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Autore: Il corsaro nero    20/01/2021    1 recensioni
La scuola di Hogwarts è famosa in tutta l'Inghilterra, soprattutto per le sue quattro Case, da cui sono usciti streghe e maghi famosi in tutto il mondo... ma ciò che molti non sanno, è che tra quelle mura, sono nascosti incredibili e affascinanti segreti che solo quattro prescelti hanno la possibilità e il dovere di conoscerli tutti... quattro prescelti legati in maniera indissolubile fin dalla nascita...
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Delphini Riddle, Harry Potter, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 40: Le eccezioni delle quattro Case

 

“Gal, ma tu hai dormito, stanotte?” domandò, leggermente preoccupato, Christian, mentre Gal, intento a mettersi la divisa, facendo un grosso sbadiglio, mentre una piccola lacrimetta gli si formava sotto agli occhi, mugugnò: “Scì… perché me lo chiedi?”

“Perché hai una faccia, stamattina…”

“Sono sveglio, sono sveglio…”

“Sarà… comunque, ti avverto che stai facendo il nodo della cravatta al contrario e che hai saltato un bottone della camicia.”

Riaprendo leggermente gli occhi che gli bruciavano per la stanchezza, Gal si accorse che il cugino aveva ragione.

Stava facendo un vero e proprio disastro con la divisa.

Si affrettò a risistemarsi, per poi cominciare a mettersi le scarpe, le quali, inspiegabilmente, non s’infilavano.

“Ehi, Chris… mi sa che i miei piedi sono cresciuti troppo durante l’estate… non mi entrano più le scarpe…” dichiarò, voltandosi verso il cugino, il quale, alzando gli occhi al cielo, disse, con un tono leggermente lamentoso: “Non ti si sono cresciuti i piedi, Gal… molto semplicemente, hai messo la scarpa destra nel piede sinistro e viceversa.”

Gal abbassò lo sguardo e si accorse che Christian aveva ragione, si era messo le scarpe al contrario come un vero idiota.

Sospirando, si rimise a posto, meditando sugli eventi accaduti alcune ore prima.

Sembravano frutto di un sogno, così sfuggenti, così sfocati… o forse era solo la stanchezza che gli faceva quell’effetto…

Una volta che fu veramente a posto, Gal uscì dalla Sala Comune, per poi fermarsi di colpo.

Dato che i suoi amici appartenevano a Case diverse era un po’ difficile scegliere da chi andare per primo…

Fortunatamente, la soluzione arrivò nei panni di Athena che, proprio in quel momento, si stava dirigendo verso la Sala Grande, con gli altri Corvonero.

“Ehi, Athena! Aspetta!” esclamò Gal, avvicinandosi e la ragazza, dopo averlo osservato un attimo, domandò: “Ma hai dormito stanotte? Hai delle occhiaie…”

“Sì, lo so… è proprio di questo che vorrei parlare con te gli altri…”

“Non dirmi che te ne sei andato in giro per il castello.”

“Beh, un pochino… ma ho scoperto alcune cose parecchio grosse…”

“Va bene, allora andiamo al seminterrato di Tassorosso.”

Dieci minuti dopo, Teddy, Oliver e Delphini si erano uniti al gruppo e Gal stava raccontando del suo incontro notturno con il quadro del suo antenato, omettendo del fatto che si era messo a girovagare per castello per nascondere un uovo che aveva trovato, ma dicendo che era troppo curioso di vedere la scuola di notte.

Fortunatamente, dato che non era strano per lui fare cose del genere, ci avevano creduto tutti subito.

“…E questo è tutto!” concluse Gal, mentre Teddy domandava: “Secondo te, cosa intendeva Godric Gryffindor quando parlava delle esperienze che ha vissuto Salazar Slytherin?”

“Non ne ho idea, ma era evidente che doveva essere successo qualcosa di davvero grosso… come bugiardo fa proprio spavento.”

“Beh, questo spiegherebbe perché detestasse tanto i Nati Babbani… probabilmente, quando li vedeva, gli ricordavano le brutte esperienze… e, inoltre, il fatto che pensasse che fosse meglio non mostrare i propri poteri ai babbani perché era pericoloso per i maghi, doveva derivare proprio da esse…” fece notare Oliver, mentre Athena annuiva: “Niente di più probabile. Secondo me, quelle brutte esperienze con i babbani devono essergli accadute da bambino, dato che i traumi infantili sono quelli che creano più danno nella psiche di una persona, oltre ad essere quelli più duraturi… inoltre, il fatto che si fosse rifiutato di parlare per un periodo dev’essere dovuto proprio ad un trauma parecchio forte.”

“Può succedere davvero?” domandò, incuriosito, Gal e la Corvonero rispose: “Certo, ci sono numerosi casi documentati da degli psichiatri babbani.”

“Beh, io sono comunque curioso di scoprire chi sia la persona più coraggioso del mondo, superiore persino a Godric Gryffindor…”

“Boh… devo ammettere che mi sorprende che, secondo lui, ci fosse qualcuno che lo superasse in coraggio… ero convinto che nessuno fosse superiore a lui in quel settore…” ammise Teddy, mentre Gal esclamava: “Comunque, non sapevo che Merlino fosse di Serpeverde…”

“E allora, perché, secondo te, l’ordine di Merlino, Prima Classe, è di colore verde?” gli ricordò, con tono seccato, Delphini e Gal, facendole una linguaccia, rispose: “Pensavo che il verde fosse il suo colore preferito! Nella Sala dei Ritratti e nelle figurine delle Cioccorane indossa solo vestiti verdi! E poi, che ne so, di che colore sono i vari ordini di Merlino? La mia famiglia non ne ha mai ricevuto uno, neanche quello di Terza Classe!”

