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Autore: Kimando714    13/01/2021    0 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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La seconda cosa che volevamo (ri)portare all'attenzione è il link della playlist Spotify della storia, per chiunque fosse interessato al lato musicale che si vede spesso nei nostri capitoli: 
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CAPITOLO 65 - A LINE IN THE SAND




“È nel momento più freddo dell’anno che il pino e il cipresso, ultimi a perdere le foglie, rivelano la loro tenacia”
 

Il clima rigido di gennaio aveva continuato imperterrito a rendere quelle giornate sempre più grigie e fredde: il cielo plumbeo e carico di pioggia aveva accompagnato ogni singolo giorno che aveva preceduto gli ultimi giorni del mese, e anche durante quella stessa giornata la pioggia sembrava dovesse iniziare a cadere tra non molto.
Con quel cielo scuro e intriso di nuvole Piano aveva un aspetto quasi spettrale: poche persone erano in giro, sebbene fosse sabato pomeriggio, e il vento non faceva altro che sferzare violentemente sul viso di Caterina. La sciarpa che si premeva sul viso per ripararsi da quelle folate sembrava funzionare ben poco, e non riusciva a capire bene se il braccio di Giovanni, con il quale le stava cingendo le spalle, le stesse trasmettendo più calore o desolazione. Sospirò piano, in maniera impercettibile, lasciando che il respiro caldo si espandesse tra le pieghe della sciarpa.
Non era del tutto pentita di trovarsi lì. In fin dei conti, si era ripetuta per tutto il tempo, non c’era nulla di sbagliato nel passare un pomeriggio con lui a Piano, dopo la scuola. Era pur sempre il compleanno di Giovanni: un motivo più che valido per restare in sua compagnia.
La vita non sembrava essere diventata completamente diversa in quelle ultime settimane. Tutto sembrava scorrere come prima. Le giornate a scuola, la patente di guida presa da una settimana appena, le giornate di studio e le poche serate passate in giro con Giulia e Valerio. Una normale quotidianità alla quale, sotto la superficie, mancava qualcosa.
Si era infilata una sottile venatura di cambiamento, nei suoi più piccoli gesti, resa poco evidente solo dal fatto che né lei, né Giulia, né nessun altro ne aveva fatto parola a voce. 
Fu mentre lei e Giovanni stavano percorrendo lo spazio aperto della piazza del paese, che dovette allontanare i propri pensieri quando avvertì il proprio cellulare vibrare nella tasca della giacca a vento. Allungò una mano per controllare, anche se aveva un sospetto su chi la stesse chiamando in quel momento. Quando lo tirò fuori e notò una chiamata in entrata da Alessio non se ne sorprese affatto – aveva perso il conto delle volte in cui lui aveva provato a chiamarla nelle ultime settimane.
Rifiutò la chiamata come tutte le volte precedenti, tutt’altro che invogliata dal parlare con lui o con qualsiasi altro del gruppo.
Passarono solo pochi secondi, giusto il tempo di rimettere a posto nella tasca il cellulare con un sospiro prolungato, prima che Giovanni le rivolgesse la parola dopo diversi minuti di silenzio:
-Non rispondi?-.
Caterina scosse debolmente il capo:
-No-.
-Sarà uno dei soliti call center che chiamano per offerte strambe- rise lui, tranquillamente, cercando di risollevare l’atmosfera. Caterina si sentì in parte colpevole per non averlo corretto subito, e fu quella sensazione fastidiosa a portarla ad essere sincera:
-In realtà era un mio amico- ammise, con un filo di voce – Uno del gruppo-.
Non aveva mai parlato troppo a Giovanni di Alessio, Pietro e Filippo, ma sapeva che erano bastate quelle parole a fargli capire a chi si stesse riferendo. Era facile intuire fosse uno degli amici che erano anche amici di Nicola.
-Ah- mormorò Giovanni, forse spiazzato in parte – Come mai non gli hai risposto?-.
Caterina si morse il labbro inferiore, consapevole che dirgli che non aveva voglia di parlare con Alessio e nessun altro di loro, perché sicuramente le avrebbero chiesto più o meno esplicitamente di Nicola o cosa diavolo le era passato per la testa tanto da averlo lasciato, non avrebbe fatto altro che portare Giovanni a farle domande a cui non voleva rispondere.
Quello era stato uno dei cambiamenti della sua quotidianità che erano derivati dalla separazione da Nicola.  Perché se prima, durante le giornate a scuola, spesso si ritrovava a parlare con Giulia anche di lui, ora nessuna delle due aveva il coraggio di toccare l’argomento; perché lei non l’aveva allontanata del tutto, ma aveva irrimediabilmente allontanato tutti gli altri. Ora del loro gruppo sembrava essere rimasto solo un vago ricordo, coperto da quelle nuvole cariche di pioggia e risentimento.
Ed aveva smesso di parlare di Nicola anche con Giovanni, alla fine. Non gli aveva raccontato molto del giorno in cui l’aveva lasciato, né aveva accennato nulla a cos’era successo con gli altri.
Erano cose di cui non voleva parlare, con nessuno. Sentiva che l’immagine del viso di Nicola fosse pronta a fare capolino non appena il suo nome fosse nominato. A volte, quando si trovava sola in casa o quando stava per addormentarsi, le tornavano in mente i bei momenti, e le parole che gli aveva rivolto il giorno in cui l’aveva lasciato. Ed ogni volta era un colpo più duro del precedente. Avrebbe solo voluto dimenticare, dimenticare tutto e voltare pagina, lontano da lui e da tutto ciò che erano stati insieme.
Il fatto che Alessio stesse comunque cercando di contattarla le rendeva solo più difficile ignorare tutto quello che era e stava ancora succedendo.
-Lo richiamo più tardi- tagliò corto lei, voltandosi brevemente verso Giovanni – Ora sono con te, no?-.
-Già- mormorò di nuovo lui, lo sguardo che tradiva una convinzione piuttosto latitante – Li hai rivisti i tuoi amici in queste settimane?-.
Giovanni era  molto più osservatore e conscio di quel che si sarebbe potuto pensare, questo Caterina ormai l’aveva capito. Non tentò, però, di essere sincera fino in fondo come poco prima:
-Non ne ho avuto il tempo, e poi non lo avrebbero avuto nemmeno loro, visto che sono ancora in piena sessione d’esami- cercò di spiegare. Non era nemmeno una spiegazione troppo lontana dalla realtà, anche se andava a tacere su quelle che erano le vere ragioni sul loro distacco.
Giovanni non le domandò altro, facendosi bastare quelle parole. Proseguirono ancora in silenzio, camminando adagio, il vento che sferzava ad entrambi la pelle lasciata scoperta del viso.
Una goccia di pioggia cadde sul viso di Caterina, bagnandole appena una guancia, e spingendola ad alzare lo sguardo verso l’altro: il cielo si era fatto più scuro, e non ci sarebbe voluto molto prima che iniziasse a piovere ben più forte.
-Sta piovigginando- Caterina si strinse un po’ di più al corpo di Giovanni dopo aver sentito un brivido di freddo correrle lungo la schiena, cercando del calore nella vicinanza dell’altro.
-Non ho nemmeno un ombrello. E scommetto che neanche tu ne hai uno a portata di mano- replicò lui, con aria poco fiduciosa. Il cenno di diniego di Caterina confermò i suoi sospetti, e ciò gli provocò un mezzo sorriso:
-Casa mia non è distante da qui. Puoi aspettare lì fino all’ora in cui deve passare la tua corriera- la voce di Giovanni si fece più morbida, incutendo una certa dose di tranquillità in Caterina – Almeno eviteremo di prenderci troppa pioggia-.
Caterina si limitò a sorridergli in tutta risposta, in maniera un po’ tirata, ma bastò quel gesto per vedere i suoi occhi che si illuminavano.
 
