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Autore: LysandraBlack    06/01/2021    2 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 48
It's our time to take back the power


 

 

Marian si mosse a disagio sullo scomodo lettino dell'infermeria, tamburellando impaziente le dita sull'imbottitura in attesa che Alain si decidesse a parlare.

Il mago non sembrò farci caso, gli occhi chiusi e un'espressione concentrata sul volto. Spostò una mano sulla tempia, l'altra ancora premuta sullo sterno, una lieve energia magica ad avvolgerla.

«Respira profondamente.»

Fece come le veniva detto, inspirando fino a che non sentì la giacca imbottita stringersi scomodamente sul petto e poi espirando lentamente, ripetendo il gesto una decina di volte.

La nausea che l'aveva costretta a saltare la colazione e sbocconcellare appena qualche pezzo di pane a pranzo era ancora lì, ma sperava che qualsiasi cosa Alain stesse facendo, funzionasse a breve.

Quella sera doveva essere in forma, non poteva farsi vedere uno straccio quando i suoi colleghi l'avrebbero proposta come futura Comandante della Forca.

Un nuovo conato le salì quasi in gola, non seppe se per l'ansia o per gli effetti del lyrium.

«Allora?» Chiese di nuovo, serrando i denti. «Mi serve solo uno dei nostri soliti intrugli, Alain, non ho tempo da perdere.»

«Potrebbe non essere causato interamente dal lyrium.» Rispose il mago, togliendole la mano dalla tempia e spostandola sull'addome.

Lo guardò confusa, cercando di ritrarsi istintivamente a quel tocco. «Che intendi?»

«Posso farti qualche domanda... personale?»

Sbattè le palpebre, limitandosi ad annuire.

«Quando hai avuto le ultime mestruazioni?»

Marian arrossì di colpo, spiazzata dalla domanda. «Non... saprei, tre mesi fa credo? Da quando iniziamo ad assumere il lyrium, praticamente nessuna di noi è regolare.» Puntò lo sguardo sul soffitto, ignorando la piccola pressione delle mani dell'altro sul bassoventre. Il lyrium dava loro le abilità di cui avevano bisogno, ma c'erano parecchie controindicazioni e scocciature, la maggior parte delle quali non venivano menzionate prima della loro investitura. Una volta che facevi parte dell'Ordine, erano ormai una delle tante conseguenze da accettare e basta. E comunque, non avere crampi e rotture ogni singolo mese era non era poi così male, tra i vari effetti collaterali.

«Hai avuto rapporti regolari negli ultimi tre o quattro mesi?»

Aveva le guance in fiamme. Si tirò su di scatto, quasi tirandogli una testata dalla fretta di alzarsi dal lettino. «Non vedo come questo... ho esagerato col lyrium negli ultimi tempi, lo ammetto, e gli effetti collaterali sono nausea e aumento del... insomma, sì, ho avuto rapporti regolari, ora puoi fare quello che ti chiedo e darmi qualcosa che mi impedisca di vomitare sulle scarpe della Comadante quando dovrò parlarle?!»

Alain si tirò un poco indietro, guardandola con un mezzo sorriso e un'espressione al contempo preoccupata. «Non è il lyrium, Marian. Sei incinta.»

Resasi conto di essere rimasta a bocca aperta, richiuse la mascella di scatto. Deglutì a vuoto, fissandolo stranita. «In che senso?»

Il mago emise un sospiro, facendo un passo verso di lei e appoggiando le dita sul lettino. «A quanto pare, stai aspettando un bambino. Congratulazioni.»

Fu come se il suo cervello avesse registrato l'informazione con qualche secondo di ritardo, e come se non bastasse avesse pure capito male. Scosse il capo, trattenendo a stento un risolino. «Che?»

«Marian. Sei incinta. Di un bambino.» Ripetè lui, lentamente, scandendo le parole.

Dopo un secondo di silenzio, la templare scoppiò a ridere, talmente forte che rischiò di perdere l'equilibrio mentre si alzava velocemente dal lettino, rimettendosi in piedi sulle gambe molli. «Ma per piacere, non è possibile.»

Alain fece come per afferrarla per un braccio, ma si fermò a sfiorarla appena, assicurandosi però che non barcollasse di nuovo. «La fertilità delle donne nell'Ordine viene ridotta considerevolmente dall'assunzione di lyrium, ma so fare il mio lavoro. Ho percepito due energie distinte, e tutti i sintomi che hai descritto sono comuni durante i primi mesi di gravidanza. Sei incinta.»

Marian aprì la bocca per rispondergli a tono, restando con una mano sollevata e le parole incastrate in gola. «Non è vero.»

«Sì invece. Da almeno due mesi.» Alain inspirò profondamente. «Se vuoi sederti... posso capire che una scoperta simile sia-»

«Non sono incinta!» Sibilò lei, finalmente riprendendo le capacità intellettive. Gli afferrò un braccio, ignorando il gemito dell'altro mentre stringeva la presa. «Non. Sono. Incinta.» Ripeté a voce ancora più bassa, lanciando uno sguardo ansioso in direzione della porta chiusa. L'infermeria era deserta, ma non aveva idea di chi potesse entrare da un momento all'altro. «Non posso essere incinta. Non adesso. Non in questi giorni. Non con tutto quello che c'è in ballo per la Forca. È solo una nausea del cazzo data dal fatto che ho ingerito più lyrium in questi ultimi mesi di quanto avrei dovuto fare, ecco tutto. Tu sei stanco e stressato, e hai sbagliato a visitarmi. Nessun problema, tutti fanno degli errori, può capitare. Ora, se vuoi scusarmi, devo andare.» Lasciò la presa, facendo per dargli le spalle.

