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Autore: Roxanne Potter    05/01/2021    5 recensioni
Ted si ritrova a Villa Conchiglia poche settimane dopo la sua rottura con Victoire, in occasione del compleanno di Fleur.
Il 2022 era iniziato con il mondo che gli crollava addosso mentre Victoire faceva le valigie e se ne andava – abbandonando lui, abbandonando quell'appartamento di Londra in cui avevano convissuto per più di un anno; di lei non gli era rimasto altro che un vecchio foulard lasciato a prender polvere sul fondo dell'armadio e una confezione di bustine di tè dimenticata nella credenza.
Quando aveva trovato il coraggio di guardarsi allo specchio, per la prima volta dopo anni Ted aveva visto i suoi capelli – solitamente un arcobaleno di colori vivaci – tinti di un azzurro smorto e sbiadito.

[Storia partecipante al contest “A Farewell to…Contest” indetto da CatherineC94 sul forum di EFP]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Dominique Weasley, Fleur Delacour, Ted Tonks, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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~ Fading colours

-Stasera non mi va di farlo, Ted. Sono troppo stanca. Lo sai che il lavoro mi uccide.
Il lavoro. Doveva essere quella l'unica ragione dei comportamenti di Victoire, si diceva Ted. Dopotutto era normale che lei fosse così stanca dopo la nottate al San Mungo; normale che i suoi baci fossero sempre meno entusiasti, i suoi occhi sempre più distanti, le sue chiacchiere a tavola sempre meno accese – ma non i litigi, quelli no. I loro litigi si erano fatti più animati e frequenti che mai.
-Mi dispiace, Ted. Ti vorrò sempre bene e voglio che rimaniamo amici, ma tra noi non funziona più. È inutile continuare a fingere il contrario.
Il 2022 era iniziato con il mondo che gli crollava addosso mentre Victoire faceva le valigie e se ne andava – abbandonando lui, abbandonando quell'appartamento di Londra in cui avevano convissuto per più di un anno; di lei non gli era rimasto altro che un vecchio foulard lasciato a prender polvere sul fondo dell'armadio e una confezione di bustine di tè dimenticata nella credenza.
Quando aveva trovato il coraggio di guardarsi allo specchio, per la prima volta dopo anni Ted aveva visto i suoi capelli – solitamente un arcobaleno di colori vivaci – tinti di un azzurro smorto e sbiadito.

