Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: marshi123    21/01/2021    0 recensioni
Se solo avesse avuto un’altra vita per ricominciare da zero, cercarlo e dirgli tutto. Ma la vita è crudele, anzi no: questo mondo è crudele. È sempre stato così, fin dall’inizio e non è mai cambiato.
Strinse troppo forte la penna e la ruppe.
Perché?
Perché così tante emozioni gli scorrevano addosso senza motivo?
Rimorso,
dolore,
calore.
Questo era ciò che sentiva sulla sua pelle, nel suo cuore e il ricordo di quegli occhi sicuramente non lo aiutava. Anzi, peggiorava le cose: quegli occhi grandi e verdi non gli uscivano dalla testa. Levi trascrisse tutto, ogni singola emozione che venne fuori. Sentiva il desiderio di toccare ancora quelle mani, mani dalla pelle delicata. Come se fossero rimaste sempre intatte da qualsiasi graffio o ferita.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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CAPITOLO 2
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Di nuovo in gabbia


 

INTRODUZIONE DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti,
grazie mille per quelli che hanno già letto il primo capitolo, spero che li secondo vi piaccia.
Non ho molto da aggiungere, vi lascio alla lettura!
Marsha

 

Come è potuto accadere? Era bastato un semplice fazzoletto imbevuto di cloroformio per impedire rimedio alla situazione in cui si dovettero imbattere Mikasa ed Eren. La giornata stava passando tranquillamente, la coppia dovette andare dal medico per fare un controllo al pancione di Mikasa, ormai incinta da tre mesi. All’interno di quello studio medico ad Eren venne in mente suo padre, avrebbe voluto che fosse lì con loro in quel momento. Fa male il ricordo del suo suicidio. Dopo che sua madre fu assassinata da Dyna, la ex moglie del padre, non accettò la perdita e si fece divorare vivo in un recinto di porci. 


Macabra fu la sua infanzia, povero Eren. Rimase solo qualche ricordo sparso qua e là, a causa dei traumi infantili non ricordava in modo preciso gli avvenimenti che accaddero. Evidentemente la mente ha preferito eliminare definitivamente alcune informazioni per preservare la sua sanità psicologica. Molti erano gli utensili presenti in quella stanza che utilizzava il padre per guarire i malati, ognuno di essi portava in qualche modo a sentirlo più vicino. Mikasa emozionata allungò la sua mano per richiamare l’attenzione stringendola saldamente alla sua. Avere un figlio era una delle cose che desiderava di più al mondo e man mano che le visite per il feto si facevano sempre più frequenti iniziava a realizzare davvero quello che sarebbe successo, lo attendeva con gioia. Il medico rivelò il sesso del feto, si trattava di una femmina, inutile dire che la gioia della coppia fu tanta da colmare tutto il cuore.

“Se verrà al mondo vorrei darle il nome di mia madre” 

Mikasa sorrise, “anch’io lo vorrei tanto, mi manca la zia: se ti vedesse sono sicura che sarebbe orgogliosa dell’uomo che sei diventato Eren”

Incapace di reagire con le parole ad Eren venne più semplice e istintivo ricambiare il sorriso pensando alla madre. Il mondo è strano, pensò Eren, una volta quando era ancora un bambino aspettava suo padre al ritorno a casa e ora sarebbe stato lui quel papà, ma che a differenza di Grisha sarebbe stato presente nella sua vita. Il medico disse che la bambina stava crescendo bene, fu sollevante, probabilmente sarebbe nata verso novembre. Egli si raccomandò con Mikasa di evitare bevande alcoliche e cibi crudi, di bere tanto e di avere sempre qualcuno vicino.

Ringraziarono il dottore e felici della scoperta decisero di fare un giro per le bancarelle nel mercato per vedere se era possibile trovare dei vestitini per tenere al caldo la piccola quando sarebbe nata. Mikasa non mollò mai la mano, era felice. Aveva sempre desiderato quella vita ed ora che i suoi desideri si stavano realizzando non poteva che rallegrarsene, fin quando tre uomini apparvero dal nulla e li strattonarono in un vicolo cieco.  

Eren fu preso per il colletto della camicia e sbattuto contro il muro.  

