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Autore: the angel among demons    10/01/2021    0 recensioni
Mi chiamo Claire, Claire Myers. Sono sempre stata una ragazza tranquilla e di famiglia molto benestante, anzi...si può anche dire ricca.
I miei genitori sono sempre stati premurosi con me e mia sorella più piccola Mary. Il mio futuro era già stato segnato, sarei andata ad Harvad o Yale, avrei viaggiato il mondo lavorando e avuto la famiglia perfetta.
Andava tutto bene, era tutto perfetto.
Finché una sera, una sola sera, ha mandato in aria tutto quanto. Per meglio dire, un ragazzo.
Quel Leonardo ha scombussolato tutto.
Il mio cuore per primo.
Tra tutti, dovevo proprio innamorarmi di un gangstar?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leonardo DiCaprio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Claire pov

Dopo essermi lavata e asciugata mi vesto del mio pigiama con gli orsacchiotti. Non può essere definito sexy o tanto meno adulto, lo so, ma che dire...a me piace, e anche se so già che quel ragazzo antipatico mi prenderà in giro non mi importa.
Ora che ci penso, non ci siamo ancora detti i nostri nomi.
Spalanco la porta della camera e lui si gira di scatto.

"Come ti chiami?" dico con ancora la mano sulla maniglia.

"Leonardo. Leonardo di Caprio. E tu, orsacchiotta?" mi chiede osservando divertito il mio pigiama.

"Claire Myers" rispondo porgendogli una pastiglia. Lui non la prende, mi guarda soltanto.
"Vuoi avvelenarmi?"

Roteo gli occhi al cielo "É per la febbre. Domani appena ti svegli ti sarà già passata con questa".

L'accetta, e con l'acqua che avevo sul comodino (una bottiglietta che avevo lasciato lì il giorno prima) la ingoia.

"Penso che stanotte dovrò dormire nel letto...con te" dico un po imbarazzata "stai male e se dovesse servirti qualcosa almeno non c'é bisogno che tu gira per casa per trovarmi, in più entro domani mattina non ti sarà passata la febbre quindi..."

"Si si non c'é bisogno che ti cerchi altre scuse per rimanere nel letto qui con me"

Stringo i pugni "Sei proprio uno  scemo io lo dicevo per te. Se vuoi vado sul divano non c'é problema" dio, ci tiene proprio a farmi perdere la pazienza.
Ride. "Tranquilla rimani pure, in fondo é il tuo letto. Ma guardati, sei diventata rossa".

Lo lascio perdere o so che continueremo all'infinito. Spengo la luce lasciando solo entrare quella della luna dalla grande finestra.

Faccio il giro del letto per andare dal mio lato, alzo il piumone e mi ci 'involucro' come un involtino primavera. Ovviamente lascio il massimo che posso di distanza tra me e lui, in mezzo potrebbe starci anche una terza persona.

"Ho la febbre, non la peste"

 "Ma dai? Lo so. Non stiamo insieme però e non ti conosco neanche, sto facendo tutto questo solo perché mi sento ancora in colpa per averti quasi ucciso" dico tagliente e seccata.

"Wow, come sei esagerata" il suo tono era con un aria da superficialità, e la cosa mi diede solo fastidio.

"Stai scherzando? Potevi morire, per colpa mia. Quando conta per te la vita scusami?"

"A me non interessa" dice facendo  spallucce.

"Cosa, la vita non ti interessa?" chiedo sempre più confusa.

"No, morire non mi importa. Per avere vent' anni ne ho viste tante...e passato dei momenti che vorrei solo poter dimenticare. Mi piace la vita, mi da cose e emozioni nuove, ma se morissi domani non mi interesserebbe perché la mia vita l'ho già vissuta a pieno, non sentirei la mancanza di nulla."

Rimango stupita. Se solo dovessi pensare di morire domani vado in paranoia e sicuramente depressione. Semplicemente perché devo avere ancora così tante emozioni nuove da provare, come il diploma, una bella proposta di lavoro, i viaggi per il mondo...o...l'amore.

Una metà di me ammira il coraggio che usa nel dire queste parole, l'altra metà lo vorrebbe picchiare per essere così menefreghista sul dono della vita. Così, vince la metà arrabbiata.

"Come puoi dire così. Nascere é la cosa più bella che potesse capitarci, io vorrei arrivare fino a cent'anni per non sprecare ogni attimo che arriva, bello o brutto che sia".

