Libri > Altro
Segui la storia  |       
Autore: Iurin    07/01/2021    0 recensioni
[Weir di Hermiston]
Il romanzo di Robert Louis Stevenson, "Weir di Hermiston", per l'appunto, non è mai stato concluso (lo scrittore è morto prima di poterlo fare). Questa è un mio modo per poter dare un punto a quella storia in base all'idea che mi sono fatta dei personaggi nei nove capitoli pubblicati da Stevenson.
Il libro non è di certo uno di quelli che va per la maggiore, quindi non mi aspetto grande ricezione, ma pazienza!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo XI


Fu uno scandalo quando Frank Innes e Christina Elliott fuggirono assieme. Uno di quegli avvenimenti di cui si parlò per settimane, anche addirittura per mesi!, e che sicuramente, dopo anni, le donne avrebbero ricordato nelle serate in cui ci si riunisce con i vecchi membri della famiglia.
La notizia si sparse in tutto il paese… anzi, in tutti i paesi circostanti: signorotto fugge con pastorella. Ma non si parlava anche dell’animo ferito di Archie, quello no: quella, di vicenda, era nota a pochi, e forse una malinconia in un uomo già malinconico di per sé non avrebbe attirato più parole di quante gliene avrebbero solitamente riservato. Ma, nonostante questo, non si poteva dire che la sofferenza fosse minore, specie all’inizio.
L’amore a prima vista è subdolo, da questo punto di vista: invade uomini e donne con estrema prepotenza, li fa suoi, li riempie come un fantoccio piene riempito di sabbia, tanto fino quasi a farlo esplodere. E il dolore che ne deriva è proporzionale allo spazio occupato. L’amore a prima vista, quando subisce un mutamento, quando viene ostacolato, quando viene portato via senza il consenso di uno dei diretti interessati, è così: terribile, come un’onda del mare che si infrange sugli scogli. Violento. L’amore a prima vista può essere tanto esaltante, tanto gioioso, quanto nauseante e causa di insostenibili crampi allo stomaco.
E questo cominciò a provare Archie, quando tutto venne a galla.
Quello che era un amico se ne andò da Hermiston con il proprio bagaglio sulle spalle, lasciando una lettera sul tavolo della sala da pranzo, e incontrandosi poi, poco dopo, con la stessa Christina, anche lei provvista di borsa e vestiti di ricambio. Innes aveva intenzione di tornare da suo padre, di presentargli la donna che aveva intenzione di sposare e di sistemare tutte le questioni economiche. Se suo padre avesse appurato che lui avesse messo la testa a posto… era sicuro che sarebbe stato più accondiscendente che mai.
E forse Innes poteva soprassedere per un po’ anche lui sulle origini umili della ragazza che ora aveva al suo fianco. O, comunque, prolungarsi in uno dei suoi accorati e convincenti discorsi da futuro avvocato quale poteva ancora diventare.
E Archie? Come si vive il dolore, a Hermiston?

Caro amico Archie.
Caro vecchio amico.
La vita a volte ci porta davanti a bivi che dobbiamo affrontare, ci porta a scegliere in che direzione andare, sebbene entrambe portino a luoghi che ci sono cari.
Mi sono riappacificato con voi, avevamo deciso di dare inizio a quella che sarebbe stata una nuova era della nostra amicizia, ma, per quello che sto per dirvi, non solo suppongo che la nostra amicizia terminerà, ma che comincerete ad odiarmi con tutto il cuore.
So che siete un personaggio malinconico. Siete famoso per questo. So che, senza volerlo, vi alterate spesso, ma che non c’è mai una vera cattiveria ad attorcigliarvi le budella. So che dopo ogni discussione viene il perdono, in un modo o nell’altro.
Ma, dopo questa mia lettera, mi odierete. Mi detesterete e so già che non mi perdonerete mai.
Ma, come ho scritto poc’anzi, non posso evitarlo, per quanto vorrei. Perché ciò per cui vi sto perdendo è ciò che potrebbe salvarmi da altro. No, non parlo di un tesoro per sanare i miei debiti… Sì, Archie, ne sono a dir poco pieno… Anche se in realtà si potrebbe parlare comunque di un tesoro, anche se non di sonante moneta.
