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Autore: Red Owl    12/01/2021    0 recensioni
Quando suo padre viene arrestato per furto, la cameriera Rosa rimane senza lavoro. Senza più alcun mezzo per sostentarsi, decide di accettare l'invito di uno zio e di raggiungerlo nella sua tenuta di campagna, dove l'aspetta un matrimonio con un cugino sgradevole e arrogante.
Rosa si è rassegnata a una vita infelice e il suo unico sollievo sono le passeggiate lungo le rive del lago che occupa parte della proprietà dello zio. Ma a chi appartiene la voce che di tanto in tanto le pare di udire? E chi è il giovane che incontra tra gli ulivi in una nuvolosa giornata primaverile?
Genere: Mistero, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Se Rosa è spaventata dalla voce che ha sentito nei pressi del lago, ne è in un certo modo anche attratta.

Nelle settimane successive i pensieri della ragazza tornano sempre lì, a quelle parole sussurrate e trasportate dal vento leggero. La data del suo matrimonio con il cugino Edoardo si avvicina - le nozze sono fissate per l'inizio di maggio, quando il giardino sarà nel suo pieno splendore - ma lei non riesce proprio a sentirsi una novella sposa: le pare di essere piuttosto un'avventuriera in procinto di fare una scoperta eccezionale.

Malgrado la tremarella che rallenta i suoi passi, Rosa visita più volte il piccolo specchio d'acqua. Ci sono giorni in cui l'unica voce che sente è quella delle canne che frusciano smosse dal vento e degli insetti che ronzano sul pelo dell'acqua: in quelle occasioni torna alla villa al contempo delusa e sollevata. Più spesso, però, alla ragazza basta avvicinarsi al lago per cogliere l'eco di parole mormorate: sembra quasi che a parlare sia l'acqua stessa.

Non ha senso, si dice mentre un brivido di orrore meravigliato le corre lungo la schiena. Anche se non è esperta di cose di mondo, Rosa sa che dev'esserci una spiegazione razionale. Quando ha lasciato la sua famiglia era troppo piccola per potersi ricordare quale fosse l'opinione dei suo genitori in merito a spiriti e fantasmi, ma in compenso sa benissimo come la pensava il signor Fiocchi. "Sono tutte fesserie!" Le aveva detto la mattina stessa in cui lei era entrata a servizio della sua famiglia. "Ci sarà qualcuno, nella servitù, che cercherà di farti credere che la casa è infestata: l'edificio è vecchio, lo vedi anche tu, e di voci di questo genere ne circolano fin troppe. Non farti distrarre da esse, bambina: tra queste mura non c'è spazio per l'occulto e le fantasie inutili."

Sebbene Rosa non nutra alcun affetto per il suo vecchio padrone, la sua visione del mondo l'ha in un certo modo influenzata e la ragazza non crede che per le vie della terra vaghino presenze soprannaturali. Però...

La fanciulla si avvicina al lago quasi in punta di piedi e tende le orecchie. Quasi come per farle un dispetto, il mormorio che l'era sembrato di sentire fino a un istante prima si interrompe. Sembra quasi che non voglia farsi trovare, pensa la ragazza guardandosi attorno. Incrociando le braccia davanti al petto, Rosa lascia scorrere nervosamente gli occhi attorno a sé.

Da qualche giorno il cielo terso che aveva benedetto la prima parte del mese si è fatto ingombro di nubi, divenendo una distesa grigia e uniforme che getta una luce plumbea sul mondo. Il lago riflette quel clima quasi autunnale e le sue acque, già naturalmente scure, hanno assunto un burrascoso colore grigio verde che le rende impenetrabili allo sguardo umano. Le mani della giovane tremano impercettibilmente mentre lei fissa quella superficie appena increspata da onde sottili: quasi si aspetta che da essa emerga una bestia mitologica, un drago o un serpente marino capace di parlare con una dolce voce di donna.

O forse c'è qualcosa tra i cespugli, pensa Rosa, mentre la sensazione di essere osservata da qualcuno che sta alle sue spalle le fa sollevare i sottili capelli della nuca. Un folletto dispettoso, una strega o lo spirito di qualcuno che è morto tanto tempo fa... La ragazza si volta di scatto, ma non vede altro che gli arbusti carichi di boccioli, l'erba e gli olivi.

