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Autore: lapacechenonho    06/01/2021    3 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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34- 017: Things you said when you were drunk (Le cose che hai detto quando eri ubriaco).
 
Ginny girava per la casa ormai sgombra da scatoloni che occupavano spazio. Nonostante i preparativi per le nozze ed i loro impegni lavorativi, erano riusciti a sistemare la casa prima del previsto. Sebbene fossero un mago ed una strega abbastanza potenti, c'erano cose in cui la magia non poteva arrivare: il trasloco era una di queste.
Meditava di prendere un tè prima di andare a dormire, suo marito era fuori per l'addio al celibato e dubitava che sarebbe tornato tanto presto. Ma si sbagliava. Mentre si dirigeva in cucina, il campanello di casa suonò insistentemente. Quando aprì la porta si trovò davanti un Harry sfatto che a malapena riusciva a stare in piedi e Ron e Neville ai suoi lati che lo reggevano. Non doveva essere stato facile arrivare fino a lì, visto le espressioni di entrambi.
«Che avete combinato?» chiese innervosita mentre i tre entravano in casa e facevano sedere Harry sul divano.
«Ginny, amore» farfugliò.
Ginny era troppo scioccata per salutarlo e per di più puzzava di alcol. Nessuno dei due aveva ancora risposto alla sua domanda. «Quindi?» li incalzò chiudendo la porta. I due guardavano Harry leggermente imbarazzati.
«Forse abbiamo leggermente esagerato» rispose Neville. Anche lui aveva la voce impastata dall'alcol ma non era nelle condizioni di Harry.
«Ma voi non siete conciati come lui» appuntò inviperita.
«Be' forse Harry ha alzato un po' il gomito» rispose Ron facendo spallucce.
«Merlino, avete vent'anni a testa e vi comportate come dei dodicenni!» esclamò.
Harry nel frattempo era sdraiato sul divano con la faccia sprofondata nel cuscino, Ginny dubitava stesse respirando ma era troppo arrabbiata con tutti e tre. «Dai Ginny, è solo un po' di alcol, domani sarà come nuovo» disse Ron cercando di farla calmare.
«Come siete arrivati fino a qui? Dov'è la moto di Sirius?» domandò. Aveva capito che farla troppo lunga non avrebbe portato a niente, perciò andò sul pratico.
«Fuori dal pub Babbano dove siamo stati stasera» rispose Neville passandole un foglietto di carta plastificato in cui c'era scritto il nome e l'indirizzo.
«Bene, domani andremo a recuperarla» commentò guardando quell'indirizzo a lei sconosciuto. «Adesso andate a casa a farvi una doccia perché puzzate di fumo e di alcol e non credo che tua moglie ti farà entrare a letto combinato così» aggiunse rivolta a Ron.
Lui ed Hermione erano sposati da pochi mesi e anche loro stavano cercando una casa diversa da Grimmauld Place, a quanto dicevano, Walburga Black con loro era ancora più perfida che con Harry e Ginny. Una volta che Neville e Ron furono usciti, Ginny sospirò e guardò il suo quasi marito.
«Harry» lo chiamò. Lui in tutta risposta grugnì. Lo scosse per le spalle e lui finalmente si girò a guardarla.
«Ginny» disse accarezzandola. Non capiva perché continuasse a dire il suo nome.
«Sono io» rispose non sapendo bene cosa dire. «Ti va se andiamo di sopra, indossi il pigiama e ti metti a dormire?» propose. Harry scosse la testa.
«Questa vestaglia è molto carina ma a me piaci di più nuda» biascicò. Ginny rise ma ignorò il commento.
Con non poca fatica lo sollevò da divano e iniziarono a fare le scale, Harry continuava a biascicare cose incomprensibili come viaggi in sella agli Ippogrifi e unicorni come addobbo per la cerimonia del matrimonio.
«Potremmo mettere uno striscione con scritto “Voldemort fa schifo”» propose ad un certo punto quando erano quasi in cima alle scale.
«Non mi sembra uno striscione adatto per un matrimonio» rispose. Aveva il fiatone e si chiese perché negli allenamenti di Gwenog Jones non ci fosse un esercizio che implicasse trasportare un fidanzato ubriaco - poco collaborativo - per le scale. Lo lasciò a farfugliare cose senza senso fino a quando non arrivarono nella stanza e finalmente poté farlo sedere sul letto matrimoniale. Sospirò cercando di regolarizzare il respiro e maledicendo tutti i suoi fratelli e i compagni di stanza di Harry.
Prese il pigiama di Harry che era appeso dietro la porta, lui, sdraiato sul letto, sembrava essere caduto in un sonno profondo. Quando però iniziò a sollevargli il maglione per mettergli la maglietta del pigiama, sussultò, forse per il contatto inaspettato. Aveva gli occhi socchiusi e Ginny si focalizzò sui suoi capelli più sbarazzini del solito e sulle sue iridi verdi che a malapena si intravedevano.
Sorrise. Era bello anche così.
«Ginny» la chiamò. Ginny era un po' esasperata dal fatto che la chiamasse in continuazione ma cercò di non permettere all'irritazione di averla vinta.
«Sì?» chiese col tono più dolce che riuscisse ad avere.
«Tu non te ne andrai, vero? Non morirai o mi lascerai per qualche motivo, vero?»
Ginny sentì una stretta al petto. Con Harry avevano parlato più volte del fatto che quello fosse il periodo più bello della loro vita, ma Ginny non aveva mai tenuto conto della profonda tristezza che Harry portava dentro di sé da quando era nato. Non aveva mai tenuto conto di quante persone aveva perso e di quante lo avessero abbandonato. Soprattutto non aveva mai tenuto conto di quanto questi singoli eventi avessero influito sulla vita del suo fidanzato. Non gliene aveva mai parlato apertamente, forse per non farglielo pesare e solo adesso che aveva abbandonato le barriere della razionalità, si era lasciato andare a quella paura che era radicata in lui.
Gli sorrise dolcemente, Harry ricambiò anche se probabilmente non se ne rese manco conto. Finì di sistemarlo e poi lo mise al letto alzandogli le coperte fino al mento. Non era più il grande mago che aveva fatto cose incredibili, che aveva salvato il Mondo Magico, sembrava un bambino indifeso che aveva bisogno di essere curato con la medicina più potente: l'amore.
Gli carezzò la fronte scoprendo la cicatrice dove appoggiò le labbra per un bacio lungo e umido. «Non me ne andrò, Harry, sarò sempre accanto a te».
E mentre sentiva il respiro di Harry farsi più pesante, sorrise sapendo di avere trovato veramente la persona della sua vita.
 
