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Autore: 7kannibalk7    04/01/2021    1 recensioni
Lasciami degradare così. Sarò sempre qui?
Me ne andrò con la consapevolezza di aver realizzato un sogno.
Lascerai che io sia sempre qui?
Sarò la tua dolce iniezione, flebile e marcescente.
Gli anni ottanta mi divorarono, gli anni novanta mi buttarono giù, ma solo lui poteva uccidermi.
Genere: Drammatico, Noir, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 2
UNA TAZZA DI TE'

 

 

 

Non riesco a sentirti… A vederti. 
Qual è il tuo peccato? – scomparve. 
Dove sei? La tua voce… Cosa?  freddo. 


“Ritornerà il dolore”. 

 “Ma…” – mi svegliai frastornata da un sogno poco chiaro - ritornerà il dolore…?”. 
Man mano che la mia coscienza si risvegliava, ricordai di aver sognato Dave, ma non riuscivo a vederlo, né a sentirlo, fin quando all’ultimo udì delle parole. “Ritornerà il dolore”.  

 “Ma che diavolo…” – mi alzai dal letto, un forte mal di testa mi colpì in un attimo. Iniziai a forzare la mia mente per ricordare cosa fosse successo la sera precedente, perché francamente parlando non ricordavo nulla della parte finale della serata. Sarà stato l’alcool pensai. Ma come diamine ero ritornata a casa? Dubitai di aver preso la metro o un taxi. “Dio, che faccia di merda!” , esclamai alla visione del mio riflesso nello specchio. Avevo proprio l’aspetto di una persona sbronza! Lavai il viso e mi guardai per bene, mi accorsi di avere un ematoma sul braccio destro; Lo toccai ma non fu una grande mossa Ouch!”. 
Decisi di chiamare Tom, andai in salone e presi di scatto la cornetta del telefono. 

020 345…” – dissi, mentre componevo il numero – “Dai! Cazzo!”.  

“Pronto?” –  avevo quasi perso le speranze. 

“Tom! Ciao! Ehm… Devo chiederti una co-” – venni interrotta. 

“Claudia! So cosa vuoi sapere, ieri sera dopo la breve esibizione dei Depeche Mode hai bevuto e fumato parecchio! Credo tu abbia sbagliato a chi chiedere di condividere lo spinello, dato che stavi davvero di merda, penso tu abbia involontariamente fumato crack o che ne so! – disse tutto d’un fiato. 

“ COSA!? Ma stai scherzando!?” – persi per un attimo il controllo. 

“Beh, vedi…” – cercò in qualche modo di recuperare la situazione, ma ero davvero fuori di me. 

Ti rendi conto che non ricordo assolutamente NIENTE di ieri sera!?” – dissi furibonda. 

“Lo so! Lo immagino! Ma cosa posso farci io? Mica sono il tuo babysitter!” – si impuntò. 

“Hey! Non ho mai detto questo, però potevi per lo meno dirmi da chi dovevo tenermi a distanza!” 

“Beh, almeno hai trovato il principe azzurro!” – insinuò sarcastico. 

Per un attimo mi si mozzò il respiro. “…Di chi parli?”  sgranai gli occhi. Ah, che mal di testa! 

“Oh Cristo!” – sbuffò – “Si dia il caso che ieri sera oltre ad esserti drogata come unschifosa, abbia scatenato una rissa a casa di Martin!” 

Volevo urlare, ma mi limitai ad ascoltare il suo discorso: “E…?” – dissi prendendo un ampio respiro. 

“Ecco… Sei caduta sul tavolino di legno del salotto, lo hai rotto e ti sei fatta parecchio male al braccio…” –mi guardai il braccio – così dei ragazzacci presenti alla festa iniziarono a prenderti in giro e a dire cose del tipo «guardate che sfigata!», quindi a quel punto volevo difenderti e cercare di risolvere la questione in maniera pacifica, ma ecco..” – prese un attimo di respiro. 

“Cos’altro Tom?...” – chiesi con voce fiacca. 

Dave senza esitare li ha colpiti in faccia!”  spiegò con tono secco. 

“DAVE?” – spalancai le palpebre e per un attimo non ci rimasi secca. 

“Si! Ahahah, dovevi vederlo come gliele dava! 

“TOMMA CHE CAZZO RIDI!?” – strombazzai – “CHE È SUCCESSO DOPO?!?” 

Beh, anche lui le ha prese da parte loro, quindi Martin, Andy e Alan gli hanno dato una mano, anche se sinceramente Martin si limitò a guardare la scena divertito mentre si scolava una bottiglia di vodka e se la rideva. 