“Su, non litighiamo… siamo quasi alla sala grande…” li calmò Oliver e, proprio in quel momento, si udì una voce femminile urlare: “Teddy, aspettami!”

Sentendo quella voce, Delphini alzò gli occhi al cielo.

Non ci voleva un genio per capire a chi appartenesse quella voce…

Al contrario dell’amica, Teddy si voltò subito e con un gran sorriso, esclamò: “Ehilà, Vicky. Certo che sei mattiniera, di solito ti ci vogliono le cannonate per svegliarti.”

“Scusa, ho fatto un po’ tardi… volevo raggiungerti al Seminterrato di Tassorosso per farti una sorpresa, ma purtroppo la sveglia non ha funzionato… e meno male che la mia compagna di stanza mi ha svegliato o saltavo le lezioni… stupida sveglia!”

“Per caso te l’ha data tuo zio George, il proprietario dei ‘Tiri vispi Weasley’?” domandò Delphini, con un ghigno, e la ragazzina ammise: “Sì… e tu come lo sai?”

“Dovresti fare attenzione a quello che ti regala tuo zio…” commentò Delphini con un sorrisetto, mentre tirava fuori dalla borsa un foglio di carta che srotolò davanti a Victorie.

Apparteneva alla rubrica degli annunci pubblicitari della ‘Gazzetta del profeta’ e mostrava l’immagine di numerosi oggetti in movimento con sotto una didascalia, alcune di esse cerchiate con una biro nera, ma ciò che attirò la bionda fu quella più grande che mostrava delle sveglie accanto ad un tipo che dormiva senza suonare finché esso non si svegliava e andava nel panico non appena vedeva l’orario.

A confermare il sospetto che stava cominciando a germogliare nella mente di Victoire fu la grande didascalia sotto che recitava: “Siete stufi marci di essere sempre voi quelli in ritardo? Allora fate essere gli altri in ritardo! Con le sveglie finte dei ‘Tiri vispi Weasley’, per una volta sarete voi quelli in orario! Hanno l’aspetto di normali sveglie, solo che non suonano affatto! Prendetevi una bella rivincita contro tutti coloro che vi criticano per aver dormito troppo!”

“Dovevo saperlo che era uno scherzo!” sbottò, furiosa, la bionda, mentre Delphini rimetteva a posto il foglio, trattenendo a fatica le risate: “Proprio un bello scherzo coi fiocchi ti ha fatto… mi piace il suo senso dell’umorismo. La prossima volta che vado a Diagon Alley, ci faccio senz’altro un salto…”

“Mi sembrava strano che mi avesse dato proprio una sveglia, ma mi aveva detto che era da parte dello zio Percy per evitare di fare tardi a scuola e io ci ho pure creduto! Ma aspetta che lo vado a dire alla nonna…” continuò Victoire, furibonda, mentre Gal si avvicinava all’orecchio di Athena e Oliver e sussurrava: “Ci vediamo questo pomeriggio dopo le lezioni in biblioteca?”

“Certo, come mai?” domandò Athena, sospettosa, e il rosso rivelò: “Voglio assolutamente guardare nei vecchi libri e scoprirne di più su Godric, Lionel e l’uomo più coraggioso dello stesso Godric Gryffindor. Sono curioso, ecco.”

“Ottima idea, anch’io devo cercare una persona…”

“E chi?”

“Ti ricordi di quella donna di cui hai sentito parlare nella visione del ‘Soffio del drago’? Quella di nome Althea?”

“Certo che me la ricordo. E allora?”

“Sono certa di aver già sentito quel nome, da qualche parte, ma non mi ricordo dove… forse leggendo tra i vari libri della biblioteca…”

“Ci penseremo più tardi, adesso andiamo a fare colazione.” S’intromise Oliver, mentre Victorie sbuffava: “…E, inoltre, non ho nemmeno avuto il tempo per prepararmi decentemente! Guarda la mia divisa… e i capelli, poi! Oh, lo uccido lo zio George! Scommetto che si faranno tutti delle grandi risate in Sala Grande…”

“Oh, poverina… lascia che ti sistemi io…” ridacchiò Delphini, tirando fuori dal suo nascondiglio sull’avambraccio la bacchetta e domandò: “Come li vuoi i capelli? Sciolti o legati?”

“Beh, mi piacerebbe tenerli legati in una treccia…” propose Victoire e, non appena ebbe finito di parlare, Delphini mosse la bacchetta e, immediatamente, la cravatta dai colori giallo e rosso si legò in maniera perfetta, la camicia bianca s’infilò sotto alla gonna, le pieghe delle calze al nylon svanirono e i lunghi capelli biondi di Victorie si cominciarono a legare in maniera autonoma fino a formare una grossa treccia.

“Ecco fatto.” Esclamò la Serpeverde, nascondendo di nuovo la bacchetta, mentre Vicky ancora senza parole per ciò che le era appena accaduto, corse a controllare il suo aspetto attraverso il suo riflesso su un’armatura, scoprendo, con sgomento, che era assolutamente perfetto.