Un uomo di statura bassa, ma con gli occhi pieni di rabbia lo stava aggredendo.  

Con la velocità di un grilletto di pistola arrivò un pugno da destra in viso,  

facendogli saltare un dente.  

Déjà-vu.  

Dannazione quell’uomo non scherzava affatto, ma Eren non era da meno.  

Schivò un sinistro con abilità e riuscì a  

tirargli una ginocchiata  

 dritta nello stomaco.  

Nei suoi occhi grigi traspariva rancore,  

affascinavano Eren.  

“Mossa sbagliata signor Jaeger.”  

Agile, pericoloso, veloce: troppo.  

In un battito di ciglia da accasciato in basso  

gli sferrò un calcio da terra sulla caviglia.  

Eren  

                   perse l’equilibrio  

e fu la fine.  

Destra,  

sinistra,  

addome,  

naso,                        

                   faccia,  

Testicoli                  

 e schiena.  

Quell’uomo che non era più di un metro e sessanta di altezza, ma non riusciva a ripararsi in tempo da quei calci maledetti che riusciva a scagliargli. Eren era in difficoltà, non respirava e presto il sangue dal naso iniziò a uscire. In quel momento pensò a Mikasa,  

la sentiva urlare e lottare  

contro altri due uomini  

presenti in quel vicolo buio. 

 Sentì tirarsi i capelli verso l’ 

   l 

        t 

                   o,  

bastardo.  

 

“Guardami, imbecille, sono qua! Dove cazzo guardi idiota!”  

l’ultimo calcio fu decisivo: 

Dritto 

 di nuovo 

 in faccia e finì  

accasciato a terra.  

L’uomo si appoggiò accalcato sull'addome di Eren, ormai incapace di muoversi e spaventato per Mikasa.  

Cercò di ribaltare la situazione                            sssssppppingendo l’uomo.  

Un coltello  

fece breccia nel braccio di Eren. 

 Urlò di dolore,  

sentendo in lontananza Mikasa  

che lo chiamava disperata  

“EREN-  

EREN”. 

 

 L'uomo ghignò,  

sfilò il coltello  

e lo puntò alla gola di Eren con la destra  

e con la sinistra lo sofffffocava.  

 

Il povero ragazzo cercava di alleviare  

 

 

la presa                                     per                                  poter                                             respirare.  

“Eccoti qua allora, finalmente ti ho trovato.  

Ti è piaciuto farmi esplodere il negozio eh?  

TI SEI DIVERTITO EH STRONZO?!  

Vediamo come te la cavi con... i debiti.” 

 “Non ho fatto nulla!  

Lasciate andare la ragazza!!  

Nemmeno lei ha colpa di nulla!” 

 “Oooh giochiamo alla famigliola felice eh,  

sappiamo che quella povera donna non ha fatto nulla di male.  

L’unico male che ha fatto  

è amarti  

perché sei una persona riluttante, caro mio. 

 Dovrai ripagare...  

 

a modo mio... 

 Tutti i danni che hai fatto al negozio: fino all’ultimo centesimo. 

 Che tu lo voglia o meno.”  

 

Eren tre-tre-tremava,  

ma non si arrese alla presa dell’uomo. 

 Con gli occhi pieni di rabbia e la faccia ormai viola per la mancanza di ossigeno continuava a lottare per la vita.  

Gli sputò                                                                                        in faccia.  

 

 

“TU.  

Pazzo suicida.”  

L’uomo dai capelli corti e corvini mollò la presa alla gola,  

 

gli tirò i capelli verso l’alto  

e gli fece sbattere in modo violento e 

 Ri- 

Pe- 

Tu- 

Ta- 

Men- 

Te 

 la testa  

sull’asfalto.  

Inutile dire che vi fu sangue,  

Eren non era in forze per superare il suo attacco. Mikasa e i due uomini che la aggredirono non erano più lì ed Eren pianse. Non fece in tempo a far nulla.   

“Ecco le mie condizioni se ci tieni alla pellaccia.  

Sei sotto la mia sorveglianza ed obbedienza.  

Recupererai tutti i soldi che potrai insieme alla tua amichetta con quei due uomini, 

 Niente scherzi

 Eseguirete gli ordini entrambi  

e se oserete disobbedirmi  

vi ammazzerò. 

