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Autore: parsefeni    04/01/2021    12 recensioni
"...non si poteva dire che Sirius non amasse suo fratello. Gli era incomprensibile, piuttosto, il modo in cui aveva lasciato che le idee della loro famiglia gli si insinuassero tra i pensieri fino a divorare ogni brandello di volontà propria e consapevolezza.
Ogni tentativo di farlo ragionare era stato totalmente inutile: Regulus era impenetrabile quanto le mura di un castello che lui stesso aveva costruito con una cura maniacale.
«Puoi essere più di questo», aveva sussurrato Sirius quando un giorno l’aveva sorpreso a fissare con ammirazione Bellatrix e suo marito.
Regulus non aveva distolto lo sguardo; si era limitato ad arricciare le labbra in un sorriso che non aveva davvero niente di gioioso.
«Anche tu», fu la sua risposta atona e carica di un’indifferenza che colpiva più di un pugno in pieno petto."
-Storia partecipante al contest “A Farewell to…Contest” indetto da CatherineC94 sul forum di EFP-
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'The Marauders' Tale'
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"Le coltri umide di novembre
Mi seppelliscono per sempre
Il tempo mi sfila tra le dita
La terra ruota sulle mie orbite
Dov’è quel tenue sorriso
Che cominciò un giorno di maggio
Se non sulla bocca dei morti
Malgrado la pena dei vivi"

Paul Eluard
 
 
 
 (Re)born in November
 
 
Novembre era, in assoluto, il mese che Sirius tollerava meno.
I motivi erano vari e disparati: primo fra tutti, Halloween era appena passato e chiunque lo conoscesse sapeva quanto amasse quella festa.
In secondo luogo, novembre aveva già il sapore di Natale e non c’era davvero bisogno di chiedersi perché Sirius lo detestasse.
In ultimo, ma non per importanza, novembre era letteralmente il mese dedicato a suo fratello: tutti ormai erano a conoscenza del fatto che il fine settimana del 15 novembre un rappresentante della famiglia Black sarebbe venuto a prendere Sirius e Regulus ad Hogwarts per portarli a Grimmauld Place.
Per festeggiare il nostro piccolo re”, diceva sua madre con un’aria ridicolmente orgogliosa mentre Sirius tratteneva i conati e la voglia di urlare.
Ciò nonostante, non si poteva dire che Sirius non amasse suo fratello. Gli era incomprensibile, piuttosto, il modo in cui aveva lasciato che le idee della loro famiglia gli si insinuassero tra i pensieri fino a divorare ogni brandello di volontà propria e consapevolezza.
Ogni tentativo di farlo ragionare era stato totalmente inutile: Regulus era impenetrabile quanto le mura di un castello che lui stesso aveva costruito con una cura maniacale.
«Puoi essere più di questo», aveva sussurrato Sirius quando un giorno l’aveva sorpreso a fissare con ammirazione Bellatrix e suo marito.
Regulus non aveva distolto lo sguardo; si era limitato ad arricciare le labbra in un sorriso che non aveva davvero niente di gioioso.
«Anche tu», fu la sua risposta atona e carica di un’indifferenza che colpiva più di un pugno in pieno petto.
 
         A soli quattordici anni, Regulus non aveva niente da invidiare ad un mago adulto. Aveva il fascino tipico dei Black, con quei ricci scuri e le iridi dello stesso colore del ghiaccio cristallino che si forma sulle foglie in pieno inverno. Il suo sguardo sembrava perennemente annoiato, non si riusciva mai a sorprenderlo; sorrideva poco, ma quando lo faceva non c’era una sola anima nella stanza che non se ne accorgesse.
Era silenzioso, misterioso, incurante di qualsiasi cosa che non fossero le proprie ambizioni.
Persino in quella casa cupa, sfondo della loro infanzia, Regulus manteneva l’aura divina che sua madre amava accentuare. Sembrava brillare di luce propria, inondava senza alcuno sforzo le pareti del grande soggiorno con una potenza degna della costellazione di cui portava il nome.
«Kreacher», biascicò Sirius distrattamente, con le dita che cercavano di sistemare al meglio un insieme di fotografie in una scatola di un azzurro brillante.
Un sonoro crack precedette l’arrivo dell’elfo domestico nella stanza del suo padrone; si inchinò con un’espressione corrucciata che ormai Sirius aveva imparato ad ignorare. Non era l’unico a guardarlo in quel modo, in quella casa.
«Ho bisogno di un fiocco, scegli tu il colore», disse sentendosi un idiota. L’idea del regalo, ovviamente, glie l’aveva data James.
Se fosse dipeso da lui, suo fratello avrebbe ricevuto una pacca sulla spalla e tanti cari saluti, ma i suoi amici erano in grado di leggerlo meglio di chiunque altro, compreso sé stesso.
 