“Consideralo un ringraziamento per avermi fatto ridere stamattina con la faccenda dello scherzo di tuo zio. Ci vediamo.” Esclamò la Serpeverde, senza nemmeno aspettare una risposta da parte di Victorie, salutandola con la mano, non voltandosi a vedere la sua reazione, entrando nella Sala Grande, col suo solito passo calmo e nobile, subito seguita dagli altri, i quali erano ancora sorpresi da quanto era appena accaduto, cominciandosi a chiedersi se quello che era appena successo fosse stato solo frutto di un sogno.

Il gruppo, pertanto, si divise per andare ai rispettivi tavoli, non accorgendosi che Victoire stava seguendo di nascosto Teddy, ma, inaspettatamente, il ragazzo si girò e vedendola, le domandò: “Ma Vicky, cosa ci fai qui? Devi andare con Gal al tavolo dei Grifondoro.”

“Lo so, ma… potrei andare con te al tavolo dei Tassorosso? Solo per stavolta?”

“No, mi dispiace. Le regole sono regole. Non preoccuparti, potrai venire al mio tavolo a Natale, durante le vacanze.”

“Ma è tra tre mesi! Non voglio aspettare, io voglio stare con te, adesso!”

“Su, su… sii paziente, vedrai che il tempo volerà in un attimo.”

Sbuffando furiosa, Victorie si diresse verso il tavolo della sua Casa, sibilando insulti al Cappello Parlante, con gli occhi che mandavano lampi di rabbia.

“Non immaginavo che ci tenesse così tanto a finire a Tassorosso… chissà come mai le piace tanto la mia Casa…” si domandò Teddy, grattandosi i capelli blu, mentre Delphini gli rivelava, con un tono calmo simile a quello usato per spiegare come andava il mondo ai bambini: “Perché ci sei tu, testa di rapa.”

“Eh? Cosa intendi?”

“Indovina…”

“Ah, ho capito! E’ perché si sente insicura senza qualcuno che conosce… ma sono sicuro che non appena conoscerà Gal e Christian, si sentirà subito meglio.”

“Sarà un vero miracolo se quella mocciosa riuscirà ad accalappiarti… letteralmente…”

“Eh?”

Ignorando l’ultima affermazione dell’amico, la ragazzina si diresse verso il suo tavolo, sussurrando: “Mai visto nessuno più ignorante in materia amorosa…”

Nel frattempo, anche Gal corse ad unirsi al tavolo dei Grifondoro e, pochi minuti dopo, ricevette da Madama Bumb il foglio coi suoi orari e, non appena ebbe letto il primo nome dell’elenco, si mise ad urlare.

“Che succede, Gal?” domandò, preoccupato, Christian, girandosi di scatto verso il cugino e il rosso, mostrandogli il foglio, dichiarò: “La prima ora è Trasfigurazione, con Bennet! Per due ore di fila!”

“Accipicchia…”

“Morirò… è l’insegnante più odioso e antipatico di tutta Hogwarts… una vera e propria carogna!”

“Cinque punti in meno a Grifondoro.” Sbottò alle loro spalle, la voce offesa del professore in questione, il quale si stava dirigendo verso il tavolo degli insegnanti.

“Ed io che speravo di farmi una bella dormita alla prima ora…” mugugnò il ragazzino, mentre il cugino tentava di consolarlo: “Su, non fare così… magari, durante le vacanze estive si è un po’ addolcito…”

“In quale universo alternativo?”

 

“Bene, ragazzi. Tirate fuori le penne, le pergamene e i libri. Quest’anno inizieremo il nostro anno scolastico con l’incantesimo Revelio, utile per mostrare la vera natura di persone e oggetti trasfigurati, per poi passare ad imparare Reparo, con cui si riparano gli oggetti rotti, e Reparifarge, attraverso cui si annullano gli effetti di una trasfigurazione, cercando di arrivare alla fine dell’anno con la trasfigurazione da porcospino a puntaspilli. Come potete vedere, abbiamo un programma per quest’anno parecchio impegnativo, quindi iniziamo subito!”

Mentre Bennet, con un rapido movimento della bacchetta, faceva muovere il gesso, il quale cominciò a scrivere tutte il programma per il secondo anno, mentre i giovani Grifondoro presenti cominciando a tirare fuori gli strumenti, anche se un certo ragazzino coi capelli rossi, il quale stava tirando fuori gli strumenti con una faccia seccata.

Quando detestava Trasfigurazione… per non parlare dell’insegnante, poi… Bennet era un autentico incubo…

“Bene, chi mi sa dirmi quante sono le eccezioni nella trasfigurazione, secondo le leggi di Gamp?” domandò l’insegnate e, con grande sorpresa di tutti, Gal alzò la mano.

Vedendo ciò, Bennet alzò un sopracciglio e domandò: “Sandlers, sa la risposta?”

“Certo, professore!”

“Bene, allora risponda.”

“La risposta è nove!”

“E invece no, Sandlers. La risposta era cinque: sono cibo, amore, vita, informazioni e denaro. Comunque, apprezzo il tentativo, anche se errato.”

“No? Diavolo…” borbottò a sé stesso il ragazzino “Appena un minuto del primo giorno di scuola e ho già sbagliato una risposta… c’è un qualche premio per aver stabilito un record, professor Bennet?”

Sentendo quella domanda, tutti scoppiarono a ridere, mentre il professore, con uno sguardo parecchio furioso ed infastidito, rispondeva: “No, non c’è, Sandlers. E adesso faccia silenzio!”

Sbuffando per la seccatura, Gal tirò fuori dalla sua borsa un rotolo di pergamena e delle piume.