 Ma guarda tremi come una foglia. Tzè.” 

 

 Eren pensò alla figlia, non era nemmeno venuta al mondo e già avrebbe dovuto subirne la crudeltà perché era stato troppo debole per difenderla.  

“Dannato!!”  

L’uomo gli mise un fazzoletto sulla bocca,  

nonostante la ribellione di Eren a respirare la sostanza,  

non ce la fece  

e svenne.  

 

Due giorni prima...

 

Fu un attimo infinito, Levi non riusciva a staccare lo sguardo da quegli occhi. Sembrava volessero dirgli tutto, ma allo stesso tempo significare nulla. Le mani appoggiate sul bancone, divaricate e le dita ben aperte aiutavano a tenersi stabile, in piedi. Sarebbe stato inevitabile, altrimenti, riuscire a reggere l’equilibrio. Presagio? Sventura? No, Levi non credeva in queste sciocchezze. Doveva mantenere il sangue freddo e calmarsi, lasciarsi andare in foga a sentimenti strani o perplessità non era da lui. Non amava perdere il controllo e se lo faceva manteneva comunque una linea di guida. Il ragazzo lo squadrò per bene, non notando che al nostro commesso diede non poco fastidio. Un’espressione di stupore si stampò sul volto del ragazzino, mostrando sempre più quei due smeraldi.

"Ah la ringrazio, signor Ackerman. Spero che faccia effetto, qualunque cosa abbia comprato la mia ragazza. Ad ogni modo, Ackerman, uh? 
Mikasa ha lo stesso identico cognome, può essere che siate imparentati?"

Lo sguardo che rivolse alla donna era estremamente dolce, le sorrideva e a Levi quel sorriso rimase inciso. Aveva una dentatura perfetta, un sorriso bianco e pulito che si bilanciava perfettamente alla forma del viso. Incantevole ed affascinante, ma allo stesso tempo simile a quello di un bambino. Da anni provava a sorridere in quel modo, ma non ci era mai riuscito. Si trascinava ai piedi una vita piena di dolore, traumi e rimpianti Levi. La sua forza interiore era l’unica cosa che lo portava ancora avanti a vivere e a sperare di trovare la felicità, la libertà di sorridere senza quel fardello.

Lottava da una vita, non avrebbe mai retrocesso nella speranza di rivivere anche solo un minimale attimo puro di felicità, tale da scaldargli appieno l’anima. Chissà se anche lui a quell’età era così o se semplicemente non lo ricordasse. Da quando la madre morì non seppe più sorridere.  Gli abitanti del posto parlavano: alcuni avevano compassione, altri invece ne approfittarono per cercare di deriderlo senza riuscirci. Non era di certo il personaggio che si faceva mettere facilmente i piedi in testa. Jean lo sapeva bene, nonostante non vi era alcun bancale in magazzino rimase lì. Osservava di nascosto la scena e Levi era convinto che non sarebbe riuscito a trattenersi dai sentimenti e avrebbe gonfiato di botte il castano spilungone se solo avesse potuto.

"Non saprei, non ho parenti a cui poter chiedere a riguardo. Potrebbe essere.”


Eren osservò l’uomo, domandandosi come si potesse essere semplicemente così freddi. Gli piaceva molto il naso minutino, leggermente a punta e gli occhi glaciali. Chissà cosa stava pensando, chissà cosa farfugliava nella testa di quell’uomo. Aveva le maniche della camicia nera tirate in dei risvolti, mostrando gli avambracci. Era un uomo che aveva forza, innegabile alla vista si potrebbe dire. Non era alto, anzi, ma la forma fisica non gli mancava. Schiena dritta, spalle forti e petto bell’infuori. Tolse le mani dal bancone di legno e le mise conserte sui pettorali.

Le mani erano quelle di un lavoratore, ma non molto grandi e ben curate. Unghie bianche e pulite immacolate, il marmo era fango in confronto. Era un uomo dall’aria familiare, non gli parve affatto una faccia nuova.  Aveva un non so che di carismatico, lo attraeva tanto e non riusciva a togliervi gli occhi di dosso. Entrambi finirono per fissarsi dritto nelle iridi, connessi da una bella sensazione.  << Tu sei come me >>.  
Eren non riuscì a non sorridere in faccia al destino e Levi ne sentì tutta l’emozione.