«Davvero ti ho chiesto di appendere uno striscione con scritto "Voldemort fa schifo"?» chiese sbigottito Harry. Era leggermente imbarazzato ma Ginny annuì divertito. «Non me lo ricordo» mormorò.
«Be' eri ubriaco» rispose con fare ovvio alzando le spalle.
Harry guardò il bicchiere vuoto dove tempo prima c'era del Whisky. «Da ubriaco sono pessimo, perché non mi hai vietato di bere per il resto della vita?» chiese con un velo di vergogna nella voce.
«Harry, era solo una sbronza, il giorno dopo eri un fiore splendente col mal di testa» sdrammatizzò ridendo. «Però non avevo mai riflettuto sul fatto che nella tua vita fossi stato così solo, perché non me lo avevi mai detto?»
Harry non seppe cosa rispondere. Si sentiva un bambino colto con le mani nel sacco. «Non lo so» ammise. «Immagino che non me ne fossi reso realmente conto finché non ti ho avuta accanto» rispose stringendole forte la mano. Ginny ricambiò la stressa come se non volesse lasciarlo mai andare via.

«Adesso puoi raccontare le promesse matrimoniali» gli concesse.
«Raccontamele dal tuo punto di vista» propose Harry. «E poi io ti racconto le tue dal mio punto di vista» concluse.
Sentirono l'aria fresca di ottobre lambire la loro pelle, le foglie degli alberi della Tana iniziavano a cadere costellando il giardino di colori autunnali. Il luogo era affollato di gente che veniva da ogni angolo dell'Inghilterra, gli ingressi erano protetti da alcuni Auror per non permettere l’accesso a persone estranee. Un battito di ciglia e finalmente erano lì: il giorno del matrimonio era arrivato.
   
 
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