Note
della traduttrice:
Ciao
ragazzi,
sono sempre io, Soly
Dea, e oggi vi traduco il secondo capitolo di questa long di Eryiss che potete
trovare qui in lingua originale: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr. Ricordo
che titolo, immagine introduttiva,
storia e note d’autore sono sue, mentre io mi occupo solo di
tradurre.
ATTENZIONE:
in questo capitolo troverete molte
parolacce. Ci troviamo infatti in un borgo di campagna dove vive gente
umile
abituata a parlare in modo molto schietto.
Note
dell’autore:
Spero
che il primo capitolo vi sia piaciuto. Come ho detto, questa storia
è stata scritta per il Fraxus Day 2020, gestito da Fuckyeahfraxus. Andate a visitare la pagina per scoprire quali
altri contenuti sono stati prodotti per questo evento.
Vi ringrazio per qualsiasi commento vogliate lasciarmi. Per me significa molto. Spero che vi piaccia e grazie per la lettura.
Capitolo 2 – Il
tuttofare
“Ma
porca puttana”.
“Non
è questo il modo di parlare ad una donna,
Laxus”.
“Ce
l’ho con ‘sta merda”.
Sbuffando
irritato, Laxus sbatté il cacciavite
nella cassetta degli attrezzi. Sul tavolo c’era il tostapane
professionale che
stava cercando di riparare da quella mattina e sulla griglia giaceva
pietosamente un’unica fetta di pane leggermente tiepida che
non aveva nemmeno
vagamente l’aspetto di un toast. Era la sesta volta in un
anno che quella maledetta
macchina si rompeva, tant’è che ormai Laxus la
considerava sua nemica.
Ma
non l’avrebbe lasciata vincere. Da quando
lavorava come tuttofare presso il Fairy Tail, aveva aggiustato
praticamente
qualsiasi dispositivo elettrico e non poteva assolutamente permettere a
quel
dannato tostapane di mandarlo in rovina. Solo nell’ultimo
anno era riuscito ad
avere la meglio su caldaie difettose, collegamenti pessimi e perfino
uno
schifosissimo problema all’impianto fognario. Un tostapane
non era nulla in
confronto.
“Perché
non dici a tuo nonno di comprarne uno
nuovo?”. Cana entrò nella stanza del personale
ridendo. “Quell’aggeggio avrà almeno
vent’anni, probabilmente non è più
nemmeno in grado di fare i toast. Magari c’è
solo una perdita di olio che fa sembrare il pane
abbrustolito”.
“Col
cazzo che lo faccio sostituire” sbottò
Laxus fissando i circuiti interni della macchina con un odio che
probabilmente
non meritava. “Se questo dannato coso viene sostituito,
saprà che ha vinto”.
“Ti
ricordo che è solo un tostapane”
commentò
Cana con tono atono.
“Non
me ne frega un cazzo” borbottò Laxus poggiandosi
allo schienale della sedia con le braccia dietro la testa.
“Che fai oggi?”
“Il vecchio mi ha chiamata perché a pranzo abbiamo
un bel po’ di ospiti e c’è bisogno di
qualche cameriere in più. Dopo lavoro al
bar”. Cana scrollò le spalle sedendosi a
cavalcioni su una sedia. “Tu?”.
“Nella
stanza 7 c’era una luce tremolante, ma
l’ho già riparata”. Laxus
sospirò. “Quindi ho pensato di mettermi ad
aggiustare
il tostapane”.
Gli
occhi lucidi del biondo vagarono
all’interno della piccola stanza fino a soffermarsi
sull’orologio. Sospirò
ancora. La sera prima aveva bevuto e, se non fosse stato per la
chiamata di suo
nonno alle 7 del mattino che minacciava di licenziarlo, probabilmente
sarebbe
rimasto a letto a smaltire la leggera sbornia. Anche se era riuscito ad
ottenere la colazione gratis da Mirajane, al momento
l’avrebbe scambiata
volentieri con delle coperte. Sentirsi in colpa per quella sbornia gli
aveva
dato un modo per passare il tempo, ma ora non aveva più
nulla da fare
praticamente per tutto il giorno.
Il
suo lavoro gli piaceva, ma era piuttosto incostante.