Il petto gli si stava scaldando e aveva i brividi alla schiena, che emozione strana. Sentì un leggero calore alle guance, mentre osservava quelle del moccioso diventare rosacee. Si sentiva... felice, era talmente sorpreso da questa nuova ondata di sensazioni che ne era totalmente perplesso, lasciando la sua bocca leggermente aperta. Non se ne rese nemmeno conto a dire il vero, era troppo concentrato sul quel moccioso. 
Mikasa nel frattempo prese il sacchetto preparatole da Levi e appoggiato sul bancone, distraendo i due uomini e staccando quella connessione tra i due. Camminò verso l’uscio della porta, aspettando Eren per andare via. Il ragazzo capì il segnale, prese una banconota dal portafogli e la allungò al nano.

“mi dica signor Ackermann, quanto le devo?” 

 

<< EREN!!! >>

La caviglia, faceva male: che dolore atroce!
Guardò in basso, osservando l’uomo svenuto che stava sorreggendo.
Riluttante, pieno di liquido viscido e puzzolente, ma vivo.
Si era vivo.
Era l’unica cosa che davvero contava, ma che rabbia!
Perché lei non lo comprendeva? 
Vendicare ed inseguire i morti degli altri, invece che salvare i propri vivi.
Le disse di non cercare di uccidere quel gigante: che ragazzina.

<<  Non pensarci nemmeno! Non perdere di vista l’obbiettivo. È davvero più importante ottenere ciò che vuoi? >>

Voleva solo uccidere e vendicarsi, se non fosse intervenuto...
adesso lui sarebbe morto per davvero.
E lei sarebbe l’amica talmente stretta ad 
Eren, palesemente innamorata?!

<< Non è un importante amico?! >>

Volò via tra gli alberi con il ragazzino in braccio.
Lo tenne stretto, stretto.
Non voleva perderlo ancora, ormai si stava affezionando al ragazzo e a quanto pare per ora il destino lo avrebbe lasciato ancora un po’ in sua compagnia.
Il moccioso tossì, soffocato dal liquido gelatinoso.

<< Hey moccioso, mi devi... >>

 

“...la vita” 

Eren lo guardò confuso “Mi scusi signor Acker-”

“Levi.” Il ragazzo sussultò dall’improvvisa sbottata del commesso “Chiamami Levi, Levi e basta. Non darmi del signore, mi fai sentire vecchio.”

“O-ok Levi, come vuoi”

La pronuncia era la stessa, identica. Non ci credeva, il ragazzo che gli appariva in sogno gli sembrava che fosse lì, di fronte a sé. Gli sembrava di vedere un fantasma, con gli occhi sgranati. Stava impazzendo.

 

<< Capitano Levi! Ragazzi! Scappate! >>
 

Ed ora aveva delle visioni anche da sveglio! Non ci voleva, merda!

“sono nove”

Allungò la mano con disinvoltura e prese gentilmente la banconota, ripetendosi mentalmente di mantenere la calma. Osservò le mani, anche quelle coincidevano con la descrizione del sogno. Aprì la cassa, prese le monete di resto e le allungò nella mano del ragazzo. Toccando il palmo della mano con i polpastrelli nell’atto sentì che la pelle era morbidissima e liscia, come quella di un neonato, calda e pulita. Come se la ricordava. Il ragazzo ringraziò e mise il tutto nel portafogli.

A riportarlo con i piedi per terra fu il suono dei campanellini. Infatti, 
Eren aprì la porta per andarsene insieme a Mikasa. Fece passare prima la ragazza in un gesto galante, mentre Levi lo osservava. Fece finta di sistemare alcuni barattoli, per non dare troppo nell’occhio e la voce del ragazzo lo attirò di nuovo a sé. Attendendo con la porta semiaperta, illuminato dalla luce del sole fece di nuovo un sorriso voltandosi verso il nostro commesso.

