Capitolo 40:
Le eccezioni delle quattro Case
“Gal,
ma tu hai dormito, stanotte?” domandò, leggermente
preoccupato, Christian, mentre Gal, intento a mettersi la divisa,
facendo un
grosso sbadiglio, mentre una piccola lacrimetta gli si formava sotto
agli
occhi, mugugnò: “Scì…
perché me lo chiedi?”
“Perché
hai una faccia, stamattina…”
“Sono
sveglio, sono sveglio…”
“Sarà…
comunque, ti avverto che stai facendo il nodo
della cravatta al contrario e che hai saltato un bottone della
camicia.”
Riaprendo
leggermente gli occhi che gli bruciavano per la
stanchezza, Gal si accorse che il cugino aveva ragione.
Stava facendo
un vero e proprio disastro con la divisa.
Si
affrettò a risistemarsi, per poi cominciare a mettersi
le scarpe, le quali, inspiegabilmente, non s’infilavano.
“Ehi,
Chris… mi sa che i miei piedi sono cresciuti troppo
durante l’estate… non mi entrano più le
scarpe…” dichiarò, voltandosi verso il
cugino, il quale, alzando gli occhi al cielo, disse, con un tono
leggermente
lamentoso: “Non ti si sono cresciuti i piedi, Gal…
molto semplicemente, hai
messo la scarpa destra nel piede sinistro e viceversa.”
Gal
abbassò lo sguardo e si accorse che Christian aveva
ragione, si era messo le scarpe al contrario come un vero idiota.
Sospirando,
si rimise a posto, meditando sugli eventi
accaduti alcune ore prima.
Sembravano
frutto di un sogno, così sfuggenti, così
sfocati… o forse era solo la stanchezza che gli faceva
quell’effetto…
Una volta che
fu veramente a posto, Gal uscì dalla Sala
Comune, per poi fermarsi di colpo.
Dato che i
suoi amici appartenevano a Case diverse era un
po’ difficile scegliere da chi andare per primo…
Fortunatamente,
la soluzione arrivò nei panni di Athena
che, proprio in quel momento, si stava dirigendo verso la Sala Grande,
con gli
altri Corvonero.
“Ehi,
Athena! Aspetta!” esclamò Gal, avvicinandosi e la
ragazza, dopo averlo osservato un attimo, domandò:
“Ma hai dormito stanotte?
Hai delle occhiaie…”
“Sì,
lo so… è proprio di questo che vorrei parlare con
te
gli altri…”
“Non
dirmi che te ne sei andato in giro per il castello.”
“Beh,
un pochino… ma ho scoperto alcune cose parecchio
grosse…”
“Va
bene, allora andiamo al seminterrato di Tassorosso.”
Dieci minuti
dopo, Teddy, Oliver e Delphini si erano
uniti al gruppo e Gal stava raccontando del suo incontro notturno con
il quadro
del suo antenato, omettendo del fatto che si era messo a girovagare per
castello per nascondere un uovo che aveva trovato, ma dicendo che era
troppo
curioso di vedere la scuola di notte.
Fortunatamente,
dato che non era strano per lui fare cose
del genere, ci avevano creduto tutti subito.
“…E
questo è tutto!” concluse Gal, mentre Teddy
domandava: “Secondo te, cosa intendeva Godric Gryffindor
quando parlava delle
esperienze che ha vissuto Salazar Slytherin?”
“Non
ne ho idea, ma era evidente che doveva essere
successo qualcosa di davvero grosso… come bugiardo fa
proprio spavento.”
“Beh,
questo spiegherebbe perché detestasse tanto i Nati
Babbani… probabilmente, quando li vedeva, gli ricordavano le
brutte esperienze…
e, inoltre, il fatto che pensasse che fosse meglio non mostrare i
propri poteri
ai babbani perché era pericoloso per i maghi, doveva
derivare proprio da esse…”
fece notare Oliver, mentre Athena annuiva: “Niente di
più probabile. Secondo
me, quelle brutte esperienze con i babbani devono essergli accadute da
bambino,
dato che i traumi infantili sono quelli che creano più danno
nella psiche di
una persona, oltre ad essere quelli più duraturi…
inoltre, il fatto che si
fosse rifiutato di parlare per un periodo dev’essere dovuto
proprio ad un
trauma parecchio forte.”
“Può
succedere davvero?” domandò, incuriosito, Gal e la
Corvonero rispose: “Certo, ci sono numerosi casi documentati
da degli psichiatri
babbani.”
“Beh,
io sono comunque curioso di scoprire chi sia la
persona più coraggioso del mondo, superiore persino a Godric
Gryffindor…”
“Boh…
devo ammettere che mi sorprende che, secondo lui,
ci fosse qualcuno che lo superasse in coraggio… ero convinto
che nessuno fosse
superiore a lui in quel settore…” ammise Teddy,
mentre Gal esclamava: “Comunque,
non sapevo che Merlino fosse di Serpeverde…”
“E
allora, perché, secondo te, l’ordine di Merlino,
Prima
Classe, è di colore verde?” gli
ricordò, con tono seccato, Delphini e Gal,
facendole una linguaccia, rispose: “Pensavo che il verde
fosse il suo colore
preferito! Nella Sala dei Ritratti e nelle figurine delle Cioccorane
indossa
solo vestiti verdi! E poi, che ne so, di che colore sono i vari ordini
di
Merlino? La mia famiglia non ne ha mai ricevuto uno, neanche quello di
Terza
Classe!”
“Su,
non litighiamo… siamo quasi alla sala
grande…” li
calmò Oliver e, proprio in quel momento, si udì
una voce femminile urlare:
“Teddy, aspettami!”
Sentendo
quella voce, Delphini alzò gli occhi al cielo.
