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Autore: Himechan    24/08/2009    7 recensioni
Mi toccai il rametto di violaciocca che avevo tra i capelli e chiusi gli occhi, ascoltando solamente il rumore delle onde che mi bagnavano i palmi dei piedi, lasciandomi trasportare dall’alchimia blu di quelle onde e imprimendomi il suo sguardo nel cuore.
Solo allora capii che il nostro tempo, durato l’istante di un sorriso, era finito per sempre.
TERZA CLASSIFICATA AL NEW COUPLES CONTEST INDETTO DA AMIMY
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d. Hime: Era da tanto tempo che avevo in mente di dedicare un po’ di spazio a questa coppia che seppur per brevissimi istanti mi ha colpita profondamente. Il non detto, il non scritto, il non vissuto è qualcosa che mi ha sempre particolarmente e irrimediabilmente attratto, per questo sentivo la necessità impellente di scrivere qualcosa su Pezzite e Zaffiro, sul loro amore appena nato e mai vissuto e sul loro triste addio. Un piccolo tributo visto in chiave introspettiva da parte di una donna innamorata, consapevole di stare per perdere l’Amore della sua vita in una Battaglia già persa in partenza. Il doloroso distacco di due amanti e di due anime incrociate per pochi,brevissimi, intensi attimi irripetibili. Lo strazio di Pezzite è lo strazio di tutte le Donne, di ogni epoca e di ogni tempo costrette a rimanere e a continuare a vivere, nella certezza che il Proprio uomo, e assieme a lui, una parte di sé stesse, non tornerà mai più da loro.
Riassunto: Questa one shot corrisponde agli eventi distruttivi della serie animata Sailor Moon-R del Black Moon Clan in cui compare la figura di ChibiUsa plagiata e trasformata dal Death Phantom nella Black Lady. Blue Sapphire nel manga originario non è altro che l'alchimista della famiglia della Black Moon Clan, e il fratello minore del principe Demand. È considerevolmente più cauto e razionale rispetto ai suoi compagni, ed è l'unico membro della famiglia a non indossare gli orecchini di cristallo nero, nonostante sia stato egli stesso ad inventarli. Anche la maggior parte dei droids vengono creati da lui. Sia nel manga che nell'anime, Sapphire è l'unico a rimanere, in qualche maniera, immune al potere di Death Phantom, tentando in più occasioni di avvertire il fratello di quali siano, secondo lui, le vere intenzioni del Saggio, ottenendo soltanto reazioni violente da parte di Demand. Nel manga è proprio Demand ad uccidere il fratello durante un impeto di ira. Nell'anime invece la storia è leggermente diversa. Sapphire inavvertitamente scopre le reali intenzioni di Death Phantom, avendo conferma dei suoi sospetti. Ma prima di riuscire ad avvertire il fratello, viene ucciso da Death Phantom. L’ultimo sorriso è rivolto a Petz, una delle Ayakashi Sisters, un tempo appartenenti al Black Moon Clan e in seguito, purificate dal Cristallo d’Argento di Sailor Moon. Ecco, io mi sono semplicemente ispirata a questo tenero e al tempo stesso tragico episodio per riscrivere l’addio tra Petz e Sapphire.






                                                        Waves’ blue alchemy




Abbiamo perso anche questo crepuscolo.
Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano
mentre la notte azzurra cadeva sul mondo.