“Gal, guarda che sei ancora in tempo per metterle via…” gli sussurrò Christian, cercando di non farsi vedere dal prof, mentre Gal rispondeva: “Non ne ho altre.”

“Ma sono delle piume di piccione! Non vorrai sul serio usarle?!”

“Senti, Chris, guarda che ho preso la mia decisione. Ho già dovuto sopportare la lagna che mi ha fatto Delphini per queste piume!”

 

“Gal, si può sapere cosa stai facendo?” domandò, in un misto tra incredulità e disgusto, Delphini, guardando il giovane rosso con un casco da pilota babbano seduto sulla terra marroncina del minuscolo parco giochi della cittadina, il quale stava studiando con molta attenzione le piccole piume sparse sulla terra del parco, per poi risponderle, senza nemmeno voltarsi per guardarla: “Sto prendendo i miei articoli di cancelleria, ovviamente. Guarda quante piume ci sono, sparse per terra…”

“Quelle sono piume di piccione, cervello di gallina!”

“E allora? Sempre piume sono. Ai professori non importerà niente. Anzi, scommetto che non le riconosceranno nemmeno!”

 

“Sandlers… perché sta usando una piuma di piccione, per scrivere?” domandò la voce, ferma e gelida di Bennet alle spalle di Gal, il quale, cominciando a sudare freddo, si voltò lentamente, a guardare il giovane e severo professore di trasfigurazione.

Con aria nervosa, Gal si voltò e vide il professore che stava osservando la penna che aveva in mano.

Cercando di apparire tranquillo, il rosso spiegò: “Ehm… così… tanto per risparmiare…”

Per tutta risposta, il professor Bennet sussurrò, con un tono tagliente come quello di una lama sul ghiaccio: “Sandlers, si sbarazzi di quella robaccia, all’istante! Un minimo di decenza e d’igiene, che diamine!”

Poi, voltandosi verso Christian: “Brown, presti a Sandlers la sua piuma di riserva. In quanto a lei, Sandlers, una volta finite le lezioni, corra alla guferia per mandare un messaggio a sua madre chiedendole le piume che si comprano nei negozi, mi sono spiegato? Se entro un mese, non le avrà, sarò io ad informare la sua famiglia di questa sua bravata, quindi, fossi in lei, mi darei una mossa…”

Bennet si diresse verso la lavagna, non prima di aggiungere: “…E per finire, dieci punti in meno a Grifondoro.”

 

Se c’era una materia che Oliver adorava con tutto sé stesso era Erbologia.

Era rilassante stare a contatto con le piante, inoltre, esse erano creature, sia magiche che normali, che avevano bisogno di molte cure e di amore, proprio come gli animali e, proprio come loro, avevano un animo nascosto, pieno di sentimenti e di pensieri, anche se non sembrava.

Ma, purtroppo, solo poche persone erano in grado di cogliere la profondità e i sentimenti delle piante…

“Spero di non rompere un altro vaso, quest’anno…” borbottò Teddy, il quale era di fianco a lui, con indosso già il grembiule giallo per la lezione e in attesa, assieme a tutti i Tassorosso, fuori dalla serra 4, che la professoressa gli aprisse e li facesse entre, oltre l’arrivo dei Grifondoro, in quanto, quell’anno condividevano le lezioni insieme, e l’amico cercò di tranquillizzarlo: “Vedrai che non ti succederà… o, alla peggio, ne romperai meno dell’anno scorso…”

“Forse… l’anno scorso ne ho rotti cinquanta… e il primo vaso rotto è accaduto durante la seconda lezione…”

“Beh, te la sei comunque cavata egregiamente con la materia…”

“A parte i cinquanta vasi rotti, i nove sacchi di concime rovesciati per terra, la cassetta degli attrezzi fatta ribaltare per ben cinque volte… speriamo che, quest’anno, la maledizione della mia sbadataggine sia più controllata…”

Oliver diede un’occhiata all’orologio che portava al polso e commentò: “Fra poco dovrebbero arrivare i Grifondoro…”

“Ah, eccoli lì.” Esclamò Teddy, con sorriso, ma, tuttavia, esso scomparve e lasciò posto ad una faccia stupita.

Infatti, Gal si stava avvicinando alla serra, assieme ai suoi compagni, con una faccia a dir poco furiosa.

“Che è successo?” domandò, preoccupato, Oliver e Christian cominciò a spiegare: “Beh, l’ora prima avevamo Bennet… e lui ha capito subito la vera natura delle piume che aveva Gal…”

“Ah… e poi, come è andata a finire?”

“Il prof ha…”

“Basta chiacchiere! Tutti dentro, che dobbiamo lavorare!” li interruppe la professoressa Sprite, aprendo la porta della serra e facendo segno a tutti di entrare.

Per via della sua natura gentile, Oliver rimase indietro a tenere aperta la porta, mentre tutti entravano, chiacchierando.

Quando l’ultimo entrò, Oliver fece per chiudere la porta, quando gli parse che qualcosa di morbido e delicato gli avesse sfiorato la gamba.

Abbassò lo sguardo, ma non vide niente.

Avere intorno il serpente domestico di Delphini stava cominciando a giocarli brutti scherzi… adesso credeva persino che qualcosa l’avesse sfiorato.