“allora a presto... Levi”

Salutò con la mano e chiuse la porta, rimase inerme ancora a quella pronuncia perfetta. I campanellini suonarono ancora, da lì in poi tutto tacque. Silenzio. Fu così per un paio di minuti mentre Levi sistemava i barattoli che aveva aperto per servire 
Mikasa. Che moccioso, con che coraggio sorridergli così tanto? Sorrise. Sì, sorrise anche Levi finalmente dopo anni. Jean assistì alla scena dal magazzino e detta sinceramente era terrorizzato: era la prima volta che vide sorridere l’uomo. Forse era meglio lasciarlo a sé stesso e continuare a sistemare in magazzino, almeno fino all’ora di pranzo! Sì, era decisamente una buona idea. Mentre puliva pensava alla donna, si chiamava Mikasa, dunque.

Vedendo quanta sintonia c’era tra quei due uomini era inevitabile notare che c’era qualcosa di strano.  Il signor Ackermann non dava mai troppa confidenza a nessuno, ma con quel ragazzo ha insistito a farsi chiamare solo per nome. Uno scambio di sguardi intenso... mentre quella ragazza li squadrava attentamente con saettate dagli occhi. Meritava di meglio, aveva bisogno di qualcuno di sicuro accanto e che non la facesse preoccupare. Soprattutto di qualcuno che fosse sicuro del suo orientamento sessuale, per giunta. Il signor Ackermann non era un tipo da andare con gli uomini, molte donne lo bramavano e Jean seppe di qualche sua esperienza sotto le lenzuola.  Il mondo è piccolo alla fine, se fosse stato omosessuale si sarebbe saputo subito per il paese.

Continuò a ronzare questa idea nella sua testa per tutta la giornata e chissà cos’altro gli frugava per la mente a quella faccia da cavallo. Levi notò il comportamento strano del collega, ma non gli diede corda. Si sarebbe dato sicuramente una calmata il giorno dopo. Una volta finito il turno di lavoro chiusero a chiave la porticina del negozio. Fuori faceva freddo e nonostante indossasse un bel cappottone nero lungo sentiva le gambe gelare. I due uomini si salutarono e presero le loro strade verso casa. Il tramonto era finito da ormai un’ora e le strade erano buie come non mai.
Per esperienza teneva sempre le orecchie belle tese, sarebbe potuto spuntare chiunque da quel buio.

Un tocco,

una mano sulla spalla.

Bastarono pochi secondi per girarsi,
schivare il braccio dell’aggressore

e soffocarlo al collo in una tenaglia impressionante.

L’aggressore cercò di alleviare la presa del braccio,
ormai senza aria,

mentre Levi aveva un’espressione in volto al dir poco irritata.

“L-LEVI! SONO IO! GH! EREN!” 

 

ErenEren! Lo stupore di Levi era evidente sul suo viso, mollò la presa immediatamente e il ragazzo così cadde a terra. Affannando egli cercò di riprendere ossigeno, incredulo a quello che gli era successo: quell’uomo davvero era forte. Si tirò su e si voltò incazzato nero verso Levi: lo avrebbe gonfiato di botte. Gli aveva solamente appoggiato una mano sulla spalla, diamine! Non si sarebbe mai aspettato una reazione così eccessiva.

“volevo solo salutarti!”

Levi si inginocchiò a terra accanto a lui e gli porse la mano destra. Non avrebbe mai immaginato di incontrare quel moccioso proprio lì.
“Oi, ragazzino. Ti sembra opportuno girare a quest’ora?” 


Eren afferrò la mano e Levi lo aiutò ad alzarsi, 
“Guarda che ho vent’anni, non otto. Non sono né un bambino e né un vecchietto, inoltre è semplicemente ora di cena. Stavo tornando 
dal lavoro e ti ho beccato per strada, tutto qui”

tsk, moccioso”

Levi osservò bene il viso del ragazzo e si divertì ad assaporare tutta l’essenza di quella faccia innervosita. Era proprio come se lo ricordava, non era cambiato di una virgola. Se era davvero lui, come sperava, lo avrebbe seguito. Proseguì camminando e dopo non pochi passi sentì essere richiamato, come s'aspettava.

“Levi! Aspetta!”

 

<>
 

Merda, era proprio lui.  Sentiva le guance andargli a fuoco, piuttosto che darlo a vedere nascose il volto nel suo scaldacollo. Il ragazzo lo raggiunse di corsa, mentre Levi lo guardava.