Si occupava di tutte le riparazioni di cui aveva bisogno
l’hotel di suo nonno, dall’impianto
idraulico fino a quello elettrico, oppure dava una mano in assenza di
personale. Tuttavia Makarov aveva sempre tutto sotto controllo e
oltretutto
vantava ottime relazioni con i suoi dipendenti, quindi le assenze erano
piuttosto rare. Di conseguenza Laxus non era mai particolarmente
indaffarato.
Naturalmente
non si trattava di un grosso
problema, ma c’era dell’altro.
Prima
o poi avrebbe dovuto scegliere se
rimanere in quel piccolo borgo per tutta la vita oppure andarsene una
volta per
tutte. Magnolia gli piaceva, il paesaggio era molto bello e gli
riportava alla
mente piacevoli ricordi della sua infanzia, ma Laxus sentiva che la sua
vita lì
era in qualche modo limitata. Un diploma in elettrotecnica non era poi
così
utile se l’unico lavoro disponibile era presso
un’officina dove una volta aveva
spaccato i denti al figlio del proprietario. Quel vecchio bastardo
avrebbe già dovuto
perdonarlo in effetti; erano passati sei anni!
Laxus
era grato a suo nonno per avergli
offerto quel lavoro perché in questo modo poteva sfruttare
il suo diploma
(seppur su schifosi tostapane) e guadagnarsi da vivere, ma allo stesso
tempo sentiva
di condurre un’esistenza noiosa ed era per questo che
spulciava le offerte di
lavoro online almeno due volte a settimana.
“Non
lo mangi?” chiese Cana avvicinandosi alla
fetta di pane riscaldata ma non tostata.
“No”.
Laxus aggrottò la fronte. “Perché, vuoi
mangiarlo tu?”
“Sono
povera”. Cana rise prendendo la fetta di
pane e mordendola.
“Ho
visto la credenza dove tieni gli alcolici,
non mi sembra proprio che tu sia povera” disse Laxus con fare
impassibile e
Cana rise continuando a mangiare la sua fetta di pane; non aveva
neanche
pensato a spalmarci qualcosa sopra. “Prendi il doppio delle
mie mance quando
lavoriamo insieme al bar. Dove vanno a finire tutti quei
soldi?”
Cana
sorrise. “Nella credenza degli alcolici”.
“Finirai
col fotterti i reni”.
“Mi
farò fare un trapianto”. Cana rise
ingoiando un boccone di pane. “A proposito di fottere,
hai scopato con
qualcuno di recente?”
“Vaffanculo!”
esclamò Laxus spalancando gli
occhi guizzanti, mentre la donna rideva apertamente.
Quello
era un argomento che la sua amica
tirava fuori spesso e con sempre meno vergogna. Loro due erano tra i
pochi
omosessuali dichiarati di Magnolia – o almeno, per quel che
ne sapevano – e perciò
condividevano una certa affinità per quanto riguardava le
relazioni. Avevano iniziato
ad avvicinarsi compatendosi l’un l’altro per il
fatto di non avere nessuno da
frequentare e in qualche modo avevano sviluppato un’amicizia
grazie alla quale
ora Cana si sentiva perfettamente a proprio agio
nell’interrogare Laxus sulle
sue questioni di letto.
Il
problema era che Laxus non aveva le stesse
opportunità di Cana per prenderla in giro. Cana era
apertamente innamorata di
Mirajane e aveva smesso di vergognarsene da parecchio tempo. Lei poteva
stuzzicare
Laxus ogni volta che quest’ultimo posava gli occhi su un
uomo, ma Laxus non
poteva fare lo stesso con lei perché entrambi sapevano che
Mirajane era l’unica
donna che Cana voleva al suo fianco.
Che stronza.
“Niente
di niente? Eppure hai così tanto tempo
a disposizione”. Cana rise e Laxus si sollevò in
piedi con un grugnito. “Dai, non
fare così, aspetta”.
“Vado
a controllare se c’è qualche bagno che ha
bisogno di essere sturato” borbottò Laxus
dirigendosi verso la porta della
stanza. “Sarà sicuramente meglio che parlare con
te”.
“Oh,
mi ferisci. Potrei piangere” disse Cana
con un tono di voce estremamente sarcastico.
“Va’
a farti fottere” mormorò Laxus.
“Ti
alletta l’immagine, eh?”. Cana sorrise,
per poi aggiungere con tono più serio “Lisanna ha
detto che più tardi vuole
parlarti, quindi va’ da lei quando finisci di strofinare il
cesso”. Sul suo
volto apparve un ghigno. “Magari vuole farti mettere con suo
fratello. Sareste proprio
una bella coppia, sai?”.