«Tenente.»

Si immobilizzò di colpo, il cuore che le batteva in gola.

«Fare finta di niente non è di aiuto a nessuno.» Parlò Alain, il tono freddo e professionale di quando elencava ogni singolo osso fratturato e le terapie per i suoi pazienti. Le si avvicinò di nuovo, il viso che si addolciva un poco. «Capisco che non sia il momento migliore, e se volessi... risolvere la cosa, potrei aiutarti. Pensaci, però, solo questo.»

“Risolvere...” togliersi il problema? Perché era un problema, di quello Marian era certa, ma non aveva assolutamente idea di cosa fare.

Deglutì a vuoto. «Ora non posso pensarci. Non è il momento, ci sono cose più importanti e non mi posso permettere distrazioni.» Prese un respiro profondo, facendo mente locale. «Questa cosa resta tra me e te, Alain. Una parola di troppo, e rischia di mandare a puttane tutto quanto.»

«Ovviamente, tenente.» Rispose l'altro con un piccolo cenno del capo. «Ne riparleremo tra qualche giorno, allora, ma il mio consiglio professionale è di non aspettare troppo per decidere il da farsi.»

Annuì senza aggiungere altro, una morsa allo stomaco che andava a sommarsi alla nausea mentre usciva dall'infermeria.

Ruvena, che l'aveva aspettata nel cortile, le lanciò uno sguardo preoccupato. «Hai una cera addirittura peggiore, sicura di essere andata in infermeria?»

Marian si strinse ulteriormente nel mantello, cercando di condirla via con un gesto della mano. «Alain mi ha rifilato uno schifo terribilmente amaro, sai come sono i suoi intrugli di erbe.»

«Ah, questo spiega tutto!» Scoppiò a ridacchiare l'altra, l'espressione che però tornava subito seria. «Sei pronta?»

Fece spallucce. «Ormai è troppo tardi per tirarsi indietro, no?»

L'amica scosse il capo. «Non è esattamente lo spirito giusto, ma ci accontenteremo...»

 

 

Qualche ora dopo, al calare del sole, scesero finalmente verso il porto attente a non destare sospetti: andarono prima a prendere una birra e qualcosa da mangiare che a malapena assaggiarono e poi, allungando il percorso verso i moli, si fermarono infine davanti alla vecchia fonderia dei Mander.

Non riuscì ad evitare di pensare all'indagine, ormai abbandonata da tempo, di qualche anno prima, al fatto che alcuni dei componenti della famiglia non fossero mai stati ritrovati, allo stato in cui invece avevano rinvenuto i corpi di alcuni di loro.

“E ora stiamo per stringere un accordo di pace coi responsabili”, si ritrovò a pensare varcando la soglia, Ruvena al fianco.

Lerner, apparentemente intento a chiacchierare del più e del meno con Donnic, il quale si era prestato volentieri alla causa per ridurre i sospetti, la salutò con un cenno del capo e un sorriso cordiale. La guardia le strizzò l'occhiolino, tornando a fare il palo con il templare.

Salirono al piano interrato, dove vi erano gli enormi forni ormai in disuso da anni, l'aria che sapeva di polvere, muffa ed escrementi di ratto.

Le accolsero parecchie facce tese.

Gli occupanti erano divisi in due schieramenti opposti ai lati della sala, tempari da una parte, maghi dall'altra, e gli uni scrutavano gli altri in un borbottio agitato, scambiandosi occhiate sospettose o, più raramente, cenni di intesa e persino qualche sorriso.

Individuò immediatamente Garrett, intendo a parlottare con Andrew e Thrask, Anders alle sue spalle. Il guaritore aveva un'espressione corrucciata e astiosa, e quando Marian incrociò il suo sguardo il mago si limitò a scostarsi dal resto del gruppo e indietreggiare verso Adaar e Stök. Il nano sembrava assolutamente a proprio agio e sul volto della Tal-Vashot non trapelava alcuna emozione.

Accortosi del suo arrivo, il fratello la salutò con un cenno, facendole segno di avvicinarsi. «Ci siamo quasi tutti.» Fece vagare lo sguardo sulla stanza, una trentina di persone ormai al suo interno. «Non pensavo saremmo mai arrivati a questo punto.»

Marian annuì. «Non sembra quasi vero.» Commentò, rendendosi conto che le tremava un poco la voce. Si schiarì la gola, imponendosi la calma. Hugh, Kelsey e Lynn confabulavano eccitati in un angolo, Alain stava parlottando con un paio di maghi che lo aiutavano a volte in infermeria, Agnes e Reece, mentre poco più distante individuò Grace e un altro mago, Jalen, che sembravano intenti a discutere a bassa voce. La prima sbattè il piede per terra, spingendolo via e beccandosi di rimando un'occhiata gelida da Adaar, la quale non fece altro che spostare il suo gigantesco maglio da una mano all'altra, assottigliando gli occhi.

Grace tornò esattamente dov'era prima, furente.