“Tom, non fartelo dire di nuovo…” – avevo bisogno che mi raccontasse tutto. 

“Ok, ti dirò tutto senza fermarmi un attimo. All’ultimo le domande!” – affermò – “Mentre pestavano quei quattro sfigati, io andai incontro a te per vedere se stessi bene. Eri svenuta, il colpo e tutte le sostanze che avevi in corpo ti avevamo messo al tappeto. Quindi ti presi e ti portai in camera da letto, per farti distendere e riprendere in una stanza, sicuramente, più tranquilla del salone in quel momento. Presi del ghiaccio dalla cucina e te lo passai dietro la nuca e sui polsi, sai è così che si fa di solito in certe situazioni… Comunque! Nel frattempo sentì dal salone una voce urlare: «non fatevi vedere mai più, stronzi!» ed un attimo dopo entrò Dave, aveva la guancia gonfia dalle botte e dal sangue pesto, era preoccupato in viso, mi chiese come stavi e si avvicinò a te, osservandoti. Gli passai del ghiaccio, qualora ne avesse bisogno, ma fece la sua parte da duro e lo rifiutò, accendendosi l’ennesima sigaretta”. – Tom prese un attimo di respiro, mentre io, dall’altra parte del telefono, non riuscivo a credere alle sue parole. Perché Dave reagì così violentemente? Era davvero necessario? – “Dove ero rimasto… Ecco! Passò poco tempo, qualche minuto e ti risvegliasti. Eri piena di dolori, non facevi che lamentarti per la testa e il braccio. Andy prese un bicchiere d’acqua e lo portò a te. Eravamo rimasti solo noi sei in casa, erano le tre del mattino. Nel giro di dieci minuti eri, quasi, cosciente… Anche se non eri, ovviamente in te. Dicevi così strane, non ricordo di preciso cosa… Facevi ridere parecchio Martin!” – concluse ridacchiando. 

Io…Non ci posso credere!”  esclamai – “mi inviti ad una festa senza darmi alcun tipo di informazione, se non l’indirizzo, arrivo e scopro di essere alla festa di una band abbastanza conosciuta qui in Inghilterra, che io non conosco! E non solo! Mi drogo pesantemente, involontariamente, per poco non mi rompo un braccio e per concludere il cantante, che per inciso è un gran figo, si fa spaccare la faccia per difendermi!...Sto sognando? È uno scherzo?” – conclusi estenuata. 

“Uh! Allora credi Dave sia un gran figo?” – chiese da impertinente quale egli é. 

“Non è questo il punto! Te ne rendi conto di cosa è successo?” – sentì Tom ridere dall’altra parte della cornetta del telefono, quando ad un tratto gli chiesi: “Ma… Come sono tornata a casa?”. 

Cugina cara, questa è la cosa più eccitante di tutta la sera! Il Signor Dave Gahan ti ha riaccompagnato a casa in sella alla sua moto!” – in quel esatto istante sentì passare dei motociclisti sotto casa, quel rumore sbloccò un ricordo della sera precedente nella mia mente. Mi ricordai di essere salita su una moto, di essere passata vicino all’Abbey Road e aver detto qualcosa sui Beatles, ma non riuscivo a visualizzare chi guidava, adesso sapeva che quella figura era Dave. 

Cazzo, è pazzesco…” – sorrisi come un’ingenua. 

“Eh lo è! Sei stata ad una festa di uno dei gruppi più in di Londra e il cantante ha fatto a botte per te, non ringraziarmi mica, eh!” – esclamò scherzoso. 

“Ma, a proposito… Come diavolo li conosci tu?!” – ad un certo punto iniziai a pormi un paio di domande sul tipo di legame che mio cugino avesse con loro. 

“Lo sai, lavoro nel mondo dello spettacolo anch’io, qui le voci girano in fretta. Quattro anni fa ebbi modo di andare a sentire una loro jam session presso la sala prove di un mio amico fonico. Sono tutti impazziti qui grazie alla loro tecnologia del suono… Sono anche dei bravi ragazzi! Ci sono uscito più volte.” – le parole di Tom mi abbindolavano, stavo viaggiando con la mente. – “Claudia, devo proprio chiudere adesso! Il lavoro chiama!”  

“Si, tranquillo! Grazie… Ehm, unultima cosa, cosa posso prendere per far passare la sbornia? . 

“Semplice, bevici su! Ciao!” – attaccò subito dopo. 