Aggrottando la fronte, la ragazza si chiede se non ci sia forse qualcosa che non va in lei. Lo zio Antonio non le ha mai vietato di passeggiare per il parco, né l'ha fatto la zia Maria Elena, il che significa che ai loro occhi in esso non v'è nulla di insolito o di pericoloso. Di certo l'avrebbero messa in guardia nei confronti di un lago parlante, pensa la giovane con una smorfia. Possibile che sia la sola ad aver mai sentito quelle parole mormorate? Possibile che esse non esistano se non entro i confini della sua mente?

Non sono pazza, si rassicura Rosa, posandosi due dita su una tempia e scrollando lentamente il capo. Forse dovrebbe parlarne con qualcuno, ma chi? Non con la servitù, tra le cui fila non v'è nessuno che le sia amico, non con il prete, che non vedrebbe di buon occhio il fatto che lei senta voci prive di corpo, non con Edoardo, che la ignora e, quando non la ignora, la disprezza.

Cosa posso fare? Si chiede la ragazza, sforzandosi di pensare a una soluzione. Forse potrei iniziare con l'informarmi un po' sulla storia della villa e del parco, decide. Domande di quel genere, che dimostrano interesse nei confronti della sua proprietà, non insospettiranno nessuno. Forse potrebbe provare a dare un'occhiata più approfondita anche alla biblioteca: è vero che i libri la confondono, ma dovrebbe essere in grado di leggere almeno i titoli. E se trovasse qualcosa di interessante, la curiosità potrebbe spronarla a decifrare il testo con più sicurezza del consueto.

L'idea le pare buona e la ragazza si sente quasi rinfrancata. Con una mano sfiora un cespuglio d'ortensia e giocherella brevemente con le foglie spesse. «Non so chi sei», dice, rivolta al lago increspato, «ma intendo scoprirlo.»

Forse è una sua impressione, ma il silenzio che segue le sembra quasi stupefatto.

***

A conti fatti, l'idea di cercare risposte all'interno della biblioteca di famiglia non è poi così buona.

Ora che non cerca svago, ma informazioni, gli imponenti scaffali di legno ricolmi di volumi dall'aspetto vetusto le sembrano austeri, quasi minacciosi. Ha l'impressione che incombano sopra la sua testa, pretendendo di sapere cosa va cercando lei, servetta quasi analfabeta, tra quei corridoi forieri di saggezza.

I suoi occhi scorrono sulle lettere stampate sui dorsi dei libri, ma non trovano nulla a cui appigliarsi. Sto solo perdendo tempo, pensa Rosa abbattuta.

Demoralizzata, la giovane si dirige a passi lenti verso la sala più interna e sussulta nel vedere il cugino Edoardo seduto alla scrivania di legno massiccio. È piegato su alcuni appunti e su quello che sembrerebbe quasi un diario, ma quando la vede arrivare si raddrizza e la fissa con il suo cipiglio altero. «Ancora qui?» la apostrofa con aria di rimprovero.

Rosa si mordicchia le labbra ed è tentata di girare sui tacchi e andarsene, ma un pensiero improvviso la tiene inchiodata al pavimento. Forse potrebbe approfittare della situazione per fare conversazione con il suo futuro marito? Non prova per lui la benché minima attrazione fisica e l'uomo non ha mai dato cenno di desiderare il suo affetto, ma questo non cambia il fatto che nel giro di un mese o poco più saranno marito e moglie. Varrebbe certamente la pena di provare a conoscerlo un po' meglio, prima di recarsi con lui all'altare.

«Sì» dice allora, avvicinandosi lentamente alla scrivania. «In verità speravo di trovare qualche volume che trattasse della storia della casa e del giardino.»

Edoardo sembra sorpreso da quell'informazione, ma lo stupore che si disegna sul suo viso lascia rapidamente spazio alla disapprovazione. «Un volume?» ripete con una smorfia. «L'edifico non è abbastanza antico per meritarsi le attenzioni di uno scrittore e nel parco non c'è alcuna pianta esotica che possa essere studiata e descritta da un botanico. Cosa ti aspettavi di trovare?»

Rosa arrossisce a suo malgrado e non può fare a meno di sentirsi sciocca. «A dire il vero ero più interessata al lago, che alle piante e alla storia della casa» dice comunque, cercando di mantenere un tono neutro.

Sull'ampia fronte del cugino Edoardo si disegna una profonda ruga verticale. «Perché ti interessa?»