Una coppia di passi rimbombò dalle scale, e finalmente anche Trevelyan li degnò della sua presenza, accompagnato – Marian stentava a crederlo – da nientepopodimeno che Samson.

Quest'ultimo le lanciò un occhiolino, guardandosi attorno con aria compiaciuta mentre Trevelyan lo lasciava al suo destino venendo verso di lei.

«Sembra ci siamo tutti.»

«Manca ancora-» Marian si fermò a metà della frase, notando solo in quel momento l'inviata della Divina che si schiariva la voce, portandosi al centro della sala.

L'Artiglio dell'Usignolo indossava anche quella sera la sua maschera, nemmeno un filo fuori posto che spuntava da sotto il mantello scuro, gli occhi chiari che brillavano alla luce delle torce da sotto le fessure della porcellana, il cappuccio sul capo.

Nel giro di qualche istante, nella sala cadde il silenzio.

«Sappiamo tutti perfettamente perché siamo qui.» Parlò l'Artiglio, le mani giunte davanti al grembo, il tono fermo e autoritario. «La situazione attuale a Kirkwall non può continuare, è necessario prendere provvedimenti per impedire che il conflitto sfugga definitivamente di mano e che la Chiesa sia costretta a porvi rimedio in modo permanente.»

Parecchie facce preoccupate e alcuni mormorii si alzarono in risposta, ma nessuno osò interromperla.

«La Divina Justinia crede fermamente che voi maghi siate, come i templari e tutti noi, figli del Creatore, e come tali abbiate diritto alla vostra vita, alla vostra anima, alla vostra mente.» Parecchi maghi annuirono, ma a Marian non sfuggì l'espressione sarcastica di Grace, dal lato opposto della sala rispetto a lei. Anche Anders sembrava scettico, accanto ad Adaar. L'Artiglio fece una breve pausa, concedendosi il tempo per scrutare ciascuno di loro. «Ma non possiamo dimenticare i pericoli che ogni mago deve affrontare tutti i giorni: l'Oblio e le creature che vagano al suo interno rappresentano un'insidia che non dobbiamo sottovalutare. Per proteggere non solo la popolazione dall'uso sconsiderato della magia, ma i maghi stessi dalle loro – anche momentanee – debolezze, il Circolo è per il momento l'unica via possibile.»

«È una prigione.»

L'Artiglio si voltò verso Anders, impassibile.

Il guaritore fece un passo avanti, tendendo le mani in fronte a sé, i palmi rivolti verso l'alto. «Vi rifiutate di vedere la realtà delle cose, ovvero che ciascun mago ha dentro di sé la capacità di proteggersi da solo, occorre solo che qualcuno glielo insegni!» Si girò verso i suoi, raccogliendo più di un cenno di approvazione. «Parlate di proteggerci da noi stessi, ma chi siete voi per farlo?»

L'inviata della Divina accusò la stoccata senza fare una piega. Lasciò parlare il mago, aspettando che avesse finito per fare un piccolo passo verso di lui, scrutando poi nuovamente il resto della sala. «Credete davvero che tutti i maghi abbiano le capacità di proteggersi da soli dai pericoli dell'Oblio? Forse è vero, i demoni non possono intaccare una mente forte, e con i giusti insegnamenti molti potrebbero rendersi impervi ai loro sussurri tentatori, ma cosa ci garantisce che quegli stessi maghi non soccombano invece alla propria sete di potere?» Sollevò la mano destra, indicando attorno a sè in un gesto quasi teatrale. «Mettiamo da parte l'ipocrisia, la propensione al male esiste indipendentemente dall'attitudine magica di ciascuno di noi. Se in questo momento io decidessi di prendere questa lama» nella mancina comparve all'improvviso un coltello affilato, spuntato da sotto la manica «e piantarla nel cuore di uno di voi, sarei considerata una criminale al pari di un mago che, per una serie di motivi, abbia deciso di ardere vivo un suo rivale. Eppure,» rinfoderò l'arma, che scomparve sotto il mantello «un uomo comune che stringe una spada può essere disarmato, mentre un mago che ha la capacità di evocare tempeste con un gesto della mano non è così semplice da fermare.» Fece di nuovo una pausa, lasciando che le sue parole si facessero strada nel pubblico. «Per mantenere l'ordine, servono delle leggi. Per assicurarsi che queste leggi vengano rispettate, è necessario che ci sia qualcuno in grado di applicarle. Ed è per questo che è stato costituito l'Ordine Templare, per fare in modo che ci sia qualcuno con il potere di fermare chi, tra i maghi, minaccia l'equilibrio sul quale la nostra società si basa.»

Stavolta furono i templari ad annuire, e altri bisbigli andarono a riempire la stanza.

«E chi controlla quelli che dovrebbero controllarci, eh?» Prese la parola Grace, schioccando la lingua sul palato in una smorfia rabbiosa. «La Chiesa? Gran bel lavoro che ha fatto, finora.»

L'Artiglio si limitò ad annuire. «La Chiesa, sì.» Con un gesto, si lasciò cadere il cappuccio sulle spalle, scoprendo ai lati della maschera un orecchio a punta, il gemello mozzato per metà. «Conosco perfettamente le atrocità che la Chiesa ha compiuto in passato, il mio popolo è stato tra le sue vittime, e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze.»