“Non so per che strada vai, ma devo fare anch’io questo tratto. È un problema se lo facciamo insieme?”

“no, ma conviene che ci sbrighiamo: questo cielo promette solo neve.” 


Eren annuì e così iniziarono a camminare per le strade. L’atmosfera era un po’ tesa tra i due uomini, d’altronde non si conoscevano per nulla. Incominciava ad essere snervante quell’aria gelida ed Eren avrebbe voluto dire qualcosa, ma le parole non volevano proprio uscire. Non sapeva che fare di fronte a quell’uomo dagli occhi così freddi, l’unica cosa che gli riusciva era guardarlo. Non capiva proprio dove lo avesse già visto.

“Smettila, 
Eren.”

Sussultò, diamine lo aveva beccato. Distaccò lo sguardo, ormai troppo imbarazzato per puntarlo dritto verso quegli occhi glaciali. Lo puntò al cielo e vide i fiocchi cadere, gli sembrò che il tempo scorresse sempre più lento. Avrebbe voluto che quell’attimo, anche se strambo, durasse in eterno. Sentiva dentro di sé che non era molto il tempo rimastogli, nonostante l’età giovane. Nel silenzio di quell’uomo però non si stava così male, chissà che esperienze ha avuto. Sarà sposato? Non c’era vista di anello o di oggetti che richiamassero la prova di una moglie, nemmeno in negozio. Gli sembrava impossibile.
 

“La tisana che avete dato alla mia ragazza ha davvero un buon profumo, che cos’è?”

“Semi di finocchio, lei non te l’ha detto?” 


Eren sospirò, Mikasa non era molto in forma. Il bambino le risucchiava tutte le energie, ogni tanto vomitava ancora o altre volte dormiva troppe ore. Ma presto sarebbe passato almeno il vomito, solitamente passa attorno il terzo mese di gravidanza infatti.

“no, non ho avuto occasione di parlarle. A causa della gravidanza è un po’ debole”

“capisco”


Era proprio un uomo dalle poche parole a quanto pare. Dal nervosismo si aggiustò un ciuffo caduto vicino alle sue basette. Lo mise dietro l’orecchio, non riuscendo a ignorare lo sguardo del quarantenne verso di lui. Finalmente lo degnava di uno sguardo e gli parve molto interessato. Le iridi divennero più grandi e, nonostante lo scaldacollo, traspariva dall’alto un po’ di rossore sulle guance. Non sapeva se lo stesse immaginando o meno, ma gli piacque tanto. Quell’uomo così freddo allora riusciva a sciogliersi ogni tanto.

Si fermarono di fronte a una casa, sembrava un monolocale. Non era molto grande, al massimo ci sarebbero potute stare tre persone. Le luci erano spente, finestre chiuse e serrate, la cassetta della posta con un unico nome –Levi Ackermann- Quell'uomo abitava lì, a due vie dalla sua casa, forse per quello gli parve di averlo già visto. Tutto si spiegava adesso, non vi era nulla di preoccupante sotto.

“non hai compagnia a cena questa sera, sbaglio?”

“no, non sbagli moccioso. Cos’è vuoi entrare in casa?” 

Levi indicò la porta facendo gesto con il pollice. 
Eren non riuscì a trattenere una risatina, sembrava che stesse chiedendo l'autostop. Portò la mano ai capelli e ancora per nervosismo se li tirò indietro. Non gli sarebbe dispiaciuto entrare nella casa di quell’uomo, voleva sapere di più di lui. Se il suo passato era davvero oscuro come si dicesse in giro o come negli incubi che faceva ogni notte. Era sicuro che un semplice infuso non sarebbe bastato a farli sparire, ma avrebbe voluto provarlo comunque.

“Non era mia intenzione, ma se insisti accetto volentieri.”

“Non hai detto che la tua ragazza aspetta un bambino? Non la lascerai da sola, spero” 

Eren mise la mano sulla spalla sinistra dell’uomo “ Mikasa ha un impegno stasera, non avremmo cenato insieme ad ogni modo”

Non fece in tempo a finire la frase che Levi si scrollò la sua mano di dosso e si incamminò verso la porta d’ingresso.
“Allora, Rimani lì fuori o entri?” 