*
 
La casa di Giovanni era un po’ come Caterina se l’era sempre immaginata: piccola, ma accogliente ed ordinata, con grandi vetrate ora screziate dalla pioggia battente che continuava a cadere in quantità sempre maggiore. Ci avevano impiegato poco tempo ad arrivare, come aveva detto Giovanni, ma erano bastati quei pochi minuti per far sì che il temporale che si era venuto a formare li cogliesse del tutto impreparati, facendoli finire con capelli e vestiti ben più che umidi.
Caterina sentiva freddo, in quel momento, con i capelli bagnati che le ricadevano in disordine sulle spalle, minuscole goccioline che le rigavano i lati del viso e la pelle del collo.
Continuò a guardarsi intorno, dopo pochi minuti che avevano finalmente varcato la soglia. Dovevano essere soli in casa dato il silenzio che vi regnava.
-Forse è meglio prendere un asciugamano-.
Giovanni spezzò il silenzio per primo, facendo cenno a Caterina di dargli il capotto, per poterlo appendere nell’ingresso – O ci beccheremo l’influenza se resteremo così bagnati-.
Erano già nel soggiorno della casa, ancora troppo infreddoliti per pensare di togliersi i cappotti subito.
-Oh beh, in questo momento l’influenza è una delle poche cose che non mi spaventa-  il tono ironico di Caterina sembrò essere percepito fino in fondo dall’altro: Giovanni si limitò a guardarla, annuendo silenziosamente.
-Avanti, vieni- le prese delicatamente una mano, incitandola a seguirlo verso il bagno – I problemi si affrontano meglio con le energie necessarie. E tu non hai bisogno di ammalarti proprio ora-.
Caterina sbuffò piano, lasciandosi guidare dall’altro e dal suo tocco gentile.
Già, sembrava proprio che in quel periodo avesse bisogno di quante più energie per far fronte a tutto. Come in quel preciso momento, in cui non poteva fare a meno di sentirsi agitata: forse per la vicinanza di Giovanni, forse per il fatto di trovarsi da sola con lui a casa sua, non riusciva a rimanere calma del tutto.
Aveva come l’impressione di star per superare un limite che fino ad allora era sempre rimasto così tanto distante da non essere nemmeno avvertito.
 


-A che ora hai la corriera per tornare a Torre San Donato?- Giovanni passò un asciugamano pulito a Caterina, tenendo per alcuni secondi gli occhi puntati verso di lei. Doveva ancora abituarsi alla sua presenza in casa sua, e ancora non riusciva a crederci del tutto.
-Tra un bel po’ ancora- rispose lei, passandosi l’asciugamano sul capo e frizionando i capelli scuri – Pensavo di prendere la corsa delle sei e mezza. Ma se disturbo posso anche andarmene prima-.
-Non dirlo neanche per scherzo- Giovanni andò ad appoggiare accanto al lavandino il proprio asciugamano, poi avvicinandosi a Caterina e rimanendo in piedi di fronte a lei, sorridente – Non disturbi affatto! E poi non conviene che tu te ne vada in giro sotto questa pioggia. Se avessi l’auto ti accompagnerei io stesso a casa, piuttosto che farti prendere una corriera-.
-Non preoccuparti, me la caverò- la osservò sorridergli di rimando, timidamente, le gote appena arrossate.
Averla lì era davvero qualcosa di inaspettato: Giovanni avrebbe voluto toccarla, stringerla a sé per accertarsi del tutto che non fosse solo un miraggio, una sua fantasia.
Eppure era vero già solo così, limitandosi a guardarla: Caterina era lì, davanti a lui. Era lì con lui.
Sembrava che tutte le sue speranze lunghe anni si fossero finalmente realizzate.
Fino a qualche mese prima mai avrebbe pensato di poter passare il proprio compleanno in quel modo, solo con lei.
Giovanni doveva ancora abituarsi all’idea di essere diventato in così poco tempo un punto fisso per lei: qualcuno con cui sfogarsi, parlare, passare del tempo. Qualcuno di cui fidarsi.
Era più di quanto non avesse mai immaginato di volere: averla lì di fronte a lui, mentre gli sorrideva imbarazzata e arrossita, era il regalo migliore che avesse mai ricevuto in vita sua.
 
