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Autore: sayan_s_moon    13/01/2021    3 recensioni
Edward ha abbandonato Bella nel bosco, solita storia vero?
Ma cosa succederebbe se, prima di andarsene, esaudisse il desiderio più grande di Bella? I nomi Renesmee ed EJ vi dicono nulla?
Bella è cresciuta ed ha fatto carriera, crescendo i suoi due figli con il solo aiuto di Jacob.
Dopo quasi 8 anni di tranquillità, il passato bussa alla sua porta. Cosa succederà?
*****Se siete curiosi, date un'occhiata e sentitevi liberi di recensire*****
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clan Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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Prima di tutto, buon anno nuovo a tutte/i!
Ringrazio le 8 persone che hanno recensito, i 16 preferiti, l'1 ricordato e i 28 seguiti!
Ci vediamo infondo!


La mattina seguente mi svegliai con la vitalità degna di uno zombie, degna di Mike Newton. La testa mi pulsava come nei peggiori post-sbronza, sentivo la bocca impastata e un leggero senso di nausea. Mi trattenni dall’urlare e inveire contro i Cullen per aver rovinato la mia quotidianità e l’equilibrio mentale che avevo conquistato con fatica. Sbuffando mi girai su un lato e per poco non caddi giù dal letto quando lessi l’ora. Sul comò trovai un biglietto di Jake.
 

“Ho portato i bambini a scuola e ho chiamato il tuo capo per dirle che ti prendevi la mattinata libera, ti aspetta in ufficio per l’ora di pranzo. Non ti arrabbiare, avevi bisogno di riposarti. Sono andato in officina, ci vediamo a cena”

 
Sospirai e mi alzai dal letto, stiracchiandomi come un gatto. Per fortuna che c’era lui nella mia vita, mi guardava sempre le spalle da tutti e da tutto. Per contribuire un po’ alle spese nei periodi in cui l’ospitavo, aveva trovato un lavoro occasionale in un’officina vicino a casa. Il titolare non lo voleva assumere all’inizio, pensava fosse solo un tipo strambo ed arrogante. Tuttavia, appena Jacob riparò un’auto, su cui stavano lavorando da un po’, nel giro di un paio di ore risolvendo il problema (di cui ovviamente io non capivo niente) in maniera originale ed efficace, lui cambiò idea. Così ogni volta che veniva a Seattle andava a lavorare lì e dava una mano, la paga non era un granché a Jacob andava più che bene. Era anche un modo per tenersi occupato visto che durante la settimana io lavoravo e i bambini finiva la scuola alle quattro e mezza.
Andai in soggiorno, presi il mio tappettino lillà e mi misi a fare i miei esercizi di yoga e meditazione. Non ci dedicavo più di venti minuti, ma erano un tocca sana per il mio fisico e la mia psiche e mi facevano iniziare la giornata con più energia. E poi, per stare dietro ai bambini, di energia me ne serviva parecchia. Finiti gli esercizi, sistemai un po’ il soggiorno, feci una colazione/brunch molto leggera e mi misi a preparare il pranzo. Optai per un’insalatona con feta, olive, pomodorini e un po’ di pollo avanzato di ieri.
La fissa per lo yoga, la ginnastica a sera alterne, le insalate e gli estratti di frutta l’avevo sviluppata con il tempo. Dopo il parto mi sentivo devastata fisicamente ed emotivamente, non che mi fossi mai piaciuta, ma in quel periodo mi vedevo ancora peggio. In più, la consapevolezza di invecchiare mi tormentava. Ci misi un po’ per venire a patti con me stessa e decisi che mi sarei presa cura del mio corpo e della mia mente per essere sempre la versione migliore di me stessa. Volevo essere giovane e forte per i miei figli, ma anche per me stessa. Purtroppo, la meditazione non poteva cancellare completamente l’angoscia che la mia mortalità mi dava. Mi sentivo come una bambina esclusa dal gruppo, perché le persone che più amavo al mondo sarebbero vissute per sempre, ed io? Morta e dopo qualche decennio probabilmente dimenticata. Il loro ritorno mi aveva quasi portato sull’orlo di una crisi isterica ed il mio senso di inadeguatezza era schizzato alle stelle. Se mi avessero portato via i bambini? Erano esseri sovrannaturali, forti ed immortali, non avrebbero di certo faticato per prendere i miei figli e sparire nel nulla. In fin dei conti, non erano dei maestri nel fuggire e fingere di non essere mai esistiti?
