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Autore: thors    08/01/2021    1 recensioni
[note] I fatti narrati in questa storia si svolgono poco tempo dopo gli eventi raccontati nelle serie animata “Avatar: The legend of Aang” (quindi c’è qualche spoiler) e costituiscono un enorme “what if” della successiva stagione “The legend of Korra” (alla quale non viene fatto nessun riferimento).
[intro] Il nuovo Signore del Fuoco viene travolto dalle più terribili violenze, mentre sui quattro regni spira un nuovo vento di guerra che lo trascinerà in un abisso oscuro e profondo, ma Ethiel, una giovanissima mezzelfa, affiderà a lui la sua vita e gli mostrerà in cambio un nuovo futuro.
[cit] Nel vederlo, Ethiel ne fu sorpresa, confusa ed inorridita.
«Non… non è un elfo…» protestò, senza smettere di fissare l’orrenda bruciatura che sfigurava il volto del ragazzo davanti a lei.
«No, non lo sono», replicò lui con tono seccato, mentre ricambiava lo sguardo della ragazzina con un’espressione altrettanto perplessa.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mai, Zuko | Coppie: Mai/Zuko
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di una mezzelfa'
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5. Terribili scoperte

 

Seppur di malavoglia, Zuko si nascose assieme ad Ethiel in un avvallamento del terreno, dal quale poteva controllare un lungo tratto della strada. Quando fu in vista un solo carro, i due, agendo di concerto, tramortirono gli occupanti e si dileguarono nella foresta in sella a due robusti cavalli-struzzo, coi quali si allontanarono rapidamente verso i territori poco popolati a nord-ovest.

A metà pomeriggio si fermarono presso un ruscello dall’acqua cristallina e, non molto lontano, scoprirono con gioia una conca abbastanza ampia per lavarsi comodamente. Dato che non avevano fretta, decisero di riposare in quel luogo per il resto del giorno, così catturarono qualche pesce e condivisero il loro passato sino a quando non si fece ora di andare a dormire.

Un incubo svegliò Ethiel nel cuore della notte, e lei, troppo agitata dai suoi pensieri per potersi riaddormentare, decise di ammirare lo scintillio dell’acqua corrente sotto il cielo stellato. Dopo pochi passi, però, fu presa dal desiderio di esaminare l’amuleto al collo di Zuko. Oltre ad essere un oggetto di splendida fattura anche per il popolo degli elfi, lei riusciva a percepirne un potere sconosciuto quando si trovava abbastanza vicina, una forza verso la quale sentiva una inspiegabile affinità. Si avvicinò al suo compagno di viaggio con passo tremante ed il cuore che le martellava in gola, poi, mentre gli toglieva la collana, sussultò di paura ad ogni suo movimento e più volte fu sul punto di rinunciare e tornare indietro. Quando ebbe la collana tra le mani, si rese conto di doverla rimettere al suo posto per non essere scoperta e rimpianse di non aver atteso il mattino per chiederla senza correre il rischio di mettersi così stupidamente in cattiva luce davanti all’unica persona sulla quale potesse sperare di contare. Arrivata a quel punto, però si disse, tanto valeva osservare alla chiara luce delle stelle quel che aveva faticosamente ottenuto. Si allontanò un poco, rischiando di inciampare un paio di volte, prese il pendaglio tra le dita, ed esso si aprì di scatto, scoprendo al suo centro una gemma scura e lucida. Dopo un po’ di tempo che l’osservava, si accorse che la piccola pietra rifletteva il suo volto con incredibile dettaglio, riuscì anche a distinguere chiaramente l’immagine dei suoi occhi, ma, in quel momento, vi fu un’esplosione di luce tutt’attorno a lei che la costrinse a chiudere le palpebre.

Quando le riaprì, scoprì che si era fatto giorno e che non si trovava più nei pressi del ruscello. Frastornata e spaventata a morte, scorse non molto lontani alcuni spiriti nelle forme di bizzarri animali, si voltò d’istinto per scappare e, ovunque lei gettasse lo sguardo, ne vide molti altri seminascosti tra gli alberi. Non poté trattenere un grido di disperazione; e gli spettri, alcuni tanto grandi da schiantare al loro passaggio persino gli alberi più grossi, le vennero incontro.

«No! Non avvicinatevi!» urlò, ed una fitta di dolore le lacerò il cuore.

Come costretti ad obbedire alle sue parole, gli spiriti si fermarono dove si trovavano. Solo uno, dalle minacciose sembianze di un coccodrillo, mise in mostra enormi zanne gocciolanti di bava e riprese ad avanzare.