    P. Neruda, Abbiamo perso



Era ferito.
Stravolto, dolorante, inquieto.
Apparentemente senza una meta.
Apparentemente.
Lo vidi fermo, all’angolo della strada, immobile, lo sguardo contratto in una maschera di dolore mentre si premeva la spalla ferita con una mano.
Lo riconobbi immediatamente.
Del resto lo avrei riconosciuto tra mille e più volti.
E anche oltre.
Sebbene fosse passato del tempo da quando Sailor Moon aveva donato a me e alle mie sorelle un’esistenza nuova, non avevo certo dimenticato la mia vita precedente..
E neanche lui. E quegli occhi blu del colore del mare d’inverno.
Eravamo tornate a nuova vita da pochi mesi quando in città era comparso misteriosamente quel cristallo nero dalle dimensioni gigantesche che incombeva minaccioso su Tokyo: gli scienziati non erano ancora riusciti ad identificare quell’oggetto inquietante che pareva irradiasse una potentissima energia negativa, tuttavia io ne avevo subito intuito la natura maligna e devastante.
E chissà per quale ragione collegai immediatamente la comparsa del cristallo corvino alla sua presenza.
Lui si trovava esattamente dall’altra parte della strada.
Poi la sua figura svanì dentro un vicolo buio.
“Che c’è Pezzite? Hai visto qualcosa?” mi chiese mia sorella Kalaverite con aria stupita, allungando lo sguardo proprio dove era il mio. Tacqui per un istante, con aria pensierosa, immobile.
“No…Io…Uhm…Nessuno…” risposi spostando gli occhi con espressione preoccupata, ferma sul marciapiede, in mezzo al caos cittadino, verso l’enorme cristallo nero.
“Non credi che dovremmo andarcene da questa città?” fece Kermesite assecondando il mio stato d’animo teso e agitato.
Del resto, ora che eravamo diventate semplici terrestri avevamo perso tutti i nostri poteri originari per controbattere ad una possibile minaccia da parte della famiglia della Luna Nera.
La nostra presenza sarebbe risultata completamente inutile nell’offrire un sostegno efficace alle guerriere Sailor, per questo io e le mie sorelle avevamo meditato da tempo di trasferirci altrove.
In quel momento però, qualsiasi altra decisione mi parve del tutto insignificante di fronte alla visione di lui.
Ne ero certa, non mi ero sbagliata.
Lui era lì.
“Altezza…” mormorai a fior di labbra.


                                                                                          ***************

Incespicò una, due, tre, quattro volte.
Il dolore alla spalla era lancinante. Non gli lasciava tregua. Eppure da un lato si sentiva un vero e proprio miracolato dopo che il Saggio lo aveva mancato per un soffio.
Maledetto Saggio.
Ora che si era rivelato in tutta la sua subdola e perversa natura, suo compito principale diventava quello di avvisare suo fratello Diamond del pericolo imminente.
Anche a costo della sua stessa vita.
Di colpo era come se la maschera di cartapesta che aveva sempre avuto sul viso gli si fosse squarciata di netto, rivelandogli tutta la brutalità dei progetti di quell’essere senza volto, in cui lui stesso, Diamond e persino quell’intrigante della Lady Nera rappresentavano inutili pedine pronte ad essere annientate in qualunque momento.
Era molto debole eppure riusciva distintamente a percepire il cosmo di suo fratello. Doveva solamente raggiungere il cristallo corvino… Doveva…
Mosse ancora qualche passo nei pressi di un parco giochi deserto. La ferita alla spalla sanguinava copiosamente lacerandogli la carne.
Il dolore era insopportabile.
“Diamond… Fratello…” Si appoggiò ad un albero, poi d’improvviso gli parve che le cose attorno a lui perdessero il loro colore e la loro forma naturale.
Il dolore non gli dava tregua.
Si abbandonò di schianto sull’erba, su di un fianco.
“E’ una strana morte la mia, e inutile perché mio fratello non sa del complotto…” pensò socchiudendo gli occhi.
Poi sorrise piano “Eppure bella… Così piacevole…Non sento più neanche dolore…”
Aspirò in un ultimo, breve, alito di vita la delicatezza del profumo dell’erba bagnata e capì, prima di perdere completamente i sensi che la Terra sarebbe stato un meraviglioso pianeta da conquistare.
Se solo non avessero…
I pensieri si interrompevano continuamente…
Se solo suo fratello non avesse ascoltato le parole di quell’impostore.
Se solo il Saggio non li avesse manipolati a suo piacimento come tanti burattini.
Se solo fossero riusciti a conquistare il Pianeta Terra senza l’ausilio del Potere Nero.
Se solo…
D’improvviso gli parve come se l’aria nei polmoni gli fosse mancata “Perdonami, fratello…”
Il suo sguardo si addolcì, prima di spegnersi nell’Oblìo Eterno.
“L’erba…come profuma…mi era mancata…”

Vagare in un limbo senza fine… Questo è il tuo destino?
Torna guerriero dal tuo sonno tormentato…


“Fratello!” urlò di colpo, svegliandosi di soprassalto e ricadendo di schianto sui guanciali di un morbido letto.
Dov’era finito? Che posto era mai quello?