*

Non appena Andromeda tirò il campanellino della porta d'ingresso di Villa Conchiglia, Ted sentì la tensione riverberare in ogni angolo del suo corpo, serrandogli lo stomaco in una morsa dolorosa. Si morse il labbro e si passò una mano tra i capelli – aveva considerato fino all'ultimo l'idea di fingersi malato, ma sapeva di non poter saltare la cena organizzata per il compleanno di Fleur.
-Dai, caro, cerca di tirarti un po' su.- gli disse dolcemente Andromeda, e Ted si stampò un debole sorriso sulle labbra per accontentarla.
La porta si spalancò e sulla soglia comparve Fleur, i capelli raccolti in uno chignon e l'abito verde smeraldo che le ricadeva sulle ginocchia. La donna sorrise radiosa mentre abbracciava Andromeda e si avvicinava a Ted per baciarlo sulle guance.
-Teddy, che piacere vederti!
-Anche per me, Fleur.- rispose lui, riacquistando in un attimo il suo solito tono gioviale. -Allora, di quanto invecchi oggi?
Lei ridacchiò e scosse la testa.
-Dovresti sapere che non si chiede l'età a una signora. Andiamo, accomodatevi.
Mentre seguiva Fleur e Andromeda in casa, Ted deglutì e iniziò a torturare con le dita un lembo del suo mantello. Ma, non appena entrò in cucina, la tensione si allentò; batté le palpebre, sorpreso, nel vedere Dominique che si alzava di scatto da tavola e gli si avvicinava per gettargli le braccia al collo.
-Nique!- Ted si lasciò andare a un sorriso sincero, stringendola a sua volta e passandole una mano tra i lunghi capelli rosso fuoco. -Tu non dovresti essere a Parigi?
-Cambio di programma, parto la settimana prossima! Il quattro febbraio, per la precisione. Dimmi un po', a te come va in Accademia?
-Abbastanza bene, stiamo organizzando uno spettacolo per la fine di aprile. È un peccato che tu non possa esserci.
Ted diede un buffetto sulla guancia a Dominique, poi prese coraggio e si guardò intorno; Andromeda stava aiutando Fleur ad apparecchiare la tavola mentre Victoire – in piedi davanti ai fornelli, grembiule bianco legato in vita e mestolo in mano – era girata verso di lui e gli stava sorridendo di un sorriso mesto, quasi timido.
-Ciao, Ted.
-Ciao.- rispose lui, stupendosi della nota di nervosismo – non tristezza, non nostalgia, ma puro e semplice nervosismo – che risuonò nella sua voce. -Come stai?
-Bene, grazie.
La ragazza arrossì leggermente e tornò a girarsi verso i fornelli. Da una padella fumante si levava un aroma di carne e funghi rosolati e Ted storse il naso; Victoire stava cucinando un pasticcio di rognone, un piatto che lui odiava ma che purtroppo Fleur amava follemente.
-Ehi, ti va una passeggiata in spiaggia? Ho bisogno di prendere aria.
Ted rivolse uno sguardo grato a Dominique, che gli aveva poggiato una mano sul braccio e faceva cenno col capo verso la porta che conduceva al giardino sul retro.
-Certo.- disse, incamminandosi insieme a lei. -Ma che fine ha fatto vostro padre?
-Ci ha mandato un Patronus per avvisarci che è stato trattenuto alla Gringott ma che tornerà al massimo per le sette e mezza. Sai, papà è parecchio stressato in questo periodo per colpa del lavoro d'ufficio. Non vede l'ora che lo spediscano di nuovo in Egitto o in Amazzonia...
Fuori in giardino, i due ragazzi furono accolti da un cielo gonfio di nubi scure che prometteva una pioggia imminente. Tiravano folate di vento freddo, e Ted si strinse nel suo mantello mentre seguiva Dominique lungo il pendio che declinava verso la spiaggia, abbandonandosi al flusso incessante delle parole di lei.
-Ti giuro, non vedo l'ora di partire per Parigi. È la città più bella del mondo, non riesco a credere che tu non ci sia mai stato! Sì, avrò un sacco di lavoro da sbrigare, ma ho tutte le intenzioni di darmi alla pazza gioia nei weekend come ho fatto a Napoli e Berlino. L'unico problema di Parigi è che i prezzi degli affitti sono esorbitanti, soprattutto in centro... oh, scusa, sto parlando troppo.- Dominique gli rivolse un sorriso di scuse. -Immagino che l'avrai capito, ma ti ho portato qui per chiederti come va con Victoire.
Ted si lasciò sfuggire un sospiro amareggiato. Avevano appena raggiunto la spiaggia e lui si sentì stringere il cuore nel ricordare il suo primo bacio con Victoire, quando lei aveva solo quattordici anni e lui sedici; un bacio accompagnato dal suono della risacca e dal profumo di salsedine.
-Non bene.- mormorò. -Eravamo rimasti con l'idea di continuare a sentirci come amici ma in queste ultime settimane lei è stata... beh, piuttosto distante. A te ha detto qualcosa? Ne avrete sicuramente parlato.
-Non moltissimo, a dire il vero. Vic è sempre piena di lavoro, non abbiamo avuto molti momenti per noi.- rispose Dominique, gli occhi color nocciola improvvisamente adombrati da uno sguardo serio. -Sai, mi dispiace che sia finita così. Mi dispiace davvero un sacco. Ormai eravamo tutti convinti che tu e Vic vi sareste sposati... però sono felice che tu sia qui oggi. Devi sapere che continueremo sempre a considerarti uno di famiglia.
-Grazie.- Ted sorrise debolmente e volse lo sguardo alle onde che si infrangevano sul litorale della spiaggia. -Spero che questo valga anche per lei.
-Ma certo.- La voce di Dominique riacquistò l'abituale vitalità. -Siete stati insieme per quasi otto anni, non può mica fare finta che tu non esista!
Dopo qualche istante di silenzio, la ragazza aggiunse; -Senti, Ted, voglio che ti riprendi. Non mi piace vederti così.
-Così come? Si vede tanto che sono ridotto uno schifo?
Dominique inarcò le sopracciglia e lanciò un'occhiata ai suoi capelli.
-Sì. Ti conosco da una vita e non sei mai stato così... così scolorito. Voglio che torni figo come sempre, è chiaro? Il blu elettrico ti dona molto meglio di questa patetica imitazione d'azzurro.
Ted non poté fare a meno di ridere e attirare Dominique a sé per un abbraccio.
-Nique, non so veramente come farei senza di te.