«Fermati ho detto!»

Il dolore la fece cadere in ginocchio, ma anche quest’ultimo spirito, arrivatole così vicino da farle sentire il tanfo del suo fiato, arrestò la sua corsa. Ethiel si allontanò da lui, cadde nuovamente a terra e, guardandosi attorno, vide con orrore che gli altri, seppur lentamente, avevano ripreso ad avvicinarsi. Non fu più in grado di rialzarsi: al crescente dolore al petto, ora come se una lama vi fosse infilata dentro e qualcuno la stesse rigirando, si era accompagnata anche un tremenda debolezza. Quando arrivò a credere che sarebbe stata quella sofferenza inspiegabile ad ucciderla, un orso bianco balzò accanto a lei e, standosene ben ritto sulle zampe posteriori, urlò con voce possente contro gli altri spiriti, come a rivendicare per se stesso la preda che gli giaceva accanto.

Il coccodrillo fu il primo ad allontanarsi, poi l’accerchiamento si dissolse. L’orso si sedette pacificamente davanti ad Ethiel e le disse con voce gentile: «Non avere paura. Ora sei al sicuro, ma è stato folle da parte tua entrare nel regno degli spiriti».

La ragazza, sentendosi ancora debole ma meno sofferente ed un po’ più rassicurata, gli rispose: «Come ho fatto ad arrivare qui?»

«Questo io non lo so, giovane dominatrice degli spiriti, ma so dirti come tornare nel tuo mondo.»

«Dominatrice degli spiriti?»

«È quel che ho detto. Poco fa hai usato il tuo dominio, anche se non ne sei padrona.»

«Però li ho fermati…» mormorò, avvertendo le sue forze tornare. Si prese un po’ di tempo per riflettere e poi, a voce più alta, gli chiese: «Ci sono spiriti, in questo mondo, che possano farmi conoscere il mio passato?»

«Ne conosco uno, ma nel passato sono spesso celate cose che non vorremmo mai sapere; e nel tuo caso, temo, potrai solo farti del male.»

«Starò attenta. Tu puoi portarmi da lui?»

L’orso scosse la testa contrariato. «Posso farlo, ma dovremo camminare a lungo, mentre tu faresti meglio a tornare indietro.»

«Ora sto bene e posso camminare, quindi fammi strada», gli rispose con tono sicuro, trovando conferma di aver appena usato il dominio in una nuova fitta di dolore.

 

Camminarono più a lungo di quanto Ethiel avesse immaginato, attraversando una vegetazione non dissimile da quella di una foresta del mondo reale, ma popolata esclusivamente dagli spiriti.

L’orso, infine, si sedette ai margini di uno stagno. «Qui dentro vive Kalta. Chiamalo: se vorrà risponderti, verrà fuori.»

Ethiel lo chiamò, ma nulla emerse per mostrarsi a lei. Usò allora il suo dominio, e l’acqua verde gorgogliò fino a quando un grosso pitone non srotolò il suo corpo su tutta la riva. Volse il muso verso la ragazza e sibilò: «Sei tu la sciocca che mi ha ordinato di uscire? Dimmi cosa vuoi sapere, se non hai paura di quel che potrei mostrarti».

L’orso si alzò e fece un passo indietro, invitando Ethiel a seguirlo, ma lei non gli badò.

«Voglio sapere chi è mio padre e perché mia madre non mi ha mai voluto parlare di lui.»

Kalta alzò il muso fino a raggiungere l’altezza di quello della ragazza; poi la superficie putrida dello stagno divenne liscia, immobile. E gli eventi che portarono alla nascita della mezzelfa presero forma a pelo dell’acqua.

 

Durante l’invasione del Regno della Terra, quel triangolo di terra a nord-ovest delle rovine di Taku, situato tra i tre picchi ed un braccio d’acqua salata del mare Mo Ce, divenne un punto strategico di fondamentale importanza per la Nazione del Fuoco. Qui venne costruita l’invalicabile fortezza di Pohuai, e qui, all’ombra delle sue mura, truppe ed armamenti provenienti sia dalle terre già conquistate, sia dalla madrepatria via mare, venivano raccolti e poi smistati verso le zone di conquista.

Non appena Shinu divenne comandante della roccaforte, si ritrovò nella necessità di collegare il porto con le regioni interne tramite una linea ferroviaria. Poteva facilmente costringere i dominatori della terra suoi prigionieri a costruire una galleria attraverso i tre picchi, ma doveva poi trovare un percorso che attraversasse la grande foresta che si estendeva a nord di quei monti e che non fosse infestato dagli spiriti.