“Ci siamo tutti? Ottimo.” Esclamò la professoressa, non appena tutti si furono avvicinati al tavolo, su cui c’era una pianta “Oggi ci occuperemo della Valeriana. Si tratta di una pianta le cui radici vengono usate per le pozioni. Il vostro compito, per oggi, è quello di trapiantarle nel vaso. Osservatemi con molta attenzione…”

Mentre osservavano la donna, Oliver si accorse, di nascosto, che Gal stava sbuffando, oltre ad avere ancora una faccia seccato e domandò, dolcemente: “Va tutto bene?”

“Massì, è solo che ho un prof davvero insopportabile…”

“Di cosa stai parlando? Che è successo?”

“Si tratta di quell’antipatico odioso del professor Bennet… non solo mi ha fatto buttare via le piume che avevo raccolto quest’estate, ma mi ha anche tolto dieci punti! Dieci! E solo per delle piume di piccione! Quanto lo odio… quand’era a scuola, doveva essere uno studente di Serpeverde, ci scommetto!”

“Non dovrebbe scommettere, Sandlers… anche perché, in questo caso, perderebbe.” S’intromise la Sprite, intenta a finire di trapiantare la pianta e Gal le chiese, incuriosito: “Cosa intende, professoressa Sprite?”

“E’ molto semplice, signor Sandlers… il professor Isaac Bennet, quand’era uno studente come lei, non era un Serpeverde, ma un Tassorosso.”

“EH?!?!” esclamò, senza nemmeno rendersene conto, Gal.

Era come se un masso intero gli fosse caduto addosso.

L’insegnate più severo, intransigente e temuto era stato smistato a Tassorosso, la Casa della lealtà, dell’uguaglianza e delle persone gentili?!

Uno come lui sembrava perfetto per la Casa di Serpeverde o, alla peggio, Grifondoro e Corvonero, ma Tassorosso… francamente era l’ultima Casa, dove avrebbe pensato di trovarlo…

“Ne… ne è sicura?” domandò, con un filo di voce, Gal e donna annuì: “Ma certo che ne sono sicura. Direi di conoscere gli studenti della Casa di cui sono direttrice, le pare?”

“I-in effetti…”

“Ottimo… allora, visto che ha capito, Sandlers, potrebbe fare silenzio, così finisco d’illustrare come ci si occupa delle piante di Valeriana?”

Intuendo che se voleva evitare di far perdere altri preziosi punti a Grifondoro, Gal decise di tacere.

“Molto bene, adesso prendete i vostri vasi e…” ricominciò la professoressa, ma venne interrotta da un rumore di un vaso che cadeva per terra e si rompeva.

Con un sospiro, la Sprite si girò verso colui che aveva fatto cadere il vaso e disse: “Lupin, l’avevo pregato alla fine dell’anno scorso, di fare attenzione con i vasi, perché stanno cominciando a scarseggiare.”

“Mi dispiace, professoressa… mi è scivolato dalle mani…” borbottò, imbarazzato, Teddy, guardando i cocci ai suoi piedi, mentre la professoressa commentava, sottovoce: “Tale madre, tale figlio… almeno è più tranquillo e ligio alle regole… fortunatamente ha preso da suo padre, in questo…”

Mentre raccoglieva i cocci con la scopa, Teddy mugugnò, esasperato: “Primo giorno di scuola e ho già rotto un vaso… sarà un anno molto duro e troppo lungo…”

 

“Non ci posso credere… il professor Bennet un Tassorosso! Se non me l’avesse assicurato la Sprite non ci avrei mai creduto… non sembra per niente un Tassorosso, quello!” esclamò, in un misto tra incredulità ed esasperazione, Gal, mentre spingeva i pesanti portoni della biblioteca.

“Beh, non è che gli appartenenti ad una Casa sono tutti uguali, tanto che sembrano fatti con lo stampino… guarda Kevin. E’ un Nato Babbano, eppure è stato smistato a Serpeverde… inoltre, è una delle persone più gentili che conosca!” gli ricordò Oliver, mentre si dirigevano verso ad un tavolo, dove c’era già Athena, la quale era intenta a leggersi un enorme volume, la quale, notando la faccia furiosa di Gal, domandò: “Che è successo?”

“E’ successo che ho appena scoperto che Bennet, l’insegnante che odio di più a scuola, è un Tassorosso! Riesci a crederci? Un Tassorosso!”

“Beh, ci sono molte eccezioni, Gal… Per esempio, noi Corvonero abbiamo avuto Uric Testamatta e non ne andiamo tanto orgogliosi...”

“Quello che ha creduto di essere morto perché i suoi Augurey cantavano durante un giorno di pioggia e ha provato a passare attraverso il muro, beccandosi una commozione celebrare?”

“Proprio lui… inoltre, una volta, volle dimostrare che sentire il canto dei Fwooper non rendeva pazzi…” aggiunse Athena, ma venne presto interrotta da Oliver, il quale esclamò, senza parole: “Ma il canto dei Fwooper rende pazzi sul serio! Lo saprebbero anche i fratelli minori di Victoire! Ma come diavolo gli è venuta in mente un’idea tanto sciocca ed irresponsabile?”

“E’ sempre stato un po’ matto… comunque, dopo tre mesi, si presentò al Ministero, dicendo che stava bene, nonostante il loro canto… peccato che aveva solo uno strano cappello sulla testa che si è scoperto essere un tasso morto!”

