e poi aiutava Ice o perlomeno, gli faceva compagnia.
   C’era qualcosa però che nascondeva la ragazza, peccato che nessuno, nemmeno Alexandre, lo aveva notato, e non erano in pochi gli uomini che si permettevano di spiarla…
   Arrapati com’erano.
   Una delle tante notti, mentre la battaglia in superficie mieteva vittime, come di suo solito Jenevieve si era diretta nella lussuosa stanza di Ice, quella privata del suo maestro che si era gentilmente offerto di cedergliela; aveva un’aria familiare…
   Sembrava una riproduzione fedele del bordello, solo molto più rustico e virile.
   Quando varcò la porta fu subito attratta da quell’imponente letto a baldacchino da cui scendevano dei bianchissimi panneggi, lo aveva visto decine e decine di volte ma immaginarsi ogni volta nuda, dietro quel sottile strato di seta mentre faceva l’amore con Ice la portava sempre su di giri.
   E la faceva soffermare per parecchi minuti sull’uscio.
   Le batteva il cuore a mille. Le tremavano le gambe, la voce e anche il respiro.
   Quando si sedeva proprio li, di fianco al giovane, illuminata dalle candele, sentiva ogni volta un’attrazione tanto forte quanto la paura di esser scoperta; per quel motivo, per circa un mese era restata sempre muta e tremante a fissarlo, studiarlo, a mangiarlo con gli occhi. Quella notte però qualcosa sarebbe cambiato…
   « Salve Ice, sono io… Jenevieve… », disse la ragazza avvicinandosi al letto; intimorita ma decisa fece il giro del baldacchino e vide il volto perso nel vuoto del ragazzo, sembrava non averla sentita proprio.
   Meglio così, si disse, sarebbe stato più facile confidarsi.
   Aveva ripetuto quelle parole infinite volte nella sua stanza, da sola, ma ora che doveva liberarsene sembrava non ricordarsene affatto, eppure sapeva quella filastrocca a memoria; con molta probabilità Ice stava ascoltando. Comunque si fece coraggio e andò avanti.
   « Quella notte sulla terrazza ho visto qualcuno mentre vi baciavo ed ho sentito un’energia avvolgermi completamente finché non mi avete allontanata; è stata l’esperienza più affascinante della mia vita e vi giuro che farei di tutto per riavervi di nuovo qui con me! ».
   Prese a singhiozzare.
   Il peso opprimente di quella situazione era ormai troppo da sopportare, Jenevieve sapeva, in cuor suo, che se quel ragazzo era paralizzato e sul punto di morire era stata colpa sua.
    Le lacrime iniziarono a solcare copiose le bianche e morbide guance della fanciulla bagnando velocemente la mano gelida di Ice che immobile, sembrava aver voltato lo sguardo per avvicinare la bellissima ragazza.
   « Mi avete rubato il cuore ed ogni notte rivivo quella sera, non c’è momento della giornata in cui voi siete fuori dai miei pensieri, sento qualcosa che ci unisce e vorrei, vorrei tanto riavervi qui, sentire la vostra voce... Potervi amare…».
   I palmi congelati di Ice trasformavano le graziose lacrime della ragazza in piccolissime schegge di ghiaccio, era come un sogno, un incubo.
   Chi era?
   Jenevieve chiuse e poi riaprì gli occhi, bagnando con il suo dolore la fronte del ragazzo.
   Non ce la faceva più.
   Era stata presa e strappata dal suo mondo e non si era opposta, viveva in mezzo a trenta e più uomini non lamentandosi di nulla e tutto per stargli vicino; il loro primo incontro era stato fatale.
   Per entrambi.
   Eppure era ancora li con lui.
   Sicura che nessuno fosse nel tunnel fuori la stanza, quasi avesse un sesto senso, la rossa si avvicinò ancora una volta alle gelide labbra del ragazzo, pronta nel dargli l’ennesimo bacio; speranzosa di tornare alla normalità.
   Forse lo avrebbe fatto tornare dall’aldilà, tanto valeva tentare, non poteva starsene in un letto attendendo la morte: lei aveva bisogno di lui…
   E forse lui di lei.
   Quando socchiuse le palpebre rivide, come ogni qualvolta che pensava a lui, quel mostro, quei due occhi malvagi pronti a divorarla: erano apparsi quella volta che si erano baciati e non se ne erano più andati, la perseguitavano continuamente, nei sogni, negli specchi, nell’acqua, le era sembrato di vederli anche nel fuoco e forse quello che stava per fare l’avrebbe finalmente liberata da quell’opprimente sensazione di terrore.
   Scacciò quello sguardo pietrificante dalla sua mente e senza badarci troppo posò delicatamente le labbra su quelle di Ice…
   Ci fu silenzio.
   Rivide ancora gli occhi maligni.
   Ice mosse lentamente le pupille alla ricerca delle sue e quando gli iridi divennero rossi come il fuoco, lei spalancò le palpebre; lo sguardo completamente bianco.
    Il cuore iniziò a rallentare così velocemente che si bloccò improvvisamente, mentre un calore profondissimo risvegliò il corpo senza forze del ragazzo.
    L’aria divenne gelida, le candele si bloccarono immediatamente assieme alle ombre, mentre un chiarore azzurro colorava la stanza.
   Jenevieve cadde a pochi centimetri da Ice…
   Senza vita.
 