Non ci voleva
un genio per capire a chi appartenesse
quella voce…
Al contrario
dell’amica, Teddy si voltò subito e con un
gran sorriso, esclamò: “Ehilà, Vicky.
Certo che sei mattiniera, di solito ti ci
vogliono le cannonate per svegliarti.”
“Scusa,
ho fatto un po’ tardi… volevo raggiungerti al
Seminterrato di Tassorosso per farti una sorpresa, ma purtroppo la
sveglia non
ha funzionato… e meno male che la mia compagna di stanza mi
ha svegliato o
saltavo le lezioni… stupida sveglia!”
“Per
caso te l’ha data tuo zio George, il proprietario
dei ‘Tiri vispi Weasley’?”
domandò Delphini, con un ghigno, e la ragazzina
ammise: “Sì… e tu come lo
sai?”
“Dovresti
fare attenzione a quello che ti regala tuo
zio…” commentò Delphini con un
sorrisetto, mentre tirava fuori dalla borsa un
foglio di carta che srotolò davanti a Victorie.
Apparteneva
alla rubrica degli annunci pubblicitari della
‘Gazzetta del profeta’ e mostrava
l’immagine di numerosi oggetti in movimento
con sotto una didascalia, alcune di esse cerchiate con una biro nera,
ma ciò
che attirò la bionda fu quella più grande che
mostrava delle sveglie accanto ad
un tipo che dormiva senza suonare finché esso non si
svegliava e andava nel
panico non appena vedeva l’orario.
A confermare
il sospetto che stava cominciando a
germogliare nella mente di Victoire fu la grande didascalia sotto che
recitava:
“Siete
stufi marci di essere sempre voi quelli in
ritardo? Allora fate essere gli altri in ritardo! Con le sveglie finte
dei
‘Tiri vispi Weasley’, per una volta sarete voi
quelli in orario! Hanno
l’aspetto di normali sveglie, solo che non suonano affatto!
Prendetevi una
bella rivincita contro tutti coloro che vi criticano per aver dormito
troppo!”
“Dovevo
saperlo che era uno scherzo!” sbottò, furiosa, la
bionda, mentre Delphini rimetteva a posto il foglio, trattenendo a
fatica le
risate: “Proprio un bello scherzo coi fiocchi ti ha
fatto… mi piace il suo
senso dell’umorismo. La prossima volta che vado a Diagon
Alley, ci faccio
senz’altro un salto…”
“Mi
sembrava strano che mi avesse dato proprio una
sveglia, ma mi aveva detto che era da parte dello zio Percy per evitare
di fare
tardi a scuola e io ci ho pure creduto! Ma aspetta che lo vado a dire
alla
nonna…” continuò Victoire, furibonda,
mentre Gal si avvicinava all’orecchio di
Athena e Oliver e sussurrava: “Ci vediamo questo pomeriggio
dopo le lezioni in
biblioteca?”
“Certo,
come mai?” domandò Athena, sospettosa, e il rosso
rivelò: “Voglio assolutamente guardare nei vecchi
libri e scoprirne di più su
Godric, Lionel e l’uomo più coraggioso dello
stesso Godric Gryffindor. Sono
curioso, ecco.”
“Ottima
idea, anch’io devo cercare una persona…”
“E
chi?”
“Ti
ricordi di quella donna di cui hai sentito parlare
nella visione del ‘Soffio del drago’? Quella di
nome Althea?”
“Certo
che me la ricordo. E allora?”
“Sono
certa di aver già sentito quel nome, da qualche
parte, ma non mi ricordo dove… forse leggendo tra i vari
libri della
biblioteca…”
“Ci
penseremo più tardi, adesso andiamo a fare
colazione.” S’intromise Oliver, mentre Victorie
sbuffava: “…E, inoltre, non ho
nemmeno avuto il tempo per prepararmi decentemente! Guarda la mia
divisa… e i
capelli, poi! Oh, lo uccido lo zio George! Scommetto che si faranno
tutti delle
grandi risate in Sala Grande…”
“Oh,
poverina… lascia che ti sistemi io…”
ridacchiò
Delphini, tirando fuori dal suo nascondiglio sull’avambraccio
la bacchetta e
domandò: “Come li vuoi i capelli? Sciolti o
legati?”
“Beh,
mi piacerebbe tenerli legati in una treccia…”
propose Victoire e, non appena ebbe finito di parlare, Delphini mosse
la
bacchetta e, immediatamente, la cravatta dai colori giallo e rosso si
legò in
maniera perfetta, la camicia bianca s’infilò sotto
alla gonna, le pieghe delle
calze al nylon svanirono e i lunghi capelli biondi di Victorie si
cominciarono
a legare in maniera autonoma fino a formare una grossa treccia.
“Ecco
fatto.” Esclamò la Serpeverde, nascondendo di
nuovo
la bacchetta, mentre Vicky ancora senza parole per ciò che
le era appena
accaduto, corse a controllare il suo aspetto attraverso il suo riflesso
su
un’armatura, scoprendo, con sgomento, che era assolutamente
perfetto.
“Consideralo
un ringraziamento per avermi fatto ridere
stamattina con la faccenda dello scherzo di tuo zio. Ci
vediamo.” Esclamò la
Serpeverde, senza nemmeno aspettare una risposta da parte di Victorie,
salutandola con la mano, non voltandosi a vedere la sua reazione,
entrando
nella Sala Grande, col suo solito passo calmo e nobile, subito seguita
dagli
altri, i quali erano ancora sorpresi da quanto era appena accaduto,
cominciandosi a chiedersi se quello che era appena successo fosse stato
solo
frutto di un sogno.