Nella sala passò un brivido di consenso. Tra i templari non c'erano elfi, ma i tre nello schieramento dei maghi annuirono con fare greve.

«Ciononostante,» proseguì l'elfa, la voce dura «la Chiesa sta cambiando, per quanto un'istituzione antica e ramificata del genere possa permettersi di fare. La Divina Justinia presta ascolto alle richieste e alle difficoltà di tutti i figli del Creatore, che siano maghi, elfi, nobili o mendicanti.»

Marian incrociò lo sguardo di Adaar, e per un attimo l'espressione impassibile della Tal-Vashot lasciò trapelare una smorfia di disprezzo.

«Kirkwall ha in questo momento un'occasione unica per dimostrare che una collaborazione tra pari, maghi e templari, è possibile non solo qui, ma anche come modello per tutti gli altri Circoli.» L'Artiglio allargò entrambe le braccia, come ad indicare ciascuno di loro. «Ma ognuno deve fare la sua parte, al meglio delle proprie possibilità, per fare in modo che ciò funzioni. E questo significa mettere da parte i vostri screzi, rivalità e dissapori, in favore del bene comune.»

«"Dissapori"?» Ripeté Anders, e Marian sentì un tremito nel Velo che le fece accapponare la pelle, come se la realtà stessa fosse sul punto di strapparsi e lasciar passare chissà quale entità nel loro mondo. «Chiami dissapori secoli di soprusi, violenze, stupri e atrocità come il Rituale della Calma?» Si fece avanti, e nei suoi occhi brillava una luce sinistra. «L'Ordine Templare si è macchiato di talmente tanti crimini da grondare del sangue di maghi innocenti!»

A onore dell'Artiglio, nonostante la mano dell'elfa fosse scivolata immediatamente dove portava il coltello, l'elfa non estrasse l'arma, restando perfettamente immobile di fronte al mago. «Vi assicuro che i responsabili verranno puniti, dal primo all'ultimo. A partire dai Comandanti che hanno permesso che tutto ciò accadesse.»

Quando si girò a guardarla, Marian si ritrovò le gambe di piombo. Si costrinse a fare qualche passo avanti, deglutendo a vuoto e schiarendosi la gola secca. «So bene che l'Ordine ha le sue colpe, in tutto questo.» Prese la parola, maledicendosi per il tono di voce che tradiva le proprie emozioni. «Io stessa sono stata testimone di soprusi e violenze, che non sempre sono riuscita a fermare, addirittura perché qualche volta ho scelto di chinare il capo, sperando di poter combattere un altro giorno, un giorno più favorevole. Un giorno in cui non sarei stata cacciata con disonore, ma avrei trovato il supporto dei miei colleghi e, insieme, avremmo potuto cambiare le cose.» Prese un respiro profondo e incrociò lo sguardo di Ruvena e Hugh, accanto a Thrask. «Quel giorno è oggi. Abbiamo aspettato fin troppo. No,» si voltò verso i maghi, accettando riconoscente il sorriso di incoraggiamento di Alain «voi avete aspettato fin troppo. Voi, che avremmo dovuto proteggere. Mi scuso per non aver potuto fare di più, per avere avuto paura, per aver ceduto ai ricatti e alle minacce dei miei superiori. Non ho intenzione di cedere ancora, questo ve lo prometto, anche se so di dovermi guadagnare la vostra fiducia prima di pretenderla soltanto per le mie parole.» Abbassò il capo, deglutendo nuovamente e risollevando lo sguardo, in attesa di un qualche riscontro che non tardò ad arrivare.

«Per quanto mi riguarda, hai già guadagnato da tempo la mia fiducia.» Prese parola Alain, allargando il sorriso. «La prima volta che ci siamo incontrati, hai mentito a Karras lasciando scappare dei maghi e parlando in nostro favore, quando il tenente propose di sottoporci entrambi alla Calma, ed eri soltanto una recluta.»

«Avete anche collaborato con la Resistenza per denunciare la Soluzione di Tranquillità di Alrik.» Commentò Reece, uno degli elfi tra i maghi.

«E persino quando Evelina, che veniva dal Circolo del Ferelden ed era sospettata di magia del sangue e collusione con un noto criminale, si è offerta spontaneamente per entrare alla Forca, l'avete difesa al massimo delle vostre capacità.» Parlò Agnes, causando persino Grace ad annuire, seppur con reticenza.

A quel punto, Garrett si esibì in un sorrisetto divertito. «Per non parlare di tutte le altre volte in cui hai parato il culo alla Resistenza e a me in particolare.»

Marian scosse il capo, scoppiando in una risatina nervosa. «L'hai fatto anche tu.»

«E non è la sola.» Pigolò un'elfa pallidissima, la veste da maga che le cadeva larga sulle spalle minute, quasi a nasconderla ai loro sguardi. «Ser Thrask è sempre stato dalla nostra parte, e così anche Ser Lynn, e Ser Lerner...»

«Per non parlare di qualcuno che si è fatto cacciare per aver consegnato lettere d'amore per conto di un mago alla sua bella.» Disse Ruvena, accennando col capo in direzione di Samson.

L'ex templare rispose con una smorfia divertita. «Ma non tutti possono essere carismatici come la nostra Hawke, a quanto pare.»