Anche se c'è solo il chiaro di luna nella stanza, riesco a vedere la sua faccia diventare turbolenta, quasi infastidita.
"Ci credo che dici così. Guarda che casa che hai, e posso immaginare com'é la tua famiglia, ben educati che ti porgono tutto su un piatto d'argento appena vuoi qualcosa...be io non ho avuto questa bella vita come te, ragazzina viziata".

Vorrei tanto insultarlo per come mi ha chiamata, più che altro il modo in cui lo ha fatto, ma non riesco a dire nulla perché in realtà mi sento una stupida. Ho giudicato tutto senza neanche sapere, e ovviamente non gli chiedo sul suo passato visto che si vede non essere il suo argomento preferito.

"Approposito...perché ci sei solo tu a casa?" mi chiede come se qualche secondo prima non avesse detto quello frase.

"I miei sono fuori per lavoro. E mia sorella più piccola é con loro" rispondo secca senza dare altre spiegazioni, tutto a un tratto non ho più voglia di parlare.

Mi giro dandogli le spalle.

"Claire?"

Sbuffo."Dimmi"

"Grazie"

Non posso crederci, in tutta la sera quello é stato l'unico momento in cui era...serio. E senza un velo di ironia.

Mi rigiro verso di lui. Tiene la testa verso l'alto, poi, la volta verso di me. Ci guardiamo, e di nuovo mi sembra che non ci sia nient'altro apparte noi, i nostri sguardi. 

"Prego" rispondo, semplicemente.

Dopodiché, ci addormemtiamo entrambi, con il leggero rumore del vento che si scaglia sul vetro della  finestra.

La suoneria del telefono é forte e insistente. Apro gli occhi e la luce del mattino mi acceca. Con una mano mi copro gli occhi e con l'altra cerco il cellulare sul comodino. Finalmente lo prendo e senza neanche vedere chi é rispondo.

"Pronto?" dico sbagliando.

"Claire buongiorno! Sono tua madre. Volevo avvisarti che ci hanno rimandato quell'affare di lavoro, perció ieri siamo andati solo a Disney World siccome ormai eravamo in viaggio" a quelle parole il sonno mi passa in un mezzo secondo.

"Oh..em...tra quanto siete qui?" balbetto un po.

"Una decina di minuti"

Immediatamente guardo al mio fianco l'ospite insolito e non desiderato. Nonostante la suoneria e la mia voce dorme ancora profondamente.

"Ho capito, a dopo allora" mi affretto a dire staccando la chiamata senza darle il tempo di rispondere.

Senza perdere un istante mi alzo e con prepotenza butto giù tutta la coperta. Leonardo si rannicchisce dall'inaspettato fresco che lo ha invaso.

"Ma che stai facendo..." ansima addormentato.

"La mia famiglia sta vendendo qui ora" sputo tutto in un colpo.

"Mh...quindi?"

"Quindi tu non dovresti essere qui! Io non avrei dovuto investirti ieri sera e non avrei dovuto farti venire qui a dormire. Mio padre mi ammazza se vede un ragazzo con me sul letto, specialmente se di quel ragazzo non gli ho mai parlato ed é uno sconosciuto anche per me!" dico alzando di poco la voce, sia perché sono incredula che me lo abbia chiesto davvero, e sia per svegliarlo del tutto.

Finalmente apre gli occhi degnandomi di uno sguardo.

"Va bene ho capito" sospira.

"Vado a prendere le tue scarpe di sotto, nel frattempo muoviti a vestirti coi tuoi indumenti, poi dovrai uscire più veloce che puoi dalla porta" detto questo mi fiondo al piano di sotto e prendo i suoi scarponcini ancora un po umidicci. Salgo su e lo vedo ancora con il pigiama di mio padre. Almeno ha tirato su il piumone...

"Muoviti a metterle" gliele do in mano.

Fa una faccia un po disgustata "sono ancora bagnate che schifo" mi giro verso di lui intanto che se le mette.

"Ma fai l'uomo!"

All'improvviso sentiamo il rumore della chiave e la porta d'ingresso principale aprirsi. Per un attimo ci guardiamo terrorizzati.

"Tesoro siamo a casa!" urla mia madre. "Claire dove sei? Devo raccontarti troppe cose belle!" continua mia sorella.

"Cazzo cazzo..." impreco tra me e me mentre lo spingo verso la finestra.