Il gruppo,
pertanto, si divise per andare ai rispettivi
tavoli, non accorgendosi che Victoire stava seguendo di nascosto Teddy,
ma,
inaspettatamente, il ragazzo si girò e vedendola, le
domandò: “Ma Vicky, cosa
ci fai qui? Devi andare con Gal al tavolo dei Grifondoro.”
“Lo
so, ma… potrei andare con te al tavolo dei
Tassorosso? Solo per stavolta?”
“No,
mi dispiace. Le regole sono regole. Non
preoccuparti, potrai venire al mio tavolo a Natale, durante le
vacanze.”
“Ma
è tra tre mesi! Non voglio aspettare, io voglio stare
con te, adesso!”
“Su,
su… sii paziente, vedrai che il tempo volerà in
un
attimo.”
Sbuffando
furiosa, Victorie si diresse verso il tavolo
della sua Casa, sibilando insulti al Cappello Parlante, con gli occhi
che
mandavano lampi di rabbia.
“Non
immaginavo che ci tenesse così tanto a finire a
Tassorosso… chissà come mai le piace tanto la mia
Casa…” si domandò Teddy,
grattandosi i capelli blu, mentre Delphini gli rivelava, con un tono
calmo
simile a quello usato per spiegare come andava il mondo ai bambini: “Perché ci sei
tu, testa di rapa.”
“Eh? Cosa
intendi?”
“Indovina…”
“Ah, ho capito!
E’ perché si sente insicura senza qualcuno che
conosce…
ma sono sicuro che non appena conoscerà Gal e Christian, si
sentirà subito
meglio.”
“Sarà un vero
miracolo se quella mocciosa riuscirà ad
accalappiarti…
letteralmente…”
“Eh?”
Ignorando l’ultima
affermazione dell’amico, la ragazzina si diresse
verso il suo tavolo, sussurrando: “Mai visto nessuno
più ignorante in materia
amorosa…”
Nel frattempo, anche Gal corse ad
unirsi al tavolo dei Grifondoro e,
pochi minuti dopo, ricevette da Madama Bumb il foglio coi suoi orari e,
non
appena ebbe letto il primo nome dell’elenco, si mise ad
urlare.
“Che succede,
Gal?” domandò, preoccupato, Christian, girandosi
di
scatto verso il cugino e il rosso, mostrandogli il foglio,
dichiarò: “La prima
ora è Trasfigurazione, con Bennet! Per due ore di
fila!”
“Accipicchia…”
“Morirò…
è l’insegnante più odioso e antipatico
di tutta Hogwarts… una
vera e propria carogna!”
“Cinque punti in meno a
Grifondoro.” Sbottò alle loro spalle, la voce
offesa del professore in questione, il quale si stava dirigendo verso
il tavolo
degli insegnanti.
“Ed io che speravo di
farmi una bella dormita alla prima ora…”
mugugnò
il ragazzino, mentre il cugino tentava di consolarlo: “Su,
non fare così…
magari, durante le vacanze estive si è un po’
addolcito…”
“In quale universo
alternativo?”
“Bene, ragazzi. Tirate
fuori le penne, le pergamene e i libri.
Quest’anno inizieremo il nostro anno scolastico con
l’incantesimo Revelio,
utile per mostrare la vera natura di persone e oggetti trasfigurati,
per poi
passare ad imparare Reparo, con cui si riparano gli oggetti rotti, e
Reparifarge, attraverso cui si annullano gli effetti di una
trasfigurazione,
cercando di arrivare alla fine dell’anno con la
trasfigurazione da porcospino a
puntaspilli. Come potete vedere, abbiamo un programma per
quest’anno parecchio
impegnativo, quindi iniziamo subito!”
Mentre Bennet, con un rapido
movimento della bacchetta, faceva muovere
il gesso, il quale cominciò a scrivere tutte il programma
per il secondo anno,
mentre i giovani Grifondoro presenti cominciando a tirare fuori gli
strumenti,
anche se un certo ragazzino coi capelli rossi, il quale stava tirando
fuori gli
strumenti con una faccia seccata.
Quando detestava
Trasfigurazione… per non parlare dell’insegnante,
poi…
Bennet era un autentico incubo…
“Bene, chi mi sa dirmi
quante sono le eccezioni nella trasfigurazione,
secondo le leggi di Gamp?” domandò
l’insegnate e, con grande sorpresa di tutti,
Gal alzò la mano.
Vedendo ciò, Bennet
alzò un sopracciglio e domandò:
“Sandlers, sa la
risposta?”
“Certo,
professore!”
“Bene, allora
risponda.”
“La
risposta è nove!”
“E
invece no, Sandlers. La
risposta era cinque: sono cibo, amore, vita, informazioni e denaro.
Comunque,
apprezzo il tentativo, anche se errato.”
“No?
Diavolo…” borbottò a sé
stesso il ragazzino “Appena un minuto del primo giorno di
scuola e ho già
sbagliato una risposta… c’è un qualche
premio per aver stabilito un record,
professor Bennet?”
Sentendo
quella domanda,
tutti scoppiarono a ridere, mentre il professore, con uno sguardo
parecchio
furioso ed infastidito, rispondeva: “No, non
c’è, Sandlers. E adesso faccia
silenzio!”
Sbuffando
per la seccatura,
Gal tirò fuori dalla sua borsa un rotolo di pergamena e
delle piume.
“Gal,
guarda che sei ancora
in tempo per metterle via…” gli
sussurrò Christian, cercando di non farsi
vedere dal prof, mentre Gal rispondeva: “Non ne ho
altre.”
“Ma
sono delle piume di
piccione! Non vorrai sul serio usarle?!”
“Senti,
Chris, guarda che ho
preso la mia decisione. Ho già dovuto sopportare la lagna
che mi ha fatto
Delphini per queste piume!”