Sto parlando della signorina Christina Elliott, dell’allegra pastorella. Ma ne sto parlando in un modo diverso da quello da noi medesimi utilizzato qualche tempo fa.
L’ho conosciuta. Le ho parlato. Quasi per caso, quasi no. Forse ero curioso. Forse no.
E lei ha parlato a me, più e più volte, ci siamo incontrati, e ora, Archie… So che ti spezzerò il cuore e che in altrettanti piccoli pezzi lo ridurrà lei, ma io e Christina abbiano deciso di andare via assieme.
Lo so che non ti sembra giusto, e so che tu stavi solo prendendo tempo per poter parlare con tuo padre, per poter trovare le parole che avrebbero riabilitato te stesso e presentato lei sotto una fervida luce.
Ma lei vive già, di luce.
E tu queste parole non vuoi leggerle.
Io e Christina partiamo, spero che, se mai un giorno ci incontreremo di nuovo, le circostanze saranno più felici di quelle che suppongo siano ora.
Ti saluto.
Frank Innes

Ma non era tutto qui. Assieme alla lettera di Innes ve n’era un’altra, sicuramente posta lì dallo stesso Frank, ma non scritta di suo pugno. Era una lettera breve, dalla grafia tonda e studiata, ogni parola era stata scritta con il massimo impegno possibile.

Caro signor Weir,
mi dispiace tantissimo di come la vita a volte giochi con i cuori delle persone. Ha giocato con i nostri, e ora si era stancata di noi, preferendo che io iniziassi a provare un certo attaccamento per il signor Innes.
Questo non vuol dire che io non abbia nutrito affetto nei vostri confronti! Questo non dovete pensarlo mai!
Ma così sta succedendo, e chi sono io, piccola Christina Elliott, per mettermi contro il volere della Vita stessa, il volere di Dio, potrei addirittura supporre. Anzi, ne sono certa! Come potrei?
Spero riuscirete a trovare la felicità che meritate, Archie, perché siete una persona che ne ha disperatamente bisogno.
Vi saluto con il cuore in mano,
Christina Elliott

All’inizio il signor Weir affrontò la sofferenza e l’amarezza chiudendosi nella propria stanza, a chiave, senza l’evidente intenzione di uscire o di mangiare alcunché. Kristie insistette a farlo venir fuori di lì più volte, ma a nulla valsero le sue preghiere. Perché all’inizio gli chiese tutto con estrema calma, gentilezza e cortesia: Archie era un animo ferito, in quel momento, ogni parola non poteva essere che più di una carezza.
Poi, però, quando Kristie aveva cominciato a capire che così non avrebbe ottenuto nulla, cambiò metodo di approccio: iniziò a denigrare Frank e Christina. In realtà parlare male del signor Innes le era risultato facile sin da molto tempo prima, ma con la sua giovane parente era un altro discorso. Avrebbe dovuto insultarla apertamente? Fare velate allusioni? Parlarne in modo distaccato?
Ma come poteva parlare di lei senza lasciarsi infervorare, rimanendo con la voce calma, quando era lei il motivo per cui il suo adorato signor Weir si ritrovava in quello stato?
Probabilmente fu il cambio di tono – e anche la fame, a questo punto – a fare uscire Archie dalla sua camera, alla fine. Quando Kristie lo vide scendere le scale, pallido e con la barba, gli corse incontro. Non aveva affatto un bell’aspetto, lui: in quel momento possedeva una trasandatezza che non gli donava; il suo bel viso, smagrito e con le occhiaie, sembrava quello di un uomo più vecchio di lui di anni. Kristie poso una mano sul suo braccio, stringendolo, e subito gli parlò con voce calda e confortevole.
“Oh, signor Weir, finalmente avete deciso di tornare. È stato terribile non vedervi. Buon Dio, voi avete bisogno assolutamente di mangiare. Venite, venite, in questi giorni qualcosa è sempre rimasto al caldo per voi. Mangiate, e dopo: un bel bagno; vi riempirò la vasca.”