“Oh, che schifo, è pure poco igienico…”

“Come potete vedere, un elemento simile non mette in buona luce noi Corvonero… vero che siamo originali, eccentrici e particolari, ma non per questo siamo dei fuori di testa…”

“Sì, ma i Tassorosso sono gentili, leali e pazienti e Bennet è l’esatto opposto! Non è per niente gentile, leale non lo dimostra… e quanto alla pazienza, lasciamo stare, perché non ce l’ha per niente!” sbottò Gal, seccato, ma una voce austera e severa, ribatté, prontamente: “Lo dice lei, signor Sandlers!”

Con una smorfia di puro terrore, Gal si voltò lentamente e si trovò davanti all’insegnante di Trasfigurazione, con le braccia incrociate, il quale aggiunse: “Per sua informazione, ci vuole un’incredibile pazienza nel dover sopportare, ogni giorno, una miriade di ragazzini casinisti e insolenti come lei, nella speranza, anche se piuttosto remota, d’infilare qualcosa di duraturo nelle loro zucche vuote, senza andare in escandescenza tutte le volte! Cinque punti in meno a Grifondoro.”

Dopo aver detto ciò, Bennet si allontanò.

“Ma quello lì ce l’ha sempre con me?” domandò Gal, incredulo, e Teddy gli ricordò: “Dovresti ringraziarlo per non averti tolto più punti… non mi avrebbe sorpreso se l’avesse fatto…”

“Ah, con tutti i punti che ho perso in queste ore, i Grifondoro non hanno alcuna possibilità di vincere la coppa, quest’anno…”

Proprio in quel momento, la porta della biblioteca si aprì di colpo e comparve una Victoire trafelata.

“Vicky, che è successo?” le domandò, preoccupato, Teddy e la ragazzina, preoccupata, spiegò: “Non trovò più Creamy! L’avevo messa nella gabbia, ma ho dimenticato di chiuderla e lei è uscita!”

“Calma, calma… ti aiuto a cercarla. Dopotutto, non può essere uscita dalla Sala Comune…” la confortò il ragazzino, poi, voltandosi verso il gruppo, si scusò: “Mi dispiace… so che avrei dovuto aiutarvi, ma…”

“Non preoccuparti, va pure. Ce ne occupiamo noi.” Lo rassicurò Athena e Teddy fece un sorriso di profonda gratitudine.

 

“Piano, pianino… mi raccomando, toccagli la testa. Se gli caviamo un occhio, prima ci ammazza lui e, poi, la padrona. Lo sai com’è pericolosa quella da sola… non diamole un buon motivo per farci fuori.” Sussurrò Lester, nascosto dietro alle spalle, come una decina di ansiosi Serpeverde, Hugh, il quale aveva in mano un lungo bastone, cercava di toccare, usando quest’ultimo, la testa squamosa e verde del grosso rettile addormentato sulla poltrona di pelle nera della Sala Comune.

Con molta titubanza, Hugh toccò la testa del rettile, ma questo continuò a dormire tranquillamente.

Deciso a svegliarlo, il Serpeverde continuò a colpirlo col ramo, finché l’animale, seccato, aprì gli occhi brillanti e alzò la testa, ma dopo aver fatto uno sbadiglio di stanchezza, si riappisolò, come se non fosse successo niente.

“Da non credere! Questo serpente è un vero poltrone! E poi dicono che i serpenti sono il simbolo del male… non fanno altro che dormire e mangiare tutto il giorno!” borbottò Lester “Continua a punzecchiarlo col ramo, Hugh! Lui è l’unico che possa liberare la nostra Sala Comune da quella bestiaccia! In fondo, ci guadagniamo entrambi, no? Lui avrà la sua cena e noi riavremo la Sala Comune libera.”

Hugh allungò di nuovo il bastone e ripeté l’operazione, ma, stavolta, prontamente, il serpente lo afferrò con la bocca, rimanendo a penzoloni.

“Staccalo da lì!!!” urlò Lester e Hugh, terrorizzato, cominciò a muovere a tutta velocità, con la speranza che il rettile mollasse la presa, ma quello doveva avere un morso davvero resistente, alla fine, fu il Serpeverde a lasciare il bastone e quello cadde, assieme al serpente, sul divano, con un tonfo.

Visibilmente infuriato, l’animale alzò la testa e si mise a sibilare contro i disturbatori del suo sonno, facendoli arretrare per la paura, ma, quasi subito, il serpente si raggomitolò sopra il bastone e riprese a dormire.

“E adesso che facciamo?” domandò una ragazzina del primo anno, nervosa, e una voce maschile seccata domandò: “Perché non lo lasciate in pace, tanto per cominciare? Quando avrà fame, scenderà e gli darà la caccia.”

Tutti i presenti, si voltarono verso la voce e videro, seduto su una poltrona davanti al camino della Sala Comune praticamente deserta, Abel che leggeva un grosso volume, completamente incurante della situazione.

“Scusaci se vogliamo sbarazzarci di un topo il prima possibile!” ribatté Lester, infastidito, e, per tutta risposta, Abel fece le spallucce e domandò: “E perché, invece di usare quel serpente, non usate un gatto? Penso che qualcuno di voi abbia un gatto.”

“Da quando quella bestiaccia dormigliona ha iniziato gironzolare in Sala Comune, i gatti non ci vogliono più entrare!”

Proprio in quel momento, la porta del sotterraneo si aprì e comparvero due figure, quella di un ragazzo coi capelli neri e gli occhiali e una ragazza coi lunghi capelli d’argento legati in una coda di cavallo, la quale aveva una borsa carica, come al solito, di libri, i quali si fermarono a guardare, increduli, quella strana situazione.