 
 
 
   Trascorsero pochi minuti, il tempo di dare al ragazzo la capacità di comprendere cosa fosse successo.
   Ice aprì gli occhi, le narici, affinò l’udito, palpò l’aria con la pelle e si alzò di scatto, come fosse stato in letargo per tutto quel tempo, come se non fosse successo nulla.
   Aveva l’impressione di essersi riposato solo un paio di notti o più, aveva i muscoli tutti indolenziti, più gonfi, pronti a scaricare l’imponente energia che lo abitava; si voltò lentamente e vide il corpo bellissimo di Jenevieve.
   Ricordava quella ragazza, a dire il vero era l’ultima persona che ricordava di aver visto poi, il sonno profondo e nulla più.
   Aveva le palpebre abbassate e dormiva beatamente li vicino trasmettendogli una sensazione unica: un senso di onnipotenza.  
   Sapeva che in quel caso, lei dipendeva da lui e uomo quale era doveva sorvegliarla, confortarla, riscaldarla con la sua presenza.
   Il sonno è il momento in cui un uomo è più fragile ed affidarsi a qualcun altro richiede una fiducia senza eguali: quella che lui stava ricevendo, ma non aveva idea che la bellissima rossa giaceva nel suo letto senza vita.
   Attento a non svegliarla, posò una mano sulla sua delicatissima fronte e non appena lo fece balzò di un paio di metri lontano dal letto, spaventato ed euforico.
   Aveva toccato una donna o una lastra di marmo? Era fredda, tanto che la sensazione provata fu quella di bruciarsi la mano.
   Non riuscì a capacitarsene.
   Passeggiò su e giù, a destra e a sinistra del letto come fosse un leone in gabbia, senza riuscire a ricordare cosa fosse successo: vedere quella creatura tanto splendida morta vicino a lui gli lacerava l’anima.
   Quando fu sul punto di esplodere, l’ennesima visione lo accompagnò in un urlo di dolore prorompente e spaventoso, tanto che gli occhi divennero immediatamente rossi e le unghie lasciarono posto a degli artigli letali.
   « Questo è ciò che succede », dissero quegli occhi maledetti.
   Quegli occhi tanto belli quanto i suoi.
 