“Fanculo”.
“Immagina
che strage. Potreste rompere più
letti voi di un falegname particolarmente forzuto”.
Laxus
non rispose, limitandosi a mostrare il
dito medio mentre lasciava la stanza.
_________________________
Fortunatamente
Laxus non aveva trovato alcun
bagno da pulire, ma era comunque riuscito a tenersi impegnato per tutta
la
mattinata con una serie di lavoretti quali spazzare le grondaie prima
che si formassero
cumuli di foglie e controllare che le scorte di sapone non si stessero
esaurendo. Infine era tornato nella stanza del personale per
continuare a lavorare
sul tostapane.
Non
stava andando molto bene e i clienti
avrebbero dovuto accontentarsi di un unico toast tiepido per almeno un
altro
giorno, ma almeno Cana era di turno al ristorante e non poteva
infastidirlo. Laxus
sperò che i tavoli fossero pieni di persone antipatiche che
non sapessero nemmeno
cosa prendere e che non volessero lasciarle alcuna mancia.
Ingoiò
metà Red Bull e grugnì combattendo
contro la voglia di controllare i prezzi dei tostapane online.
Dopo
essersi sgranchito la schiena, Laxus si rimise
in piedi passandosi una mano tra i capelli davanti allo specchio per
assicurarsi di avere un aspetto presentabile prima di lasciare la
stanza. Non
faceva parte del personale di sala ma rappresentava comunque
l’hotel.
Normalmente non se ne sarebbe preoccupato – i suoi contatti
con gli ospiti
erano limitati – ma se doveva parlare con Lisanna come gli
aveva detto Cana,
sarebbe stato sotto gli occhi dei clienti per almeno qualche minuto.
Fortunatamente
non stava affatto male per essere uno che la sera prima aveva quasi
vomitato su
un piatto di patatine fritte.
Dietro
il bancone della reception, Lisanna si
stava occupando di questioni amministrative che a Laxus non
interessavano
granché. Quando si avvicinò a lei, Lisanna
sollevò lo sguardo dal monitor e gli
sorrise. Laxus si trattenne dall’assumere
un’espressione accigliata. Non avevano
chissà quale grande rapporto.
“Ciao”
lo salutò Lisanna in modo
fastidiosamente allegro. “Non so se Cana ti ha
avvisato”.
“Be’,
sono qui”. Laxus scrollò le spalle.
“Giusto”
disse Lisanna con un sorriso, per poi
indicare una delle altre sedie che popolavano la piccola stanza, e
Laxus si
sedette. “Ho qualcosa che potrebbe interessarti. Una
proposta, diciamo”.
Laxus
ebbe un attimo di esitazione. E se Lisanna
volesse davvero provare a metterlo in coppia con Elfman? Quello
sì che sarebbe
stato imbarazzante. Elfman non era proprio il suo tipo.
“Abbiamo
un ospite che è arrivato ieri” iniziò
Lisanna per poi interrompersi. “In realtà questo
non importa. Be’, forse sì, ma
non ora”. Laxus rimase in silenzio. Lisanna era una persona
piuttosto loquace e
avrebbe potuto benissimo intrattenere una conversazione con se stessa.
“Hai
presente Villa Albion, quella vecchia casa in periferia completamente
abbandonata?”
“Sì”.
Laxus annuì confuso. “Da bambino credo
di essermi inventato qualche cazzata a proposito del fatto che fosse
infestata”.
“Be’,
quella casa– ma allora eri tu!
Mirajane me lo disse quando avevo otto anni e ho avuto gli incubi per
settimane!
Che stronzo!” lo rimproverò Lisanna e Laxus non
nascose un ghigno. “Vabbè, ne
parliamo dopo. Di recente quella casa è passata ad un nuovo
proprietario, l’ospite
di cui ti dicevo prima. Ho parlato con lui l’altra sera e un
po’ stamattina a
colazione. Non sa cosa fare perché non può
demolire la casa e vendere il
terreno. Oltretutto la casa è ridotta in condizioni
schifose, quindi probabilmente
non vorrà comprarla nessuno. Il proprietario è
piuttosto turbato, penso che
abbia bisogno di soldi per qualcosa, ma non ho voluto
chiedere”.
Laxus
si domandò se Lisanna fosse solita
parlare così tanto anche con i clienti. Quello era uno dei
motivi per cui avrebbe
voluto farsi assumere da uno di quei grandi hotel di lusso in cui
ognuno lavora
per conto proprio.