*

Ted sedeva da un quarto d'ora davanti al caminetto spento nel salotto di Villa Conchiglia. Fuori imperversava il diluvio, il vetro della finestra era appannato dalla pioggia e le sue mani tremavano non per il freddo ma per la frustrazione e la rabbia; Victoire, per tutta la durata della cena, non l'aveva degnato di uno sguardo e aveva risposto spiccia alle domande che lui le aveva posto nel tentativo di intavolare una conversazione.
Se questo è il modo in cui è intenzionata a rimanermi amica, andiamo proprio bene.
Lui non era mai stato il tipo che tendeva a portare rancore. Sempre troppo gentile, sempre troppo paziente, viveva negando le sue emozioni negative persino a se stesso, relegandole in un qualche anfratto del suo inconscio, almeno finché queste non riemergevano ed esplodevano tutte d'un colpo.
Una parte di lui si sentiva in colpa per quella rabbia forse immatura e irrazionale. Ma come poteva non sentirsi fremere di rancore nel vedere che Victore, a differenza sua, non stava facendo neanche il minimo sforzo per preservare ciò che di bello e prezioso rimaneva del loro rapporto?
-Ehi, che fai qui tutto solo? C'è ancora un po' di torta, se ne vuoi.
Sobbalzò – non si era accorto che Victoire era entrata in salotto. Sentì il cuore battere all'impazzata mentre la ragazza si sedeva accanto a lui sul divano, ma si limitò a rispondere in tono piatto; -Non ho più fame. E non sono dell'umore per stare con gli altri.
Grazie a te.
-Lo immaginavo.- Victoire si arricciò una ciocca di capelli biondi intorno al dito, lo sguardo teso e sfuggente. -Senti, ti va di parlare? Mi dispiace se a cena sono stata un po' distante...
-Ah, adesso ti dispiace? Avresti potuto pensarci prima.- la interruppe lui, soddisfacendosi del timbro duro e tagliente della sua voce. -Così come avresti potuto evitare di farmi aspettare più di una settimana per rispondere alla mia lettera. Sai, non mi pare che tu ci tenga così tanto a mantenere un rapporto di amicizia.
Per un attimo, gli occhi di Victoire lampeggiarono di rabbia.
-Senti, lo sai che sono impegnata con il lavoro.- ribatté, acida. -Ci sono un sacco di cose a cui non riesco a stare dietro. Ma non pensare che questa situazione non sia difficile anche per me...
-Vuoi farmi credere che per te questa situazione sia difficile? Fammi il piacere, sei stata tu a lasciarmi.
Victoire non rispose. Si limitò a scoccargli un'occhiata gelida, si alzò e si diresse a passo rigido verso la cucina. Dopo che la porta si fu richiusa con un tonfo, Ted si abbandonò contro lo schienale del divano e chiuse gli occhi, la rabbia che si mescolava alla tristezza indicibile che gli pesava sul cuore.
Nelle ultime settimane – settimane nelle quali si era svegliato al mattino senza avere la forza di alzarsi dal letto e aveva faticato a concentrarsi persino durante le lezioni e le prove in Accademia – i ricordi l'avevano tormentato bruciando sulla sua pelle come ferite fresche; ricordi di un'intera vita al fianco di Victoire, di pomeriggi piovosi passati a giocare a Gobbiglie e scambiarsi figurine delle Cioccorane quando erano piccoli, di baci rubati alla finale della Coppa del Mondo di Quidditch nel deserto della Patagonia, delle loro prime uscite a Hogsmeade, delle vacanze a Lione a casa della zia Gabrielle.
Prima di significare amore, Victoire aveva significato amicizia, un'amicizia nutrita e coltivata fin da quando erano bambini. Non riusciva a ricordare un tempo in cui lei non fosse stata presente, a concepire l'idea di un'esistenza senza di lei, a mettere da parte quei sentimenti talmente forti e duraturi che fino a poco tempo prima aveva creduto immortali, un segno che lui e Victoire fossero destinati a rimanere insieme per tutta la vita, costruirsi una famiglia e invecchiare insieme.
Ted aprì gli occhi e guardò lo specchio che sormontava il caminetto; i suoi capelli si erano fatti flosci e color grigio topo. Nessuna traccia del biondo oro e dell'azzurro cristallino che lui associava alle chiome e agli occhi di Victoire, del rosso vivo che gli ricordava i loro falò in spiaggia nelle sere d'estate, del viola vibrante come il vestito che lei aveva indossato la prima volta che si erano presentati insieme a un festino di Lumacorno, del verde smeraldino dei prati di Hogwarts – quei prati dove tante volte avevano camminato tenendosi per mano e riempiendo l'aria con le loro risate.
Si sentì le mani tremare e per un attimo odiò Victoire, la odiò perché il suo abbandono aveva prosciugato i colori dalla sua esistenza, lasciandolo vuoto e opaco, ridotto a un relitto di se stesso.