“Che sta succedendo, qui? E si può sapere perché siete tutti vicini al divano dove sta dormendo il mio serpente, a parte Abel?” domandò, incuriosita, Delphini e un ragazzo del quarto anno spiegò: “C’è un topo gigante in Sala Comune.”

“Un topo gigante? Ma che assurdità…”

“E’ vero, invece! E’ il topo più grosso che si sia mai visto, ha il pelo tutto grigio e corre come una scheggia…”

“E adesso dov’è questo topo? E’ diventato invisibile?”

“Si è nascosto sotto a quella poltrona lì…”

Non appena ebbe ricevuto l’informazione che voleva, Delphini si recò dalla poltrona e, dopo essersi abbassata a guardare, esclamò: “Sì, in effetti c’è un topo parecchio grosso qua sotto… niente panico, bambini, adesso me ne sbarazzo…”

La giovane provò ad allungare la mano per afferrare l’animale, ma quello, avvertendo il pericolo, scappò alla sua destra, uscendo dalla poltrona e cominciando a correre per tutta la sala, facendo trasalire molti dei presenti.

Delphini si voltò e vide l’animale correre a tutta velocità nella sala… eppure c’era qualcosa di strano nella sua corsa… in alcuni momenti sembrava saltare, invece di correre… ma i topi non saltavano!

L’unico roditore legato ai salti che le veniva in mente era… ma non era possibile!

Si mise ad osservarlo meglio e, inaspettatamente, ebbe la conferma.

Era proprio lui… ma che ci faceva nella loro Sala Comune?!

Nel frattempo, Kevin, si mise ad osservarlo meglio l’animale che correva per tutto il sotterraneo ed esclamò: “Ma a me sembra che quel topo abbia le orecchie lunghe all’ingiù… i topi non hanno le orecchie così…”

“I topi no, ma i conigli sì. Quello è un coniglio. Anzi, per la precisione, è il coniglio di Victoire Weasley.”

“Il coniglio di Victoire? Ma cosa ci fa qui nella nostra Sala Comune? Dovrebbe trovarsi in quella della sua padrona… e, poi, come ha fatto ad entrare?”

“Boh, direi che adesso la nostra priorità è un’altra, ossia cercare di prenderlo.”

Nel frattempo, Creamy si era fermata al centro della stanza, muovendo in continuazione il nasetto e rimando perfettamente immobile.

“Ah, cosa ci vorrà a prendere uno stupido coniglio? State a guardare.” Ridacchiò Lester avvicinandosi, ma la coniglia, non appena fu vicino, schizzò via dall’altra parte della stanza.

“Non credere di scapparmi, brutta bestiaccia!” esclamò il ragazzino, ma il coniglio cominciava a correre a tutta velocità per la stanza, non appena si avvicinava, mentre le lunghe orecchie si muovevano come delle ali.

Vedendo che era difficile prendere Creamy e, che soprattutto, era un coniglio, tutti gli altri Serpeverde, tranne Abel, si mise a tentare di prenderla, ma essa riusciva sempre a sfuggire a tutti, tanto che più di un Serpeverde perse l’equilibrio e cadde rovinosamente per terra.

Finalmente, una studentessa del quinto anno riuscì a prenderla, ma Creamy cominciò a muoversi a tutta velocità per divincolarsi e, alla fine, riuscì a sfuggire dalle mani della ragazza, e cadde per terra.

Per un attimo, tutti i presenti, temettero che l’animale fosse morto per via del volo che aveva fatto, ma la coniglia si rimise di nuovo in piedi e, dopo aver arruffato un attimo il pelo, riprese a correre senza fermarsi.

Alla fine, Creamy si avvicinò ad una poltrona e venne afferrata da una presa salda.

“Ecco qua il coniglio. Restituitelo alla padrona e ditele di fare attenzione a non perderlo di nuovo.” Sbuffò Abel, dando il coniglio a Delphini.

“E adesso? Che ce ne facciamo di quell’animale pestifero?” domandò Lester, massaggiandosi la gamba, mentre una ragazza coi capelli rossi raccolti in due trecce e le lentiggini, proponeva: “Diamolo da mangiare al serpente!”

“Sì, gran bella idea, Mafalda… così poi quella biondina viene davanti alla nostra porta a strillare per mezz’ora perché le abbiamo ammazzato il roditore! Glielo vado a riportare, sperando che la prossima volta ci stia più attenta! Ci vediamo dopo!” concluse Delphini, uscendo dal sotterraneo e con in braccio il coniglio, seguita a ruota da Kevin.

“Senti, Delphini…” fece notare, con voce flebile e timida, Kevin “…Ma come pensi di entrare nella Sala Comune dei Grifondoro? Non conosciamo la loro parola d’ordine…”

“Non preoccuparti, ho già pensato ad una soluzione…”

Delphini si guardò intorno, finché non notò uno studente del primo anno con la divisa di Grifondoro, il quale stava camminando in direzione inversa alla sua.

Una volta che fu di fianco, con un veloce movimento, Delphini lo afferrò per la cravatta rossa e gialla con una mano, mentre con l’altra continuava a tenere Creamy e avvicinandolo alla sua faccia, in modo da essere guardata direttamente negli occhi, il quale mostrava un’espressione dura, pronta ad uccidere, facendo sbiancare il povero Grifondoro, che cominciò a sudare freddo.

“Qual è la parola d’ordine dei Grifondoro?” ordinò, con un tono freddo e che non ammetteva repliche, e il povero ragazzino balbettò: “A… al… al…”

“Spicciati, marmocchio. Non ho tutto il giorno, devo consegnare un coniglio.”

