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Autore: ArwenDurin    03/01/2021    1 recensioni
Hannigram 13 anni, che si incontrano all'orfanotrofio dove stette Hannibal nel canone
Hannigram più soft per via dell'età (per quanto essendo gli Hannigram qualcosina di sanguinolento ci sarà XD) e perché in parte ispirato ai Patrochilles della Canzone di Achille, da cui il titolo, il resto del rapporto tra Hannibal e Will è ispirato...A Hannibal e Will XD
Dal racconto:"Poggiò una mano sul vetro, di riflesso Hannibal fece lo stesso al suo lato: connessi su una linea parallela senza toccarsi, uno specchio che rifletteva i volti di entrambi distorti dalle goccioline di pioggia, ma così riconoscibili l’uno per l’altro."
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Hannibal Lecter, Will Graham
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pioveva da due giorni, e l’intensità era aumentata tanto che le gocce picchiavano i vetri con ferocia mentre i fulmini in lontananza, illuminavano il terreno con i lampi e il loro forte boato. Hannibal la osservava dalla finestra tonda nella stanza segreta, insonne e con gli occhi spenti, illuminati soltanto dai fulmini nella notte, vedeva poco o nulla da quella piccola apertura, come il terreno scuro e il cielo nero nel pieno del temporale ma nient’altro, nessun albero, nessun fiore…come se fosse isolato dal mondo intero. Era stato tentato di aprire la finestra e fare entrare quella pioggia che con tanta irruenza e forza, si abbatteva su di loro ma questo voleva dire che la stanza segreta sarebbe stata scoperta, e non sarebbe più esistito un angolo ancora impregnato del passato in quel castello.
Hannibal poggiò la fronte sul vetro ed esso si appannò sotto il suo respiro, non si sentiva così da diverso tempo, e poté vedersi da bambino stringersi le ginocchia al petto rannicchiato in un angolo, la prima volta che giunse di nuovo quella che più non era la sua dimora.
Era piccolo allora, eppure la consapevolezza che sarebbe stato solo era già un idea, la solitudine assordante che si prova nell’essere emarginati nella propria testa, e si era abituato a quel pensiero finché non trovò un amico, l’unico e solo che non era con lui da quando era iniziata la tempesta.
 

Nell’aria c’era l’afa tipica prima della pioggia, Hannibal era seduto a terra in biblioteca con le gambe di Will sopra le sue mentre studiavano, al riparo dall’imminente tempesta, e tutto era quieto… eppure sentiva una sensazione quella mattina, così pungente alla punta dello stomaco che gli impedì persino di fare colazione.
All’amico aveva detto che era soltanto nausea, perché nemmeno lui sapeva spiegarsi il perché, quand’ecco che dei passi si avvicinarono a loro, frettolosi e pesanti, che non potevano appartenere a un altro ragazzo della loro età.
Hannibal alzò il capo dal libro vedendo un ragazzo più grande avvicinarsi a loro, e Will tolse all’immediata le gambe dalle sue.
I loro occhi si incontrarono.
«Non sarà per la storia della tua evasione.»
Un mezzo sorriso aveva preso il suo volto, ma l’angolo della sua bocca tremò leggermente.
“Ti preoccupi troppo, non penso che centri questo.”
Era stata un’idea di Petrov ma all’insaputa del direttore, così non poteva di certo riferire della “fuga” di Lecter da un luogo apparentemente chiuso, Hannibal aveva ricoperto la botola, mettendoci sopra alcune cianfrusaglie presenti nella cella e rendendo il luogo accessibile soltanto a lui e Will. A parte qualche occhiata da Petrov non ci furono altre conseguenze, dunque il giovane Lecter attese con attenzione che il ragazzo più grande si fece avanti.
«Hannibal Lecter, la tua presenza è richiesta dal direttore…subito!»
Non aveva la stessa autorità né stazza di Petrov, ma anch’egli non fu gentile nei modi. Hannibal incrociò lo sguardo confuso di Will, mentre se ne andava seguendo quel ragazzo.