La giovane oscilla sui piedi. «Trovo strano che sia stato incluso nel parco. Non è un bacino artificiale, mi pare. Non pensavo che qualcuno avesse il potere di vendere un intero lago» improvvisa.

«A voler ben vedere, è più una pozzanghera che un lago» bofonchia l'uomo, ma Rosa vede che l'argomento lo appassiona. Che sorpresa! Pensa.

«A me non sembra tanto piccolo» osserva lei, cercando di tenere viva la conversazione.

«Quattrocentodieci metri di lunghezza e trecentoquindici di larghezza» la informa Edoardo, prima di stupirla parlando di nuovo: «Non ha alcuna storia particolare alle spalle. Era già parte dei terreni della fattoria che un tempo sorgeva al posto della villa. Un tempo serviva per fare abbeverare il bestiame.»

Rosa si immagina un lago diverso da quello che conosce lei. La forma è la stessa, ma la vegetazione attorno alle rive è più rada, meno rigogliosa. Non c'è traccia del viottolo di ghiaia né degli olivi che crescono sul pendio: ci sono solo prati e mucche che vi pascolano. Nella sua mente, l'orecchio di uno dei bovini ha un fremito e la ragazza si chiede se per caso non abbia udito la stessa voce che da qualche tempo domina tutti i suoi pensieri.

« Quando è stata costruita la villa?» chiede.

Edoardo scrolla le spalle. «All'incirca un centinaio di anni fa. Come ti ho detto, non può certo essere considerata antica o di pregio.» Così dicendo, l'uomo si alza dalla sedia e la fanciulla nota che, sebbene sia ancora nel pieno delle forze, sembra fare fatica a spostare il corpo massiccio. Le sembra già di vederlo vecchio, curvo e grigio, troppo pingue per alzarsi dal letto o dalla poltrona. Rosa non riesce a reprimere un brivido di orrore.

Senza alcuna parola di spiegazione, l'uomo si avvicina alla parete in fondo alla stanza, quella più lontana dalle finestre che danno sul giardino. Su di essa sono appesi alcuni piccoli quadri che la ragazza non ha mai avuto l'occasione di esaminare da vicino. Accorgendosi che Edoardo si è fermato di fronte al primo di essi, Rosa gli si avvicina di nuovo: non capisce perché tutto d'un tratto l'uomo sia così ben disposto nei suoi confronti, ma intende approfittarne come può.

Quando gli si accosta, il cugino Edoardo non abbassa su di lei lo sguardo, ma lo tiene fisso sulla scena agreste raffigurata nel primo dipinto: due uomini che accompagnano un bue impegnato ad arare i campi. Il paesaggio sullo sfondo è accurato e la ragazza comprende che il campo doveva trovarsi nei pressi della villa. «Chi l'ha dipinto?» chiede incuriosita.

«Tale Giovanni Bonfanti, un gentiluomo che visse in città nel periodo in cui la fattoria fu trasformata in villa e che si dilettava nell'arte della pittura» spiega l'uomo in tono piatto. «Il tratto è piuttosto grossolano, ma bisogna riconoscergli una certa attenzione ai dettagli.»

Rosa guarda il quadro: di arte non se ne intende, ma il dipinto le sembra grazioso. Non ha però alcuna intenzione di contraddire il cugino Edoardo e dunque passa al quadro successivo, che raffigura un gruppetto di donne che, con le sottane raccolte, paiono intente a pigiare l'uva. L'immagine successiva raffigura una contadinella di pochi anni che, circondata da grosse galline rossastre, porta alcune uova nel grembiulino sollevato, ma l'attenzione della ragazza è subito attirata da ciò che è ritratto all'interno della quarta cornice.

I suoi occhi scorrono sull'immagine di una fanciulla bionda che, avvolta in vesti candide, siede sulla sponda di un piccolo specchio d'acqua. L'angolo con cui è stata ritratta non permette a Rosa di scorgere con esattezza l'espressione del suo viso, ma alla ragazza sembra che le sue labbra siano piegate nell'accenno di un sorriso. È stata immortalata nell'atto di strizzare i lunghi capelli, forse bagnati dalle acque del laghetto, e la sua posa è stranamente provocatoria, se confrontata con l'innocenza degli altri dipinti: la sua spalle sinistra è nuda e le sue gambe sono scoperte fino al punto che è possibile intravvedere la pelle candida delle cosce.

«Chi è?» chiede, rivolta all'uomo al suo fianco.