“Gal,
si può sapere cosa stai
facendo?” domandò, in un misto tra
incredulità e disgusto, Delphini, guardando
il giovane rosso con un casco da pilota babbano seduto sulla terra
marroncina
del minuscolo parco giochi della cittadina, il quale stava studiando
con molta
attenzione le piccole piume sparse sulla terra del parco, per poi
risponderle,
senza nemmeno voltarsi per guardarla: “Sto prendendo i miei
articoli di
cancelleria, ovviamente. Guarda quante piume ci sono, sparse per
terra…”
“Quelle
sono piume di
piccione, cervello di gallina!”
“E
allora? Sempre piume sono.
Ai professori non importerà niente. Anzi, scommetto che non
le riconosceranno
nemmeno!”
“Sandlers…
perché sta usando
una piuma di piccione, per scrivere?” domandò la
voce, ferma e gelida di Bennet
alle spalle di Gal, il quale, cominciando a sudare freddo, si
voltò lentamente,
a guardare il giovane e severo professore di trasfigurazione.
Con
aria nervosa, Gal si
voltò e vide il professore che stava osservando la penna che
aveva in mano.
Cercando
di apparire
tranquillo, il rosso spiegò: “Ehm…
così… tanto per
risparmiare…”
Per
tutta risposta, il
professor Bennet sussurrò, con un tono tagliente come quello
di una lama sul
ghiaccio: “Sandlers, si sbarazzi di quella robaccia,
all’istante! Un minimo di
decenza e d’igiene, che diamine!”
Poi,
voltandosi verso
Christian: “Brown, presti a Sandlers la sua piuma di riserva.
In quanto a lei,
Sandlers, una volta finite le lezioni, corra alla guferia per mandare
un
messaggio a sua madre chiedendole le piume che si comprano nei negozi,
mi sono
spiegato? Se entro un mese, non le avrà, sarò io
ad informare la sua famiglia
di questa sua bravata, quindi, fossi in lei, mi darei una
mossa…”
Bennet
si diresse verso la
lavagna, non prima di aggiungere: “…E per finire,
dieci punti in meno a
Grifondoro.”
Se
c’era una materia che
Oliver adorava con tutto sé stesso era Erbologia.
Era
rilassante stare a
contatto con le piante, inoltre, esse erano creature, sia magiche che
normali,
che avevano bisogno di molte cure e di amore, proprio come gli animali
e,
proprio come loro, avevano un animo nascosto, pieno di sentimenti e di
pensieri, anche se non sembrava.
Ma,
purtroppo, solo poche
persone erano in grado di cogliere la profondità e i
sentimenti delle piante…
“Spero
di non rompere un
altro vaso, quest’anno…”
borbottò Teddy, il quale era di fianco a lui, con
indosso già il grembiule giallo per la lezione e in attesa,
assieme a tutti i
Tassorosso, fuori dalla serra 4, che la professoressa gli aprisse e li
facesse
entre, oltre l’arrivo dei Grifondoro, in quanto,
quell’anno condividevano le
lezioni insieme, e l’amico cercò di
tranquillizzarlo: “Vedrai che non ti
succederà… o, alla peggio, ne romperai meno
dell’anno scorso…”
“Forse…
l’anno scorso ne ho rotti
cinquanta… e il primo vaso rotto è accaduto
durante la seconda lezione…”
“Beh,
te la sei comunque
cavata egregiamente con la materia…”
“A
parte i cinquanta vasi
rotti, i nove sacchi di concime rovesciati per terra, la cassetta degli
attrezzi fatta ribaltare per ben cinque volte… speriamo che,
quest’anno, la
maledizione della mia sbadataggine sia più
controllata…”
Oliver
diede un’occhiata
all’orologio che portava al polso e commentò:
“Fra poco dovrebbero arrivare i
Grifondoro…”
“Ah,
eccoli lì.” Esclamò
Teddy, con sorriso, ma, tuttavia, esso scomparve e lasciò
posto ad una faccia
stupita.
Infatti,
Gal si stava
avvicinando alla serra, assieme ai suoi compagni, con una faccia a dir
poco
furiosa.
“Che
è successo?” domandò,
preoccupato, Oliver e Christian cominciò a spiegare:
“Beh, l’ora prima avevamo
Bennet… e lui ha capito subito la vera natura delle piume
che aveva Gal…”
“Ah…
e poi, come è andata a
finire?”
“Il
prof ha…”
“Basta
chiacchiere! Tutti
dentro, che dobbiamo lavorare!” li interruppe la
professoressa Sprite, aprendo
la porta della serra e facendo segno a tutti di entrare.
Per
via della sua natura
gentile, Oliver rimase indietro a tenere aperta la porta, mentre tutti
entravano, chiacchierando.
Quando
l’ultimo entrò, Oliver
fece per chiudere la porta, quando gli parse che qualcosa di morbido e
delicato
gli avesse sfiorato la gamba.
Abbassò
lo sguardo, ma non
vide niente.
Avere
intorno il serpente
domestico di Delphini stava cominciando a giocarli brutti
scherzi… adesso
credeva persino che qualcosa l’avesse sfiorato.
“Ci
siamo tutti? Ottimo.”
Esclamò la professoressa, non appena tutti si furono
avvicinati al tavolo, su
cui c’era una pianta “Oggi ci occuperemo della
Valeriana. Si tratta di una
pianta le cui radici vengono usate per le pozioni. Il vostro compito,
per oggi,
è quello di trapiantarle nel vaso. Osservatemi con molta
attenzione…”
Mentre
osservavano la donna,
Oliver si accorse, di nascosto, che Gal stava sbuffando, oltre ad avere
ancora
una faccia seccato e domandò, dolcemente: “Va
tutto bene?”