 
 
 
 “Chi siete… chi diavolo siete…” continuava a ripetersi.
   Prosciugato, esausto e solo, il povero ragazzo rimase per ore ed ore nella stanza privata di Alexandre fissando il corpo senza vita di Jenevieve. Non aveva il coraggio di avvicinarsi e non chiudeva le palpebre chissà da quanti minuti per paura di quella maledetta visione.
   Stava uscendo pazzo.
   Finalmente, quando forse la mattina stava levandosi, il combattente Alexandre spalancò la porta ansioso; sperava di trovare Ice cosciente, aveva pregato abbastanza, doveva solamente sopraggiungere il miracolo.
   Quando varcò l’uscio vide il corpo della fanciulla disteso sul letto in un sonno profondissimo mentre il giovane ragazzo era sparito.
   Si aggirò in preda al panico per tutta la stanza finché non lo trovò in un angolo buio con le mani tra i capelli e due occhiaie da far paura. Rappresentava la morte in terra.
   Con un urlo grave e virile Alexandre chiamò a raccolta tutta la fratellanza mentre Ice, in terra, si dondolava come un pazzo.
   « Dobbiamo lasciare la città, il tempo necessario per permettere al ragazzo un riposo adeguato lontano dalle Dominazioni ».
   Un paio di uomini, surclassati dalla bellezza raggiante della ragazza le si avvicinarono e scoprirono immediatamente l’orrore che giaceva su quel meraviglioso letto.
   « È… è morta…».
   Senza scomporsi minimamente il proprietario della stanza prese in mano la parola illustrando un piano d’attacco alternativo: la fratellanza doveva allontanarsi dai civili spostando lo scontro fuori Parigi, magari tra i fitti boschi ad ovest, dove di rado passava qualcuno; li sarebbe sorta la nuova base operativa.
   Per quanto riguardava Ice, era visibilmente instabile e avrebbero presto indagato sul decesso della prostituta; per ora, dovevano solamente lasciarlo riposare.
   C’era qualcosa sotto; Leroy lo sapeva.
   E se era un immortale come pensava?
   Le prove che il ragazzo facesse parte della fazione nemica erano più che sufficienti ma Alex non volle parlarne ai compagni, voleva curarsi lui del ragazzo e magari renderlo il combattente perfetto per la sua causa.
 