«E dato che nessuno ne ha ancora accennato, perché la famiglia ha cercato di nascondere il fatto sotto al tappeto, anche un certo Trevelyan qui si è fatto declassare e trasferire per aver difeso a spada tratta dei maghi da un suo collega.» Parlò Andrew, accennando all'amico.

Macsen Trevelyan, che di solito non abbandonava mai l'aria di sprezzante superiorità che lo contraddistingueva, si voltò dalla parte opposta. Se non l'avesse ormai conosciuto bene, Marian avrebbe potuto giurare di aver visto un accenno di rossore sulle sue guance. «C'era mio fratello di mezzo, e il templare in questione era un coglione.» Borbottò tra i denti, ma a voce abbastanza alta perché lei riuscisse a sentirlo.

A quel punto, l'Artiglio si fece di nuovo avanti, indicandola con un cenno. «Quello che vi si chiede è di riporre la vostra fiducia non in un'istituzione lontana con cui non avete modo di interagire direttamente, ma in una persona che negli anni si è guadagnata il suo posto, e il rispetto che le si deve, con il sudore, il sangue, il coraggio e, soprattutto, il cuore di combattere per quello che ritiene giusto. Anche a costo di rischiare la pelle e darci un mucchio di problemi nel cercare di risolvere tensioni scoppiate troppo presto.» Fece un'altra pausa calcolata, aspettando che tutti mostrassero il loro supporto a Marian. «Qualcuno che non ha avuto paura di affrontare persino l'Arishok in un duello, e che ora è la candidata perfetta per sostituire l'attuale Comandante. Meredith Stannard ha tradito gli insegnamenti del Creatore portati a noi dalla Sua Profetessa, e con essi tutto ciò che l'Ordine Templare rappresenta. Ed è giunto il momento che venga sostituita da qualcuno che incarni le virtù dell'Ordine e il cambiamento che la Chiesa è pronta a portare ai suoi fedeli. Meredith verrà deposta e portata a Val Royeaux per rispondere delle sue azioni, i suoi uomini più fedeli declassati e puniti secondo i loro crimini.»







 

Stava andando, tutto considerato, dannatamente bene.

Garrett si ritrovò a sorridere, tirando un sospiro di sollievo quando l'Artiglio dell'Usignolo finì di parlare, guardando compiaciuto in direzione della sorella.

«Sono belle parole, certo.»

Il cuore gli sprofondò nel petto, riconoscendo la voce di Anders. Si voltò verso il compagno, costringendosi a tacere e restare immobile mentre quello prendeva la parola, gli occhi di tutti puntati ora su di lui.

«Ma le belle parole non portano da nessuna parte.» La voce dell'uomo tremava leggermente, e nonostante il Velo pulsasse come un cuore battente per la presenza dei tanti maghi in quel luogo, Garrett riconobbe l'ormai familiare impronta di Giustizia. Anders accennò col capo all'Artiglio, una smorfia sul volto. «Dovremmo fidarci delle parole di un'elfa, che annuncia un grande cambiamento nella Chiesa. Ora, vi chiedo, quanto ci metteranno secondo voi a cambiare idea? Quanto occorrerà alla Divina per tornare indietro sui propri passi, quando la metteranno con le spalle al muro per toglierci quel poco di – e non fatevi illusioni, non si tratta che di un miraggio, di una nuova gabbia dorata in cui rinchiuderci tenendoci buoni – libertà, o condizione paritaria, che ci concedono così gentilmente?» Mosse la mano, come a scacciare una mosca, e per un attimo dovette chiudere gli occhi, Garrett sapeva che stava lottando per il controllo del proprio corpo, ma parve riprendersi. Dopotutto, stava dando voce a ciò che pensava anche Giustizia. «Ve lo dico io: nel momento stesso in cui riceveranno un'offerta migliore, cambieranno idea. E si libereranno sia di lei che di noi, perché non siamo niente ai loro occhi.»

Garrett fece scivolare per un attimo lo sguardo sui compagni della Resistenza, e più di un paio mostravano ora preoccupazione.

«La Divina attuale sembra prestare orecchio ai nostri dissapori coi templari.» Scoppiò in una risata amara, fredda. «Come se ucciderci per aver chiesto un'ora d'aria in più, o strapparci l'anima per aver rifiutato di farci sottomettere come animali, fossero semplici screzi tra ragazzini!» Serrò nuovamente le palpebre, incurvandosi per un attimo su sé stesso prima di tornare a guardare negli occhi i maghi che pendevano ora dalle sue labbra. «Non lasciamo che, dopo averci rinchiusi e sottomessi per secoli, ci prendano pure in giro parlando di un'alleanza. Quella che propone la Chiesa non è un'alleanza, ma un compromesso!» Alzò la voce, aspettando qualche secondo, Giustizia che parlava ora con lui pur non assumendo completamente il controllo. I templari erano ora tesi, intenti a scambiarsi sguardi sospettosi gli uni con gli altri in direzione dei maghi, i quali sembravano non sapere bene da che parte schierarsi, colpiti dalle parole di Anders.

