Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
Segui la storia  |       
Autore: AlsoSprachVelociraptor    13/01/2021    0 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
.
Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
.
Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
.
Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

All'alba di un nuovo giorno, quando il sole ancora si nasconde nell’oceano Pacifico e il cielo blu scuro inizia a tingersi di rosa e arancione e rosso, Okuyasu si sveglia, si prepara e si dirige a lavoro a piedi.

Era solito andare a lavoro in auto anni prima, ma non aveva nessun senso. Non abitava così lontano dal suo negozio di fiori e piante, e aveva notato che con gli anni di sedentarietà aveva messo su dei chiletti. Il suo ventre non era più piatto come da adolescente, e non voleva finire per diventare un vecchio ciccione con la pancia da birra a soli trentaquattro anni. Un po’ di movimento era necessario, anche se era noioso. Col tempo aveva anche smesso di arrivare al centro di Morioh col fiatone, e si sentiva meglio che mai. Anche se un po’ di pancetta era rimasta comunque.

Solo dopo aver alzato la serranda del suo stesso negozio si accorse che in quello al suo fianco, il salone di bellezza Fairy Grandmother Aya, le luci all’interno erano già accese.

Si voltò a guardare il sole tiepido e poco luminoso, appena sorto in cielo. Erano le sei e quaranta del mattino, e il salone di bellezza non avrebbe aperto prima delle otto.

Okuyasu lasciò perdere il proprio negozio- le nuove camelie avrebbero potuto aspettare un’altra ora nel loro vaso originario, e controllò all’interno, attraverso la grande vetrata frontale. Nel bianco e rosa candido e pulito degli interni dei Fairy Grandmother Aya, una donna dai lunghi capelli neri stava spolverando la scrivania linda e lucida.

Okuyasu batté le nocche contro la vetrata, riscuotendo la donna dalla specie di stato di ipnosi in cui era caduta. Sorrise a Okuyasu e corse ad aprire la porta del negozio.

"Cosa ci fai qui a quest'ora, Yukako?" chiese l'uomo facendosi strada nel salone, dopo essersi tolto le scarpe all'entrata. La pulizia era tutto in quel salone di bellezza. 

Yukako si chiuse la porta di vetro satinato e colorato alle spalle. 

Nei suoi occhi indaco scuro, contornati da un perfetto e affilatissimo segno di matita nera, Okuyasu leggeva tanta preoccupazione. 

"Ieri Jotaro ha chiamato Koichi al telefono. Ha chiamato anche Josuke, giusto?"

Yukako si sedette su una delle morbide poltroncine all'entrata e Okuyasu la seguì, quasi sprofondando nella sedia. Era molto comoda.

"Questa volta si incontreranno al ristorante di Tonio, ci sarà Jotaro e dovranno parlare."

Yukako cercava di mantenere la sua solita facciata di freddezza e disinteresse, ma le sue dita continuavano ad arrotolarsi attorno a quella ciocca bianca nel mare di foltissimi capelli neri- quella ciocca di Love Deluxe che era diventata bianca per lo stress e il continuo uso, ma non era ritornata nera come di solito accadeva. "Tamotsu aveva solo tre anni e ha rischiato di diventare orfano di padre l'ultima volta che Jotaro ha voluto parlare."

Okuyasu ricordava il marzo del 2012. Ricordava il cielo passare da azzurro a nero in istanti, ricordava di essersi preso una bella botta in testa e avere avuto un qualche sogno confuso e spaventoso... 

Okuyasu non seppe come rispondere. Non era bravo con le parole, non lo era mai stato, così semplicemente lasciò che i suoi pensieri, troppo stupidi per quel momento così serio, non intaccassero il clima già distrutto di suo.

Yukako si lasciò scappare un lungo, lamentoso sospiro e appoggiò appena la testa alla spalla dell’amico. “Senza tu e Yuuya qui in negozio ad aiutarmi in quei giorni, credo sarei impazzita.”

Se Yukako non gli fosse stata vicino, pensò invece Okuyasu, lui sarebbe impazzito di solitudine in quegli anni. Ma non lo disse. L’aveva già detto più volte, e Yukako lo sapeva bene, perchè erano diventati migliori amici dopo gli avvenimenti di quell’orribile estate del 1999 e da allora non si erano più separati. Era divertente, da ragazzini, fare le uscite a quattro- Yukako col suo fidanzato Koichi, e Josuke e Okuyasu, qualsiasi cosa fossero stati loro due. Non era mai stato chiaro tra di loro, ed era questo che aveva spinto Josuke al volere disperatamente un cambiamento. E se le cose non fossero cambiate nella sua vita, nei suoi rapporti con la madre e gli amici, allora sarebbe cambiato lui. Tagliarsi i capelli di netto da un giorno all’altro, scappare di casa senza nessun motivo, decidere di lasciare Morioh il giorno dopo essersi diplomato alle scuole superiori. Forse era stata colpa di Okuyasu, che non aveva mai saputo decidersi.

E non lo sapeva nemmeno oggi, che Josuke era tornato ed era cambiato ancora e Okuyasu non sapeva più cosa provare per lui.

“Josuke non mi ha detto niente della chiamata. Me l’ha spifferato Shizuka ieri sera, nel giardino comunicante.” confessò Okuyasu a Yukako, il cui volto era tornato freddo e lo sguardo affilato come coltelli.