I’ve been thinking of everything
I used to want to be
 
-Peccato solo che tu abbia dovuto passare il tuo compleanno chiuso in casa per la pioggia- Caterina ruppe il silenzio, lasciando l’asciugamano accanto a quello di Giovanni, e sedendosi sul bordo della vasca – Sarebbe stata decisamente meglio una giornata soleggiata. Almeno non ci saremmo trovati bagnati da capo a piedi-.
-Ci sono molti modi per passare il tempo anche rinchiusi in casa- Giovanni si avvicinò a Caterina, sedendosi a sua volta accanto a lei, e allungandosi verso il rubinetto. Mentre apriva piano il rubinetto, facendo scendere l’acqua, cercò di coprire il sorriso già divertito che gli si formò in viso, trattenendosi dal ridere.
-Ma che stai … - Caterina non fece in tempo a proseguire, lanciando un urlo soffocato quando delle gocce d’acqua la colpirono, accompagnate dalla risata cristallina di Giovanni – Non ci provare di nuovo!-.
Sebbene si fosse alzata di scatto in piedi, cercando di ripararsi come poteva, ciò non impedì a Caterina di riavvicinarsi di nuovo alla vasca e schizzare a sua volta dell’acqua verso Giovanni.
Si ritrovarono ben presto ancor più fradici di quanto non lo fossero stati all’arrivo in casa: sebbene si sentisse il maglione completamente appiccicato alla pelle, in una fastidiosissima sensazione, Giovanni non riuscì a trattenere le risate. Vedere anche Caterina sorridente e finalmente rallegrata era l’unica cosa che importava in quel momento.
Non gli importava di nient’altro, non esisteva null’altro.
C’erano solo loro due, in quel bagno, mentre stavamo bene insieme, per la prima volta per davvero senza altri pensieri e ombre che incombevano su di loro.
 
I’ve been thinking of everything
Of me, of you and me
 
-Dobbiamo avere proprio un aspetto disperato, ora-.
Dopo aver ripreso fiato, e dopo essersi allontanata di qualche passo, Caterina si mise davanti allo specchio per poter dar meglio un’occhiata ai propri vestiti bagnati. Erano decisamente messi peggio di prima, e Giovanni non dubitava che lo stesso valesse anche per lui.
-Sembriamo appena usciti dalla vasca dopo esserci lavati vestiti, più che altro- rise appena, mentre si alzava a sua volta, scrollando le spalle e scostandosi i capelli ora appiccicati al viso.
Si sentiva felice come poteva esserlo un bambino davanti ad una sorpresa gradita. Era fradicio da capo a piedi, ma poco gli importava: non avrebbe cambiato una singola virgola di tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento. Lanciò un altro sguardo all’altra, i capelli ancora del tutto in disordine e le gote arrossate per l’euforia:
-Forse è meglio darci una sistemata tra non … - Caterina fece qualche passo indietro, e fu questione di un secondo: doveva aver poggiato il piede in un punto bagnato del pavimento, ed era bastato quello per farle perdere l’equilibrio pericolosamente.
Giovanni agì prima ancora di pensare razionalmente, e anche qualche secondo dopo, quando tutto fu finito, non seppe bene con quale prontezza l’aveva afferrata e sorretta prima che cadesse e sbattesse la testa. Sapeva solo che erano bastati quei pochi attimi per ritrovarsi a sostenere Caterina con le proprie braccia, a tenerla stretta a sé al sicuro.
Sentiva il suo e il respiro di lei più veloce rispetto al normale: avrebbe giurato che anche i battiti del cuore fossero più incalzanti, più rapidi nel susseguirsi.
Percepiva il respiro di Caterina sulla pelle bagnata, il soffio caldo di lei entrare in contatto con la pelle fredda e umida.
La teneva stretta, le mani sulla sua schiena, a contatto con il maglione bagnato, e i capelli ricci di lei tra le dita. Non stava perdendo nemmeno un secondo del contatto con quegli occhi scuri, che in quel momento gli parvero meno spaesati e indecisi di quanto si sarebbe aspettato.
Forse fu proprio quello sguardo che lo spinse definitivamente a valicare per la prima volta quel sottile limite che li separava.
E forse non era quello il momento giusto per farlo, e forse non lo sarebbe stato mai, ma la barriera invisibile che lo divideva da quel limite, finora inviolato, si ruppe nell’esatto momento in cui fece coincidere le sue labbra con quelle di Caterina.
 
This is the story of my life
These are the lies I have created
This is the story of my life
These are the lies I have created
 
Staccarsi da lei fu quasi doloroso, ma si costrinse a farlo per recuperare almeno in parte la razionalità che aveva accantonato a favore dell’istinto qualche secondo prima.
Si chiese, mentre osservava una Caterina ancora immobile che gli restituiva lo sguardo, se aveva agito troppo impulsivamente. Per un attimo ebbe il terrore di aver sbagliato tutto, di aver rovinato tutto.
-Che stiamo facendo?-.
Lo aveva chiesto a voce alta, in poco più che un sussurro e più a se stesso che a Caterina, anche se sperava in una sua risposta che potesse tranquillizzarlo. Spostò lo sguardo da un occhio all’altro di Caterina, in cerca di qualcosa che gli dicesse che non se ne era pentita.
-Non lo so-.
La voce di lei apparve insicura, al contrario dello sguardo scuro che teneva puntato verso il suo viso.
-Ma non m’importa-.
Giovanni non colse fino in fondo ciò che Caterina aveva appena detto: non ne ebbe il tempo, perché tutto si fece buio di nuovo chiudendo gli occhi, e assaporando di nuovo la sensazione delle labbra umide di Caterina sulle sue.
Poteva essere quella la realtà, così effimera e sfuggente? Sperò di non doversi mai staccare da lei e dover riaprire gli occhi sul mondo intorno.
 