In quei luoghi si era combattuta per mesi una sanguinosa battaglia contro un’armata del Regno della Terra particolarmente numerosa ed ostinata. Nessuno dei suoi cinquemila soldati ne uscì vivo, né fu portato via o seppellito, cosicché i corpi marcirono nella boscaglia e le anime si tramutarono in spettri colmi di un odio feroce.

Un gruppo di arcieri Yuyan fu mandato in esplorazione e riferì al suo ritorno di una popolazione insediatasi in un ampia fascia al centro della foresta, particolarmente abile nel nascondersi e nel tirare con l’arco ed anche capace di respingere gli spiriti dal loro territorio.

Alla prospettiva di mandare i propri uomini in guerra contro simili avversari, Shinu trovò una ben più valida e geniale alternativa: se il dominio del fuoco non poteva sconfiggere gli spettri, poteva però essere usato per spingerne un buon numero dentro la zona abitata da quella gente ostile e sconosciuta.

Nel corso di solo tre settimane, la regina Fanie perse figli e consorte, e vide coi suoi occhi la disperazione di un popolo millenario ad un passo dalla sua estinzione. Costretta alla resa, fu scortata da una decina di elfi sino alla fortezza di Pohuai per incontrare il comandante ed accettare le sue condizioni. L’accordo prevedeva che gli elfi mantenessero il loro territorio, ma, in cambio, aiutassero la Nazione del Fuoco nella costruzione di una strada e di una ferrovia attraverso il cuore della foresta, garantendo anche protezione a soldati e materiali di passaggio.

A Shinu, però, dopo aver scorto la bellezza della regina, tutto questo non sembrò un premio sufficiente per la sua brillante vittoria. Dopo aver reso inoffensivi gli elfi guerrieri bruciando loro le mani, impose alla regina di spogliarsi davanti alla sua stessa scorta e a dozzine di altri soldati, ordinò quindi ad un ufficiale di puntarle un coltello alla gola e la violentò proprio accanto alla pergamena da lei appena firmata. Infine, le promise che sarebbe tornato a riprendersela, a guerra finita, per farne il suo animaletto da compagnia.

 

Sconvolta dalle brutali crudeltà alle quali aveva appena assistito, Ethiel seguì meccanicamente l’orso per ore, o forse per giorni interi, e si risvegliò di colpo, frastornata e in lacrime, accanto ad un fuoco acceso.

Quando riconobbe la voce di Zuko, lei si mise a sedere e si strinse a lui con tutta la sua forza, senza mai smettere di piangere in modo disperato.

«Ethiel, stai bene?» chiese lui, stanco e preoccupato, non appena i gemiti della ragazzina si placarono un poco.

«No… Non sto bene.»

«Eri nel mondo degli spiriti, vero? Ho avuto paura che tu non trovassi più la via per uscirne. È passato quasi un giorno da quando ti ho trovata, e tra poco spunterà l’alba. Cosa ti è capitato?»

«Un serpente mi ha mostrato la guerra… e come sono nata… Mio padre è un mostro! Vorrei dimenticare tutto, tutto quanto!»

Zuko riuscì a farsi un’idea di cosa potesse averla turbata a tal punto, le accarezzò dolcemente la testa e le mormoro: «Mi dispiace, ma devi essere forte. La guerra ha distrutto molte vite in ogni luogo dove è arrivata. Ho visto con i miei occhi il dolore che semina nei cuori delle persone e non dimenticherò mai i volti disperati e senza speranza delle donne e dei bambini che incontrai nei villaggi conquistati dalla mia nazione. Ethiel, non so cos’hai visto esattamente e non ti chiedo di raccontarmi nulla se non te la senti, ma sappi che anch’io, a volte, ho la sensazione di soffocare nei miei ricordi. Mai, però, sono stato disperato come questa notte, quando temevo di aver perso anche te».

Presa da una rabbia improvvisa, Ethiel gli rispose: «Io ho visto gli spiriti spinti dai soldati umani calpestare e fare a pezzi centinaia di elfi, come se fossi stata lì in mezzo! E poi mio padre! Come può, un uomo, fare cose simili… Mia madre non ha mai pianto né urlato, ma soffriva… È stato orribile! Orribile! E tu… pensi di poterti paragonare a me?»