“Io non ti capisco Oku, non capisco come tu possa ancora dare man forte a Josuke dopo il modo in cui ti ha lasciato nel 2001, e il modo in cui ti tratta ora.”

“Non lo capisco nemmeno io.” alzò le spalle Okuyasu. 

Non era importante che il rapporto tra Okuyasu e Josuke si fosse rovinato, se Josuke tendesse ormai sempre a far sentire Okuyasu mortificato e allo stesso tempo interessato. Se c’era un’altra apocalisse in corso, le emozioni che scorrevano tra loro due non avevano nessuna importanza sul suo esito.



 

“Capisci che casino? Me la sono ritrovata davanti dal nulla, sul lettino delle visite. Identica a quello psicopatico di suo padre, e psicopatica anche lei. Gridava che era colpa mia e se non l’avessi curata subito sarebbero stati guai per la città e per me e mia figlia. Capisci?! Mi ha minacciato! Ma insomma, cosa puoi aspettarti da una ragazzina i cui genitori sono fratelli?!”

“Fratelli e psicopatici. Combo perfetta!”

I due dottori risero, ma nelle loro risate c’era ben poca gioia. Avevano evitato l’argomento per tutto il giorno, ritrovandosi al distributore di caffè ogni tanto ma mai avendo il coraggio di anche solo iniziare quel discorso. Era difficile anche solo pensarci. Jotaro li aveva chiamati.

“Senti Jos, ho la macchina in panne e sono venuto in bus stamattina, potresti darmi uno strappo a casa?” chiese Koichi, in un modo che non era da Koichi. Si era presentato sulla soglia dell’ufficio del dottor Higashikata poco prima delle cinque del pomeriggio, con due fogli in mano- permessi per tornare a casa prima da lavoro. Se per Josuke, traumatologo a quell’ospedale non era stato un disastro particolare e avevano subito trovato un sostituto, lo psicoanalista Koichi aveva avuto più difficoltà. Aveva spostato gli appuntamenti dei suoi pazienti un po’ prima e il giorno dopo, sperando che dopo quella serata da Tonio ci sarebbero stati altri giorni successivi.

“Certo. Poi non è più sicuro avventurarsi da soli a Morioh ultimamente, visto tutti i casi di violenza che si stanno verificando questa settimana. Abbiamo dovuto comprare delle sacche di sangue dagli ospedali di altre prefetture perchè l’abbiamo quasi finito. Una pazzia. Dicono sia un gruppo di teppisti, chissà.” 

“Dici che anche la figlia di Futaba è stata attaccata da uno di questi malviventi?”

Josuke ridacchiò sottovoce, sembrando quasi rilassarsi a quel pensiero. “Ha parlato di una ‘forza invisibile’ al centro commerciale. A me ricorda qualcuno di familiare.”

Avevano parlato un po’, riso, e Josuke si era tolto il suo solito camice tutt’altro che professionale, ricoperto di stickers e spille e cuciture strategiche e aveva indossato il suo solito chiodo e inforcato i suoi occhiali da guida, il tutto con una rigidità che non gli apparteneva affatto.

Oltre alle solite, banali frasi di cortesia, il tragitto dall’ospedale al suo parcheggio sotterraneo fu estenuante e silenzioso. Josuke aveva gli occhi coperti dagli occhiali da aviatore, dalle lenti azzurre e a specchio, ma il suo viso era tirato e le sue folte sopracciglia -seppur raffinatamente tagliate alla perfezione- erano aggrottate sulla sua fronte sudata. Era febbraio e stava sudando freddo.

Koichi salì con cautela sulla Lamborghini nuova di pacca di Josuke, comprata coi soldi della vendita dell’agenzia immobiliare di suo padre negli Stati Uniti. Non voleva graffiarla o sporcarla, anche se sapeva che Crazy Diamond era capace di riparare graffi e danni alla carrozzeria. Dubitava fosse, tuttavia, capace di riparare danni più seri al motore e all’impianto elettrico dell’auto, dato che Josuke non ci capiva nulla di quelle cose.

Koichi non amava il lusso, come ogni brav'uomo umile e padre di famiglia lì a Morioh. Il modo in cui Josuke ostentava così tanto la sua ricchezza lo metteva a disagio, ma non osava farne parola con l'amico. Forse, era stato lontano troppi anni da Morioh.

Ma non era tempo di cincischiare e perdersi in pensieri del genere.

Koichi sospirò, tentò di prendere coraggio, di darsi una spinta e di dire ciò che lo stava tormentando tanto. Stasera dobbiamo parlare con Jotaro. Ma non lo fece, perchè era un perdente e in quegli anni di tranquillità si era lasciato andare, si era adagiato sulla codardia come fosse un morbido cuscino. E nemmeno Josuke si azzardò a parlare della questione, fino alla fine, fino a quando raggiunse la serie di villette a schiera che davano sul Capo Boing, dove abitava Koichi con la sua famiglia.

Josuke non parlò fino a quando Koichi aprì la portiera della Lamborghini, con la sua valigetta ventiquattrore tra le mani, e i saluti di convenienza sulla punta della lingua.

“Ci vediamo stasera da Tonio. Buona fortuna, amico.”

Le parole di Josuke furono come un pugno nello stomaco a Koichi, forti e inaspettate, che lo lasciarono senza parole e senza respiro. Chiuse la portiera e corse in casa senza voltarsi, con alle sue spalle il potente motore della lamborghini.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo / Vai alla pagina dell'autore: AlsoSprachVelociraptor