I’m in the middle of nothing
And that’s where I want to be
Well at the bottom of everything
I finally start to believe
 
Sentì le mani di Caterina percorrere la sua schiena fino ad arrivare ad artigliare i capelli, passandovi le dita in mezzo e attraendo Giovanni ancor più vicino. Si stupì di sentirla presa come lui stesso lo era – ed un pensiero strisciò nel retro della sua mente: era sicuro che Caterina, mentre lo baciava, volesse baciare proprio lui?.
Lo spettro di qualcun altro era ancora lì, nei recessi della ragione, come se Nicola aleggiasse lì accanto a loro, pronto a subentrargli il prima possibile.
Giovanni si staccò piano da Caterina, in mancanza di ossigeno: ansimava per riprendere fiato, e riuscì a stento a trattenersi dal riprendere quello stesso bacio mentre osservava compiaciuto le gote arrossate e le labbra dischiuse di lei.
Quella sensazione di non essere veramente lui ciò che voleva non se ne andava. Giovanni riuscì a scacciare quel pensiero solo avvicinando nuovamente il suo viso a quello dell’altra, e muovendo alcuni passi fuori dal bagno.
Non seppe nemmeno come riuscirono ad arrivare entrambi alla sua camera, e non seppe nemmeno per quale ragione né lui né Caterina si fossero fermati prima di raggiungere il materasso del letto, stendendovisi sopra. Era un caos totale, nella testa di Giovanni, con la sola certezza che, guardando Caterina stesa sotto di lui, non poté non avvertire la sensazione che qualcosa di sbagliato ci fosse anche in qualcosa di bello come quello.
Non bastò a fermarlo, e non fermò nemmeno Caterina.
Non voleva credere davvero che tutto quello che stavano vivendo in quel momento fosse sbagliato, un semplice limite superato per errore.
Non poteva esserlo.
 
This is the story of my life
These are the lies I have created
This is the story of my life
These are the lies I have created
 
*
 
-Meglio trovarci mercoledì, forse- propose Valerio, con voce sommessa e dubbiosa. Giulia si ritrovò ad annuire:
-Sì, potrebbe essere il giorno migliore-.
Caterina scostò lo sguardo, smettendo di ascoltare lo scambio di battute degli altri due. Si limitò a rimanere impassibile, disinteressata da quel che le accadeva intorno, lo sguardo perso lungo il corridoio affollato dell’ala del pianterreno della scuola dove si erano fermati. Era suonata da poco la campanella dell’intervallo, il primo di quel lunedì mattina.
Sarebbe potuto sembrare un banale inizio di settimana, l’ennesima mattinata di scuola, uno dei tanti intervalli passati con Giulia e Valerio per decidere quando sarebbe convenuto trovarsi per finire il lavoro di gruppo di tedesco, ma la verità era che Caterina non stava percependo nulla di tutto quello.
Vagava con la mente lontano, distratta come poche altre volte era successo, come non lo era stata nemmeno nei giorni successivi all’aver lasciato Nicola, i ricordi che da sabato sera la riportavano inevitabilmente a Giovanni.
-Tu che dici?-.
Non avvertì la voce di Giulia, non capì nemmeno se si stava rivolgendo effettivamente a lei o a Valerio. Magari la loro conversazione stava andando avanti in quegli attimi di distrazione, quei secondi in cui aveva ripercorso di nuovo quel che era successo sabato pomeriggio a casa di Giovanni.
Ormai aveva rivisto nella sua mente, come la pellicola di un film, quelle ore talmente tante volte da ricordarne anche i dettagli più insignificanti, che però rendevano il tutto così reale da non farle dubitare nemmeno un attimo che fosse accaduto sul serio.
 


La pioggia battente aveva cominciato a diminuire, e il suo picchiettare contro i vetri chiusi delle finestre si era fatto più attutito e lontano. Non aveva idea di che ore fossero, e non aveva ancora trovato la voglia necessaria per sporgersi verso il comodino e controllare la sveglia: non doveva comunque essere passata più di un’ora da quando lei e Giovanni erano entrati lì dentro.
Si sentiva spossata, stanca, e doveva ancora abituarsi a quella nuova realtà. Eppure quella realtà era proprio sotto i suoi occhi, e le sarebbe bastato spostare lo sguardo lungo la stanza per rendersene conto: i vestiti sparsi ai piedi del letto, le lenzuola sfatte, e Giovanni steso di fianco accanto a lei, sotto quelle stesse coperte, dandole le spalle e tenendo gli occhi chiusi, probabilmente addormentato.
Caterina non era del tutto sicura che in realtà non fosse sveglio: sapeva che anche lui, come lei, doveva avere troppi pensieri in testa, in quel momento, per potersi addormentare serenamente.
I ricordi degli eventi appena vissuti le si erano stampati irrimediabilmente nella mente, impossibili da cancellare.
Avrebbe potuto ripercorrere con la memoria tutti i baci, il fruscio dei vestiti, i gemiti sommessi e gli ansimi, e tutto sarebbe apparso reale e allo stesso tempo inimmaginabile.
Si passò una mano tra i capelli in disordine, scivolando un po’ di più verso il materasso, lasciando aderire la schiena nuda al legno freddo della testiera.
Quella sensazione di freddo sembrava voler farsi sempre più spazio dentro di lei: ripercorrendo ciò che era successo giusto poco prima non poteva ignorare la sempre più presente sensazione di disorientamento.