 
Uscendo dall’ufficio del direttore aveva iniziato a piovere, e sul momento provò felicità nel sapere che un suo parente era ancora vivo e che lo voleva, per quanto non in linea diretta, visto che si trattava della moglie di suo zio; lei sarebbe arrivata il giorno dopo e l’avrebbe portato con sé in Francia.
Hannibal aveva sempre provato interesse per l’Europa libera occidentale, non soltanto per le origini di sua madre, ma anche per l’arte e la cultura lì presenti dunque sul momento e seguendo la logica, prese la notizia positivamente. Soltanto quando si avviò verso Will per informarlo, nei passi che percorse all’ufficio alla biblioteca, scorse l’altro lato della medaglia, sentendo le sue emozioni in modo diverso. Un fulmine aveva squarciato il cielo quando raggiunse l’amico comunicandogli la notizia, gli aveva sorriso e sapeva che non mentiva nell’essere felice per lui, ma quel sorriso non aveva raggiunto i suoi occhi.
Da quelle ore in poi, per due giorni, Will si era tenuto distante, non si era voltato verso di lui nemmeno una volta a lezione, e nella notte i suoi occhi non lo incontravano. Hannibal sempre di più sentiva quella sensazione di solitudine avvolgerlo, stringerlo, e sconvolgerlo in tale modo da non farlo dormire, si alzava e si dirigeva lì nella stanza segreta, suonando Chopin e zittendo la mente soltanto con note e musica.
Sapeva cosa Will stava cercando di fare: creare una nuova abitudine, una realtà dove non sarebbero stati assieme e lui lo capiva, da un lato persino appoggiava la sua scelta, ma non aveva calcolato il dolore che ne sarebbe scaturito. Quando fece la valigia quel pomeriggio, consapevole che sarebbe stato l’ultimo, era in stanza da solo e vedere il letto vuoto di Will gli inumidì gli occhi.
Hannibal sospirò e con la mano cancellò l’opacità del vetro e allora vide nel riflesso una sagoma dietro di lui, il suo cuore ebbe un sussulto e si voltò.
“Ciao Will.”
«Ciao.»
Vagò con lo sguardo nella stanza disperso in qualche pensiero e poi prese a camminare.
«Pensavo che ti avrei invidiato, poter uscire da questo posto e vedere il mondo, addirittura un nuovo paese! Ma ho scoperto di non provarne.»
Gli rivolse un’occhiata ed Hannibal deglutì, rimanendo immobile e attento, mentre Will si fermò vicino al pianoforte sfiorandolo con una calma che non gli apparteneva.
«Ho trovato qualcosa di bello in questo castello, ma domani cambierà e bisogna accettarlo.»
Tirò un sospiro e chiuse gli occhi un istante, un attimo nel quale il giovane Lecter poté sentire il masso di emozioni che gravava sulle sue spalle fino a ferirlo, perché entrambi avrebbero sanguinato.
Fece qualche passo verso di lui e l’amico lo guardò, le sopracciglia che tremavano, le occhiaie a delineare il volto stanco quanto il suo.
“Avrai sempre questa stanza e la grotta, ci saranno sempre questi posti.”
«Non avranno più importanza da domani.»
Si stoppò improvvisamente, come se avesse interrotto il fiume delle emozioni che scorreva in lui e gli voltò le spalle, distanziandosi dal piano e da lui. Hannibal si sentì soffocare, e tirò un grosso sospiro trattenendosi dal voltarlo, abbracciarlo, e stringerlo a sé per non lasciarlo mai più andare perché sapeva che l’altro non avrebbe voluto.
Passò qualche secondo prima che l’amico scuotesse il capo, e producesse una risatina stizzita voltandosi verso di lui.
«Che cosa avrà importanza, d’ora in poi? La verità è che siamo tutti soli, ed è meglio capirlo in tempi brevi, ti ricordi? Me lo dicesti…e così sia.»
“Will ,tu non lo…”
«Hannibal per favore, non cercare di confortarmi, consolarmi o qualsiasi stronzata tu abbia in mente. Non farlo.»
Will lo interruppe così bruscamente che obbedì e si fermò, mentre l’amico si avvicinava di nuovo al piano.
«Vuoi suonare per me?»
Non era propriamente una domanda ed Hannibal lo raggiunse, non riusciva a resistere ai suoi desideri e si rese conto in quel momento, di quanto potere avesse su di lui. Si sedette sulla panca e pigiò qualche tasto, le mani di Will si poggiarono sulle sue spalle e lui chiuse gli occhi per quel secondo che rimasero lì, iniziando poi a suonare, l’amico si distanziò ma sentì il suo sguardo addosso, e il suo respiro abbandonarsi alla musica.
Passarono qualche istanti di note e silenzi prima che Will si sedette vicino a lui, le loro spalle furono a contatto e un brivido attraversò Hannibal, dopo quei giorni e quelle ore così distanti. Improvvisamente aprì gli occhi, e dovette fermarsi quando vide le membra dell’amico irrigidirsi e sentì lo sguardo incatenato su di lui, alzò lo sguardo al suo e incontrò occhi lucidi ad accoglierlo. Entrambi i loro sguardi brillavano dalle troppe emozioni presenti e pressanti che non potevano o volevano esprimere, Hannibal si sporse leggermente verso di lui e carezzò il naso con il suo.
 