*


NdA

La Teddy/Victoire è una di quelle coppie che non mi ha mai ispirata particolarmente, della serie “carini, sì, ma l'idea che debbano finire per sposarsi mi sembra un po' banale”. Il tema del contest a cui la storia partecipa (ovvero l'abbandono) mi ha spinta a scrivere di un loro possibile break up.
Nel mio headcanon, i due decidono di convivere insieme a Londra; Victoire è una Guaritrice, Ted studia/lavora all'Accademia Magica di Arti Drammatiche. (Un'accademia di recitazione citata dalla Rowling ne “Le Fiabe di Beda il Bardo”.) Però la convivenza non funziona, così lei decide di fare le valigie e tornarsene a Villa Conchiglia.
Ho immaginato che, dopo otto anni di relazione, Ted avesse sviluppato un ottimo rapporto con la famiglia di Vic. (Famiglia che tra l'altro conosce da tutta la vita.) Per questo ha confidenza con Fleur, al punto da poterle dire “Di quanto invecchi oggi?”, e un buon rapporto di amicizia con Dominique. (Nella storia non l'ho specificato, anche perché dovevo rispettare un certo limite di parole e volevo risparmiare spazio, ma io immagino che Nique lavori come “antropologa” delle comunità magiche europee.)
Piccolo appunto sulla Coppa del Mondo; è un riferimento a un contenuto speciale di Pottermore, ovvero un articolo in cui Rita Skeeter descrive minuziosamente tutto ciò che fanno i membri della famiglia Potter/Weasley presenti alla finale della Coppa del Mondo di Quidditch del 2014, comprese le limonate di Victoire e Ted. Se non l'avete letto andatelo subito a cercare, è esilarante.
Ringrazio chiunque recensirà :)




   
 
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