 
-Cate?-.
Forse anche Giovanni aveva provato lo stesso disorientamento nella quale si era ritrovata a nuotare lei quel giorno, anche se quella mattina, all’entrata a scuola, quando si erano fermati per salutarsi, sembrava essersi sforzato di apparire naturale. Come se nulla fosse stato.
Le era andata bene così: meglio far finta di nulla.
Meglio far finta di nulla, almeno fino a quando non avrebbe capito cosa diavolo era successo tra loro.
Se una qualunque persona le avesse fatto quella domanda in quel momento – cos’era successo sabato? Cosa l’aveva spinta a non fermarsi, a lasciarsi trascinare in una situazione simile?-, non avrebbe saputo rispondere.
C’era solo confusione.
Forse per Giovanni era diverso – forse lui un minimo di speranza l’aveva, poteva credere in qualcosa che gli facesse pensare che, contro ogni previsione, potesse nascere qualcosa di positivo, forse addirittura bello tra loro-, ma per lei era solo quello. Caos.
E freddo.
Il freddo che si sentiva dentro, fin nelle ossa, non se ne era mai andato. Nemmeno con il calore del corpo di Giovanni, nemmeno nel caldo delle coperte del suo letto.
Era un freddo che non se ne andava mai.
-Cate?-.
Stavolta la voce di Giulia la raggiunse chiara e forte, e con una vena di disperazione. Si girò verso lei e Valerio, rendendosi conto che entrambi la stavano guardando straniti, forse anche preoccupati. I ricordi legati a Giovanni svanirono a poco a poco dalla sua mente, rendendosi conto che ora era ancora a scuola, in un angolo di uno dei corridoi del pianterreno, in piedi con le spalle poggiate contro il muro.
-Cosa?- borbottò Caterina, disorientata.
Ci vollero alcuni secondi prima che fosse Valerio a decidere di prendere la parola:
-Stavamo parlando su quando trovarci per finire il progetto di tedesco- iniziò a spiegare – Potete venire a casa mia mercoledì pomeriggio, tipo-.
-Ti stavamo giusto chiedendo se potessi venire mercoledì- specificò Giulia, le braccia incrociate contro il petto ed uno sguardo rabbuiato che Caterina sapeva fosse dovuto a lei.
Annuì con fare distratto:
-Sì, non c’è problema-.
-Andata- annuì Valerio, senza però avere alcuna traccia di sollievo nell’espressione.
Era evidente che l’aria fosse tesa, che sia Giulia che Valerio stessero pensando che qualcosa non andava. Era sicura che stessero ipotizzando fosse qualcosa legato a Nicola – perché, d’altro canto, sapevano entrambe che un mese non poteva essere sufficiente per cancellare una storia di anni-, e Caterina dovette frenare una risata amara al pensiero che, invece, contro ogni supposizione era tutto legato a Giovanni. A Giovanni e alla linea di confine che avevano superato, che avevano cancellato senza fatica, come fosse stata disegnata su granelli di sabbia pronti ad essere sparsi al vento.
-Ma è successo qualcosa?- Giulia prese di nuovo la parola, senza nascondere la propria apprensione – Mi sembri assente. Più del solito-.
Caterina scosse la testa. Forse Giulia sarebbe stata la persona adatta per parlare di problemi che potevano essere legati a Nicola, ma non lo sarebbe mai stata per parlare di ciò che era realmente accaduto con Giovanni. Era qualcosa a cui doveva pensare da sola.
-Ho dormito poco stanotte, tutto qui- replicò, cercando di accennare ad un sorriso – È solo stanchezza-.
Ebbe l’impressione che nessuno dei due le credette davvero.


 
Si mosse con cautela, sperando che la barriera dell’astuccio fosse sufficiente per non farsi beccare dal professore di matematica che era appena entrato in classe.
Giulia sbloccò il telefono in fretta, lanciando un’occhiata verso la sua sinistra: Caterina era sufficientemente distratta nel parlare con Valerio, all’ultimo banco del loro gruppetto da tre, da non fare caso a quel che stava facendo lei.
Iniziò a scrivere il messaggio che aveva perfezionato tra sé e sé nei minuti restanti dell’intervallo, rileggendolo velocemente un’ultima volta prima di premere invio.
«Ehi … Caterina ti ha parlato ultimamente? Detto qualcosa riguardo Nicola? O magari Giovanni? Mi pare più strana del solito»
Non era sicura che Alessio le avrebbe risposto subito. Non era nemmeno sicura che le avrebbe proprio risposto, visto che, senza nemmeno fare nulla, era come se Nicola, Pietro ed Alessio stesso avessero preso le distanze anche da lei. Le era rimasto solo Filippo a far da tramite, almeno il più delle volte: era raro, ormai, che riuscisse a parlare con uno degli altri tre.
Decise di non demordere e di aspettare. In fin dei conti Alessio non aveva alcun motivo per volerla ignorare, e forse era stato semplicemente troppo impegnato nell’ultimo mese per contattarla. Preferiva pensarla così, piuttosto che cedere all’idea che del loro gruppo di amici, ormai, fosse rimasto solo un vago ricordo.
Passarono alcuni minuti, durante i quali si era rassegnata a tirare fuori quaderno e libro di matematica, guardando la lavagna per iniziare a copiare l’esercizio che il professore stava illustrando alla lavagna, prima che il display del suo cellulare si illuminasse per un messaggio in entrata.
Giulia ripeté lo stesso procedimento di prima: guardò verso Caterina, la vide sufficientemente concentrata nel seguire la lezione, e solo dopo riportò lo sguardo al cellulare, facendo attenzione a non dare nell’occhio.
Aprì il messaggio di Alessio sperando di trovarvi qualche appiglio, ma le sue certezze andarono sempre più sfumando parola dopo parola.
«Guarda, se non ne ha parlato con te, di certo non lo ha fatto con me né con nessun altro che conosciamo».
Giulia si morse il labbro inferiore, frustrata. Stava quasi per rispondere ad Alessio dicendogli che no, evidentemente era successo qualcos’altro – non aveva idea di cosa-, ma che non le aveva detto nulla. Venne fermata però da un secondo messaggio:
«Ho provato a chiamarla sabato pomeriggio, ma mi ha riattaccato».
Giulia rilesse un paio di volte quella frase, cercando di ricordare se per caso Caterina aveva accennato qualcosa sul sabato appena passato. Non le venne in mente nulla.
Sospirò a fondo, scoraggiata e dubbiosa. Caterina era stata strana da quando si erano viste quella mattina, alla prima ora di lezione: era stata taciturna e scostante come lo era da quasi un mese, ma c’era qualcosa di più nella distrazione evidente che aveva mostrato.
Anche se poteva essere qualcosa di non grave, Giulia stava cominciando seriamente ad agitarsi.
In quei secondi che le erano serviti per recuperare almeno in parte il controllo, Alessio le aveva inviato un terzo messaggio:
«Mi sa che sei rimasta l’unica tra noi con cui ultimamente parla almeno un po’».
Forse, e in quel momento Giulia se ne rese conto appieno, non era vero nemmeno più quello.
 