“Siete sempre così cara, Kristie,” fu la prima cosa che disse lui, con voce arrochita dall’aver poco parlato, e lei non poté far altro che sentirsi ancora più ispirata di prima.
Così Archie mangiò e Kristie gli riempì la tinozza per lavarsi, cosa che lui fece. Solo dopo si ritrovarono di nuovo insieme. Era come se Kristie non volesse staccare gli occhi da lui, come temendo che, se avesse smesso di guardarlo, lui sarebbe tornato a chiudersi nella propria stanza.
“È stato così orribile.” Riuscì, alla fine, a dire lui, e Kristie capì che poteva sedersi sulla sedia di fronte alla sua, in quel momento. “Così tremendamente orribile. Io ero qui a struggermi, a cercare le parole adatte, ero qui che mi dicevo ‘Non andare a vederla finché non sarà tutto chiarito!’. E Innes, invece – quel maledetto! – non si faceva scrupoli a riempire di sé la mia assenza.”
“È stato un vero farabutto, non c’è dubbio.”
“E lei… Perché, Kristie, perché? Perché non mi ha atteso?”
In quel momento Archibald Weir di Hermiston sembrava solamente il bambino che era stato, un bambino bisognoso di una carezza. Ma Kristie, nonostante la confidenza e la devozione, nonostante l’affetto, non osava donargliela.
Lei si limitò a sospirare.
“Le donne sono volubili, e lo sono ancora di più quando sono giovani. Ma non la sto giustificando: per quanto il cuore sia incerto, l’intelligenza e il rispetto non dovrebbero mai venir meno.”
“E l’amore? Non era forse amore, tra di noi?”
Kristie si sentì arrossire appena.
“Sono sicura di sì. Sono sicura che da parte vostra, signor Weir, l’amore sia sincero. Ma lei--”
Sia? Come può esserci ancora amore, adesso?” Archie sospirò. “Quel che provo è solo una grande, infernale delusione. Non andrò a rincorrerla. Lei ha scelto Innes, non posso di certo costringerla a seguirmi.”
“No, questo no di certo.”
“La lascerò alle sue scelte, se riusciranno a renderla felice.”
“Ma voi, voi sarete mai nuovamente felice?”
Archie posò fissamente lo sguardo su Kristie, quei suoi occhi così stanchi, nonostante la giovane età, quel volto ancora più pallido del consueto.
“Forse un giorno. Forse quando la memoria si allenterà e comincerò a dimenticare. Ma voi, Kristie, potreste aiutarmi.”
“Io? Davvero? Sarebbe ciò che non oserei mai chiedere.”
Allora Archie si alzò, ma non si mise ben ritto in piedi, quasi scivolò a terra per inginocchiarsi totalmente di fronte alla donna. Lui le prese una mano e Kristie lo guardò confusa.
“Voi siete la mia àncora, signorina Elliott, cara, cara Kristie. Come farei senza di voi? Mi promettete che rimarrete con me, finché la felicità non sarà tornata in questa casa?”
La donna posò l’altra mano sul proprio seno, all’altezza del cuore.
“Oh, signor Archie, c’è da chiederlo? Rimarrei con voi sempre, se solo me lo chiedeste.”
“Vi ringrazio.”
Archie posò la propria guancia, ora nuovamente liscia, sulla mano che teneva tra le proprie, per poi posare un casto bacio sulle nocche ancora sottili come quelle della giovane fanciulla che fu.
Ci fu qualcosa, però, per cui Archie fu costretto a rimettersi in piedi e ad allontanarsi, quasi avesse pestato uno spillo tanto appuntito da pungergli un tallone, mentre Kristie si ritrovò a sussultare, assorta com’era nei propri pensieri. E no, non si era trattato dell’entrata improvvisa della servetta dodicenne, lei sapeva di dover rimanere in cucina, se non quando veniva espressamente chiamata.
No, si trattò di un insistente, quanto potete e rumoroso bussare alla porta.