«Io sono stato uno di voi.» Proseguì il guaritore, e Garrett a quelle parole sentì una stoccata dritta nel petto. «Ho provato sulla mia pelle cosa significa andare contro le leggi della Chiesa e del suo braccio armato, e come me molti di voi, e ancora tanti altri che non sono potuti essere qui oggi, perché uccisi o costretti ad un destino ancora peggiore.» Lo vide voltarsi appena verso di lui, una fredda determinazione negli occhi color miele. «Marian Hawke potrà essere la migliore templare dell'intero Ordine, ma è pur sempre una di loro. Non può capire cosa si prova ad essere nei nostri panni, e così nemmeno il Campione di Kirkwall. Nessuno di loro è stato, né sarà mai, rinchiuso in una torre, strappato dalla propria famiglia, privato di un passato e di un futuro solo per il fatto di essere nato diverso dalla massa.»

Ora erano in tanti i maghi ad annuire, e più di un templare si guardava attorno teso. Un paio di mani tamburellavano sulle spade, e una giovane recluta tremava come una foglia.

Vide Grace sorridere feroce, e un elfo che era entrato zoppicando vistosamente espresse a voce alta il suo supporto.

«E mi dispiace dirlo, credetemi, ma anche nella migliore delle ipotesi, anche se davvero i templari qui presenti fossero degni della nostra fiducia, anche se questa Divina fosse seriamente disposta a ripudiare secoli di orrori commessi dalla Chiesa... ciò non cambierebbe il cuore dei loro fedeli.» La voce di Anders tornò bassa, quasi rassegnata. «Nel momento stesso in cui Justinia verrà considerata una minaccia per il loro tanto amato ordine costituito, lo stesso che schiaccia e distrugge chiunque gli si opponga, verrà tolta di mezzo. E così una semplice Comandante di una città dei Liberi Confini. I Cercatori troveranno una scusa per deporre Marian Hawke e mettere al suo posto un'altra Meredith, semplicemente perché qualcuno di infinitamente più potente di una manciata di supplicanti maghi vessati da anni ha deciso così.»

«Anders...»

Il compagno si voltò di scatto verso di lui, zittendolo con un'occhiata carica di accusa, per poi appellarsi nuovamente al resto dei maghi. «Siamo sull'orlo del cambiamento. Un vero cambiamento, qualcosa che possa portare una libertà duratura, che riesca a ribaltare le cose a nostro favore. In modo permanente. E loro lo sanno. La Resistenza è ovunque, persino ai nostri vertici. La Chiesa ha paura di noi, ha paura che possiamo liberarci e abbandonare il Canto che ci addita come pericolosi e necessariamente sottomessi a loro! “La magia esiste per servire l'uomo”, ma perché mai dovremmo servire? Cosa hanno mai fatto per meritarsi non il nostro aiuto, ma addirittura la nostra servitù?» Scosse il capo, inspirando rabbiosamente. «Non facciamoci sfuggire la prima possibilità dopo secoli di ribellarci al loro giogo, non lasciamoci tentare da un compromesso che svanirà non appena cambierà il vento.»

Garrett realizzò come colpito da uno schiaffo quali erano state le sue reali intenzioni. Non l'aveva convinto a presentarsi all'incontro per ascoltare l'altra parte, Anders non aveva mai avuto alcun dubbio su che posizione prendere, aveva solo colto la palla al balzo per tentare di portare tutti dalla sua.

E, a giudicare da come lo guardavano in molti, ci stava riuscendo.

Con loro sorpresa, però, fu Macsen Trevelyan a farsi avanti, l'armatura tirata a lucido e un cipiglio freddo sul volto. «Tutto quello che hai detto immagino suoni molto bene per alcuni dei maghi presenti, anzi, probabilmente per la maggior parte.» Parlò, il tono chiaro e sicuro di sé. «Non metto in dubbio che tu, e molti altri come te, abbiate subito ogni genere di orrore nei Circoli, sotto le mani di gente che si nascondeva dietro alla spada fiammeggiante per giustificare i loro peggiori istinti.» Si diede un colpetto sul pettorale, dove il simbolo dell'Ordine spiccava in smalto blu scuro. «Eppure, e perdonatemi se parlo dando voce a maghi che magari non sono qui presenti, non tutti vedono i Circoli e la Chiesa come gabbie e carcerieri. L'Ordine ha salvato ben più di un bambino che non riusciva a controllare la sua magia da folle inferocite e pronte ad uccidere, ha protetto innumerevoli innocenti da abomini e maghi che usavano le loro capacità per fare del male. E come ha detto prima l'Artiglio, noi siamo gli unici in grado di fermare chi tra i maghi si spinge troppo oltre.»

«Peccato che siete anche quelli che decidono arbitrariamente come e quando questo accade.» Ribattè Anders, furente. «Non avete il diritto di giudicarci, potremmo controllarci da soli.»

Trevelyan scoppiò a ridere, sprezzante. «Sicuro, che potete. C'è uno splendido esempio a riguardo, sotto gli occhi di tutti.» Si voltò allargando le braccia, rivolto al suo pubblico. «Il Tevinter deve essere un luogo davvero splendido, dove i maghi si governano da soli e tutto va a meraviglia. Certo, basta ignorare l'occasionale sacrificio umano, tanto alla fine il mago in questione si ravvederà da sé e farà ammenda coi suoi compari chiedendo scusa in ginocchio sui ceci.»

Garrett ebbe per un attimo paura che Anders perdesse il controllo e si scagliasse contro il templare ma il compagno, dopo un flash di energia, si limitò a ribattere a parole, fronteggiando il Trevelyan. «Facile ogni volta tirare fuori il Tevinter, come se non potesse esistere altro modo. Perché tutti i maghi sono in automatico pronti ad usare la magia del sangue, no?» Si voltò verso gli altri, come a cercarne l'approvazione. «Vedete quanta fiducia ripongono in noi i nostri “protettori”?»