*
 
Ripose il cellulare nella tasca dei jeans, dopo aver aspettato per almeno un paio di minuti una risposta da Giulia, che però non arrivò. Probabilmente doveva essere a lezione, calcolando l’orario in cui gli aveva scritto, rifletté Alessio; gli avrebbe risposto più tardi, sempre che non fosse rimasta troppo confusa dai suoi messaggi tanto da non riuscire nemmeno a formulare una risposta.
Avrebbe controllato più tardi se Giulia dovesse aver risposto, si ripromise, giusto per scrupolo. Tornò a concentrarsi sul suo cappuccino, rendendosi conto che non si era affatto sorpreso che Caterina non se la stesse evidentemente passando bene – almeno dall’impressione che aveva avuto Giulia.
-Is everything alright?-.
Gli servirono un paio di secondi prima di riuscire ad alzare gli occhi su Alice, seduta di fronte a lui, senza tradire un certo nervosismo – la conseguenza che aveva generato il messaggio inaspettato di Giulia. Si sforzò di annuire, accennando anche ad un sorriso:
-Sì, era solo un messaggio di una mia amica che è preoccupata per un’altra nostra amica- spiegò tenendosi sul vago, senza entrare in alcun dettaglio. Era sicuro, se l’aveva inquadrata bene, che Alice non avrebbe insistito con altre domande, forse per gentilezza o per non sembrare un’impicciona.
-Qualcosa di grave?- chiese invece, con l’accento inglese ad arrotondare la pronuncia delle lettere.
“Probabilmente”.
-No, è che lei e un nostro amico si sono lasciati da un po’ di settimane- ammise Alessio dopo qualche attimo d’indecisione –  È sempre un casino quando succede nello stesso gruppo di amici-.
Non aveva idea se Alice avesse capito a chi si stava riferendo, o che inconsciamente avesse già intravisto almeno una parte di quel gruppo di amici appena nominato.
Nelle ultime settimane, dopo la prima volta in cui si erano incontrati fuori dall’università – l’occasione giusta per riportarle i jeans che gli aveva prestato e per prendere insieme quel caffè che Alice gli aveva offerto-, era capitato spesso di rivedersi ancora. Alessio non sapeva ancora come considerare quella specie di frequentazione che si stava creando, quella conoscenza inaspettata con Alice che, nel bene e nel male, lo stava incuriosendo a sufficienza da non spingerlo a chiudere del tutto il rapporto. Forse era perché rappresentava una distrazione sufficiente, un momento d’evasione da altri pensieri che, altrimenti, lo soffocavano inevitabilmente in compagnia di altri.
Forse era anche quello il motivo per cui, fino a quel momento, non le aveva mai nominato il resto dei suoi amici, il bisogno di trovare uno spazio per sé tagliando loro fuori.
-True- Alice annuì, comprensiva – Mi dispiace-.
Alessio sospirò appena, stancamente. Non si era immaginato che la prima volta che le avrebbe nominato i suoi amici – e non aveva nemmeno avuto l’intenzione di farlo, almeno fino a pochi minuti prima-, sarebbe stato per un motivo piuttosto negativo.
-C’era da aspettarselo, le cose non stavano andando bene da un po’- mormorò, prima di portare di nuovo la propria tazzina di cappuccino alle labbra, per mandar giù gli ultimi sorsi.
Rimase in silenzio, mentre la riappoggiava sul piattino che l’accompagnava, lo sguardo rivolto verso le pareti a vetro del bar in cui lui e Alice si erano fermati. Era all’interno della stazione di Mestre, circondato dal via vai di persone che scendevano dai treni che si fermavano ai binari, o che al contrario vi salivano per spostarsi verso Venezia o in direzione delle altre province. Alle dieci della mattina c’era già meno gente di quando Alessio era arrivato, circa una mezz’ora prima, all’ora in cui Alice gli aveva dato appuntamento per quella colazione insieme.
Immaginava che di lì a poco se ne sarebbero anche andati: avevano già finito di mangiare – Alice che, da brava inglese, non aveva rinunciato alla colazione salata, nonostante le occhiate poco convinte di Alessio-, e per quel che ne sapeva, era piuttosto sicuro che da uno dei prossimi treni sarebbero scesi anche Nicola e Pietro. Dovevano pur sempre affrontare l’ennesimo esame della sessione, nel primo pomeriggio. Avrebbero fatto bene ad usare tutte le ore rimanenti per ripassare insieme, anche se osservare Nicola equivaleva ogni volta a cercare di soffocare il senso di colpa che provava ancora nei suoi confronti.
Sarebbe stato più facile, decisamente più facile, rimanere lì. Lontano da tutto e tutti, pensare solo all’esame che lo attendeva quella giornata e concentrarsi per dare il massimo.
-Posso farti una domanda?-.
Si voltò verso Alice, dopo averle posto quella domanda improvvisa. La osservò annuire, mentre teneva in mano il bicchiere di the freddo che, nonostante le temperature improponibili di fine gennaio, aveva deciso di bere.
-Non hai nostalgia dell’Inghilterra?- Alessio si passò la lingua sulle labbra secche, le mani giunte sotto il tavolino al quale erano seduti – Voglio dire … Non senti la mancanza della tua famiglia, degli amici che hai lasciato là?-.
Era una domanda che gli era sorta spontanea sin dal primo momento in cui Alice gli aveva spiegato da dove veniva e cosa ci faceva in Italia. Si era solo trattenuto dal domandarglielo finora perché ancora non si conoscevano abbastanza; in quel momento, però, così combattuto dall’apprensione che provava per Caterina e Nicola, e dalla voglia di lasciare tutto perdere per non rischiare di non concentrarsi abbastanza sulla sua carriera universitaria, gli era venuto spontaneo chiedersi come la stesse vivendo anche Alice.
Forse, tra loro due, paradossalmente, era lei quella che se la stava passando meglio.
-Capita spesso- rispose lei, dopo qualche attimo di silenzio – Però per seguire la propria strada a volte bisogna fare dei sacrifici-.
Alessio annuì: non c’era frase più vera di quella, nulla che potesse descrivere al meglio una vita votata all’ambizione.
-Tu hai nostalgia di casa?-.
A quella domanda, Alessio dovette sopprimere uno sbuffo ironico.
-Non esattamente- disse, alzando le spalle – E poi mi basta fare un’ora di treno per tornarci-.
Si bloccò per qualche secondo, gli occhi abbassati sulla superficie liscia e scura del tavolo, i visi di sua madre e di sua sorella che avevano fatto capolino nella sua mente.
-Mi manca un po’ mia sorella più piccola- ammise a mezza voce – Mi sento un po’ in colpa nei suoi confronti per essermene andato di casa così presto. Però … -.
-Bisogna fare dei sacrifici- completò per lui Alice.
Alessio annuì di nuovo, il viso di Irene che, come era venuto, sfumò di nuovo nei meandri della sua memoria.
-Già-.
“Ma forse non sono mai riuscito a proteggerla da nostro padre e dal suo ricordo nemmeno quando ero lì”.
Si rese conto che, improvvisamente, l’impulso di andarsene da lì e interrompere quella conversazione si stava facendo ben più pressante del pensiero di incontrare Nicola. Prima che Alice potesse chiedergli qualcos’altro sulla sua famiglia, parlò di nuovo:
-Forse è meglio se ci avviamo verso l’università. I miei amici dovrebbero arrivare là a momenti-.
Anche nel caso Alice si fosse ritrovata sbigottita da quell’improvvisa richiesta, non lo dette a vedere:
-Of course-.
 