Lui scrolla nuovamente le spalle. «Difficile dirlo. Forse una contadina, forse una giovane che il Bonfanti portò con sé dalla città. Forse solo una donna immaginaria che ha dipinto nella posa delle ninfe greche: ci sono alcuni bozzetti che mio padre ha nel suo studio che dimostrano che era assai affascinato dalla cultura classica.»

«Cos'è una ninfa?» chiede Rosa, che non è sicura di aver già incontrato quel termine prima d'ora.

Il cugino Edoardo le rivolge uno sguardo di sufficienza, ma la sua voce è priva di malizia. «Una sorta di spirito delle foreste o delle acque.»

Nell'udire quelle parole, qualcosa nel petto della giovane ha un sussulto. Uno spirito delle acque? Si chiede con il cuore in gola. Può davvero trattarsi solo di una coincidenza? Non è quantomeno curioso che un uomo vissuto un secolo prima abbia dipinto una fata nello stesso luogo in cui lei ha più volte sentito una voce che sembrava provenire dal lago stesso?Possibile che anche quel pittore dilettante avesse udito il mormorio portato dal vento? Possibile che avesse davvero visto la fanciulla vestita di bianco emergere dalle acque del laghetto?

Non essere sciocca! Si dice Rosa, retrocedendo istintivamente di un passo. Le fate non esistono più di quanto non esistano i fantasmi e tu ti stai facendo suggestionare da quello che probabilmente non è altro che il ritratto dell'amante di un damerino locale!

La ragazza si rende corto di essersi portata una mano davanti alla bocca. Imbarazzata, si costringe a riabbassarla e lancia un'occhiata al cugino Edoardo per vedere se si è accorto del suo scatto immotivato. L'uomo però non bada a lei e pare intento a contemplare l'ultimo quadro della fila. Raffigura un giovane uomo con ordinati capelli fulvi e brillanti occhi scuri. Sul suo volto c'è un sorriso enigmatico e nella mano destra tiene stretto un pennello.

«È il Bonfanti?» chiede Rosa.

Edoardo annuisce. «Esatto» mormora senza staccare gli occhi dal quadro. La sua voce è quieta, distaccata, come se l'uomo fosse lì con il corpo, ma non con la mente. «Lo sai che non voglio sposarti, vero?» le chiede dopo qualche istante facendola sussultare.

Rosa è senza parole e ha l'impressione che l'ondata di terrore che le sale dal petto rischi di soffocarla. «Come?» balbetta.

Per una volta, lo sguardo di Edoardo è limpido e diretto. «Non voglio sposarti, cugina» ripete. «Non più di quanto tu non voglia sposare me.»

La giovane pensa che quella confessione dovrebbe confortarla, ma non lo fa: il suo pensiero ora è uno e uno soltanto. «Ma che ne sarà di me, se tu non mi sposi?» chiede con voce strozzata. «Io non ho niente, non mi è rimasta più nemmeno una casa in cui tornare e nessuno sembra più disposto a darmi un lavoro!»

Il suo tono si fa sempre più acuto ed Edoardo leva una mano con palese irritazione. «Cionondimeno, ti sposerò comunque.»

Rosa chiude di scatto la bocca, sentendosi improvvisamente stupida.«Lo farai?» chiede. La sua testa si fa sempre più leggera – troppo, e la giovane ha quasi l'impressione di svenire. «Perché?»

Le labbra dell'uomo si piegano in una smorfia amara. «Perché questo è il volere di mio padre: ho quasi quarant'anni e non ho ancora preso moglie, a differenza dei miei fratelli più giovani. Se non porrò al più presto rimedio a questa situazione, mio padre mi escluderà dall'eredità.»

L'animo di Rosa è scosso da sentimenti contrastanti: sollievo perché sa che non finirà in mezzo a una strada, dolore perché ora è consapevole che il suo matrimonio non sarà mai felice. Cercando di aggrapparsi al primo e di seppellire il secondo, la ragazza si sforza di mantenere un'espressione composta. «Ma non hai...» la fanciulla si interrompe e si schiarisce la voce, cercando le parole giuste. «Non hai mai trovato una donna che desiderassi sposare?»

Il cugino Edoardo scuote il capo. «No, non ho mai desiderato prendere moglie» replica senza distogliere gli occhi dall'autoritratto del giovane pittore.

Senza dire una parola, Rosa retrocede in silenzio e abbandona la biblioteca. 

   
 
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