“Chi potrà mai essere? Potrebbe essere quel farabutto del signor Innes che fa ritorno?” Kristie pensò di potersi prendere la libertà di apostrofarlo in questo modo.
“No, non credo,” osservò Archie, “non avrebbe motivo di essere così irruento, anzi. Il suo bussare sarebbe pacato. Non sottomesso, ma, quantomeno, contrito, suppongo.”
E Kristie, dunque, andò ad aprire alla porta. Quando la spalancò si trovò degli uomini, di fronte, e – no – tra loro non c’era di certo il signor Innes. Non fece in tempo a dire nulla, lei, perché uno di essi la precedette.
“Ah, la zia. Perdonateci se non ci dispensiamo in convenevoli, ma l’occasione per cui ci troviamo qui non è la migliore,” disse Hob.
Sì, proprio lo stesso Hob proprietario terriero a Cauldstaneslap. E con lui vi erano i suoi fratelli, Gib, Clem e Dand. I Quattro Fratelli Neri stavano per fare irruzione a Hermiston.
Archie si sentì impallidire ulteriormente, quando li vide, sentendosi tremendamente in colpa. Si ricordò della storia che Kristie gli aveva raccontato durante una delle loro chiacchierate, e davanti agli occhi gli passò l’immagine viva e nitida dei Quattro Fratelli che, senza neanche aver bisogno dei cavalli, entravano in casa e cominciavano a calpestarlo fino a ridurlo in una rossa poltiglia.
Kristie li fece entrare con cortesia, anche se confusa a sua volta. Ma, in fondo, il motivo di quella visita improvvisa non era molto difficile da dedurre.
“Signor Weir, potete, di cortesia, spiegarci il motivo di questa lettera?” Il tono con cui Gib si rivolse a lui lo fece quasi tremare.
Quasi. Di certo non tremò comunque, di fronte a loro. Anche se Archie immaginò Gib schiaffeggiarlo con quel foglio piegato a metà che gli stava sventolando di fronte al viso.
“Calma, calma, Gib,” intervenne il ricco Clem, “non c’è bisogno di essere tanto irruenti.”
“Non ce n’è bisogno?!” Ribatté l’altro. “Eccome se ce n’è bisogno! Dovremmo prendere i cavalli, dividerci e cercare dappertutto!”
“Non siamo quelli di prima, anche se mi piacerebbe,” commentò, però, Dand, pacato, come se apparentemente la questione non gli interessasse. Il luccichio dei suoi occhi diceva altro, però.
Ma quale questione?
“Signori, signori,” fece Kristie, piazzandosi di fronte a loro come se i suoi nipoti fossero ancora dei bambini – nonostante il ‘Signori’, “Non facciamo nulla di affrettato. Possiamo ben capire il motivo per cui siete qui, e l’unica cosa che io stessa voglio fare è aiutarvi, così come sono stra-convinta che sia anche la volontà del signor Weir.”
Il signor Weir in questione girò lentamente il proprio capo verso Kristie, che, però, non lo stava guardando.
Cosa?” Pensò, e poi la sua mente elaborò una spiegazione a tutta quella faccenda: “Ecco, hanno saputo che corteggiavo Kristie. Anzi, Christina. Ora sono infuriati con me. Mi uccideranno come hanno ucciso quei banditi, come se io stesso fossi un bandito! Come potrei accettare tutto questo? Certo che no!
E, nonostante la fermezza del carattere di Archie, nonostante lui affrontasse di petto i suoi rivali – certo, a meno che questi non scappassero nel cuore della notte – gli venne l’impulso di fuggire. Stava quasi per fare un passo verso la cucina che Kristie continuò, indicando la lettera che Gib ancora aveva in mano:
“È di vostra sorella, dico bene?”
“Proprio così,” affermò Dand, con sguardo severo.
Tutto è perduto!” Esclamò, a mente, Archie.
E Dand continuò a parlare, stavolta rivolto al signor Weir, e non a sua zia:
“E voi – voi  – non dite di non saperne niente…”
“In realtà ancora non ha detto proprio niente,” commentò Gib, ma Dand non ci fece caso.