"Ma che vuoi fare sei pazza?" dice con gli occhi spalancati.

Gli faccio segno col dito di stare zitto "Shhh. Non c'é altro modo ormai!".

La apro e butto giù i suoi vestiti che erano ancora sul termosifone.

"Ehi i miei vestiti!"

"Avevi solo da metterli quando ti dissi di farlo".

"Claire sei viva?" il vocione di mio padre lo spaventó, facendolo immediatamente sedere sul davanzale.

"Guarda te cosa mi tocca fare..."

"Zitto e muoviti" dico iniziando a sudare freddo.

Per sua fortuna, c'é un grande albero di fronte alla mia camera, con tantissimi rami grossi e forti, perfetti per arrampicarsi. Da piccola era uno dei miei passatempi preferiti, ci giocavo a fare l'avventuriera. Poi ho smesso quando mia sorella inizió a volerlo fare anche lei, allora le dissi che io stavo sbagliando ed era pericoloso, così diedi il buon esempio e non me lo chiese più.

Leonardo, con un attimo di tentennamento, allunga una mano, affermando uno dei rami, successivamente fa lo stesso con l'altra e inizia a spostarsi di ramo in ramo sempre più velocemente.

Qualcuno bussa alla porta della mia stanza.

"Sei qui sorellina?" la dolce vocina di Mary mi fa sussultare. In un mezzo secondo chiudo la finestra e trascino la tenda.

Ho giusto il tempo di asciugarmi il sudore dalla fronte e fare un respiro profondo.

La porta si apre e lei corre verso di me. Mi abbraccia.

"Mi sei mancata" noto che porta un cappello con le orecchie di Topolino. La stringo a mia volta. "Non ci siamo viste solo per un giorno" le sorrido.

A suo seguito entrano i nostri genitori, William e Nora. "Tesoro perché non rispondevi?" chiede mia madre vedendomi in contro a braccia aperte.

"Be ero ancora mezza addormentata..." cerco di trovare una scusa plausibile. Mio padre viene a darmi un bacio sulla guancia. "Ti vedo ben riposata bambina mia".

Si, sapessero che notte ho passato...

Mi limito a sorridere.

"Facciamo colazione ho fame" dice Mary cercando di trascinarmi dal pantalone del pigiama.
"Giusto! Scendiamo tutti a mangiare" esulta mia madre come se avesse detto di aver trovato l'oro.

Pertanto, ci spostiamo tutti al piano di sotto, e mentre preparo il latte, penso che questa mega novità devo dirla assolutamente a qualcuno, e chi é migliore di Grace per questo?

Leo pov.

Non so se sia dovuto alla medicina della notte prima, Il buon riposo o all'adrenalina, ma adesso stavo correndo come non mai.

Non perché non volevo che suo padre o sua madre ci vedesse insieme nel suo letto nonostante non ci conosciamo, quello è l'ultima delle mie preoccupazioni, se ho fatto tutto di fretta è stato solo per accontentare quell'isterica.

No, sto correndo perché il mio cellulare segnava 45 chiamate perse da un numero in anonimo. So benissimo chi era, Erik e Nicolas mi hanno cercato da ieri notte. Non usavamo mai i nostri veri numeri di telefono, troppo rischioso. E questo, richiedeva anche che se perdevo la chiamata non potevo rintracciarli, essendo anonimo. Devo raggiungerli il prima possibile, prima che prendano provvedimenti seri alla mia scomparsa. O peggio, che informino il capo.

Così, quella mattina del sedici settembre, mi sono ritrovato alle otto del mattino a correre nel quartiere di case più costose, grandi e belle della città, con persone che già a quell'ora stavano in giro, chi a passeggio col passeggino, col cane, chi portava la spesa, chi a braccetto con il partner o chi faceva esercizio. Non importa cosa stessero facendo, tutti si sono fermati a guardarmi. Non li biasimo, in fondo, sto correndo come un pazzo, con la mano sinistra stretta ai pantaloni ancora del pigiama del padre di Claire enormi, a ogni passo scivolavano e mi si vedeva un quarto di chiappa - siccome la sera prima dopo la doccia non le misi per comodità- lo posso sentire dal venticello fresco che mi tocca ogni secondo in quella zona. Sotto il braccio destro i miei vestiti aggruzzulati ancora caldi per il termosine - con tanto delle mie mutande belle in vista - e la mano che tiene stretto il telefono con il GPS acceso, per capire che strade prendere verso la mia meta. Avevo appena interrotto la loro normale, e a parer mio noiosa, quotidianità di persone fighette che si scandalizzano se sua figlia non è più vergine a venti anni.