«Se chiudo gli occhi,» disse lui, profondamente commosso, «vedo mia sorella Azula bruciarmi il volto, come già fece mio padre quando avevo circa la tua età, e poi la mia amata moglie, Mai, colpita in pieno petto da un fulmine mentre cerca di salvarmi. Lei precipitò fuori dalla stanza dove stavamo dormendo… e morì ancor prima di toccare il suolo, prima che io… potessi ritrovarla.»

In qualche modo, l’aver vicino qualcuno che potesse comprendere ciò che stava provando la fece sentire un po’ meglio. Abbracciò Zuko e scoppiò in un nuovo pianto, impetuoso ma liberatorio.

 

Dopo aver deciso assieme di ripartire l’indomani, Ethiel se ne stette a lungo in disparte, silenziosa ed incupita, e sorrise per la prima volta solo quando si ricordò che già da un giorno la fasciatura di Zuko poteva esser tolta. Lo prese per mano e, quasi correndo per l’impazienza, lo condusse fino al ruscello. Qui gli svolse il panno dal volto un po’ troppo di fretta e lo incitò a sciacquarsi velocemente, sicura tanto dell’efficacia dei medicamenti elfici quando di vedere nell’acqua il riflesso della sua faccia sorpresa. Quel che non si aspettava, invece, era di restar affascinata ella stessa dal viso risanato e sorridente del ragazzo.

«Faccio fatica a crederci!» esclamò lui con tono allegro, tenendo chiuso l’occhio destro e tastandosi il volto. «Riesco a vedere!»

«Beh…» rispose lei, un po’ imbarazzata, «c’era infusa la magia di mia madre.»

Facendosi nuovamente serio, Zuko le disse: «C’è una cosa che avrei già dovuto dirti. Il ciondolo è tuo, ma Fanie mi aveva chiesto di aspettare prima di lasciartelo. Ora che lo conosci, però, potrei anche dartelo, a patto che tu mi avverta prima di usarlo ancora».

Ethiel fu presa alla sprovvista. Se fosse tornata nel mondo degli spiriti, il suo dominio non sarebbe bastato a proteggerla e non avrebbe saputo nemmeno come far ritorno se non avesse ritrovato l’orso.

«Ora mi fa paura», rispose. «Io… penso sia meglio se lo tieni tu.»

Nella sua mente, però, il pensiero di saper troppo poco, sia sulla sua abilità, sia su quel ciondolo a lei destinato, prese ben presto a tormentarla. Al tramonto, poi, notò un pesce saltar fuori dall’acqua e ricadervi dentro senza far alcun rumore, ed altri piccoli spiriti che giocherellavano con i sassi, con le fiamme del fuoco o che fluttuavano nell’aria, illuminati dagli ultimi bagliori del sole. Si convinse di dover assolutamente incontrare sua madre per interrogarla, così ne parlò con Zuko e gli propose di tornare indietro.

«Io ti capisco, davvero,» replicò lui, titubante, «ma non credo sia una buona idea. Tua madre sarebbe certo felice di rivederci, ma non gli altri elfi.»

«Ci ho già pensato!» esclamò Ethiel, quasi euforica. «Ci basta recuperare un carro e un paio di mantelli dai soldati. Seguiremo la strada di pietra il più a lungo possibile, e poi andrò dritta da lei. Terrò il volto nascosto, così, se fossi vista, gli elfi l’avviseranno, ed io potrò comunque parlarci.»

«A meno che non ci colpiscano prima con una freccia alla schiena», rispose lui sempre meno convinto.

Ethiel cercò di persuaderlo, ma non ebbe successo. Durante la notte non riuscì a dormire, così, suo malgrado, ebbe modo di ripensarci ancora e, quando il cielo non era ancora rischiarato dal nuovo sole, partì in silenzio sul suo cavallo-struzzo.

Avendo passato buona parte delle sua vita a dar la caccia ad Aang, Zuko non era il tipo da sentirsi in imbarazzo alla prospettiva di un inseguimento, specialmente conoscendo già la destinazione. Raggiunse la fuggitiva prima del tramonto, ai margini del regno degli elfi e poco lontano dalla strada, avendo già ben in mente un discorso da farle, ma, vedendola di nuovo in lacrime, non poté far altro che inginocchiarsi accanto a lei e chiedergliene il motivo.

«È morta», rispose Ethiel, stringendosi contro il suo petto.

«Di chi parli?»

«Mia madre… Fanie… è morta.»

«Come fai a saperlo?» le chiese confuso. «Sei già stata dagli elfi?»

«La foresta… la foresta l’ha sussurrato.»

   
 
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