“Scusami,
questo non c’entrava nulla”. Lisanna
scosse la testa. “Il proprietario pensa che potrebbe riuscire
a vendere la casa
dandole un aspetto migliore. Non vuole ristrutturarla completamente, ma
solo fare
in modo che le luci funzionino e che le assi del pavimento non si
frantumino.
Non è di qua, quindi non conosce nessun muratore o idraulico
della zona”. Si interruppe
solo per rivolgergli un sorriso speranzoso.
“E…?”
“Rispecchi
proprio lo stereotipo dell’uomo tutti
muscoli e niente cervello, sai?” mormorò Lisanna,
e Laxus si sentì
particolarmente felice del fatto che la sua storia sui fantasmi
l’avesse
spaventata. “Gli ho detto che abbiamo un fantastico tuttofare
che lavora qui
part-time e che potrebbe aiutarlo. Gli ho parlato di tutto quello che
fai e ha
detto che è interessato ad incontrarti!”
“Mi
hai organizzato un colloquio di lavoro?”
disse Laxus preso un po’ alla sprovvista.
“Qualcosa
del genere, ma meno formale”. Lisanna
sorrise. “Gli ho fatto capire che stai cercando lavoro e lui
mi ha detto che è
disposto a pagarti come si deve se ti dimostri abbastanza
bravo”.
Laxus
si poggiò allo schienale della sedia socchiudendo
gli occhi. Non era solito reagire particolarmente bene alle sorprese e
quella
era veramente una grossa sorpresa,
perché una ragazza che conosceva appena
aveva fatto per lui qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
L’idea
di lavorare su una proprietà lo aveva
sempre incuriosito e gli sembrava anche piuttosto plausibile. Avrebbe
dovuto
fare praticamente ciò che faceva già
nell’hotel, solo su più vasta scala e con
qualche sforzo in più, il che lo intrigava parecchio.
C’erano stati mesi in cui
aveva seguito programmi televisivi sulla ristrutturazione delle case
per
comprendere meglio come funzionasse quel campo e aveva capito subito
che, per
comprare proprietà malmesse da ristrutturare, aveva bisogno
di soldi. Soldi che
lui non aveva, dato che lavorava part-time in un hotel come semplice
tuttofare.
Non
poteva lasciarsi sfuggire un’opportunità
del genere.
Quel
lavoro lo avrebbe decisamente aiutato. Era
più che qualificato per modernizzare il funzionamento
interno di una casa ed
era disposto ad impegnarsi seriamente. Se fosse andata bene, avrebbe
guadagnato
esperienza, denaro extra e magari buone referenze da offrire ad altri
gestori
di proprietà immobiliari. Sarebbe stato ottimo.
Allo
stesso tempo, però, Laxus non poteva che
diffidare di quell’offerta praticamente caduta dal cielo.
“Quindi
questo tizio è disposto a fidarsi di un
estraneo qualunque?”
“È
praticamente disperato”. Lisanna rise con
un’espressione compassionevole sul viso. “Penso che
voglia andarsene da qui il
prima possibile, è abituato alla vita in città.
Vabbè, questo non c’entra niente.
Sembra un brav’uomo e tu sei adatto al lavoro di cui ha
bisogno. Parla con lui,
vedi cosa si può fare”. Lisanna scrollò
le spalle. “Credo che al momento si
trovi al ristorante. Gli ho detto che gli avrei fatto sapere nel caso
in cui fossi
stato interessato”.
“Mmh”
mormorò Laxus. “Fanculo, perché
no?”.
Trascorse
la maggior parte del tragitto verso
il ristorante a cercare di razionalizzare ciò che gli era
appena successo e a
guardare il proprio riflesso in ogni specchio: se si trattava di
un’opportunità
imperdibile come gli aveva fatto credere Lisanna, doveva assicurarsi di
fare
buona impressione.
Quando
i due arrivarono al ristorante, Lisanna
si fermò per ispezionare con lo sguardo l’intera
sala. Nel momento in cui trovò
la persona che stava cercando, riprese a camminare e Laxus la
seguì fino a
posare gli occhi sull’uomo seduto al tavolo vicino alla
finestra.
Non
era così che Laxus se l’era immaginato.
Essendosi
aspettato un noioso cinquantenne vicino
alla calvizie, Laxus si sentì preso in contropiede.