“Massì,
è solo che ho un prof
davvero insopportabile…”
“Di
cosa stai parlando? Che è
successo?”
“Si
tratta di quell’antipatico
odioso del professor Bennet… non solo mi ha fatto buttare
via le piume che
avevo raccolto quest’estate, ma mi ha anche tolto dieci
punti! Dieci! E solo
per delle piume di piccione! Quanto lo odio…
quand’era a scuola, doveva essere
uno studente di Serpeverde, ci scommetto!”
“Non
dovrebbe scommettere,
Sandlers… anche perché, in questo caso,
perderebbe.” S’intromise la Sprite,
intenta a finire di trapiantare la pianta e Gal le chiese, incuriosito:
“Cosa
intende, professoressa Sprite?”
“E’
molto semplice, signor
Sandlers… il professor Isaac Bennet, quand’era uno
studente come lei, non era
un Serpeverde, ma un Tassorosso.”
“EH?!?!”
esclamò, senza
nemmeno rendersene conto, Gal.
Era
come se un masso intero
gli fosse caduto addosso.
L’insegnate
più severo,
intransigente e temuto era stato smistato a Tassorosso, la Casa della
lealtà,
dell’uguaglianza e delle persone gentili?!
Uno
come lui sembrava
perfetto per la Casa di Serpeverde o, alla peggio, Grifondoro e
Corvonero, ma
Tassorosso… francamente era l’ultima Casa, dove
avrebbe pensato di trovarlo…
“Ne…
ne è sicura?” domandò,
con un filo di voce, Gal e donna annuì: “Ma certo
che ne sono sicura. Direi di
conoscere gli studenti della Casa di cui sono direttrice, le
pare?”
“I-in
effetti…”
“Ottimo…
allora, visto che ha
capito, Sandlers, potrebbe fare silenzio, così finisco
d’illustrare come ci si
occupa delle piante di Valeriana?”
Intuendo
che se voleva
evitare di far perdere altri preziosi punti a Grifondoro, Gal decise di
tacere.
“Molto
bene, adesso prendete
i vostri vasi e…” ricominciò la
professoressa, ma venne interrotta da un rumore
di un vaso che cadeva per terra e si rompeva.
Con
un sospiro, la Sprite si
girò verso colui che aveva fatto cadere il vaso e disse:
“Lupin, l’avevo
pregato alla fine dell’anno scorso, di fare attenzione con i
vasi, perché
stanno cominciando a scarseggiare.”
“Mi
dispiace, professoressa…
mi è scivolato dalle mani…”
borbottò, imbarazzato, Teddy, guardando i cocci ai
suoi piedi, mentre la professoressa commentava, sottovoce:
“Tale madre, tale
figlio… almeno è più tranquillo e
ligio alle regole… fortunatamente ha preso da
suo padre, in questo…”
Mentre
raccoglieva i cocci
con la scopa, Teddy mugugnò, esasperato: “Primo
giorno di scuola e ho già rotto
un vaso… sarà un anno molto duro e troppo
lungo…”
“Non
ci posso credere… il
professor Bennet un Tassorosso! Se non me l’avesse assicurato
la Sprite non ci
avrei mai creduto… non sembra per niente un Tassorosso,
quello!” esclamò, in un
misto tra incredulità ed esasperazione, Gal, mentre spingeva
i pesanti portoni
della biblioteca.
“Beh,
non è che gli
appartenenti ad una Casa sono tutti uguali, tanto che sembrano fatti
con lo
stampino… guarda Kevin. E’ un Nato Babbano, eppure
è stato smistato a
Serpeverde… inoltre, è una delle persone
più gentili che conosca!” gli ricordò
Oliver, mentre si dirigevano verso ad un tavolo, dove c’era
già Athena, la
quale era intenta a leggersi un enorme volume, la quale, notando la
faccia
furiosa di Gal, domandò: “Che è
successo?”
“E’
successo che ho appena
scoperto che Bennet, l’insegnante che odio di più
a scuola, è un Tassorosso!
Riesci a crederci? Un Tassorosso!”
“Beh,
ci sono molte
eccezioni, Gal… Per esempio, noi Corvonero abbiamo avuto
Uric Testamatta e non
ne andiamo tanto orgogliosi...”
“Quello
che ha creduto di
essere morto perché i suoi Augurey cantavano durante un
giorno di pioggia e ha
provato a passare attraverso il muro, beccandosi una commozione
celebrare?”
“Proprio
lui… inoltre, una
volta, volle dimostrare che sentire il canto dei Fwooper non rendeva
pazzi…”
aggiunse Athena, ma venne presto interrotta da Oliver, il quale
esclamò, senza
parole: “Ma il canto dei Fwooper rende pazzi sul serio! Lo
saprebbero anche i
fratelli minori di Victoire! Ma come diavolo gli è venuta in
mente un’idea
tanto sciocca ed irresponsabile?”
“E’
sempre stato un po’
matto… comunque, dopo tre mesi, si presentò al
Ministero, dicendo che stava
bene, nonostante il loro canto… peccato che aveva solo uno
strano cappello
sulla testa che si è scoperto essere un tasso
morto!”
“Oh,
che schifo, è pure poco
igienico…”
“Come
potete vedere, un
elemento simile non mette in buona luce noi Corvonero… vero
che siamo
originali, eccentrici e particolari, ma non per questo siamo dei fuori
di
testa…”
“Sì,
ma i Tassorosso sono
gentili, leali e pazienti e Bennet è l’esatto
opposto! Non è per niente
gentile, leale non lo dimostra… e quanto alla pazienza,
lasciamo stare, perché
non ce l’ha per niente!” sbottò Gal,
seccato, ma una voce austera e severa,
ribatté, prontamente: “Lo dice lei, signor
Sandlers!”