«Non tutti, no.» Lo contraddisse il templare, il tono carico di risentimento. «Alcuni. Anche solo una manciata è sufficiente. Chi potrebbe mai fermarli? Quasi tutti qui hanno visto all'opera la magia del sangue. Persino noi templari facciamo fatica ad annullarla, ci richiede un immenso sforzo e spesso nemmeno è sufficiente. Ma una normale guardia cittadina?» Fece un gesto brusco con la mano, spazzando l'aria davanti a sé. «Non avrebbe una singola possibilità. E invece, uno di voi maghi? Magari non tu, un ex Custode Grigio avrà sicuramente qualche asso nella manica, e neppure il Campione dovrebbe avere troppi problemi, visto come ha demolito l'Arishok e i suoi migliori guerrieri, ma un mago qualsiasi...» si voltò verso Alain, accennando verso di lui col capo, per poi fare lo stesso verso l'elfa minuta che aveva parlato prima. «Uno di loro, uno dei tanti che non eccellerà mai ma che ha comunque il diritto di non essere schiacciato dai suoi colleghi più potenti. Uno come mio fratello, che a malapena sa accendere una cazzo di candela ma è costretto a stare in un Circolo per il suo stesso bene, perché il mondo altrimenti non lo accetterebbe comunque, cosa potrebbe fare un mago del genere contro il potere della magia del sangue?»

Garrett aggrottò la fronte, non gradendo l'essere continuamente preso in causa, osservando Alain e l'elfa incurvare le spalle, quasi vergognarsi di essere esposti in quel modo.

«Non pigliamoci per il culo, sappiamo benissimo che fine farebbero. Sottomessi tale e quale a come sono coi templari, non cambierebbe un cazzo.» Trevelyan prese un respiro profondo, serrando la mascella e guardando Anders dritto negli occhi, fronteggiando la sua furia crescente. «C'è bisogno di avere delle leggi, e di qualcuno che le faccia rispettare. Altrimenti il primo stronzo abbastanza forte, e con il coraggio di farlo, una mattina si sveglia e decide di prendere la situazione in mano e fare di testa propria. E magari lo fa anche per i motivi giusti, certo, ma senza nessuno che possa opporsi, cosa ci assicura che non finirà per fare solo e soltanto i propri interessi?» Si rivolse poi ai suoi colleghi, che annuivano convinti. «Si sente sempre parlare delle sofferenze dei maghi, e riconosco che abbiano preso la fetta peggiore di questa torta di merda, ma nessuno parla mai dei sacrifici che facciamo noi. Del fatto che veniamo spesso spediti dall'altra parte del Thedas, per anni lontani dalle nostre famiglie. Del lyrium che assumiamo, per riuscire a fare il nostro dovere ed essere lo Scudo dei fedeli della Chiesa, che giorno dopo giorno ci avvelena e ci strappa una piccola parte di noi, finché non resta nient'altro. Ma ce ne lamentiamo mai? No, perché l'abbiamo scelto. E anche se non l'avessimo scelto, ce lo facciamo andare bene lo stesso, perché crediamo che i nostri sacrifici servano a qualcosa, che facciano del bene a qualcuno.» Si lasciò sfuggire una risata di scherno, scuotendo il capo. «Non volevo mettermi su un piedistallo, perché non lo merito. Ma Marian Hawke si è sempre fatta in quattro per tutti quanti: maghi, templari, cittadini comuni, persino per i fottutissimi Qunari, pur di non far scoppiare una guerra con loro!»

Adaar, che per tutto il tempo era rimasta semplicemente ad osservare, impassibile come una statua di ghiaccio, annuì lentamente. «Si è meritata la fiducia della Resistenza con le sue azioni, come è stato precedentemente sostenuto da molti qui. La Resistenza ha preso in considerazione l'offerta della Chiesa solo perché hanno proposto la tenente Hawke come garante del compromesso.» Nonostante le sue parole di fiducia, a Garrett non sfuggì come la Tal-Vashot avesse scelto lo stesso termine usato da Anders nella sua invettiva.

«Hai espresso cosa ne pensa la maggior parte della Resistenza, forse, ma cosa ne pensi tu, Adaar?» Le chiese Anders, diretto. «Tu hai imparato a controllarti e a trovare il tuo posto nel mondo, tutto senza alcun aiuto da parte della Chiesa.»

La Tal-Vashot rimase per un lungo secondo a fissarlo, indecifrabile. «I maghi nel Qun non hanno il lusso di potersi lamentare come qui a Sud. Ai Saarebas vengono tagliate le mani, cucite le labbra e coperti gli occhi, costretti a servire il Qun e privati della loro asala.» Scrutò intensamente Trevelyan, per poi spostare lo sguardo su Marian. «Nel Qun non c'è cambiamento, ma forse nella vostra Chiesa c'è una possibilità che accada davvero. Per il momento il compromesso è la possibilità migliore che abbiamo. Poi vedremo come procedere, in base ai risultati che avremo o meno ottenuto. Tuttavia, il templare ha ragione su una cosa. La soluzione non può essere il Tevinter.» Per un secondo, negli occhi viola della ragazza Garrett parve leggere una punta di risentimento, probabilmente verso quelli che erano stati i suoi maestri.