No, no, no. Bella sta calma, Jacob non lo permetterebbe mai!
Cosa avrebbe potuto fare un lupo contro sette vampiri? Forse, sarebbe andato via con loro lasciandomi sola.
Bella, cazzo riprenditi!
Andai in bagno e mi buttai sotto la doccia, l’acqua ghiacciata mi diede una bella svegliata e mi fece passare le paranoie. Una volta asciugata, mi preparai e chiamai Andrea, l’assistente austrica del mio capo Miranda.
“Priestley&Associati, come posso esserle utile?”
La sua voce fastidiosamente acuta e con un lieve accento tedesco mi fece storcere la bocca.
“Ciao Andrea, sono Bella. Miranda era incazzata vero?” le chiesi senza giri di parole, mentre aspettavo che mi rispondesse mi misi il blazer blu scuro, presi la borsa che usavo per lavoro e mi chiusi la porta alle spalle.
“Ovviamente lo era Isabella” sghignazzò malefica. Non avrei saputo dire quale persona fosse in cima alla mia lista nera tra lei, la maestra Molly, la mia ex migliore amica bugiarda e il mio ex ragazzo che dopo una scopata mi aveva messo incinta e mollata il giorno dopo. Alzai gli occhi al cielo ed ignorai la sua perfida, era solo invidiosa della sottoscritta.
“E’ in ufficio?”
“No, ha un appuntamento con un cliente e tornerà verso le tre/tre e mezza”
“Ci vediamo tra poco allora” e senza salutare le chiusi il telefono in faccia.

Da Lincoln Park, 8011 Fauntleroy Way SW a 5506 6th Ave S #104 ci volevano circa quindici minuti senza troppo traffico, contando che di traffico ce n’era sempre ce ne misi quasi venticinque. Parcheggiai nel parcheggio riservato, entrai e presi di corsa l’ascensore per arrivare al dodicesimo piano. Sfruttando lo specchio interno all’ascensore, mi diedi una sistemata ai capelli che si erano arruffati nella corsa, passai sulle labbra il mio fedelissimo rossetto rosso ciliegia di Dior e feci un respiro profondo.
Appena le porte si aprirono, sfoggiai il mio miglior sorriso e con passo sicuro attraversai il piano salutando tutti.
Quelle poche ragazze dello studio mi odiavano, perché nonostante lavorassi lì da molto meno tempo di loro avevo dimostrato di avere talento e di fatto portavo allo studio molti più soldi di quanto facessero loro. In più, avevo da poco meno di un anno un ufficio tutto mio. Loro invece condividevano ancora l’open-space confusionario di sempre.
Gli associati del mio capo erano uomini sulla cinquantina, capelli brizzolati e sempre in completo. Non avevo dato loro molta confidenza, più passavo inosservata meglio era. Quello che mi interessava era lavorare sodo, guadagnare il più possibile e tornare a casa presto dai miei figli. Nonostante avessi solo venticinque anni conducevo una vita da persona molto più grande di me. Le esperienze uniche che avevo vissuto mi avevano fatto crescere e maturare molto velocemente, anche troppo. Inoltre, i loro sguardi un po’ viscidi mi infastidivano e basta.
Quel giorno indossavo un tubino grigio senza maniche con una sottile cintura ad evidenziare il girovita e le mie scarpe preferite, un paio di Louboutin rosse dalla punta affusolata. Mettevo quelle scarpe ogni volta che avevo bisogno di una spinta in più.