Con
una smorfia di puro
terrore, Gal si voltò lentamente e si trovò
davanti all’insegnante di
Trasfigurazione, con le braccia incrociate, il quale aggiunse:
“Per sua
informazione, ci vuole un’incredibile pazienza nel dover
sopportare, ogni
giorno, una miriade di ragazzini casinisti e insolenti come lei, nella
speranza, anche se piuttosto remota, d’infilare qualcosa di
duraturo nelle loro
zucche vuote, senza andare in escandescenza tutte le volte! Cinque
punti in
meno a Grifondoro.”
Dopo
aver detto ciò, Bennet
si allontanò.
“Ma
quello lì ce l’ha sempre
con me?” domandò Gal, incredulo, e Teddy gli
ricordò: “Dovresti ringraziarlo
per non averti tolto più punti… non mi avrebbe
sorpreso se l’avesse fatto…”
“Ah,
con tutti i punti che ho
perso in queste ore, i Grifondoro non hanno alcuna
possibilità di vincere la
coppa, quest’anno…”
Proprio
in quel momento, la
porta della biblioteca si aprì di colpo e comparve una
Victoire trafelata.
“Vicky,
che è successo?” le
domandò, preoccupato, Teddy e la ragazzina, preoccupata,
spiegò: “Non trovò più
Creamy! L’avevo messa nella gabbia, ma ho dimenticato di
chiuderla e lei è
uscita!”
“Calma,
calma… ti aiuto a
cercarla. Dopotutto, non può essere uscita dalla Sala
Comune…” la confortò il
ragazzino, poi, voltandosi verso il gruppo, si scusò:
“Mi dispiace… so che
avrei dovuto aiutarvi, ma…”
“Non
preoccuparti, va pure.
Ce ne occupiamo noi.” Lo rassicurò Athena e Teddy
fece un sorriso di profonda
gratitudine.
“Piano,
pianino… mi
raccomando, toccagli la testa. Se gli caviamo un occhio, prima ci
ammazza lui
e, poi, la padrona. Lo sai com’è pericolosa quella
da sola… non diamole un buon
motivo per farci fuori.” Sussurrò Lester, nascosto
dietro alle spalle, come una
decina di ansiosi Serpeverde, Hugh, il quale aveva in mano un lungo
bastone,
cercava di toccare, usando quest’ultimo, la testa squamosa e
verde del grosso
rettile addormentato sulla poltrona di pelle nera della Sala Comune.
Con
molta titubanza, Hugh
toccò la testa del rettile, ma questo continuò a
dormire tranquillamente.
Deciso
a svegliarlo, il
Serpeverde continuò a colpirlo col ramo, finché
l’animale, seccato, aprì gli
occhi brillanti e alzò la testa, ma dopo aver fatto uno
sbadiglio di
stanchezza, si riappisolò, come se non fosse successo niente.
“Da
non credere! Questo
serpente è un vero poltrone! E poi dicono che i serpenti
sono il simbolo del
male… non fanno altro che dormire e mangiare tutto il
giorno!” borbottò Lester
“Continua a punzecchiarlo col ramo, Hugh! Lui è
l’unico che possa liberare la
nostra Sala Comune da quella bestiaccia! In fondo, ci guadagniamo
entrambi, no?
Lui avrà la sua cena e noi riavremo la Sala Comune
libera.”
Hugh
allungò di nuovo il
bastone e ripeté l’operazione, ma, stavolta,
prontamente, il serpente lo afferrò
con la bocca, rimanendo a penzoloni.
“Staccalo
da lì!!!” urlò
Lester e Hugh,
terrorizzato, cominciò a muovere a
tutta velocità, con la speranza che il rettile mollasse la
presa, ma quello
doveva avere un morso davvero resistente, alla fine, fu il Serpeverde a
lasciare il bastone e quello cadde, assieme al serpente, sul divano,
con un
tonfo.
Visibilmente
infuriato, l’animale alzò la testa e si mise a
sibilare contro i disturbatori
del suo sonno, facendoli arretrare per la paura, ma, quasi subito, il
serpente
si raggomitolò sopra il bastone e riprese a dormire.
“E
adesso che
facciamo?” domandò una ragazzina del primo anno,
nervosa, e una voce maschile
seccata domandò: “Perché non lo
lasciate in pace, tanto per cominciare? Quando
avrà fame, scenderà e gli darà la
caccia.”
Tutti i
presenti, si voltarono verso la voce e videro, seduto su una poltrona
davanti
al camino della Sala Comune praticamente deserta, Abel che leggeva un
grosso
volume, completamente incurante della situazione.
“Scusaci
se
vogliamo sbarazzarci di un topo il prima possibile!”
ribatté Lester,
infastidito, e, per tutta risposta, Abel fece le spallucce e
domandò: “E
perché, invece di usare quel serpente, non usate un gatto?
Penso che qualcuno
di voi abbia un gatto.”
“Da
quando
quella bestiaccia dormigliona ha iniziato gironzolare in Sala Comune, i
gatti
non ci vogliono più entrare!”
Proprio in
quel
momento, la porta del sotterraneo si aprì e comparvero due
figure, quella di un
ragazzo coi capelli neri e gli occhiali e una ragazza coi lunghi
capelli
d’argento legati in una coda di cavallo, la quale aveva una
borsa carica, come
al solito, di libri, i quali si fermarono a guardare, increduli, quella
strana
situazione.
“Che
sta
succedendo, qui? E si può sapere perché siete
tutti vicini al divano dove sta
dormendo il mio serpente, a parte Abel?” domandò,
incuriosita, Delphini e un
ragazzo del quarto anno spiegò:
“C’è un topo gigante in Sala
Comune.”