“… Di sicuro siete coinvolto in tutta questa storia.”
Archie, però, a questo punto cominciò ad essere confuso: certo che c’entrava in tutta quella storia, dato che Christina era solita passeggiare con lui, prima di essersi intrattenuta con Innes. Qualcosa non gli stava tornando, per cui la momentanea e vile – ma umana e comprensibile – paura si fece da parte e venne sostituita dal desiderio di voler capire di più.
“Potrei leggere, prima che giungiamo tutti a conclusioni troppo affrettate,” fu, dunque, la prima cosa che Archie pronunciò di fronte ai Quattro – Infuriati – Fratelli Neri, “che cosa dice la lettera che il signor Elliott tiene tra le dita?”
“Suggerite di non essere a conoscenza del suo contenuto?” Chiese Hob.
“Non solo suggerisco, ma affermo con certezza. O, perlomeno, posso solo immaginarlo. Non comprendo, però, il collegamento con la mia persona.”
“È più che ovvio il collegamento!”
“Gentiluomini miei cari, non perdiamo la calma. Non ancora, perlomeno,” intervenne Clem. “Gib, dagli la lettera e, signor Weir, sono io il signor Elliott,” parlando, Clem si prodigò in un mezzo sorriso, riferendosi evidentemente ai loro personali soprannomi, “se volete, chiamate pure Gib ‘Lo Strambo’.”
“Nessuno più mi chiama così da anni,” rispose l’interessato, mentre, comunque, porgeva ad Archie l’ormai dibattuta lettera.
“Meglio ‘Il Diavolo’?” Scherzò Dand, che venne fulminato dagli occhi di suo fratello.
Archie lesse, nel frattempo. Lo fece con occhio concentrato, e Kristie, che lo osservava con altrettanta attenzione, notò come, man mano che proseguiva con la lettura, le sua dita stringessero inconsapevolmente la carta, creando pieghe che avrebbero potuto essere scambiate per piccole crepe sottili. Poi lui terminò la lettura.
“Vostra sorella, qui,” la voce gli tremò leggermente, sul momento, ma poi Archie si schiarì la gola, ritornando ad acquistare quel controllo di sé che aveva da così poco finalmente ritrovato, “parla chiaramente di Frank Innes. Non di certo… Non di certo di… me.”
No,” pensò Archie tra sé e sé. “Di me non parla affatto.
Poi scosse la testa per eliminare definitivamente quel pensiero molesto. Aveva detto che si sarebbe lasciato tutto alle spalle. Doveva andare avanti, e doveva farlo necessariamente.
“Non giriamo intorno alla questione,” si intromise nuovamente Hob – sembrava decisamente il più pacato e riflessivo dei Quattro. “Frank Innes viveva qui e voi eravate suo ospite. Siete amici, no? Non credo che non via abbia rivelato anticipatamente quale fossero le sue intenzioni.”
“Io non sapevo niente di quello che stava architettando insieme a vostra sorella.”
“Ah, come se Christina fosse davvero coinvolta!” Sbottò Dand.
“Cosa state suggerendo?” Archie inarcò un sopracciglio, mentre formulò la domanda.
“Sto suggerendo che nostra sorella potrebbe essere stata raggirata dal vostro amico signor Innes, che possa essere stata portata via con l’inganno!”
“Questa è buona, buon Dio!”
La voce che si inserì nella conversazione fu quella di Kristie, rimasta in disparte per tutto il tempo ma che, effettivamente, non era mai andata via. Al che tutti si voltarono verso di lei, così la donna proseguì:
“Vostra sorella – mia nipote – non è stata certamente rapita, se è questo che intendete. Il signor Innes è di certo un antipatico, uno sbruffone e un farfallone, ma non è un criminale, sebbene farebbe piacere pensarlo. Quindi non è neanche un rapitore.”