Sentì un peso caldo nelle sue gambe mentre il sole dell’alba colpiva i suoi occhi, la superficie dura a cui era appoggiato non era il suo letto e c’era silenzio, nessun ragazzo che mugugnava e nessuno che veniva a svegliarli, era troppo presto…eppure c’era qualcosa di diverso. Aprì gli occhi sbattendoli leggermente e si accorse che non era stato tutto un sogno, quando trovò una testa riccioluta addormentata sulle sue cosce.
Hannibal sorrise e con delicatezza, carezzò quei morbidi capelli scompigliati, avevano deciso di ritornare nella stanza segreta in tarda notte e di rimanere svegli il più possibile, si erano seduti sotto la finestra vicini, a volte dialogando e a volte rimanendo in silenzio ma alla fine il sonno aveva vinto.
Impresse ogni dettaglio di quel momento: il respiro caldo dell’altro che sentiva attraverso i pantaloni, le ciglia che si muovevano leggermente, e la morbidezza dei suoi ricci tra le dita. Imprigionò quel momento insieme agli altri passati con lui, nel suo palazzo della memoria dove l’avrebbe sempre trovato, ed ecco di nuovo quella fitta al cuore al pensare che tutto questo sarebbe stato un ricordo.
Will aprì gli occhi, li sbatté per svegliarsi ulteriormente e incontrò i suoi, dapprima ci fu del rilassamento ed un verso d’approvazione unito ad un movimento della testa, nel sentire la mano di Hannibal accarezzargli i capelli. Poi ci fu la realizzazione, e cosa stava per succedere, e i suoi occhi mutarono espressione, si divincolò da lui e da quel momento il più velocemente possibile.
Hannibal si alzò prontamente, avvicinandosi ancora a lui, l’amico si leccò le labbra evitando il suo sguardo per un po’ e l’aria si fece pesante, era uno dei pochi silenzi imbarazzanti che stavano sperimentando e per quanto Lecter sapeva cosa stava pensando e provando, sentirlo così distante e fu come un fulmine a ciel sereno.
Finalmente dopo svariati minuti, il giovane Graham lo guardò.
“Non ci siamo mai nascosti nulla, parlami, dimmi come ti senti.”
L’amico accennò un sorrisetto e incrociò le braccia al petto.
«Lo sai come mi sento…ma non ha importanza, non si può cambiare il fatto che,» Si stoppò incontrando il suo sguardo e deglutì, Hannibal lo incitò con il cenno del capo, sapendo che si era bloccato perché l’empatia gli aveva detto di farlo.
«Che tu mi stai abbandonando.»
Will sciolse le braccia che penzolarono nei fianchi, si morse il labbro e non riuscì a proseguire, mentre Hannibal si avvicinò a lui così tanto che le dita delle loro mani si sfiorarono.
“Vorrei portarti con me, mi piacerebbe mostrarti la Francia Will, così piena d’arte, monumenti e segreti.”
Il giovane Graham aprì la bocca ma non riuscì ad emettere alcun suono.
“Vorrei girare con te ogni strada e cunicolo della città, portarti a Parigi e sederci sul Pont Neuf, mentre il fiume Senna scorre sotto i nostri piedi.”
«Hannibal, ti prego.»
Gli occhi di Will luccicavano quanto i suoi, pieni del dolore di ciò che non avrebbero mai condiviso, Hannibal poggiò la fronte contro la sua e portò le mani a circondargli il viso, l’altro sospirò chiudendo gli occhi tremanti per qualche istante. Quando li riaprì erano così vivi nelle mille sfumature dell’azzurro e del blu, che Hannibal ci si perse dentro senza più possibilità di ritorno, e in effetti non voleva farlo.
Nella vicinanza di quel momento e respiro condiviso, Will assunse uno sguardo diverso, che l’altro riconobbe e che prese come un invito di ciò che anche lui desiderava, così scorse gli occhi nel suo viso fermandosi infine sulle sue labbra, e si sporse verso esse.
Will le socchiuse, lo accolse in un piccolo e tenero sfiorarsi e toccarsi di labbra, e Hannibal sentì come dei fuochi d’artificio esplodergli nel petto, così tante emozioni che si mescolavano in lui e vorticavano nel suo sangue e nella sua anima, che erano troppe da catalogare e presero soltanto un nome nella sua mente: Will Graham.