Dio, quanto non sopporto questo genere di persone.

Le loro facce confuse e aggrottate mi fanno scoppiare a ridere, ma mi fermo subito perché devo risparmiare aria per i polmoni, rendendomi conto di tutta la situazione: In poche ore, sono stato investito, svenuto, portato a casa di una sconosciuta, uscito da una finestra, e ora correvo con quasi il culo di fuori. 'Neanche fossi in un film...' Eppure, dopo queste disavventure improvvise, mi sento felice. È proprio ciò che non mi aspetto, a farmi divertire.

Sorrido. "La vita è bella!" urlo, attirando ancora di più la loro attenzione.

Riesco ad arrivare fino a fuori del quartiere - finalmente non mi sentivo più un pesce fuori d'acqua circondato da tuta quelle chicheria - poi per non farmi venire un coccolone, mi fermo. Il cuore sembrava galoppare all'impazzata come un cavallo, a momenti lo sentivo in gola quasi stesse per uscirmi. La fronte completamente bagnata dal sudore, le gambe tremolanti come una foglia. Per qualche secondo sono assordato dalle palpitazioni e il respiro affannoso. Quando mi calmo, l'occhio cade subito su una vetrina di fronte a me, riflettendo in modo nitido la mia figura: dovevo, per prima cosa, assolutamente rimettermi i miei vestiti. Anche perché, non c'è la facevo più a sentirmi cadere i pantaloni.

'Il problema è...dove mi cambio?'

Come prima opzione penso al bagno di un bar, ma ricordandomi che in questo posto non puoi a meno che non consumi, lascio perdere. Ironia della sorte, ieri ho intascato almeno 300 dollari in una volta sola, e oggi non ho neanche un dollaro per prendermi un caffè. Continuo a scutarmi intorno: l'unico posto che pareva ben imboscato, era un vicolo cieco molto lungo e pieno di cassonetti. Dó un ultima e breve occhiata in giro, non vedendo troppe persone rispetto a dove ero prima, non ci penso su troppo e vado lì diretto.

'Ti tocca Leo...'

Mi ci dirigo fino in fondo e mi posiziono accovacciato dietro al bidone più grande. In fretta e furia mi cambio, non solo perché dovevo fare in fretta e qualcuno poteva sempre passare di lì con i miei gioiellini di famiglia in bella vista, ma specialmente perché il freddo mattutino si stava facendo intenso ora che non correvo più scaldandomi di conseguenza, e avevo iniziato a tremare.

Rivestitomi dei miei indumenti, mi sento meglio e di nuovo me stesso. Niente poteva separarmi dalla mia amata giacca di pelle. Afferro il pigiama e apro il cassonetto dietro a cui mi sono nascosto, tanto non avrei più rivisto quella viziata per poterglieli riportare. Noto però dall'altra parte del muro delle piccole cianfrusaglie, tra cui anche una coperta, che non essendo dentro l'immondizia mi fanno presupporre ci si rifugi un senza tetto. Chiudo il cassonetto e ripiego gli indumenti, posizionandoli sopra il plaid del povero sfortunato. Almeno avrebbe avuto dei vestiti in più ed erano sicuramente più utili a lui che alla discarica.

Esco da quel vicolo buio e strabuzzo un po' gli occhi per riabituarmi alla luce. Il sole sembra più prepotente del solito. Sblocco il telefono, c'era ancora la schermata del GPS. Osservo bene la mappa e capisco che devo andare dall'altra parte della città, al nostro ritrovo e, se così possiamo dire, il nostro ufficio.

Faccio un respiro profondo per mettermi l'anima in pace di tutta la strada che mi aspettava. Poi, dopo essermi scrocchiato per bene testa, braccia e gambe, ricomincio a correre imperterrito, diretto alla fermata del pullman.

Claire pov.

Parentesi graffe, tonde, radici quadrate, somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni e tutti i numeri positivi e negativi non mi si vogliono togliere dalla testa. Ormai vedevo tutto sottoforma di numero. La professoressa Flores, come un incantesimo, mi ha stregata in quelle due ore di lezione e spiegazioni non facendomi capire più nulla. Mi sono sentita completamente rimbambita. Mi correggo, una maledizione, più che incantesimo. Me la sono sempre cavata in matematica nonostante non sia tra le mie materie preferite. Ma la Flores aveva un modo di spiegare davvero complicato e dittatoriale, e già non essendo una materia facile non ti aiutava. Ho dovuto applicare tutte le mie forze mentali per starle dietro. Risultato? Una Claire zombie.