Aveva avuto un sonno agitato, carico di incubi terribili, e quando si svegliò appariva quasi terrorizzato.
Era stato un compito arduo vegliare quel sonno tormentato senza poter far niente se non accarezzargli i morbidi capelli scuri dai riflessi blu notte, inumidirgli la fronte madida di sudore e di febbre e pensare… Pensare a tutto ciò che lo aveva portato fin laggiù, fin sulla Terra, rischiando ad ogni costo la sua vita.
Ci avevo riflettuto a lungo dal preciso istante in cui Sailor Moon ci aveva trasformate in esseri umani.
Avevo riflettuto a lungo sul significato del sacrificio verso il prossimo, sull’amore disinteressato che ti lega alle persone a cui vuoi bene, sui legami di sangue.
Tutto questo su Nemesis non era mai esistito: lo avevamo imparato dalle guerriere Sailor.

A come Amore.
A come Amicizia.
A come Altruismo.

Possibile che un sentimento simile avesse spinto il Principe a sacrificare la propria vita?
Avevo perso da tempo ormai i miei poteri eppure riuscivo distintamente a percepire l’aura magnetica del Principe Zaffiro.
Ed era un cosmo splendente, seppur indebolito dai colpi ricevuti, un cosmo importante, straordinariamente potente e puro, non contaminato dal potere malvagio della Luna Nera.
E dunque…
“Altezza…” mormorai con dolcezza per non spaventarlo ulteriormente con la mia presenza.
Lui si voltò di scatto, gli enormi occhi azzurri a fissarmi con espressione indecifrabile.
Tacque un istante poi articolò il mio nome quasi in un bisbiglio.
E fu il suono più dolce che avessi mai udito in tutta la mia vita.
“Pezzite?!”
Annuii in silenzio.
“Dove… Dove mi trovo?” mi chiese con voce rauca.
“Nella mia casa Principe… Nel mio letto…” mormorai in tono vagamente imbarazzato, pentendomi quasi subito di quella precisazione non voluta tanto intima e privata.
“Come è possibile…Come…” deglutì tentando di vincere il dolore nonostante gli avessi applicato sulla ferita alla spalla un unguento particolarmente efficace.
“Io devo…Devo…Non posso rimanere qui…” disse a denti stretti tentando faticosamente di mettersi a sedere.
“Altezza è ferito…E molto debole…Non può muoversi…Deve rimettersi in forze per…” Non terminai la frase.
In fondo non conoscevo il motivo principale per cui il Principe Zaffiro era giunto sulla Terra.
Teoricamente le sue potevano anche essere intenzioni bellicose e poco amichevoli, eppure chissà perché capii d’istinto che né io, né le mie sorelle avevamo nulla di cui temere.
“Cosa ne sai tu?” mi rispose bruscamente, distogliendomi dai miei pensieri “Tu e le tue sorelle ci avete tradito! Perché mi hai portato qui, dunque? Sai che potrei punirvi duramente per il vostro vile tradimento?”
Lo fissai dritto negli occhi, con espressione fiera e decisa, la stessa che riluceva nei suoi occhi azzurrissimi come il mare. Per un istante fu come leggere nel cuore l’uno dell’altra.
Una sfida aperta.
“Ne sono ben consapevole Altezza. E sono pronta a pagarne le conseguenze in qualunque momento” risposi risoluta, profondamente convinta di quelle parole.
Continuò ad osservarmi in silenzio, poi piano piano abbandonò quell’espressione truce e incattivita per rivolgermi un pallido sorriso.
“Stai tranquilla, non sono venuto qui per fare il giustiziere di nessuno. Sono solo alla ricerca di mio fratello e tu… Tu sei stata così…uhm…gentile da… trovarmi e…” si guardò l’ampia fasciatura sulla spalla “E…prenderti cura di me…” disse in tono un po’ più dolce, facendomi arrossire per la seconda volta.
Il suo sguardo mi trafiggeva l’anima talmente era intenso e gentile. Facevo fatica a credere che facesse parte di un clan malefico come quello della Luna Nera e che nelle sue vene scorresse il sangue del Potere Oscuro della sua famiglia.
In quel momento mi sembrava semplicemente così…così…
Diverso.