“Ali di fata…”

“Grazie, sei stato davvero gentile.” Lo ringraziò la Serpeverde, con un tono piatto, come se stesse dicendo una frase di circostanza, lasciando andare la cravatta del ragazzino, ancora traumatizzato, il quale pensò: “Come se mi avesse dato scelta…”

Dopo averlo lasciato andare, Delphini si girò verso Kevin e gli rispose, con un sorriso di vittoria: “Visto? Problema risolto.”

 

“L’hai trovata?” domandò, con parecchia preoccupazione, Victoire e Teddy scosse la testa: “No, nei dormitori maschili non ce n’è alcuna traccia.”

Con la faccia stravolta e preoccupata, Victoire si lasciò cadere su una poltrona rossa, sussurrando: “Non è né in Sala Comune né nei dormitori femminili… dev’essere uscita… e magari ha incontrato un gatto che… che…”

Immediatamente, Teddy si sedette di fianco a lei e le mise un braccio attorno alle spalle, rassicurandola: “Ma no… vedrai che sta bene. I conigli sono vivaci e intelligenti… riusciremo a ritrovarla, te lo prometto.”

Proprio in quel momento, la porta si aprì e tutti si voltarono per vedere chi fosse appena arrivato e sgranarono gli occhi, in quanto i due che erano appena entrati indossavano una divisa verde e argento, la quale creava non poco contrasto con i colori rosso e oro che abbondavano notevolmente nella Sala.

“Delphini? Kevin? Ma come siete riusciti ad entrare voi due?” domandò, incredulo, Teddy, sgranando gli occhi, ma Delphini si diresse a grandi passi verso Victoire e, allungando il peluche grigio che aveva in braccio, le disse: “Sta attenta al tuo coniglio, la prossima volta. Non garantisco un’altra volta sulla sua incolumità.”

Per tutta risposta, Victoire osservò, con incredulità, Creamy, la quale muoveva il nasino, unico gesto che faceva supporre che fosse viva, per poi prenderla in braccio, e ringraziarla: “Grazie, grazie. Non sai quant’ero in pensiero… ma dov’era finita?”

“Se te lo dicessi non mi crederesti mai…” fu tutto quello che rispose l’altra, per poi voltarsi verso Kevin, domandandogli, indicando con la porta con un cenno della testa: “Torniamo al sotterraneo? Direi che qui il nostro lavoro è concluso.”

“C-certo…” borbottò Kevin, mentre si risistemava gli occhiali, seguendo a ruota la compagna di Casa e sparendo dall’altra parte del ritratto.

 

“Mmh, niente da fare… l’unica cosa che ho trovato sul nome Althea è il suo significato… ossia che deriva dal nome greco Altheia, infatti prende il nome di un personaggio mitologico che si uccise dopo essere stata l’artefice della morte del figlio Melegrao, che aveva ucciso tutti i fratelli della madre, la quale deriva a sua volta dal vocabolo ‘Althos’, ossia ‘cura’. Pertanto, la traduzione del nome potrebbe essere ‘Colei che cura’ o ‘Colei che guarisce’.” Commentò Athena, chiudendo l’ennesimo ed enorme libro che aveva in mano, mentre Oliver aggiungeva: “Non mi meraviglia. Dopotutto, quella pianta, fa parte della categoria della malva, la quale è spesso stata usata in passato per creare decotti curativi e calmanti, anche per i greci era considerata sacra e le popolazioni celtiche credevano che mettere i suoi semi sugli occhi del defunto, avesse la capacità di tenere alla larga gli spiriti cattivi e di aprire le porte del Paradiso. Oggi, la malva è uno degli ingredienti principali della creazione di dentifrici, colliri, creme e saponi. Inoltre, nel linguaggio dei fiori, la malva simboleggia l’amore e la comprensione materna.”

Non appena ebbe finito di parlare, si accorse che Athena lo stava guardando con espressione ammirata e arrossì per la vergogna, abbassando lo sguardo.

“Capperi, Oliver, non credevo che fossi così esperto di piante e vecchie tradizioni…” esclamò, alla fine, la ragazzina, rompendo il silenzio imbarazzante, mentre Oliver farfugliava, ancora rosso come lo stemma del Grifondoro: “Non sono proprio un esperto… diciamo che l’argomento m’interessa molto… ecco tutto…”

Proprio in quel momento, da dietro ad uno scaffale spuntò la testa rossa con un vecchio casco di Gal, il quale, con un enorme sorriso, domandò: “Trovato qualcosa su Lionel?”

“Sì, ho trovato qualcosa d’interessante… Lionel ha origine medievale e significa ‘Cucciolo di leone’ o ‘Piccolo leone’… vi ricorda qualcosa?” domandò, con aria divertita, Athena e Gal commentò: “Godric doveva proprio avere una grande passione per i leoni… non solo ha scelto un leone come stemma della sua Casa, ma ha anche chiamato suo figlio con un nome con dentro la parola leone… e poi la gente dice che Salazar Slytherin aveva la fissa dei serpenti…”

“A ciascuno il suo…”

“Beh, comunque, ragazzi, ho preso in prestito un libro dalla biblioteca a dir poco fantastico! Vado alla mia Sala Comune a leggerlo!”

“Ricordati di restituirlo, poi…”

“Nessun problema!” esclamò, con un grosso sorriso, Gal, uscendo dalla biblioteca.

   
 
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