"Mi stai forse ignorando?" la voce squillante di Grace mi fa rinsavire un poco.

Mi stropiccio gli occhi con la mano "No, scusami, dicevi?" per quanto non era mia intenzione, la stavo effettivamente non ascoltando. Ma faccio comunque finta di niente lasciandola continuare, so quanto odia essere ignorata.

"Ti stavo chiedendo quale cibo prendi, io non so cosa mangiare" mi dice osservando i piatti di fronte a noi nella vetrina con sguardo indeciso.

Ero stata così ipnotizzata dalla Flores, che in quei dieci minuti in cui sono uscita dalla classe e avviata in mensa con la mia amica suonata la campanella, non li realizzai neanche. Scuto le pietanze. Mi è bastata un occhiata per decidere in fretta. "Prenderò le polpette, ovviamente" di gran lunga il mio piatto preferito, e vedendole lì belle gustose, mi sento fortunata e appagata allo stesso tempo per quelle due ore di tortura. Decisamente un premio.

Grace ride "Già, dovevo immaginare la risposta", sospira "io invece sono indecisa tra pasta o cotoletta..."

"Uno di polpette e uno di pasta per favore" mi rivolgo al cuoco della mensa, tirando fuori dal portafoglio la somma giusta che poggio poi sulla mano di esso.

"Ma...ehi!" Grace mi diede una leggera pacca sulla spalla "ti avevo detto che non sapevo cosa scegliere!"

"Appunto. Quando sei indecisa ci metti le ore anche per decidere un dentifricio..." alla mia affermazione il cuoco ride, Grace lo guarda con un sopracciglio alzato. Rotea gli occhi spostandosi uno dei suoi indomamibi lunghi ricci rossi che le era caduto davanti alla faccia. "E va bene, in fondo è un po' che non mangio carboidrati"

Presi i nostri vassoi, ci andiamo a sedere al tavolo più lontano ma anche più luminoso, essendo posizionato davanti a delle grandi vetrate con vista sull'esteso cortile scolastico. Tutti i tavoli sono bianchi e alcuni hanno dei divanetti rossi Ferrari per sedersi. Poiché quello li aveva, era ancora di più il nostro tavolo più ambito. Neanche il tempo di mettermi comoda, che afferro coltello e forchetta.

"Non scappano mica eh" il modo in cui lo disse, mi fece ridere sonoramente.

"È che sono troppo buone!" dico già con la bocca piena alla prima forchettata.

"Io mi chiedo come fai a non ingrassare..." mi fissa con i suoi occhi verdi ammirati mentre assaporavo ogni morso.

"DNA delle donne Myers" dico dandomi delle piccole pacce sul petto "e poi, manco fossi grassa che parli così"

"Certo lo so, ma sono comunque più in carne di te" si imbocca con una bella manciata di penne al ragù "non che mi importi, amo troppo il cibo per privarmene"

"Così ti voglio! La prossima volta che ti vedo piangere di fronte a una rivista di modelle in costume, ti dò uno schiaffo!" la minaccio puntandole il dito contro.

Lei lo scosta dalla sua faccia "Non fai paura a nessuno Claire, sei troppo buona, e ti ricordo che successe cinque anni fa! Ero nella solita fase che può venire agli adolescenti non a loro agio con il loro corpo, e in più ero anche più grassottella di così, quindi figurati"

Mi ricordo di quando stesse male in quel periodo -breve, ma intenso- spesso aveva anche attacchi di panico. Mi diedi della stupida. Forse non avrei dovuto aprire il discorso anche se partito da una sciocchezza.

"L'importante è che ora ti piaci, e soprattutto che continui a mangiare come hai sempre fatto" c'era una nota di preoccupazione nella mia frase.

"Puoi stare tranquilla" mi fa l'occhiolino. Vederla così sicura di sé, mi dà un piacere enorme.

"I tuoi genitori non dovevano tornare domani?" dice a un certo punto dal nulla, e non capisco da dove l'abbia capito che fossero tornare prima. Alzo la testa dal mio piatto e noto che mi fissava il polso. Giusto, Mary mi aveva portato un piccolo braccialetto con la forma della faccia di Topolino come regalo, e ovviamente avevo detto a Grace che sarebbero andati a Disney world.