“Altezza nonostante siamo diventate terrestri lei rimane sempre il mio…il nostro Principe” mi corressi pregando che nei miei occhi non leggesse niente di tutto ciò che il mio cuore urlava.
Era stato l’istinto a condurmi da lui e ad aiutarlo.
Istinto… E qualcosa d’altro.
Unico. Indistruttibile. E spaventosamente grande.
“Non potevo lasciarla svenuto a terra non le pare?!” sorrisi girandomi nervosamente le mani sul grembo, sforzandomi di apparire disinvolta e tranquilla.
In realtà dentro, tremavo.
“Sarebbe stato…Come dire…Uhm…Poco regale?!” sorrisi imbarazzata, cercando di sdrammatizzare quella situazione tanto delicata.
“Tutta colpa di quel maledetto saggio” e mi spiegò brevemente della sua terribile scoperta e di come si fosse impossessato, prima di fuggire, di un pezzo proveniente dalla Fornace del Potere. Per riaverla quell’essere era disposto a qualsiasi atto spregevole.
Lo ascoltai in silenzio mentre gli versavo nel piatto una minestra calda che lo avrebbe ristorato un po’.
Lui la accettò di buon grado, e mentre sorbiva con eleganza il liquido chiaro e bollente dal cucchiaio, non smetteva di fissarmi con i suoi muti occhi indagatori “E’ una sensazione curiosa eppure… Eppure stare accanto a te mi fa sentire meglio. Non so se esista una parola per definirla…”
“Si chiama serenità, Altezza” gli suggerii “Uno stato di calma e di benessere profondi che ci scalda il cuore, pervadendolo di dolcezza. Sono sentimenti che ci hanno insegnato ad apprezzare Sailor Moon e le sue amiche. Sentimenti che noi abitanti di Nemesis non avevamo mai conosciuto chiusi com’eravamo nel nostro proposito di conquista. Sentimenti…” tacqui un istante, fissandolo con sincerità “Sentimenti che valgono la pena di essere provati…Quella ragazza ha operato su di noi un vero e proprio miracolo!”.
Lui mi ascoltò profondamente affascinato, con la stessa espressione curiosa di un bambino a cui si raccontano delle cose meravigliose a lui finora sconosciute.
“Sentimenti hai detto?” pareva colpito, e molto sorpreso dalle mie parole. Voleva saperne di più, probabilmente.
Possibile dunque che il loro piano di conquista, la loro concezione di vita fosse del tutto sbagliata?
Mai, prima di allora aveva sentito la parola Amore pronunciata da un componente della Famiglia della Luna Nera, ed era giunto quasi alla dolorosa conclusione che probabilmente neanche suo fratello Diamond si sarebbe mai sacrificato per lui.
Tutto questo gli metteva addosso una profonda tristezza.
Fu come se io gli avessi aperto del tutto gli occhi sulla sua natura sbagliata perché questo evidentemente lo turbò in maniera particolare.
“Temo di non aver mai provato questi sentimenti di cui parli” mi disse con un sorriso un po’ triste “Probabilmente non è nella mia natura provare…come lo chiamano i terrestri? Amore?!”
“Oh no! No, Altezza non è vero, sa che non è vero! Io sono certa invece che è capace di grandi e nobili sentimenti!” replicai calorosamente senza neanche accorgermi di essermi avvicinata troppo al suo viso bellissimo e perfetto. Mi ritrassi immediatamente , abbassando lo sguardo con la stessa reverenza di una suddita di fronte al suo Principe.
Mi guardò stupito per un attimo, poi mi rivolse un sorriso tenero, da ragazzino.
“Tu sei diversa dagli altri Pezzite… Sei buona e gentile… Anche questo te lo hanno insegnato le guerriere Sailor?”
“Principe…” mormorai interdetta, sentendomi nuovamente avvampare.
Rimanemmo ancora in silenzio, senza osare dire qualcosa di più: temevo che il cuore mi balzasse fuori dal petto talmente batteva furiosamente.
Fu lui a rompere quel silenzio assordante.
“Pezzite?!”
“Altezza…”
“Prima che io vada… Ecco… Faresti una cosa per me?”
Non c’era neanche da domandarlo.
Per Lui avrei sacrificato la mia stessa vita.
Lui era il Mio Sovrano.