Improvvisamente, l’altro si staccò da lui e si distanziò di qualche passò, le sopracciglia che tremavano, il volto contorto in un espressione di rabbia.
«Cosa stai facendo?» Sussurrò con grinta, non seppe se verso di lui, se stesso, o per entrambi.
Hannibal trasse un sospiro, era durato tutto così poco che il suo corpo bramava ardentemente ciò che stavano condividendo qualche secondo prima.
“Avevi quello sguardo, quello che mi rivolgesti quella sera nella grotta.”
Un cipiglio di stupore prese il suo volto ma durò un secondo appena.
“Tu…”
Non fece in tempo a terminare la frase che Will gli fu addosso, con un impeto tale che lo fece barcollare leggermente, lo strinse forte ricambiando quel bacio con la stessa brama dell’altro.
Era assai diverso da poco prima: c’era passione, disperazione, bisogno, e fame. Si abbracciarono stretti e poi si accarezzarono con le mani ovunque, dai capelli, al collo, alla vita, al volto.
In quel momento non c’era innocenza, remore, o paure ma soltanto due anime aggrappate alla passione che non volevano più lasciarsi andare.
Fu il bisogno d’aria a farli separare, ma rimasero per un po’ attaccati e avvinghiati l’uno tra le braccia dell’altro, prima che Will cambiò il suo sguardo in occhi tinti di disperazione e desiderio, e lo spinse via, distanziandosi da lui.
«Basta, basta!» Scosse la testa ripetutamente, ridendo con ferocia e rabbia.
«Vuoi proprio che non mi dimentico di te, vero? Non puoi nemmeno immaginare la mia esistenza senza che non ci sia la tua presenza, anche se fatta di ricordi!»
Lo guardò e dentro di sé provò orgoglio per quel ragazzo così intelligente, perché aveva ragione, era un assiduo e opprimente desiderio di possesso, perché per quanto sarebbero stati divisi fisicamente, non sarebbero potuti mai esserlo nella mente e nell’anima: Will gli apparteneva, così come lui gli apparteneva.
“Tu e io sanguiniamo nello stesso modo, abbiamo le stesse cicatrici.”
Il giovane Graham sorrise amaramente e scosse il capo.
«Non dovrebbe essere così, nessuno avrebbe reagito così»
“Noi non siamo come gli altri, Will. Il nostro rapporto è unico.”
Delle lacrime presero posto negli occhi dell’amico, che abbassò lo sguardo non volendo versare nemmeno una goccia.
«È proprio questo il problema.» Fu un sussurro cupo il suo, prima che gli voltasse le spalle, incamminandosi verso l’uscita dalla stanza. Vederlo distanziarsi e porre fine al loro momento, fece scattare il cuore di Hannibal che prese a battere velocemente e i suoi occhi umidi, piansero lacrime che non si era accorto di trattenere.
«Will.»
La sua voce risuonò roca e graffiante, dopo così tanto tempo che non veniva usata ma limpida nella sua richiesta. Will si fermò ma non si voltò verso di lui, vide le sue spalle tremare e sentì il respiro dell’amico fermarsi nella sua gola.
«Potrei odiarti per questo.»
Aveva una punta di sarcasmo quella frase ma non durò, poiché tremante dal pianto che Will non gli avrebbe mai mostrato… ma non avevano più tempo, lo sapevano entrambi. Dovevano raggiungere la loro stanza prima che qualcuno si accorgesse della loro assenza, così con passi lenti come se stessero camminando con dei mattoni ai piedi, si diressero verso l’uscita della stanza.


Angolo Autrice: Ciao a tutti 4 gattini! Oggi andiamo sull'angst i'm sorry, 
Piccolini lorooo🤧
Comunque lo vedete quel bacio? Intendo il secondo bacio? Ecco, non ci doveva essere XD in realtà non doveva essercene nessuno ma poi dallo sfioramento di labbra, è nato quel vortice di passione
che gli Hannigram 15 enni hanno propriamente chiesto XD e quindi essendo la volontà dei personaggi sacra, ho dovuto metterlo XD

Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà😊

 
   
 
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