Eren non se lo fece dire due volte e lo seguì in casa. Prese le chiavi dalla tasca e apriì la porta in legno scuro, quest’uomo doveva amare tanto quel colore di legno: una volta entrati vide che tutta la casa era allo stesso tema. Levi gli fece cenno di togliersi le scarpe, per non rovinare la moquette e soprattutto per non sporcare, effettivamente quel luogo era estremamente pulito. Non vi era la minima traccia di polvere nei paraggi. Si tolse gli stivali e li appoggiò vicino alle scarpe eleganti di Levi, per poi proseguire nel corridoio.

“Aspettami un attimo qui in sala ragazzino, vado a mettermi dei vestiti più comodi”

Effettivamente portare la camicia per tutta la giornata non doveva essere il massimo. Gli fece un cenno per fargli capire che andava bene e svoltò nella porta a destra. Cavolo, era proprio bella quella sala. Non era grandissima, ma ben decorata. Un divanetto giallo a destra, vicino alla parete, di color giallo si abbinava perfettamente alle lunghe tende della finestra. Le pareti della sala erano rosso bordò, decorate con due bei quadri abbastanza grandi e al centro della stanza c'era un bel tavolo da pranzo. Le sedie che lo circondavano sembravano quelle del 1800, imbottite e ricamate con temi floreali gialli.

Aveva una credenza bella grande, sempre in legno scuro, in cui vi si poteva vedere dal vetro tazzine di ogni genere. Erano tutti servizi da tè ben decorati, alcuni erano con colori sull’azzurrino, altre in porcellana pura, altri ancora con ricami dorati. Tra queste quelle che sorpresero di più 
Eren erano delle semplici tazze bianche ma con incise in oro le iniziali di Levi. Non gli sarebbe dispiaciuto usarle,“

E’ un regalo che mi fece mia madre prima di morire” 

Non si accorse minimamente che il corvino lo stava osservando da due minuti all'incirca. Aveva indossato una maglia leggera in cotone semplice, dal color bianco, e dei pantaloni neri. Ai piedi aveva solo i calzini grigi.
Eren lo guardò negli occhi e si aspettava di vederlo addolorato, ma in realtà ne vide un viso insofferente. Beato lui, Eren non riusciva ancora a lasciare andare sua madre. Ormai erano più di cinque anni che era morta, ma non riusciva a dimenticarla. Aveva litigato fino alla fine con lei, questo era il suo rimorso più grande. Levi però sembrava avesse superato tutto.

“Mi spiace, so cosa si prova... anch’io ho perso mia madre tanti anni fa, la uccisero”

Gli occhi di Levi brillavano, come se avesse visto qualcosa di interessante.

“Oh, avremo molto di cui parlare allora”

Prepararono la cena, niente di particolare in realtà: solamente delle fettine di carne con un po’ di insalata. Ai due uomini andava più che bene, non sarebbe stata sicuramente la cena la cosa più interessante della serata. Entrambi credettero di aver fatto centro, di aver finalmente trovato qualcuno simile a loro e in particolar modo Levi. Era un uomo solo, tutte le persone a cui aveva voluto bene ormai non c’erano più. Avere un compagno o qualcuno con cui parlare gli avrebbe fatto sicuramente bene. Si sedettero ed iniziarono a mangiare, fu così che partì improvvisamente il dialogo. Nella sala non si sentiva altro che il rumore delle posate sui piatti 

“Levi, com’è morta tua madre...?” mise un boccone in bocca

“mia madre era una prostituta: aveva molti clienti alla sera, era una bella donna dopotutto. Non era difficile sentire i clienti che le facevano la corte” 


Eren appoggiò tremando il bicchiere da cui aveva appena bevuto sul tavolo.  “Quanti anni avevi in quel periodo?”

“Non più di sei anni, ma ricordo quasi tutto di lei. Era il mio unico punto di riferimento” 
Eren non riusciva asmettere di tremare dentro

“Hai... hai dovuto assistere anche agli attimi in cui tua madre...lavorava?”