In te è la vita per me.


Aveva fermato il tempo sul suo Pianeta prima di andarsene.
Del resto era in suo potere farlo.
Per non più di un’ora.
Sapeva che non ne avrebbe avuto mai più occasione.
Lui mi sorrise, deliziato come un ragazzino di fronte ai regali ricevuti la mattina di Natale.
Era così buffo in quel momento: pareva aver perso tutto quel carisma potente da sovrano per rivelarsi quello che in realtà era.
Semplicemente un ragazzo.
Mi rivolse un sorriso esitante come a chiedermi il permesso.
A me.
Gli feci cenno di sì con la testa, per rassicurarlo.
Non aveva mai assaggiato un frappè al cioccolato tanto delizioso.
Motoki era diventato grazie ad Usagi e alle altre ragazze anche nostro amico, e i suoi frappè per me e le mie sorelle erano diventati ormai un rito pomeridiano.
Non fece domande quando vide quello strano ragazzo, seduto accanto a me, che dapprima fissava con aria sospettosa l’enorme frullato e poi una volta assaggiatone un sorso se lo gustava tutto d’un fiato dalla cannuccia rischiando quasi di strozzarsi.
Non potei trattenere una risatina quando lui si voltò a guardarmi e me ne chiese timidamente un altro. Sembrava così giovane e felice di scoprire tutte quelle cose che su Nemesis non gli erano concesse, che la sua espressione fanciullesca e deliziata mi commosse fino in fondo all’anima. “Ha un sapore così dolce…” mormorò estasiato facendo roteare lentamente il frullato all’interno del bicchiere, come se al suo interno potesse scorgere tutte le risposte alle sue domande, fissandolo con attenzione e capendo di provare per la prima volta una sensazione profondamente diversa da quella a cui era sempre stato abituato. A lui non era mai stato concesso niente di tutto ciò: niente di così semplice, e libero e puro. E incredibilmente meraviglioso. Il profumo dell’erba bagnata di rugiada, la risata di un bambino, la premura di una ragazza che ti vuole bene, il tiepido calore del sole d’aprile, la dolcezza zuccherosa di un frappè al cioccolato…E capì di colpo che nessun folle piano di conquista valeva tutto quello di cui era stato sempre privato e di cui non aveva mai conosciuto l’esistenza.
Poi andammo al mare, e fu la cosa più bella che potessi fare per lui.
Mi tolsi le scarpe con disinvoltura e lui mi imitò con aria vagamente impacciata e goffa.
Che strana sensazione…
Ma anche immensamente piacevole. Una sensazione di autentico stupore.
La brezza di primavera gli scompigliava lievemente i capelli e l’aria frizzante e tiepida gli dava un aspetto molto più sano e meno grave.
Mi pareva quasi che avesse abbandonato del tutto quel colorito pallido e trasparente.
Affondò lentamente i piedi nella sabbia tiepida, provando lungo la schiena una sensazione di benessere e di immenso piacere, e cominciò a muovere qualche passo sulla spiaggia deserta.
Il mare era calmo, quieto, dello stesso colore dei suoi occhi.
Affondare i piedi nella sabbia morbida e aspirare a pieni polmoni l’odore intenso del mare, sentire l’aria fresca di aprile scompigliargli i capelli, era tutto ciò che aveva sempre desiderato…solamente questo…mai aveva provato una sensazione tanto piena di calore.
Una sensazione…Umana? Possibile fosse così deliziosa?
“Non è meraviglioso?” esclamò guardandomi con un largo sorriso estatico e prendendomi d’improvviso la mano in un gesto pieno di dolcezza e di innocenza che mi fece provare un miscuglio indicibile di emozioni.
Cominciammo a camminare lentamente, assaporando ogni singolo istante della nuova esistenza, poi improvvisamente allungò il passo, fino a mettersi a correre, ridendo deliziato come un ragazzino “E’ meraviglioso! Dio se è meraviglioso!” gridò scoppiando a ridere felice come un bambino mentre correvamo insieme lungo la battigia, lambita dalle lievi onde del mare. Si fermò dopo un po’ con il fiatone, fissando estasiato l’immensa distesa d’acqua lucente davanti a noi.