L’uomo in questione era
certamente qualche anno più giovane di lui. Aveva lunghi
capelli verdi legati
in una coda alta. Indossava un completo elegante di cui Laxus non
riconobbe la
marca. I suoi lineamenti erano spigolosi e ben proporzionati, e il
resto del
corpo al di sotto dei vestiti non doveva essere da meno. Quando Laxus
gli si
fece più vicino, avvertì il profumo fresco
dell’acqua di colonia misto alla fragranza
floreale lasciata dai vaporizzatori per vestiti1 presenti
in ogni
stanza. Quando lo guardò in volto, Laxus notò un
paio di occhi azzurri e accattivanti
dalla forma affilata e un’espressione in qualche modo
enigmatica.
A
parte lo sguardo fin troppo acceso, Laxus
avrebbe potuto definirlo un bel ragazzo.
Era
praticamente il suo tipo, almeno
esteticamente.
“Signor
Justine” disse Lisanna in segno di
saluto. “Il pranzo è di suo gradimento?”
“Molto”
rispose l’uomo rivolgendo un’occhiata
all’insalata di pollo che stava mangiando, per poi guardare
Laxus.
“Questo
è l’uomo di cui le ho parlato, il
nostro tuttofare” spiegò Lisanna dando una piccola
gomitata a Laxus. Quest’ultimo
si fece avanti e allungò una mano verso l’ospite,
il quale gliela strinse con
una presa decisa.
“Laxus
Dreyar” disse il biondo. “Piacere di
conoscerla”.
“Anche
per me” rispose l’uomo e Laxus non poté
fare a meno di notare quanto fosse vellutata la sua voce. Ma non era il
momento
di pensare a cose del genere, quindi ritirò la mano e
ascoltò: “Mi chiamo Freed
Justine, come forse le è stato già detto.
Immagino che la sua collega le abbia
già spiegato perché desidero parlare con
lei”.
“Villa
Albion, giusto?” chiese Laxus. “Ha
bisogno di aiuto con l’impianto elettrico”.
“Praticamente
sì”. Freed annuì.
“L’unica cosa
rimasta davvero intatta è la struttura
dell’edificio. I collegamenti, i tubi,
il sistema di riscaldamento e penso molto altro ancora di cui non sono
a
conoscenza sono andati distrutti. Vorrei che l’edificio
venisse riparato in
modo da poterlo vendere. Non deve recuperare un bell’aspetto,
deve solo tornare
funzionante. Pensa di potercela fare?”.
“Certo.
Sono sicuro che sarà una cazz– passeggiata”.
Laxus fece una smorfia abbassando lo sguardo sul tavolo e perdendosi
l’espressione
divertita sul volto di Freed. “Ho risolto molti problemi qui
e anche in altre
case dove ce n’era bisogno. A meno che la sua non sia proprio
irrecuperabile,
penso di potercela fare”.
“Si
sieda, signor Dreyar”.
Laxus
si ritrovò ad obbedire a quella richiesta
così improvvisa: si sedette di fronte a Freed e attese un
po’ a disagio mentre lui
chiedeva a Lisanna un altro tè. Pensò di dirgli
che Lisanna non faceva parte
del personale di sala, ma lei sorrise e promise di portarglielo. Quando
la
ragazza si allontanò con un sorriso e i pollici sollevati in
segno di vittoria,
Laxus aggrottò la fronte e roteò gli occhi per
quel gesto tanto stupido, poi
rivolse la sua attenzione all’uomo che presto avrebbe potuto
assumerlo.
“Penso
che sia meglio essere onesti l’uno con
l’altro” continuò Freed e Laxus
annuì brevemente. “Non ho né interesse
né
abilità manuali nel campo della gestione e ristrutturazione
di proprietà. Posso
imparare e in generale non mi manca il senso pratico, ma gran parte del
lavoro
dovrà svolgerlo lei”.
“Posso
farcela” disse Laxus con un cenno d’assenso.
“Come facciamo con il… ehm, compenso,
se posso permettermi?”
“Non
si peoccupi” disse Freed tirando fuori il
suo cellulare dal taschino della giacca. “Non ho avuto modo
di rifletterci a
lungo, in realtà. Non so quanto tempo ci vorrà,
quindi mi sembra più sensato pagarla
a ore piuttosto che stabilire un compenso unico. Le dirò la
tariffa oraria
quando saprò con esattezza quanto viene pagato in media un operaio
qualificato. Naturalmente, se non è d’accordo, possiamo
tranquillamente discuterne,
ma le prometto che rimarrà soddisfatto”.