“Isabella, è arrivata una cliente” mi avvisò una collega quando le passai accanto. Aggrottai le sopracciglia confusa.
“Non avevo nessun appuntamento a quest’ora”
“Lo so, ma ha voluto comunque aspettarti. Dice di essere una vecchia conoscenza” mi spiegò senza alzare gli occhi dallo schermo del suo portatile. Sbuffai infastidita, ma perché oggi non me ne andava bene una?
Mi tolsi il blazar mettendolo sottobraccio e mi affrettai a raggiungere il mio ufficio, dalle vetrate scorsi una figura femminile di spalle. Aprii la porta e mi presentai subito cercando di essere il più cordiale possibile.
“Buongiorno, mi chiamo Isabella Swan. Mi dispiace averla fatta attendere, lei è…”
 Non riuscii a terminare la frase, perché la cliente si girò rivelandomi la sua identità.
“Esme!” squittii sorpresa lasciando cadere la borsa e la giacca ai miei piedi. I Cullen stavano mettendo alla prova il mio cuore con tutti questi colpi di scena.
“Ciao Bella, tesoro mio, sei diventata una bellissima donna” mi rispose materna come sempre, abbracciandomi di slancio senza lasciarmi l’opportunità di schivarla. Ricambiai goffamente.
“Cosa ci fai qui?” le chiesi un po’ brusca, me ne pentii subito. Era così dolce che non potevo trattarla male come avevo fatto con Alice.
“I miei figli mi hanno raccontato di averti incontrata e volevo assolutamente vederti. La descrizione di Alice non ti rende giustizia però”
Il suo sguardo luminoso e il suo sorriso così dolce mi sciolsero definitivamente. La feci accomodare di nuovo e mi sedetti alla mia scrivania.
“Sei cresciuta così tanto” mormorò emozionata. Storsi la bocca, l’argomento “tempo” non era di certo uno dei miei preferiti.
“Lo so, me l’hanno detto…di tempo ne è passato” commentai senza guardala negli occhi.
“A proposito di questo…volevo spiegarmi, raccontarti un po’ di cose…”
La fermai con un gesto della mano.
“Esme” la ripresi “non è davvero un capitolo della mia vita che voglio riaprire. Non adesso per lo meno”
Lei sospirò rassegnata ed annuì. Almeno non era insistente come qualcun altro di mia conoscenza.
“Allora parliamo di affari” cominciò seria “sto cercando una nuova proprietà. Vorrei ristrutturarla”
“Per poi rivenderla?” le chiesi con tono neutro, mentre accendevo il mio portatile e mi mettevo più comoda.
“Forse, in un futuro…spero di no” mi rispose in difficoltà. La guardai sorpresa, ma non dissi nulla, non volevo indagare sul suo tono evasivo. Avevo imparato che i Cullen nascondevano sempre qualcosa.
"Mi piacerebbe una villa indipendente, non troppo grande o appariscente. Vorrei riuscire ad ottenere dall’immobile tre stanze da letto, di cui una padronale con bagno privato, un secondo bagno, uno studio e una zona giorno open-space”
Mi presi qualche secondo per riflettere, in effetti avevo qualcosa che faceva al caso suo.
“Scommetto che deve essere isolata ed immersa nel bosco, vero?” le domandai scherzosamente sapendo già la risposta.
“Esatto” replicò furbamente.
“Guarda, se non hai preferenze di zona ho due diverse proprietà da mostrarti. Si trovano ai lati opposti della città, potrebbero fare al caso tuo” le spiegai velocemente, poi girai lo schermo e le feci fare un tour virtuale delle case. Passammo la mezzora successiva a commentare gli immobili, la loro posizione e la possibile ristrutturazione. Parlammo anche di arredamento e apprezzai la competenza e serietà di Esme, sapeva decisamente il fatto suo.
Buttai un occhio all’orologio a parete alle mie spalle e sospirai massaggiandomi le tempie. Mancava poco e Miranda sarebbe tornata.