   La morte del suo mentore non aveva minimamente scalfito la corazza d’acciaio di Philip. La vita solitaria che viveva con Angeline andava a gonfie vele mentre quelle strane ombre che la ragazza di tanto intanto avvertiva aggirarsi nei boschi erano scomparse.
   Tutto sembrava volgere al meglio, eppure la bellissima mora ripensava notte e giorno al profondo sguardo di Ice, erano mesi che immaginava di rincontrarlo, alla sua voce, alle dolci parole che le aveva rivolto togliendogli letteralmente il fiato, ma tutto ciò era buffo. Non lo conosceva nemmeno e gli aveva addirittura detto che avrebbe fatto l’impossibile per lei! Era fuori di testa!
   O forse era innamorato.
   Non aveva avuto il coraggio di chiedere a Philip che fine avesse fatto, lo conosceva bene, era troppo geloso per permettergli un dialogo razionale, ma non c’era un minuto al giorno in cui quella domanda assillante non bussasse nell’anticamera del suo cervello.
   Una sera, quando la luna piena illuminava la camera dei due amanti, Angeline si fece coraggio ed intraprese un discorso da cui difficilmente sarebbe uscita vittoriosa.
   « Sapete Ice vi ha salvato la vita mesi orsù, spero lo abbiate ringraziato quando ci ha lasciato ».
   Aveva iniziato la conversazione nel modo più pacato possibile e dall’espressione confusa e sorpresa di Philip sembrava fosse partita col piede giusto.
   « È vero, ma non ci ha lasciato, è vivo », rispose freddo lui.
   Come immaginava, l’astuto Philip stava sviando il discorso ed era strano che sapesse le sue condizioni, chissà magari stava bene veramente.
   « Quelle ombre nel bosco sono sparite pochi giorni dopo l’assenza di quel ragazzo…mi chiedo se c’entri qualcosa…».
   « Io non credo…».
   Era strano, non si era mai sentita così, ma la curiosità di conoscere la verità aveva spinto la ragazza sull’orlo di una crisi di nervi, non avrebbe mai immaginato di alzare la voce con il suo Philip.
   « Ora basta ditemi la verità, perché se ne è andato? È vivo? Per l’amor del cielo ha salvato anche la mia vita quando voi eravate stato colpito. Spiegatemi! ».
   Contro ogni logica il biondo scese lentamente dal letto e si avviò verso la vecchia finestra; il vetro rifletteva parte della stanza, il suo volto, la dolce Angy e la luna: era bello, pensò…
   Ma era arrivato il momento di affrontare l’argomento e stranamente non era affatto infuriato con la sua dama.
   Dialogarono senza problemi, sia dall’una che dall’altra parte gli animi erano pacati, forse anche Philip aveva qualcosa in sospeso con Ice, per questo non oppose resistenza alle continue richieste di Angy.
   Lo aveva mandato via semplicemente perché il moro voleva a tutti i costi metter fine ad un conflitto di cui nemmeno faceva parte, o voleva allontanarlo da lei?
   Angeline, visibilmente affranta, prese parola, cercando una volta per tutte di smuovere l’animo immobile del suo amato.
   « Ho sempre creduto che voi avreste purificato la terra come faceste con il mio corpo dalla peste, è un’utopia lo so, ed ora sono giunta alla conclusione che invece moriremo qui, forse invecchiando o forse uccisi dal sopraggiungere del conflitto; se credete di poter scappare vi sbagliate, Ice lo aveva capito e non nego che vi vorrei un pochino come lui. Ditemi se è vivo, mi dà speranza per un futuro migliore ».
   « È vivo e si sta dirigendo nel grande bosco ad ovest con un gruppo di quaranta uomini con l’intenzione di pianificare presto un attacco: vi conosco bene e così l’ho tenuto d’occhio, non volevo arrivare a questo dialogo senza risposte…».
   Presa in contropiede la fanciulla si alzò di scatto abbracciando il possente Philip da dietro, non riusciva nemmeno a stringere la morsa per quanto era enorme e muscoloso; se si fosse unito a quegli uomini le sorti della sua patria sarebbero state in buone mani, ne era sicura.
   Poi gli teneva sempre testa e sapeva dall’inizio che un giorno non lontano avrebbero intrapreso quel discorso, lo ammirava per questo.
   La capiva sempre. Sapeva sempre tutto.
   « Vi amo…», disse lei, succube del suo innegabile fascino.
   Un bacio appassionato interruppe per un momento i veloci pensieri di entrambi, durò per parecchi secondi e non appena si staccarono, Angy fece ciò che ogni donna ama fare al proprio uomo, comandarlo.
   « Andremo con loro…».
   « Ma…».
   Il biondo avrebbe voluto dirle ti amo in risposta ma fu preso alla sprovvista.
   « Fermeremo la guerra! », urlò lei entusiasta.
   Ice e Philip insieme avrebbero fatto faville!
 
 
 