Per
un attimo Laxus si sentì un po’ stupido. Si
aspettava una risposta vaga oppure un semplice “La
pagherò un tot e mi aspetto
che il lavoro venga terminato entro la fine del mese”, non
quel mucchio di
stronzate giuridiche.
“Va
bene” disse Laxus annuendo. “In che
condizioni si trova la casa? L’esterno non sembra il massimo,
ma vorrei capire
cosa ci troverò all’interno”.
“Temo
che l’esterno sia la parte migliore”.
Freed sorrise un po’ amaramente e Laxus si
soffermò di nuovo sul suo volto. I
suoi lineamenti – da vicino erano ancora più belli
– lasciavano trasparire una
vena di preoccupazione. “Non ho scattato molte foto
perché in quel momento non
mi sentivo dell’umore giusto, ma questa è
piuttosto fedele”.
Freed
fece scorrere il dito sul cellulare un
paio di volte e poi mostrò lo schermo a Laxus. Gli ci volle
qualche secondo per
capire cosa fosse, e quando ci arrivò non poté
fare a meno di sospirare e poggiare
la schiena alla sedia.
“È
il quadro elettrico?” disse ridendo e Freed
annuì. “Sembra quasi che…”
“…se
la sia spassata con un martello pneumatico,
un bastone e una scatola di esplosivi?” completò
Freed, e Laxus scoppiò in una
sonora risata che stupì perfino se stesso.
“Cazzo,
scusami2. Non dovrei ridere”
disse Laxus con un sorriso imbarazzato. Quando riportò lo
sguardo sul volto di
Freed, notò che anche lui stava sorridendo. Se non altro, il
suo capo gli aveva
appena dimostrato di avere un po’ di senso
dell’umorismo. “Non me lo aspettavo,
in effetti è messa piuttosto male. Se il resto della casa
è ridotto uguale,
probabilmente ci metteremo un bel po’ per renderla nuovamente
abitabile”.
“Immaginavo”
disse Freed con un sospiro. “Rimarrò
qui solo una settimana, comunque. Il mio ufficio potrebbe concedermi
solo un’altra
settimana, ma spero che fino ad allora tu abbia già iniziato
a lavorare e possa
farcela senza di me”.
“Certo”.
Laxus annuì, gli piaceva lavorare da
solo. “Che lavoro fai, se posso sapere?”
“Sono
un avvocato” disse Freed rimettendo il
cellulare nel taschino della giacca.
“Un
avvocato, cazzo”. Eccitante.
“Complimenti”.
“Grazie”
rispose Freed annuendo. “Non vorrei
essere scortese, ma ora devo risolvere alcune questioni
d’ufficio, quindi sono
costretto a lasciarti”. Tirò fuori un piccolo
pezzo di carta dalla tasca. “Questo
è il mio biglietto da visita, chiamami stasera. Discuteremo
la cosa più nel
dettaglio. Buona giornata, Laxus”.
“Mmh”.
Laxus annuì. “A dopo”.
Freed
lasciò il ristorante e Laxus si concesse
di squadrare la sua figura che si allontanava, dalle spalle ampie fino
alla
vita stretta. Per un attimo si soffermò anche sul
fondoschiena, ma poi spostò
velocemente lo sguardo incontrando il sorriso critico e compiaciuto di
Cana poco
distante da lui.
“Vado
a riparare quel maledetto tostapane”
mormorò Laxus scattando improvvisamente in piedi. Cana
continuava a sogghignare.
“Fanculo”.
Chiarimenti della traduttrice:
1 Vaporizzatori
per vestiti = personalmente non sapevo cosa fossero quindi ho fatto una
piccola
ricerca. Si tratta di una specie di piccolo ferro da stiro da usare in
verticale sui vestiti.
2 In
inglese
non esiste il “lei”, quindi si da sempre del
“tu”, ma nella storia originale i
due si rivolgono l’uno all’altro in maniera molto
formale (basti leggere di
come Freed chiama Laxus “signor Dreyar”) e questo
in italiano non può che
essere tradotto con il “lei”. Tuttavia, a partire
dalla battuta di Freed sul
quadro elettrico, la conversazione diventa più informale e
quindi ho pensato di
farli passare inconsciamente al “tu” (infatti alla
fine Freed chiama Laxus
semplicemente con il suo nome).