 

Ricordo di essere rimasta interdetta sul da farsi per almeno mezz’ora. Non facevo altro che pensare alle parole di Tom, più ci pensavo più il mal di testa incombeva, nello scarso tentativo di poter ricordare qualcosa. Avrei tanto voluto rivedere Dave, per parlargli, saperne di più e… per chiedergli scusa.  Non avevo idea di quello che sarebbe accaduto da lì a poco. Comunque rimuginarci troppo a lungo mi avrebbe distrutto, quindi mi tolsi i vestiti della sera precedente che avevo ancora addosso e decisi di fare un lunga doccia calda.
Mentre l’acqua mi scorreva addosso mi era inevitabile pensare a quei ricordi lucidi che avevo a disposizione. 
Il balcone. Le sigarette. La sua voce. Chiusi il rubinetto, mi asciugai per bene e misi i vestiti a lavare. 

“Ma che…?” – mentre sistemavo i vestiti nella lavatrice, qualcosa uscì fuori dalla tasca della gonna, era un pezzetto di carta piegato in due. Lo aprì. 

 

 «Wilton st 38  4 p.m. x Dave» 

 

 “Non ci posso credere…” – rimasi a guardare quel foglietto di carta incredula, poi scostai lo sguardo alla ricerca di un orologio che potesse aiutarmi a capire che ora fosse. Erano le 3 e mezza del pomeriggio!  “Porca puttana!” – esclamai, iniziando a correre da una parte a l’altra della stanza. 
Ma ad un tratto, presa da un momento di lucidità, pensai di lasciar perdere. Forse presentarmi lì, puntale come un orologio svizzero, avrebbe fatto credere a Dave di avermi in pugno. Dovevo farmi desiderare, pensai. 
“Ma a chi cazzo devo prendere in giro? Su!”  misi un paio di jeans e un maglione nero, degli stivali in pelle e infine sistemai il trucco che ancora avevo addosso dalla sera precedente. Decisi di presentarmi, dovevo chiedergli scusa. 
Per una volta nella vita, evitai il classico comportamento da stronza. 

 

 

 

Arrivai di fronte al suo appartamento alle quattro e dieci
Quel giorno decise di nevicare un po' a Londra, l’atmosfera mi caricò di energie positive. 
Con passo deciso entrai nel vialetto che portava alla porta principale, suonai il campanello. 
Con una mano sistemai i capelli, mentre aspettavo di essere accolta. 
Si aprì la porta, dall’altra parte vi era Dave; aveva un ematoma sulla guancia. 

“Ciao!” – sorrise – “entra”. 

Pensai di aver sfoggiato il sorriso più imbarazzante di sempre, poi esclamai “Ciao!” ed entrai dentro. 

La sua casa era molto accogliente, se pur molto minimale. Le pareti erano color pastello, i mobili di legno mogano. Vi era un odore piacevole, un misto tra sigarette ed incenso. Di sottofondo,  messo ad un volume moderato, David Bowie. 

“Posso offrirti qualcosa da bere?” – chiese, facendo gesto con la mano di voler appendere il mio cappotto. 

“Qualcosa per far calmare il mal di testa, ce l’hai?” – gli porsi il cappotto, mentre con lo sguardo vagavo per scovare curiosi dettagli nella sua dimora. 

“Penso che una tisana possa farti stare meglio” – disse premurosamente, continuando – “accomodati in salotto, arrivo tra due minuti”. 

Annuì e mi accomodai in salotto. 
Moquette beige, carta da parati verde pastello. Mi adagiai su una comoda poltrona di pelle color petrolio, mentre studiavo attentamente l’ambiente circostante. Davanti a me un tavolino basso di vetro, al di sopra di esso qualche rivista e un posacenere con due sigarette fumate a metà. 
Notai il giradischi che suonava “Heroes” di Bowie, mi avvicinai per dargli un’occhiata. 

 

Then we could be heroesjust for one day – canticchiò Dave mentre arrivava in salone con una tazza di tè. 

Mi girai di scatto.  “Scusa, ti ho spaventata?” – disse divertito. 

“No, no… mi hai solo sorpresa” – ribatté la mia voce, mentre mi avvicinavo per poter gustare la tisana. Dave fece segno di sedermi con la mano, allungandola verso il divano. Presi un sorso. 

“Grazie.” – posai la tazza sul tavolino  Penso tu possa immaginare perché sono qui…” 

“Non lo so, dimmelo tu” – chiese impertinente. 

Sta mattina mi sono ritrovata nel mio letto e non avevo idea di come ci fossi finita. Inoltre, guarda…” – mostrai il livido nel braccio, abbassando leggermente la maglia dalla spalla. “So cos’è successo, ho parlato con Tom, mi ha detto tutto ed ecco… volevo chiederti scusa.”  dissi mortificata. 