«Ti pentirai di non averci provato», gli aveva detto Remus una sera mentre tornavano alla Sala Comune, qualche giorno prima della partenza. Lo sguardo confuso che ricevette in risposta lo costrinse ad indicare un punto impreciso del petto di Sirius dove, Remus lo sapeva, penzolava indisturbato il ciondolo che i fratelli Black avevano ricevuto in dono alla nascita, ben nascosto sotto la camicia bianca della divisa. «Ti pentirai di non aver cercato un modo per salvare tuo fratello».
James grugnì accanto a lui, la faccia ancora sporca di fango dopo un allenamento di Quidditch sotto la pioggia battente. Di tanto in tanto tremava, con i capelli bagnati incollati alla fronte e la divisa completamente zuppa tra le mani; sembrava un groviglio di spazzatura che grondava acqua e fango ad ogni passo, tanto da costringerlo a guardarsi intorno per essere sicuro che Gazza non sbucasse da dietro un arazzo per ucciderlo.
«Remus ha ragione», sbottò storcendo il naso. «Ma resta un idiota. Voglio dire, nessuno che valga qualcosa si lascerebbe mai convincere dalle idee folli di quello psicopatico». Sirius voltò la testa verso di lui e James ricambiò l’occhiata. «Senza offesa per i tre quarti della tua famiglia, Black», Sirius si strinse nelle spalle.
«Non sei oggettivo, James», mormorò Peter con un’alzata di spalle e Remus annuì indicando l’amico.
«La verità è che non lo sopporti perché è l’unico in grado di batterti a Quidditch».
Un attimo di silenzio precedette la fragorosa risata che scaturì dalle labbra di Sirius mentre James avvampava in evidente imbarazzo.
«Non- non è vero! Insomma, certo, è bravo, ma voglio dire…».
La risata di Sirius si fece più intensa, tanto da costringerlo a piegarsi su sé stesso con le mani a reggere lo stomaco.
«Per Morgana, Prongs, stai per farti soffiare il titolo di miglior Cercatore dal principino di casa Black».
Fu un attimo: la divisa di James, frettolosamente appallottolata, colpì in pieno il volto di Sirius prima di scivolare a terra con uno schiocco che rimbombò nel corridoio improvvisamente silenzioso.
James stava combattendo tra la voglia di ridere e l’istinto di sopravvivenza, Sirius aveva l’espressione di un cane da caccia che ha puntato la preda.
«Ti ammazzo», sussurrò tra i denti prima di lanciarsi all’inseguimento dell’amico che aveva sapientemente iniziato a correre.
Peter fece appena in tempo a guardare il lupo mannaro prima che un’altra voce, quella di gazza, facesse scappare anche loro dopo aver recuperato la divisa incriminata.
«BLACK, POTTER!»
Si udì una risata in lontananza, Remus trascinò gli amici in un’aula vuota dove intimò a tutti con lo sguardo di rimanere in silenzio. Era incredibile come l’amico riuscisse a mettere in riga James e Sirius con una semplice occhiata.
Sentirono passare il custode fuori dall’aula, aspettarono che si allontanasse e si guardarono negli occhi tutti e quattro.
Il primo a ridere fu James, seguito a ruota dagli altri.
«D’accordo, lo ammetto. Odio perdere a Quidditch», ammise in fine. «Ma Remus ha davvero ragione, è tuo fratello».
Sirius si sedette su uno dei banchi di legno con un sospiro affranto e si passò la mano tra i capelli lunghi. «Che devo fare?».
Gli occhi color nocciola di James lampeggiarono dietro gli occhiali tondi mentre un sorriso gli incurvava le labbra. «Che ne dici di un regalo di compleanno?».
 