“Qualche problema cara?” mi domandò attenta come sempre.
“No…cioè sì, stamattina non sono venuta in ufficio e il mio capo mi vuole vedere tra venti minuti”
“Ci risentiamo per metterci d’accordo sulle visite, va bene?” continuai, intanto mi alzai e mi sgranchii le gambe. Anche Esme si alzò e mi sorrise.
“Certamente Bella, chiamami tu quando sei più libera”
Ci fu un attimo di imbarazzo che spezzò lei abbracciandomi di nuovo e augurandomi una buona giornata. Andò alla porta, ma prima di aprirla si voltò verso di me con espressione triste.
“Lo so che non vuoi parlarne, ma Rosalie mi ha parlato dei tuoi bellissimi bambini e penso che l’unico che non abbia realizzato di chi siano figli è il padre stesso”
“Esme…” gemetti sconfortata e in ansia, tutte le paranoie e paure di quella mattina tornarono prepotentemente.
“Non voglio parlarne” continuai senza guardarla negli occhi.
“Lo so e lo rispetto, ma sappi che sei ancora in tempo per cambiare le cose. Non giustifico Edward, è stato imperdonabile. So che non ci credi, ma abbiamo davvero cercato di farlo ragionare. Alice l’ha seguito fino in Brasile per farlo tornare a Forks, ma lui in preda all’ira l’ha aggredita e le ha morso una spalla”
Mi lasciai scappare un singhiozzio, sentii gli occhi inumidirsi.
Allora ad Alice importa qualcosa di me.
“Dopo è stato ancora peggio, per anni si è lasciato divorare dai sensi di colpa. È tornato da noi da pochi mesi”
“Come avete fatto a trovarmi?” chiesi in un sussurro, avevo quasi paura di sentire la risposta.
“Da quando suo fratello è tornato a casa, Alice ti ha cercata. Si è sforzata tantissimo per trovarti, non riusciva quasi mai a vederti. Poi una sera di due settimane fa ha avuto una visione. C’eri tu sul divano di casa tua probabilmente, eri sola e sorseggiavi del vino rosso. Stavi leggendo dei documenti che riportavano il logo di questo studio e così ha capito che ti trovavi a Seattle”
“Perché invadere così la mia privacy?”
Ero alterata, anzi no ero arrabbiata. Come potevano giocare continuamente con la mia vita?
“Ovviamente non è stato un caso incontrarli ieri al centro commerciale” commentai con l’amaro in bocca.
Mi appoggiai al tavolo, mi sentivo la testa leggera. Esme si mosse subito e appoggiò le sue mani gelide sulla mia fronte e sul collo per darmi un po’ di sollievo. La ringraziai stancamente, senza neanche guardarla.
“Ora devi proprio andare” la invitai ad uscire senza troppa gentilezza, la cordialità l’avevo esaurita da un pezzo.
“Non dire niente sui bambini, specialmente a lui
“Bella, non me lo puoi chiedere” gemette.
“Penso che me lo dobbiate tutti, non vi chiedo nulla solo di lasciarmi in pace. Non sono pronta a frequentarvi di nuovo e devo proteggere la mia famiglia, non mi fido di voi”
Esme abbassò lo sguardo colpevole, ma non controbatté nulla. La guardai uscire dal mio ufficio e mi chiesi come avrei fatto a venire fuori da una situazione così intricata.
Il telefono squillò facendomi sobbalzare e perdere il filo dei miei pensieri. Andrea mi avvisò che Miranda mi stava aspettando e che dovevo andare subito da lei. Mi asciugai velocemente le guance, mi passai il rossetto di nuovo e misi su la maschera che portavo ormai da otto anni.
A testa alta Bella, sempre.

Vi aspettavate Esme? Secondo voi Bella ha reagito troppo duramente o ha fatto bene? Manterrà il segreto o Edward verrà a sapere tutto?
Nel prossimo capitolo Bella e Rosalie passerrano il pomeriggio al parco, come andrà secondo voi?
A presto!
 
  
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