L’acqua era gelata ma lui sembrava non accorgersene minimamente, consapevole di non aver mai provato una sensazione tanto piacevole in tutta la sua vita.
Guardò a lungo l’azzurro davanti a sé, con aria pensierosa, aggrottando le sopracciglia, poi si voltò verso di me “Pezzite… Allora è questa quella che voi umani chiamate serenità?”
“Probabilmente…Sì Altezza” feci cenno di sì con il capo
“Bhè…Allora suppongo sia una bellissima sensazione…” si chinò a raccogliere un pugnetto di sabbia e osservò quasi incantato un piccolo granchio che scappava rapido verso l’acqua.
La cosa che più lo lasciava stupefatto era il particolare, la semplicità, l’essenza di ogni cosa. Ed era come se avesse visto tutto questo per la prima volta, proprio come gli occhi di un bambino.
Questo aspetto del Principe mi era del tutto sconosciuto: ed era un aspetto incredibilmente inedito e adorabile, che mi lasciava davvero stupefatta.
E me lo faceva amare ancora di più.
D’improvviso mi pareva così tenero e vulnerabile!
Restò in silenzio ancora un po’ mentre il suo sguardo diventava nuovamente duro e cupo come l’acciaio.
“Porterò con me questi preziosissimi momenti per sempre, sai Pezzite?!” disse dopo un po’, rivolgendomi uno sguardo colmo di rimpianto e di malinconia.
“E lo devo a te… Dunque…Grazie…Grazie di tutto…” disse a bassa voce, fissandomi con i suoi fantastici occhi azzurri. “Ora però è giunto il tempo di andare…” Lo scorrere di nuovo del tempo aveva di nuovo portato con sé il dolore atroce alla spalla, e con essa anche la febbre alta.
“Altezza…” mormorai senza riuscire a nascondere la mia preoccupazione nei suoi confronti quando vidi il suo bel volto contrarsi in una smorfia di dolore.
“Ore devi tornare a casa…Dalle persone che ti amano…” disse piano, scandendo bene queste ultime parole “Io vado solo ad avvertire mio fratello…E…”
Non gli lasciai terminare la frase.
Non mi importava niente delle conseguenze.
Non potevo lasciarlo andare. Non così.
“Zaffiro, no!” quasi gridai senza accorgermene il suo nome, e sulle mie labbra mi parve più vivo e reale che mai.
Affondai il viso sul suo ampio petto, sentendomi pervadere il cuore da un immenso senso di sconforto, ma anche da un sentimento di amore travolgente.
“Non andartene, non farlo, ti prego…” sussurrai senza osare guardarlo in faccia, bagnandogli la giacca di lacrime e odiandomi per questo.
Dapprima lui parve sorpreso, poi lentamente, mi cinse le spalle con entrambe le braccia, attirandomi a sé, appoggiando le labbra tra i miei capelli.
“Se vai da tuo fratello per compiere la missione rischi di non tornare indietro vivo! Ed io non voglio!” dissi urlandogli tutta la mia disperazione.
Allora lui mi prese delicatamente il viso tra le mani, costringendomi a guardarlo.
I miei occhi erano colmi di lacrime: avrei voluto essere molto più forte in quel momento, ma i sentimenti per lui mi avevano travolta completamente.
“Ascoltami Pezzite. Tu permetteresti mai alle tue sorelle di compiere un errore micidiale se ne andasse di mezzo la loro stessa vita?” mi chiese in tono dolce, ma fermo.
Era l’uomo che amavo con ogni fibra del mio essere, ma anche il sovrano, a parlarmi.
Scossi la testa.
Ero la più vecchia, ma anche la più saggia e la più responsabile tra le mie sorelle.
Per loro avrei donato la vita.
“Non temere…Non mi accadrà niente…” mi asciugò le lacrime delicatamente, con la punta delle dita e quasi per incanto, fece comparire sul palmo della mano un piccolo rametto di violaciocca* dal tenue colore rosato.
Io lo fissai ammutolita e profondamente sorpresa mentre lui, con un gesto semplice e attento me l’appuntava tra i capelli.