Levi sbuffò e decise di bere un goccio di vino rosso. Aveva vent’anni certo, ma su molte cose era ancora un bambino.
”Ovvio, moccioso. Mia madre lavorava e viveva in una stanza. Faceva quello che poteva per tenermi un po’ lontano da quell’orrore, ma non poteva fare granchè. Spesso ho dovuto ascoltare e vedere quello che accadeva, anche senza volerlo” 

A dirla tutta, da piccolo non ne capiva ancora appieno il senso di tutto quell'affannarsi da parte degli uomini. Era solo un bambino, dopotutto. Per lui quella era la normalità e non vi era nulla di male. Fin quando non capì quanto potesse essere rischioso fare un lavoro simile.

“Fu contagiata da uno dei suoi clienti da una malattia, morì nel suo letto lentamente. Capì molto presto che se ne stava andando, mi abbracciava spesso piangendo. Era talmente debole che non riusciva nemmeno più a parlare, faceva dei mugolii paragonabili a un mostro. Mi terrorizzavano. Mi sono sempre chiesto quali parole avesse voluto dirmi allora, anche se non sono difficili da immaginare. Sentirle da mia madre, però, avrebbero avuto più senso. Una mattina mi svegliai e la trovai morta nel letto. Il suo corpo era completamente ghiacciato in alcuni punti e in altri era ancora tiepido. Era morta da poche ore, era evidente. Mi accasciai in un angolo e piansi. Rimasi lì per un lasso di tempo interminabile, senza mangiare e nemmeno bere. Finché un uomo di nome Kenny Ackermann non venne a far visita a mia madre e scoprì la disgrazia. Mi portò con sé e continuai per la mia strada sotto la sua protezione.” 


Eren si asciugò il volto con un tovagliolo, gli spiaceva molto. Ma la sua fortuna è che aveva potuto osservare a lungo la madre, per Eren non fu così.
“mi spiace, credimi. So come ti senti. Le madri amano i propri figli più di qualsiasi altra cosa, sicuramente voleva dire semplicemente - ti voglio bene -”
 
Lo sguardo di Levi era amareggiato, nonostante la sua espressione cinica e priva di emozione, i suoi occhi trasparivano tutto. 
Eren voleva aiutarlo. Si alzò e gli diede una pacca sulla spalla, notando da vicino che l’uomo stava per piangere. Il naso era rosso, così come le orecchie. Le ciglia incominciavano ad inumidirsi e poi... eccola lì... la prima lacrima forse dopo anni. Probabilmente era meglio lasciarlo sfogare un po' prima di tornare a parlare.


“vado a preparare quella tisana, magari ti aiuterà a dormire meglio stasera. In seguito ti racconterò di mia madre Carla”
 

PREVIEW CAPITOLO 3 
_
Maledetta tisana

 


Levi aprì leggermente gli occhi e si accorse che di fianco a se dormiva ancora Eren,
con i capelli tutti sciolti ed illuminati dalla luce lunare.
Tutto questo grazie ad una tisana?
Impressionante.

 

ANGOLO AUTRICE:
Avrei voluto fare di più, davvero, cercherò di migliorare col prossimo capitolo.
Tempistiche comprese, ovviamente.
Nel prossimo capitolo vi farò più luce su quello che è accaduto in entrambi gli scenari e magari chissà aggiungervi dell'altro.
Si tratta di una bozza del capitolo per ora, ma le idee sono ben chiare.
Per chi avesse visto il nuovo episodio della quarta stagione "Il gigante martello", spero che vi sia piaciuto quanto a me. Temevo che l'animazione avrebbe fatto schifo, invece è stata clamorosa!
La scena finale dell'episodio sarà sicuramente la mia preferita per il resto della saga.
A quanto pare Eren sembra diventare man mano una sottospecie di antagonista. A dire il vero mi manca un po' l'Eren bambino, ma credo che sia andato molto lontano da Eren.
I personaggi cresciuti sono molto belli, sopratutto Mikasa col suo nuovo taglio di capelli insieme a Sasha. Per non parlare di Connie, ne sono rimasta molto sorpresa!
Il capitolo 3 uscirà il 27/01/2021 alle ore 18.00
Vi saluto, tante cose belle!
Marsha



 
   
 
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