“Un
topo
gigante? Ma che assurdità…”
“E’
vero,
invece! E’ il topo più grosso che si sia mai
visto, ha il pelo tutto grigio e
corre come una scheggia…”
“E
adesso dov’è
questo topo? E’ diventato invisibile?”
“Si
è nascosto
sotto a quella poltrona lì…”
Non appena
ebbe
ricevuto l’informazione che voleva, Delphini si
recò dalla poltrona e, dopo
essersi abbassata a guardare, esclamò:
“Sì, in effetti c’è un topo
parecchio
grosso qua sotto… niente panico, bambini, adesso me ne
sbarazzo…”
La giovane
provò ad allungare la mano per afferrare
l’animale, ma quello, avvertendo il
pericolo, scappò alla sua destra, uscendo dalla poltrona e
cominciando a
correre per tutta la sala, facendo trasalire molti dei presenti.
Delphini si
voltò e vide l’animale correre a tutta
velocità nella sala… eppure c’era
qualcosa di strano nella sua corsa… in alcuni momenti
sembrava saltare, invece
di correre… ma i topi non saltavano!
L’unico
roditore legato ai salti che le veniva in mente era… ma non
era possibile!
Si mise ad
osservarlo meglio e, inaspettatamente, ebbe la conferma.
Era proprio
lui… ma che ci faceva nella loro Sala Comune?!
Nel
frattempo, Kevin,
si mise ad osservarlo meglio l’animale che correva per tutto
il sotterraneo ed
esclamò: “Ma a me sembra che quel topo abbia le
orecchie lunghe all’ingiù… i
topi non hanno le orecchie così…”
“I
topi no, ma
i conigli sì. Quello è un coniglio. Anzi, per la
precisione, è il coniglio di
Victoire Weasley.”
“Il
coniglio di
Victoire? Ma cosa ci fa qui nella nostra Sala Comune? Dovrebbe trovarsi
in
quella della sua padrona… e, poi, come ha fatto ad
entrare?”
“Boh,
direi che
adesso la nostra priorità è un’altra,
ossia cercare di prenderlo.”
Nel
frattempo,
Creamy si era fermata al centro della stanza, muovendo in continuazione
il
nasetto e rimando perfettamente immobile.
“Ah,
cosa ci
vorrà a prendere uno stupido coniglio? State a
guardare.” Ridacchiò Lester
avvicinandosi, ma la coniglia, non appena fu vicino, schizzò
via dall’altra
parte della stanza.
“Non
credere di
scapparmi, brutta bestiaccia!” esclamò il
ragazzino, ma il coniglio cominciava
a correre a tutta velocità per la stanza, non appena si
avvicinava, mentre le
lunghe orecchie si muovevano come delle ali.
Vedendo che
era
difficile prendere Creamy e, che soprattutto, era un coniglio, tutti
gli altri
Serpeverde, tranne Abel, si mise a tentare di prenderla, ma essa
riusciva sempre
a sfuggire a tutti, tanto che più di un Serpeverde perse
l’equilibrio e cadde
rovinosamente per terra.
Finalmente,
una
studentessa del quinto anno riuscì a prenderla, ma Creamy
cominciò a muoversi a
tutta velocità per divincolarsi e, alla fine,
riuscì a sfuggire dalle mani
della ragazza, e cadde per terra.
Per un
attimo,
tutti i presenti, temettero che l’animale fosse morto per via
del volo che
aveva fatto, ma la coniglia si rimise di nuovo in piedi e, dopo aver
arruffato
un attimo il pelo, riprese a correre senza fermarsi.
Alla fine,
Creamy si avvicinò ad una poltrona e venne afferrata da una
presa salda.
“Ecco
qua il
coniglio. Restituitelo alla padrona e ditele di fare attenzione a non
perderlo
di nuovo.” Sbuffò Abel, dando il coniglio a
Delphini.
“E
adesso? Che
ce ne facciamo di quell’animale pestifero?”
domandò Lester, massaggiandosi la
gamba, mentre una ragazza coi capelli rossi raccolti in due trecce e le
lentiggini, proponeva: “Diamolo da mangiare al
serpente!”
“Sì,
gran bella
idea, Mafalda… così poi quella biondina viene
davanti alla nostra porta a
strillare per mezz’ora perché le abbiamo ammazzato
il roditore! Glielo vado a
riportare, sperando che la prossima volta ci stia più
attenta! Ci vediamo
dopo!” concluse Delphini, uscendo dal sotterraneo e con in
braccio il coniglio,
seguita a ruota da Kevin.
“Senti,
Delphini…” fece notare, con voce flebile e timida,
Kevin “…Ma come pensi di
entrare nella Sala Comune dei Grifondoro? Non conosciamo la loro parola
d’ordine…”
“Non
preoccuparti, ho già pensato ad una
soluzione…”
Delphini si
guardò intorno, finché non notò uno
studente del primo anno con la divisa di
Grifondoro, il quale stava camminando in direzione inversa alla sua.
Una volta che
fu di fianco, con un veloce movimento, Delphini lo afferrò
per la cravatta
rossa e gialla con una mano, mentre con l’altra continuava a
tenere Creamy e
avvicinandolo alla sua faccia, in modo da essere guardata direttamente
negli
occhi, il quale mostrava un’espressione dura, pronta ad
uccidere, facendo sbiancare
il povero Grifondoro, che cominciò a sudare freddo.
“Qual
è la
parola d’ordine dei Grifondoro?” ordinò,
con un tono freddo e che non ammetteva
repliche, e il povero ragazzino balbettò:
“A… al… al…”
“Spicciati,
marmocchio. Non ho tutto il giorno, devo consegnare un
coniglio.”