“Nostra sorella non sarebbe mai fuggita in questo modo!” Esclamò Clem. “La conosco, vive insieme a me e alla mia famiglia, a Glasgow. La conosco. Mai, mai--”
“Io credo,” soggiunse Archie, interrompendolo delicatamente, “che vostra sorella non sia una bugiarda. E che abbia deciso con la propria volontà come comportarsi. Per quanto… per quanto il suo comportamento possa far male. Nella lettera ha scritto di essere partita con Frank Innes perché intenzionata a voler passare i giorni futuri con lui. Bene. Sono convinto che sia così. Nessun crimine è stato perpetrato, se non quello del… tenere nascoste le cose e del fuggire.”
Archie e Kristie si scambiarono un’occhiata eloquente, ma nessuno fece loro troppo caso. Anzi, i Quattro Fratelli Neri non li stavano proprio guardando: erano completamente presi a discutere tra di loro su cosa fosse più opportuno fare e in cosa, invece, fosse meglio non invischiarsi.
“Dobbiamo trovarla!” Diceva uno.
“Ma se è andata via perché voleva, noi cosa dovrem--” Provava a dire un altro.
“Beh, fuggire non ha mai portato nulla di buono a nessuno, da che ho memoria, specie se non si è inseguiti da dei banditi.” Protestava un altro ancora.
“In realtà ci siamo noi, ad inseguirla.” Commentava il quarto.
“Ci stai paragonando a dei banditi?”
“Neanche a nostra madre! Poteva parlarne almeno a lei, è una maschera di dolore!”
Signor Weir!” Esclamò infine Clem, al che Archie smise di passare gli occhi da uno agli altri di essi e si mise più dritto con la schiena, nel portamento da signore per bene quale lui effettivamente era.
“Ditemi, signor Elliott.”
“Abbiamo appurato che la vostra implicazione in tutta questa disgraziata faccenda è minima, ma rimane il fatto che Frank Innes è vostro amico.”
“Non mi assumerò responsabilità che non mi competono, se è questo che volete dire.”
“Ma non voglio dire questo, no.” Clem fece un breve cenno di diniego con il capo, prima di sorridere piuttosto ambiguamente. “Voglio dire che potreste darci il suo indirizzo di Glasgow, per esempio.”
Archie esitava. Doveva farlo?
“Signor Weir, non è una cattiva idea,” gli fece notare Kristie, posando una mano sul suo braccio, all’altezza del gomito, “potranno chiarire per conto loro la faccenda.”
“Gli farete del male?” Si ritrovò, però, a chiedere lui.
“Per chi ci avete preso?” Protestò Gib. “Mi era parso di aver specificato che non siamo banditi.”
“Avremo solo l’occasione di confrontarci.” Precisò Hob.
“E di parlare con Christina.” Aggiunse Dand.
“Certo, sempre che loro due si trovino davvero a Glasgow.” Proseguì Hob. “Potrebbero essere ovunque, ma lì potremmo incontrare qualcuno che, che Dio ce la mandi buona!, potrebbe avere qualche informazione in più.”
“Siete disposto a farci questo favore, signor Weir?” Gli chiese, allora, di nuovo Clem.
Archie, per una frazione di secondo, esitò ancora, ma poi si ritrovò a costringersi a scacciare il pensiero che fosse un peccato che I Quattro Fratelli Neri non volessero neanche dare una breve ma energica rastrellata al suo ‘vecchio amico’ signor Innes. Allora Archie chiese a Kristie di andargli a prendere l’occorrente per poter scrivere.
I Quattro ringraziarono, prima di uscire dalla proprietà. Si toccarono il cappello e Dand si profuse anche in un mezzo inchino.
Forse più in ‘un quarto’ d’inchino, ma tant’è,” pensò Archie.
Ed era proprio il poeta-pastore a stringere la carta con l’indirizzo di casa di Innes padre.
Archie si disse che, in fondo, non aveva fatto nulla di male: in un modo o nell’altro, d’altronde, gli Elliott sarebbero riusciti comunque ad entrarne in possesso, prima o poi. Lui aveva solo contribuito ad accelerare i tempi.
Quando, dunque, andarono via e la porta venne chiusa a chiave, per un attimo Hermiston sembrò addirittura vuota.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Iurin