“Per cosa?” – chiese Dave fingendosi ingenuo. 

“So come te lo sei procurato quel livido sulla guancia… È stata colpa mia!”  scrollai la testa. 

“È ok, non preoccuparti di questo. Meritavano una lezione quegli idioti.” – concluse, accendendosi una sigaretta – “come va con il mal di testa?” – incontrò il mio sguardo, spaesato. 

“Uhm, meglio, grazie.” – ero terribilmente in imbarazzo, ma dovevo sapere altro da Dave.  

“Dave.”  dissi con tono serio e deciso. Alzò le sopracciglia, come segno di interesse in ciò che avevo da dirgli. “Cos’è successo quando mi hai accompagnato a casa? Scusa la domanda, ma… Davvero, non ricordo nulla! Tom insinua che io abbia preso involontariamente qualche droga pesante… Non so che di-“ – la sua risata interruppe il mio disagio. 

“Tranquilla!” –continuò sorridendo – “Siamo saliti in moto, temevo cadessi perché non avevi neanche la forza per tenerti stretta a me… Per non cadere, sai.” – per un attimo suonò quasi imbarazzato. Continuò. 

L’indirizzo di casa tua me lo diede Tom. Arrivati a destinazione, ti presi in braccio, eri collassata di nuovo e dovevo portarti dentro, quindi…” – prese un attimo di respiro. “Cercai le chiavi nella tua borsa e aprì la porta Una volta entrati ti feci distendere sul divano del salotto e cercai il bagno per prendere delle pezze umide, in modo da potertele passare sui tuoi polsi e dietro il collo. Sono stato accanto a te per tutto il tempo, dopo circa cinque minuti ti sei ripresa un po', anche se non del tutto. Sarò sincero, ero un pò preoccupato! – ridacchiò. 

Il fatto che un estraneo potesse essere tanto empatico verso una sconosciuta mi sembrava surreale. Io che non avevo mai ricevuto attenzioni. Mai una carezza, un “come stai?” sincero. Rimasi ad ascoltarlo senza parole. Si schiarì la voce e continuò 

“Quando ti risvegliasti, ti chiesi subito cosa desideravi fare; cosa potesse farti stare meglio… Rispondesti che avevi bisogno di distenderti a letto ed ascoltare l’album “Pornography” dei Cure, il che mi fece sorridere! Ti avevo inquadrato bene ad inizio serata, sei un tipo da Dark Wave!” – il sorriso apparve sui nostri volti contemporaneamente. “Così ti ho aiutata ad alzarti dal divano e ti ho portato in camera da letto per farti distendere, nella stessa stanza notai la presenza di un giradischi e tanti vinili accanto, riposti in una scatola. Cercai il disco che desideravi e lo misi su. Alle prime note di “one hundred years” ti vidi sorridere, mentre ad occhi chiusi chissà quanto stavi viaggiando. Mi distesi dall’altro lato del letto mentre ascoltavamo insieme la musica… Ogni tanto canticchiavi qualcosa o facevi finta di suonare la chitarra, era divertente, te lo assicuro!” – si mise a ridere di gusto, mentre io sgranai gli occhi, incredula da ciò che stessi ascoltando. 

“Ah-ah! Bravo, prendimi pure in giro!” – esclamai ironica – “Quindi sei rimasto con me fino alla fine dell’album?” 

“In un certo senso si.” - disse con un sorrisino incurvato a sinistra. 

“In un certo senso?” - si leggeva chiaramente la mia perplessità. 

“Si, perché ad un certo punto ci siamo addormentati entrambi nel bel mezzo di “cold”, se non erro. Ricordo di essermi svegliato e il disco era finito.” - aspirò il fumo della sigaretta - “Dormivi, quindi mi preoccupai di lasciarti in pace. Immaginavo che l’indomani non avresti ricordato nulla, per questo ho lasciato quel biglietto.” 

“Quindi poi te ne se andato.” - dissi sollevata. 

Annuì con la testa. 
Calò un silenzio piacevole, accarezzato dalla musica di sottofondo. 
Dave si godeva quel che ne rimaneva della sua ennesima sigaretta e io finivo di gustare il tè, mentre il mal di testa pian piano si dissolveva. 

“Ti andrebbe di fare un giro in moto?” - domandò tutto ad un tratto, mentre osservava il sole che oltrepassava la finestra del soggiorno e si posava pacatamente sul suo casco, poggiato sul tavolo. 
Sorrisi. - “Non ho il casco”. 
“Prenderai il mio, non preoccuparti”. 

   
 
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