Kreacher tornò qualche attimo dopo con un enorme fiocco blu scuro che completò l’opera di Sirius. La fissò poco convinto prima di alzare lo sguardo sull’elfo.
«A che ora è la cena per il compleanno di Regulus, stasera?», chiese rassegnato all’idea di rivedere tutti i parenti che poco sopportava. Kreacher scosse la testa, come se Sirius fosse uno spreco di ossigeno a cui era formalmente obbligato a rispondere.
«Non ci sarà la cena, padroncino Sirius», disse l’elfo con l’aria di chi avrebbe preferito tagliarsi un braccio piuttosto che chiamarlo padrone. «Padron Regulus è stato invitato a festeggiare il compleanno con vostra cugina».
Il pacco cadde dalle mani di Sirius con un tonfo sordo che fece sobbalzare Kreacher per lo spavento. Gli rivolse un inchino carico di disgusto prima di sparire per lasciarlo con i suoi pensieri.
«Cosa…?», mormorò a sé stesso prima di fiondarsi giù per le scale col cuore in gola.
«Madre», chiamò per casa, cercandola nelle ampie sale della casa che di colpo sembravano soffocarlo. «MADRE!».
Walburga lo raggiunse alle spalle insieme a Regulus, silenziosa e con il disappunto in volto sempre pronto ad emergere quando era costretta a ricordare a sé stessa di avere due figli.
«Sirius, modera i toni immediatamente. Sei una disgrazia».
La mano di Sirius scattò come se stesse scacciando una mosca piuttosto fastidiosa prima di spostare lo sguardo sul più piccolo di casa Black. «Risparmiami le ramanzine. Perché diamine stasera non festeggiamo il tuo compleanno?».
Le labbra di Walburga di strinsero di fronte alla sfacciataggine del figlio, ma era evidente che non vedesse l’ora di snocciolare l’ennesima storia sul suo piccolo erede.
«Tuo fratello sarà a cena con tua cugina Bellatrix e suo marito, Rodolphus», iniziò facendo qualche passo avanti. «Potrebbe essere una serata davvero importante per lui. Se tutto va bene, forse sarà in grado di conoscere l’Oscuro Signore».
L’orgoglio nella voce di sua madre fece rabbrividire Sirius dalla testa ai piedi. Erano tutti consapevoli del fatto che Bellatrix si fosse unita ai Mangiamorte insieme a suo marito, eppure lui sembrava essere l’unico a cui la sola idea faceva incredibilmente ribrezzo.
«Se tutto va bene?», chiese con voce strozzata. «Vuoi che Regulus diventi un assassino? Vuoi che diventi un idiota qualunque che si rovina la vita per un povero pazzo?».
Il rumore dello schiaffo sulla guancia di Sirius arrivò prima del dolore. Avvertì la testa spostarsi brutalmente di lato, i capelli solleticargli la pelle che pian piano iniziava prima a formicolare e poi a bruciare terribilmente.
«Non ti permettere», iniziò la donna con la collera negli occhi. «Non osare parlare così dell’Oscuro Signore, né di tuo fratello».
Sirius non la guardava, fissava il ragazzo dietro di lei che non si era scomposto minimamente di fronte a quell’immagine.
«Non puoi farlo», mormorò in preda al panico, ignorando la donna che lo sovrastava.
«È stata sua, la scelta». La donna sorrise freddamente prima di voltargli le spalle. «La sua ambizione è unirsi alla causa del Signore Oscuro ed un giorno ci riuscirà, ne sono certa. Lui, a differenza tua, sa da che parte stare. Sa che questa è la via che lo condurrà alla grandezza a cui è destinato».
Ci fu una pausa in cui l’unico rumore erano il respiro affannato di Sirius ed il ticchettio dell’orologio che sembrava contare un tempo che si era fermato.
«L’unica cosa a cui è destinato è una morte atroce», sbottò il ragazzo incastrando le iridi in quelle identiche di suo fratello. «Siete dei completi idioti!», urlò poi contro la donna, troppo scioccata per ribattere. «Siete una massa di pecore che seguono un pastore che non conosce la strada. Ridicoli, ecco cosa siete, e tu…», fece una pausa e scosse la testa con la gola che bruciava e gli occhi tanto sgranati da fargli male. «Tu sei una pallida imitazione di quello che le persone chiamano “madre”. Sei così presa dall’onore, dalle apparenze, dal bisogno spasmodico di mantenere la tua reputazione di merda da non vedere che stai mandando tuo figlio a morire in nome di un ideale di cui non sa assolutamente nulla!».
Le mani di Walburga tremavano tanto da impedirle di compiere un qualsiasi gesto. Riuscì a sillabare poche parole che somigliavano ad un “non osare”.
Quella fu la fine di tutto.
Sirius scosse la testa incredulo e sputò la frase che sancì la fine della sua appartenenza alla nobile casata dei Black.
«Oso. Mi fate schifo. Non voglio avere più niente a che fare con questa famiglia».
Non distinse mai le parole tra le urla di sua madre.
Prese al volo la bacchetta ed uscì di casa con nient’altro che la consapevolezza di essere solo, ma finalmente libero.
Grimmauld Place sembrava improvvisamente estranea alle sue spalle e Sirius respirò a fondo l’aria di quella sera che gli stava dando il benvenuto in un mondo che non lo considerava un errore. Il cuore gli batteva all’impazzata ma si rese conto di non essersi mai sentito meglio.
Guardò per l’ultima volta l’edificio di mattoni che l’aveva visto crescere e l’occhio cadde sulla finestra del soggiorno.
Regulus lo fissava dietro la larga vetrata, teneva tra le mani il suo regalo: una scatola colma di foto che li ritraeva piccoli, quando Sirius non era ancora un disonore; era solo l’eroe di suo fratello.
 