 
   La decisione di lasciare la città era stata presa poco prima dell’alba e già la giornata era passata.
   La maggior parte del tempo era stato perso nei condotti per ripulirli dei loro effetti e di qualsiasi traccia umana.
   La storia avrebbe ricordato quei tunnel come semplici fogne.
   Nessuno avrebbe raccontato nei libri che lì la resistenza francese si nascondeva per combattere gli inglesi.
   Ora l’Alfa e l’Omega era solamente un buco nel terreno poco sotto Parigi.
   I fratelli non si erano opposti alla decisione di Alex di lasciare la loro casa; forse perché lo volevano un po’ tutti; era troppo tempo infatti che vivevano in quella fogna.
   Chiunque avrebbe accettato quella proposta.
   In fondo erano uomini, non topi!
   Aspettarono il sopraggiungere del crepuscolo per uscire allo scoperto: seguirono l’unico tunnel in grado di portarli poco fuori le porte della città e finalmente lasciarono Parigi.
   Tutto taceva, non c’era vento, le chiome degli alberi erano silenziose, nessun cinguettio, nemmeno un rumore.
   Solo una piccola carovana di uomini e carrozze passava indisturbata nella notte, tra i boschi bui illuminati solo dalla luna e dalle stelle.
   Dopo un inizio tranquillo, il sentiero iniziò ad essere più sconnesso, c’erano buche, ciottoli piccoli quanto un’unghia ed altri quanto un pugno; a quel punto le ruote dei carri accompagnarono la fratellanza con un cigolio continuo e simpatico, tanto che qualcuno non risparmiò qualche battuta contro Gaubert, il contadino ricco e benestante a capo della tenuta in cui erano sbucati all’uscita dei tunnel.
   Era lì che avevano preso tutto l’occorrente per il viaggio: carri, cavalli, fieno e quant’altro.
   Ice si trovava al centro del gruppo su una carrozza, non ce la faceva a camminare mentre Alexandre, come tutti, marciava senza fatica.
   Voleva aiutarlo, magari avvicinarlo per parlargli, ma non era possibile; il suo compito era quello di sorvegliare e mantenere la sicurezza dei compagni.
   Ripensava spesso alle visioni di Ice, ai due mesi interi di malattia, alla morte di quella fanciulla, sepolta nella terra di Gaubert con un rituale velocissimo che di certo non gli competeva, e ai colpi possenti, fuori dal comune, infertigli durante l’iniziazione.
   Aveva deciso di accogliere quel giovane perché credeva in lui, lo aveva visto aggirarsi per le strade come un segugio, sicuro di se e di cosa voleva, ed era raro trovare un ragazzo del genere di quei tempi. Somigliava al suo vecchio allievo, un vero asso con la spada, solo che Ice con molta probabilità si stava avviando a diventare presto il suo più grande nemico…
   Perché aveva ucciso Jenevieve? Doveva scoprirlo.
 
 
 
 
   Angeline, al settimo cielo, scoppiò ben presto in un sonno profondissimo, ansiosa di lasciare la città, felice nel poter rivedere Ice; Philip invece, non riusciva a chiudere occhio.
   Fissava il camino quasi spento, alla finestra la luna, nel letto il soffitto; sapeva bene che l’indomani sarebbe stato duro, non tanto per il viaggio quanto per le conseguenze…
   Gli era stato fatto promettere di proteggere Angy, non di portarla nella battaglia, e di lì a poche ore il patto stipulato qualche anno prima stava per essere infranto.
   Aveva provato tutta la serata a dissuaderla, ma con scarso successo; per qualche ragione a lui sconosciuta voleva lasciare la città e incontrare nuovamente quel giovane…
   Se non avesse avuto legami con la sua bella, lo avrebbe sbattuto in terra e riempito di botte; non sopportava la sua faccia e l’idea che fosse stato salvato da lui lo disgustava.
   Non era una cosa personale, solo, non lo reggeva.
   La notte fece velocemente spazio all’alba e quando finalmente Angeline sbatté le palpebre ancora semiaddormentate, capì subito che quella sarebbe stata una giornata interessante.
   Philip era fuori l’uscio a preparare il vecchio carretto sgangherato del fienile, aveva riparato i raggi di una delle ruote e vi aveva allacciato un cavallo, prontissimo per il viaggio.
   Ma non era il loro, quello che lei conosceva era stato preso da Ice, questo era bianco, robusto, un vero purosangue.
   « Dove lo avete preso? ». Disse confusa la ragazza al biondo che nemmeno l’aveva degnata d’uno sguardo.
   Forse era infuriato, pensò lei.
   « Ho riscosso un favore da quel contadino, come si chiama, Edouard, ma non l’ho trovato, la fattoria è disabitata, in ogni caso ho preso questo gioiello… vi piace? ».
   Philip sapeva bene perché era disabitata… avrebbe preferito non saperlo ma non dipendeva da lui…
   Quasi tutte le terre erano state abbandonate.
   Tutti erano fuggiti.
   « È bellissimo…».
   Ultimati i preparativi, dato da mangiare al purosangue e accorti di non essere seguiti, Philip diresse il calesse verso il fittissimo bosco ad ovest, seguendo un sentiero isolato, forse lo stesso che poche ore prima aveva intrapreso Ice.
   Prima o poi lo avrebbe incontrato…
   
 
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