A quel punto, Garrett non riuscì più a stare zitto. Si schiarì la voce, sollevando una mano come a chiedere il permesso di parlare. «Siamo tutti diversi, qui, e questo è chiaro. C'è chi sarebbe pure contento di stare in un Circolo, se questo gli garantisse sicurezza e il rispetto che ciascuno merita,» sorrise ad Alain, che ricambiò riconoscente «c'è chi invece ne ha passate così tante che giustamente non si fida abbastanza da tornarci.» Evitò di guardare in direzione di Anders, il petto che ancora bruciava di risentimento per le frecciatine che si era beccato dall'uomo che diceva di amarlo. «E pur non essendo certo un templare, conosco una piccola parte di ciò che accettate di portare sulle vostre spalle per riuscire a fare il vostro dovere, e sono grato che esistano persone come mia sorella Marian, o Andrew, o voi tutti che siete qui, perché mi fa sperare che come nella mia piccola famiglia, si possa collaborare persino tra maghi e templari, nonostante tutto.» Ricambiò il cenno d'intesa della sorella, alla quale era spuntato un mezzo sorriso sul volto teso. «Ed è vero, Anders ha ragione, non ho mai provato sulla mia pelle cosa significhi essere rinchiuso in un Circolo, ma ho sempre fatto del mio meglio per aiutare chi era in difficoltà. E ora è l'intera città a risentire della nostra faida: maghi e templari stanno trascinando nel loro conflitto tutta Kirkwall, e se non troviamo un punto di incontro la Chiesa ci scatenerà addosso una Santa Marcia e a quel punto non importerà a nessuno dei nostri discorsi filosofici, perché saremo tutti morti.» Prese fiato, tentando di ridacchiare per smorzare la tensione. «Nessuno qui dentro penso pretenda davvero di trovare una soluzione permanente a tutti i nostri problemi, sarebbe assurdo. Però per il momento, come ha detto Adaar, è la nostra opzione migliore. Un passo nella direzione giusta, senza dover ricorrere all'ammazzarci a vicenda. Perché se dovesse scoppiare davvero una guerra, ne soffriremmo tutti. Quasi tutti abbiamo amici, familiari o addirittura amanti dall'altra parte, e anche se non li abbiamo personalmente, conosciamo qualcuno che ne ha. Marian è disposta a mettersi in prima linea per far funzionare quest'accordo, e io pure, qualsiasi cosa richieda.» Cercò di sorridere, facendo vagare lo sguardo sulla sala. Si spostò accanto alla sorella, spalla contro spalla. «Chi è con noi?»

Andrew lo raggiunse dopo un istante, seguito a ruota da Trevelyan. Ruvena li affiancò subito dopo, e Hugh dietro di lei. Thrask annuì a sua volta, Keran alla sua destra.

Alain fu il primo dei maghi a muoversi, andando ad accostarsi a Marian e sorridendole nervosamente, seguito dall'elfa minuscola, che lo prese per mano.

Altri templari, alcuni maghi, nel giro di qualche tesissimo respiro quasi tutti manifestarono in un modo o nell'altro il loro supporto.

Adaar si limitò ad annuire, appoggiando solennemente il grande maglio da guerra in terra, e solo in quel momento Garrett notò il piccolo ragno nero immobile sulle sue corna.

Stök, accanto alla ragazza, scoppiò in una fragorosa risata, dandole una pacca sulla schiena che la Tal-Vashot incassò con una piccola smorfia irritata, alzando gli occhi viola al soffitto.

Gli unici che sembravano non aver apprezzato il suo discorso erano Grace e – Garrett sentì una stilettata dritto al cuore – Anders, che lo guardava furioso.

Prima che potesse aprire bocca, il compagno gli diede le spalle, girando i tacchi e andandosene verso le scale, Grace dietro di lui.

L'Artiglio dell'Usignolo si affiancò a Garrett e alla sorella, facendo un cenno compiaciuto col capo da sotto la maschera di porcellana. «Ben fatto.» Notò che il suo sguardo era fisso su Adaar, e si chiese se anche lei avesse notato l'aracnide sul capo della Tal-Vashot.

Sentì Marian tirare un sospiro di sollievo.

L'elfa si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito. «Non cantare vittoria troppo presto, tenente, dobbiamo ancora farti Comandante.»
























Note dell'Autrice: ammetto che non vedevo l'ora di arrivare a questo punto. Siamo davvero alle battute finali, tutti gli ingranaggi si sono messi in moto e ognuno ha detto la sua. Marian sta probabilmente affrontando il giorno più stressante della sua intera vita, e Garrett ha ricevuto una bella coltellata alle spalle.  
E ancora non hanno visto nulla... 

Biscottino a chiunque abbia capito che il ragno sulla testa di Adaar è ovviamente Jowan (aveva usato lo stesso trucchetto quando Geralt era andato a pranzo dagli Hawke-Amell nel primo atto, se qualcuno ci avesse fatto caso...). 
E un altro biscottino a chi ha capito che i titoli di questi ultimi quattro capitoli sono tratti dal brano "Take back the power" dei The Interrupters. 

Che dire, stay tuned, sarà un finale scoppiettante. :D 

  
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