Tornò a sorridermi, accarezzandomi lievemente una guancia.
“Mi aspetterai, vero, quando tornerò dalla missione?” mi chiese in un sussurro, rivolgendomi uno sguardo colmo di tenerezza.
“Ti amo, Zaffiro” mormorai in un soffio, e quella parola, significava tutto ciò che occorreva.
“Non me lo avevi mai detto…”
“Ora lo sai” risposi con una forza che non avrei mai creduto di possedere in quel momento.
“Tornerò da te…Te lo prometto…Grazie…Per tutto…” ma lo feci tacere prima che terminasse la frase. Posandogli dolcemente la mano sulle labbra.
“Non devi promettermi niente. Io sono qui. E ti aspetterò tutta la vita se necessario…”
Lui contemplò a lungo il mio viso, in silenzio, accarezzandolo.
“Sarebbe stato bello conoscerti, qui, al mare, in circostanze diverse, sai?! Avremmo potuto fare talmente tante cose insieme…”
“Zaffiro…”
Lui mi fissò con occhi colmi di amore, e struggimento e rimpianto infinito.
E in quel preciso istante capii che non lo avrei rivisto mai più.
In quell’istante non eravamo più il Principe e la suddita.
Semplicemente Zaffiro e Pezzite.
Un uomo e una donna.
Ed ero consapevole più che mai di star perdendo per sempre l’Amore della mia vita, come l’acqua, che in un battito di ciglia ti scivola via dal palmo della mano, senza che tu possa far niente per trattenerla.
“Io ti aspetterò… Tu rimarrai sempre qui, con me” gli dissi ad un soffio dalla sua bocca, premendomi una mano sul cuore.
Lui annuì e prima che potessi dire, o fare altro mi posò un lieve bacio sulle labbra, che si fece improvvisamente colmo di urgenza e di desiderio, mentre mi stringeva con forza al suo corpo caldo e ferito: sapeva di rimpianto per tutto ciò che avremmo potuto vivere, e dolore per un destino che non riusciamo ad accettare e passione infinita, prima del distacco definitivo. Mi abbandonai a quel bacio completamente, affondando le dita tra i suoi soffici capelli, accarezzandogli fremente la lingua con la mia e sentendolo, per quei brevissimi istanti d’incanto, mio, soltanto mio!
Quando mi staccai da lui una lacrima gli scivolò lenta su una guancia.
E capii che era troppo tardi.
Prima di voltarsi, mi rivolse un ultimo tenero sorriso, sfiorandomi il viso con la punta delle dita, e senza dire una parola, si allontanò da me svanendo in un pulviscolo dai bagliori dorati accecanti.
Così rimasi lì sola, improvvisamente, il cuore ancora pieno di lui e delle sue carezze e di quel suo ultimo bacio: abbassai lo sguardo e mi accorsi che sulla sabbia, proprio di fronte a me c’era scritto qualcosa. Poche parole… E feci appena in tempo a leggerle con gli occhi accecati di lacrime prima che il mare ne cancellasse il ricordo evanescente. E fu allora che capii:


E mi senti da lontano,
e la mia voce non ti arriva:
lascia che il tuo silenzio
sia il mio silenzio stesso
Lascia che il tuo silenzio
sia anche il mio parlarti,
lucido come fiamma,
semplice come anello*

Mi toccai il rametto di violaciocca che avevo tra i capelli e chiusi gli occhi, ascoltando solamente il rumore delle onde che mi bagnavano i palmi dei piedi, lasciandomi trasportare dall’alchimia blu di quelle onde e imprimendomi il suo sguardo nel cuore.
Solo allora capii che il nostro tempo, durato l’istante di un sorriso, era finito per sempre.

                                                                                   
                                                                                           Fine


* La violaciocca è un fiore significativo in questo contesto perché indica fedeltà assoluta nelle avversità. Ed è questo l’ultimo messaggio di amore che Zaffiro lascia a Pezzite nel darle una speranza oltre la realtà.
* Alcuni versi tratti dalla poesia Mi piaci silenziosa di  P. Neruda
   
 
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