Era spuntato fuori il sole da dietro le nuvole che quella mattina aveva visto oscurare il cielo sin da quando si era svegliato. Alessio alzò il viso per qualche secondo, i raggi solari comunque troppo deboli per riuscire a rendere la temperatura invernale più sopportabile.
Rabbrividì impercettibilmente, consolandosi solamente con l’idea che in pochi minuti si sarebbe potuto rifugiare all’interno della sede universitaria.
C’era parecchia gente a circondare lui ed Alice, molti altri studenti che, come loro, stavano per raggiungere le aule e le sale studio che si diramavano nel complesso di edifici del campus mestrino.
-I tuoi amici sono già arrivati?-.
Alessio si riscosse dopo qualche secondo che Alice gli ebbe posto quella domanda. Non aveva una risposta certa: sapeva solo che, con molta probabilità, Nicola doveva essere già arrivato. Su Pietro aveva qualche dubbio, ma se ricordava bene la sera prima gli aveva confermato che avrebbe raggiunto la sede poco dopo le dieci.
-Credo di sì- decise di rispondere vago, senza entrare nei dettagli.
Alice rallentò di poco il passo, voltandosi verso di lui con un sorriso che sapeva già di congedo:
-Io devo aspettare qui fuori alcuni colleghi- mormorò, facendo un cenno con il capo verso la zona accanto all’entrata, dove c’erano già altri studenti a gruppetti, tutti ammassati – So … -.
-Ci vediamo, allora- completò per lei Alessio.
Per un attimo ebbe un’esitazione nel separarsi dalla sua compagnia. Forse la conosceva ancora troppo poco, e forse sarebbe stata solo una sensazione passeggiera, ma non poteva negare neanche a se stesso che la compagnia di Alice fosse piacevole.
Forse, oltre al cercare una via di fuga dai suoi problemi, aveva accettato di continuare a vederla anche per quello.
-Sì- annuì lei, abbassando gli occhi timidamente, continuando però a sorridere – I had a really good time. Mi ha fatto piacere rivederti-.
-Anche a me- mormorò Alessio, senza doversi sforzare di apparire sincero.
Osservò Alice sporgersi verso di lui, probabilmente per salutarlo con baci sulle guance. Era qualcosa che aveva già fatto quando si erano congedati all’ultimo pranzo condiviso in università una settimana prima, e che, come lei gli aveva spiegato, aveva preso a fare come abitudine solo da quando era arrivata in Italia per salutare gli amici. Alessio non si scostò, in attesa, e fu solo questione di secondi prima di rendersi conto che Alice aveva modificato la sua traiettoria.
Gli stampò un bacio a stampo in maniera del tutto inaspettata, lasciandolo senza parole e completamente spiazzato, talmente tanto che, anche volendo, non sarebbe mai riuscito a ricambiarlo.
Fu un contatto così breve, e così innocente, che non sarebbe riuscito nemmeno ad innervosirsi.
Quando si allontanò da lui di pochi centimetri, Alice era rossa in viso quasi quanto la sfumatura dei suoi capelli, la frangia che le copriva gli occhi ancora socchiusi; stava sorridendo con imbarazzo, come se non stesse credendo nemmeno lei a ciò che aveva appena fatto in un momento evidentemente non del tutto programmato.
-I’ll text you- gli sussurrò semplicemente, con un filo di voce – Buona fortuna per l’esame-.
Si allontanò prima ancora che Alessio riuscisse a riprendersi per pensare di dirle qualcosa, qualsiasi cosa, anche solo salutarla di rimando. Non gli rimase che osservarla allontanarsi, anche se di pochi metri, notandola voltarsi almeno un paio di volte sorridendo tra sé e sé, ancora arrossita in volto.
La giornata aveva preso una piega così imprevista che per qualche secondo si chiese se si era sognato tutto.
Non fece in tempo a trovare una risposta, prima di avvertire una mano sulla sua spalla; si girò di scatto, sussultando appena, ancora troppo sorpreso per rendersi conto che Pietro gli si era appena avvicinato.
Abbassando per un secondo lo sguardo sulle labbra dell’altro, gli venne spontaneo ricordare che, l’ultima persona che l’aveva baciato prima di Alice, era proprio in quel momento davanti a lui.
Si sentì mancare la terra sotto i piedi per lunghi attimi, e l’unica cosa che sperò fu che Pietro non se ne rendesse conto.
-Ehi- si affrettò a parlare per primo, rendendosi conto di essere sul punto di farfugliare – Ti stavo giusto cercando-.
Si chiese, con una nota di panico, se doveva aver assistito al bacio che c’era appena stato, ma il suo volto non tradiva alcuno sconvolgimento né stupore particolare.
-Anche io- gli rispose lui, con sguardo attento – Sono arrivato da poco, in ogni caso-.
Alessio annuì, sentendosi il viso arrossato:
-Pure io- mormorò a mezza voce, senza sapere cos’altro dire. C’era tensione nell’aria, evidente e palpabile come se fosse stata addirittura una presenza solida e tangibile. Anche se avrebbe voluto domandarglielo anche solo per avere la certezza che non avesse visto Alice baciarlo, Alessio continuò ad arrovellarsi nel dubbio che Pietro apparisse così poco entusiasta per quel motivo.
Fece per aprire bocca e cambiare totalmente argomento, deciso a seppellire nel silenzio quella questione, quando fu Pietro a precederlo:
-Com’è andata con Alice?-.
Non c’era reale curiosità nella sua voce, come se quella fosse stata una semplice domanda di cortesia – come se sapesse lui stesso che di certo non sarebbe stato Alessio a parlarne di sua spontanea volontà.
Gli aveva detto poco di lei, in quelle ultime settimane, Alessio ne era consapevole. Si era limitato al minimo indispensabile, raccontandogli dell’incidente in mensa di inizio mese, dei jeans, della colazione che lei gli aveva voluto offrire. Sarebbe stato difficile, d’altra parte, mentirgli quando era capitato spesso di incrociare Alice per i corridoi della sede universitaria mentre si trovava con Pietro e Nicola, salutandola sempre con cenni del capo e sorrisi imbarazzati.
Pietro non poteva certo dire che gli avesse mentito o tenuto nascosto qualcosa – ed era stato così almeno fino a cinque minuti prima.
-Era solo una colazione insieme, niente di che- tagliò corto con voce sommessa. Osservò Pietro spostare lo sguardo per qualche secondo, ed Alessio si ritrovò automaticamente a seguire a sua volta la direzione verso cui stava guardando. Doveva aver intercettato la figura di Alice, a poca distanza da loro ma già in compagnia di quelli che dovevano essere un paio di amici, ancora rossa in viso mentre chiacchierava e rideva. Sembrava sinceramente allegra, felice quasi, serena come l’aveva sempre vista ogni volta che l’aveva incrociata casualmente o quando si erano visti per fermarsi da qualche parte.
-Se lo dici tu-.
Quando si voltò verso Pietro, dopo averlo sentito parlare, Alessio si rese conto che lui lo stava già fissando. Non poteva dirlo con certezza – il dubbio che la sua fosse solo un’impressione, un pensiero influenzato da tutto ciò che stava provando-, ma gli sembrò di avvertire malinconia negli occhi scuri di Pietro.
Di nuovo, esattamente come poco prima, nel momento stesso in cui fece per parlare, venne di nuovo interrotto:
-Andiamo?- Pietro scostò il viso, abbassandolo prima di girarsi di nuovo verso di lui – Nicola mi ha scritto poco fa che ci aspetta in aula studio-.
Era l’occasione giusta per uscire da quella situazione, e non esitò ad approfittarsene.
-Raggiungiamolo, allora-.
 