“Ali
di fata…”
“Grazie,
sei
stato davvero gentile.” Lo ringraziò la
Serpeverde, con un tono piatto, come se
stesse dicendo una frase di circostanza, lasciando andare la cravatta
del
ragazzino, ancora traumatizzato, il quale pensò:
“Come se mi avesse dato
scelta…”
Dopo averlo
lasciato andare, Delphini si girò verso Kevin e gli rispose,
con un sorriso di
vittoria: “Visto? Problema risolto.”
“L’hai
trovata?” domandò, con parecchia preoccupazione,
Victoire e Teddy scosse la
testa: “No, nei dormitori maschili non ce
n’è alcuna traccia.”
Con la faccia
stravolta e preoccupata, Victoire si lasciò cadere su una
poltrona rossa,
sussurrando: “Non è né in Sala Comune
né nei dormitori femminili… dev’essere
uscita… e magari ha incontrato un gatto che…
che…”
Immediatamente,
Teddy si sedette di fianco a lei e le mise un braccio attorno alle
spalle,
rassicurandola: “Ma no… vedrai che sta bene. I
conigli sono vivaci e
intelligenti… riusciremo a ritrovarla, te lo
prometto.”
Proprio in
quel
momento, la porta si aprì e tutti si voltarono per vedere
chi fosse appena
arrivato e sgranarono gli occhi, in quanto i due che erano appena
entrati
indossavano una divisa verde e argento, la quale creava non poco
contrasto con
i colori rosso e oro che abbondavano notevolmente nella Sala.
“Delphini?
Kevin? Ma come siete riusciti ad entrare voi due?”
domandò, incredulo, Teddy,
sgranando gli occhi, ma Delphini si diresse a grandi passi verso
Victoire e,
allungando il peluche grigio che aveva in braccio, le disse:
“Sta attenta al
tuo coniglio, la prossima volta. Non garantisco un’altra
volta sulla sua
incolumità.”
Per tutta
risposta, Victoire osservò, con incredulità,
Creamy, la quale muoveva il
nasino, unico gesto che faceva supporre che fosse viva, per poi
prenderla in
braccio, e ringraziarla: “Grazie, grazie. Non sai
quant’ero in pensiero… ma
dov’era finita?”
“Se
te lo
dicessi non mi crederesti mai…” fu tutto quello
che rispose l’altra, per poi
voltarsi verso Kevin, domandandogli, indicando con la porta con un
cenno della
testa: “Torniamo al sotterraneo? Direi che qui il nostro
lavoro è concluso.”
“C-certo…”
borbottò Kevin, mentre si risistemava gli occhiali, seguendo
a ruota la
compagna di Casa e sparendo dall’altra parte del ritratto.
“Mmh,
niente da
fare… l’unica cosa che ho trovato sul nome Althea
è il suo significato… ossia
che deriva dal nome greco Altheia, infatti prende il nome di un
personaggio
mitologico che si uccise dopo essere stata l’artefice della
morte del figlio
Melegrao, che aveva ucciso tutti i fratelli della madre, la quale
deriva a sua
volta dal vocabolo ‘Althos’, ossia
‘cura’. Pertanto, la traduzione del nome
potrebbe essere ‘Colei che cura’ o ‘Colei
che guarisce’.” Commentò Athena,
chiudendo l’ennesimo ed enorme libro che aveva in mano,
mentre Oliver
aggiungeva: “Non mi meraviglia. Dopotutto, quella pianta, fa
parte della
categoria della malva, la quale è spesso stata usata in
passato per creare
decotti curativi e calmanti, anche per i greci era considerata sacra e
le
popolazioni celtiche credevano che mettere i suoi semi sugli occhi del
defunto,
avesse la capacità di tenere alla larga gli spiriti cattivi
e di aprire le
porte del Paradiso. Oggi, la malva è uno degli ingredienti
principali della
creazione di dentifrici, colliri, creme e saponi. Inoltre, nel
linguaggio dei
fiori, la malva simboleggia l’amore e la comprensione
materna.”
Non appena
ebbe
finito di parlare, si accorse che Athena lo stava guardando con
espressione
ammirata e arrossì per la vergogna, abbassando lo sguardo.
“Capperi,
Oliver, non credevo che fossi così esperto di piante e
vecchie tradizioni…”
esclamò, alla fine, la ragazzina, rompendo il silenzio
imbarazzante, mentre
Oliver farfugliava, ancora rosso come lo stemma del Grifondoro:
“Non sono
proprio un esperto… diciamo che l’argomento
m’interessa molto… ecco
tutto…”
Proprio in
quel
momento, da dietro ad uno scaffale spuntò la testa rossa con
un vecchio casco
di Gal, il quale, con un enorme sorriso, domandò:
“Trovato qualcosa su Lionel?”
“Sì,
ho trovato
qualcosa d’interessante… Lionel ha origine
medievale e significa ‘Cucciolo di
leone’ o ‘Piccolo leone’… vi
ricorda qualcosa?” domandò, con aria divertita,
Athena e Gal commentò: “Godric doveva proprio
avere una grande passione per i
leoni… non solo ha scelto un leone come stemma della sua
Casa, ma ha anche
chiamato suo figlio con un nome con dentro la parola leone…
e poi la gente dice
che Salazar Slytherin aveva la fissa dei serpenti…”
“A
ciascuno il
suo…”
“Beh,
comunque,
ragazzi, ho preso in prestito un libro dalla biblioteca a dir poco
fantastico!
Vado alla mia Sala Comune a leggerlo!”
“Ricordati
di
restituirlo, poi…”
“Nessun
problema!” esclamò, con un grosso sorriso, Gal,
uscendo dalla biblioteca.