Immediatamente ho un flashback: capelli biondi, occhi azzurri, sguardo intenso, battute irritanti.

Sgrano gli occhi, non le avevo ancora detto nulla. Volevo farlo, ma la lezione di matematica mi distraó completamente. Incredibile ma vero, me ne ero dimenticata. Deglutisco. Come posso iniziare? Quale sarebbe stata la sua reazione?
"Sai...ieri sera quando tornavo da casa tua..." ho iniziato a parlare senza pensare come continuare. Rimango zitta per qualche secondo.

"Continua" mi incita vedendomi bloccata.

Picchietto il dito sul tavolo "Ecco...ieri..."

Alza un sopracciglio e mette le braccia conserte "Così mi preoccupo"

Inizio a sorridere nervosamente, ma le parole non mi escono e non capisco perché, eppure davanti a me ho la persona più importante della mia vita subito dopo Mary.

Sbuffa "E dai...non avrai mica ucciso una persona!" sbotta impazientita.

Il mio corpo lo sento gelarsi, la guardo con gli occhi spalancati.

Da quasi arrabbiata che era, fa una faccia di preoccupazione pura.

"O mio dio...non mi dire che...tu..." sospira affannosamente.

"No!no!" mi affretto a dire e la mia bocca sembra sbloccarsi.

Fa un sospiro di sollievo. "Tu sei pazza a farmi prendere questi infatti"

Deglutisco più rumorosamente di prima. "Però..."

Mi lancia uno sguardo ancora più confuso, curioso e irritato perché stavo allungando il brodo. Stava zitta, aspettava solo che io parlassi.

Prendo coraggio e le dico tutto senza pensarci troppo.

"Ero in macchina. Tornavo a casa. Pioveva a dirotto, non vedevo nulla, ma a quell'ora chi poteva esserci in giro? Sono stata incosciente e non ho diminuito la velocità... è stato un attimo...ma non è colpa mia se un pazzo corre in mezzo alla strada non guardando se passano macchine!" alzo la voce alzando le mani in segno di resa.

"Shh!" mi fa il gesto di abbassare la voce, un paio di studenti dietro di noi si girarono. Ma non disse altro, voleva solo che io sputassi il rospo.

Mi schiarisco la voce e parlo con tono basso, forse troppo " e va bene si, ho investito una persona...ma non immagini come sia andata successivamente. Ero troppo spaventata per portarlo in ospedale, sia perché avrebbero iniziato a fare domande e avrebbero saputo tutto, di conseguenza non potevo rischiare che qualcosa intoppi il mio percorso per il tipo di università in cui voglio andare. E poi, casa mia era più vicina, aveva bisogno di essere portato subito al caldo e all'asciutto perciò..."

"Lo hai portato a casa!?" mi interrompe, stavolta attirando lei l'attenzione.

"Shh!" la imito.

"Scusa scusa, continua" porta il busto in avanti avvicinandosi di più.

"Ho dovuto okay? È stato d'istinto...l'ho curato, si è lavato, aveva la febbre alta gli ho dato una forte Tachipirina. Non puoi capire quanto mi sentissi un infermiera. Se n'è andato stamattina dalla finestra perché i miei genitori per l'appunto sono tornati prima e..."

Scoppia a ridere, interrompendomi "E va bene Claire, me l'hai fatta questa volta, ci stavo davvero crendendo"

Rimango zitta, la guardo soltanto. Capiva quando ero seria.

La sua risata si strozza "O cazzo è successo davvero!?" sbatte le mani sul tavolo per lo stupore.

"Perché dovrei mentire su questo?"

Si mette le mani in faccia come l'urlo di Munch "Ma aspetta! Entra nei dettagli! Com'era questa persona? Di cosa avete parlato? E poi cosa vuol dire che si è lavato? Ha fatto anche la doccia a casa tua!? E...e... è uscito dalla finestra!?"

Più che una chiacchierata mi sembra un interrogatorio, ma mi diverte vederla impazzire di curiosità.

Mi schiarisco ancora la voce, ma prima che potessi iniziare a spiegare tutto con calma, vengo interrotta una seconda volta, stavolta, non da Grace.

"Posso unirmi a voi, ragazze?""
   
 
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