This is the story of my life
These are the lies I have created

(Thirty Seconds To Mars - "The Story")*



 
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI

Il 2021 è iniziato da neanche due settimane, e non poteva mancare un nuovo capitolo per cominciare insieme questo nuovo anno.
Se nel precedente abbiamo potuto scoprire come Nicola sta vivendo il post rottura, stavolta il pov è quello di Caterina. Passato quasi un mese dal giorno in cui Nicola è diventato a tutti gli effetti il suo ex, sembra che le cose per lei non stiano comunque migliorando: non riesce ad aprirsi con nessuno, nemmeno con Giovanni, e la fine della sua storia con Nicola ha avuto evidenti ripercussioni anche sul resto del gruppo di amici, arrivando ad una spaccatura parecchio netta.
Ma veniamo agli avvenimenti più “succosi”: avevate già sospettato un finale simile tra Caterina e Giovanni o siete rimasti sorpresi da quanto accaduto? E nel caso in cui il vostro intuito avesse fatto centro, avreste mai immaginato che le cose tra i due potessero evolvere tanto velocemente? Se quanto successo vi ha lasciato turbati... beh, potete fare comunella con Caterina, che sembra piuttosto confusa dalle sue stesse azioni (sarà lo stesso per Giovanni? Chissà!).  
Giulia ha comunque la vista lunga, anche se non era poi così difficile capire che Caterina ha qualcosa che non va. Motivo che l'ha spinta a confrontarsi per messaggio con Alessio, scoprendo però che, se possibile, lui ne sa ancora meno di lei... Secondo voi riuscirà a scoprire che è qualcosa legato a Giovanni? Glielo dirà Caterina o magari lo capirà in un altro modo?
E per quanto riguarda Alessio ... Beh, abbiamo scoperto che nel momento in cui ha ricevuto i messaggi di Giulia non era proprio solo. A quanto pare la conoscenza con Alice ha effettivamente avuto un prosieguo. Prosieguo che si conclude con un bacio, che di certo porterà qualche conseguenza. Cosa succederà d'ora in avanti?
Ah, per tranquillizzarvi vi possiamo dire che Pietro, seppur con un tempismo eccelso, non è diventato testimone dell’evento che ha coinvolto Alessio ed Alice. Ma chissà, c'è sempre modo di recuperare durante i prossimi appuntamenti 🤭
E a proposito di appuntamenti, noi ve lo diamo a mercoledì 27 gennaio con il capitolo 66!
 
Kiara & Greyjoy


 
 
 
 

 
   
 
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