“Non ho la pretesa di essere ancora il protagonista delle tue storie preferite, ma so di essere l’unico a sapere quanto vali. Qualunque cosa accada, so che farai la scelta giusta. Buon compleanno, fratello. S”
 
Poche parole scritte su un bigliettino che Regulus stringeva saldamente tra le dita sottili.
Non mosse un muscolo e Sirius capì che era un addio; voltò le spalle a tutto ciò che era stato, lasciando che fosse seppellito sotto la neve che quel mese tanto odiato gli stava donando.
Si incamminò verso l’ignoto con il buio della sera a cullarlo conscio che sua madre, in preda alla furia ceca, aveva appena bruciato il suo nome sull’arazzo di una famiglia a cui non era appartenuto mai davvero.
Di colpo, novembre era il mese che Sirius amava di più.
 
 
- - -
 Note: Non so se novembre sia, effettivamente, il mese in cui è nato Regulus. Ho cercato su internet ed ho trovato quattro diverse fonti che riportavano tre date diverse ed un "non conosciuta". Mi sono quindi presa la libertà di considerare la nascita di Regulus una licenza poetica. Se siete a conoscenza di fonti certe, per favore, fatemelo sapere perché sono curiosa!
 
Eccomi qui, dopo un periodo in cui ho pensato che non sarei più stata in grado di finire una storia. 
Voglio ringraziare Catherine94 per aver indetto il concorso e per avermi dato modo
di provare a me stessa che potevo uscire da questo guscio. 
Dedico questa storia (anche se non è il meglio che posso fare) a Chris e Ilaria,
inevitabili spettatrici della mia caduta e della mia rinascita, sempre pronte a sclerare con me.


Alla prossima!
Ella
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
   
 
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